BANDO 2019 “Paese delle donne” & “Donne e Poesia”
Sabato 30 novembre 2019 sono stati assegnati presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma
XX° Premio di scrittura femminile Il Paese delle donne
et XXVII° Premio Donna e Poesia
Premio Speciale 2019: Roberta Franchi
Premio Redazione: Judy Foster e Marlene Derlet
Sezione saggistica
1° ex aequo: Claudia Fusani; Marcella Filippa
2° ex aequo: Emanuela Abbatecola; Giuliana Misserville – Monica Luongo
segnalazioni: Candida Carrino; Graziella Gaballo
Sezione narrativa:
1° Patrizia Rinaldi
2° ex aequo: Orietta Fantechi; Gabriella Pirazzini
Sezione Tesi di Laurea
1° Tesi Magistrale: Allegra Germinario
1° ex aequo Tesi Triennali: Gioia Maurizi; Gemma Pacella
segnalazioni: Pamela Paolini; Giulia Tonelli
Sezione Poesia
inedita: non assegnato;
edita: Enrica Manna; silloge: Antonella Sica
segnalazione: Silvia Favaretto
Sezione Arti Visive
1° Gabriella Nocentini
2° ex aequo: Bibiana Borzi; Marina Giorgini
segnalazioni: Raffaella Perna; Cinzia Ghigliano
Giuria
co-presidenti Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone
Gabriella Anselmi, Donatella Artese De Lollis, Alba Bartoli Ungaro, Amelia Broccoli, Edda Billi, Irene Giacobbe, Gabriella Gianfelici, Monica Grasso, Irene Iorno, Beatrice Pisa, Lucilla Ricasoli, Anna Maria Robustelli, Maria Teresa Santilli, Consuelo Valenzuela
BANDO 2019 – PREMIO DI SCRITTURA FEMMINILE
“IL PAESE DELLE DONNE” e PREMIO “DONNA E POESIA
Ventesima edizione del premio di scrittura femminile “Il Paese delle Donne ” e trentunesima edizione del premio “Donne e poesia” . Un premio dedicato all’artista cilena Maria Teresa Guerrero (Maitè)
Le due associazioni proponenti, attive dagli anni Ottanta del ‘900 nelle politiche delle donne, partecipi dell’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne, dell’Affi e di Archivia, propongono un concorso per Autrici, senza limiti di età, cittadinanza, residenza e titolo di studio, con materiali in italiano o con traduzione in italiano.
1) Saggistica (sezione A): opere edite
2) Narrativa (sezione B): opere edite; e-books
- a. romanzi e novelle; b. narrativa per l’infanzia;
3) Tesi di Laurea (sezione C) conseguite in Università italiane, pubbliche e private (a. a. 2015 /16/17)
- Tesi di dottorato, Tesi di Master e Tesi di Scuole di Specializzazione; b. Tesi di Laurea Magistrali;
- Tesi di laurea triennali
4) Poesia (sezione D) coincidente con il XXV° Premio “Donna e Poesia”:
- edite (escluse antologie a più firme, quotidiani e riviste); b. inedite (max tre poesie);
- silloge (max 12 componimenti non superiori ai 400 versi complessivi);
5) Arti visive (sezione E): opere edite (saggi, biografie, cataloghi);
Sono previste Segnalazioni di merito e un Premio Redazione
Le sezioni A, B, C, E esprimono 1° e 2° premio; la D, un solo premio per l’edito e uno solo per l’inedito.
I premi consistono in opere d’arte e/o d’artigianato artistico.
Recensioni del materiale in graduatoria e d’altro in concorso su: ‘paese delle donne on line rivista’ e “il Foglio de Il Paese delle donne” (monografico cartaceo spedito a dicembre 2018 alle abbonate e alle concorrenti)
Il materiale deve pervenire entro h. 24,00 del 14 luglio 2019 (prorogato al 21 luglio per la sez. C) a: Fiorenza Taricone – Via Rifredi 48 – 00148 Roma
Modalità di spedizione: pacco chiuso contenente una copia cartacea del materiale in concorso; foglio con titolo, generalità, indirizzo, recapito telefonico, e-mail; fotocopia del versamento di € 25,00 (venticinque) suc/c postale n. 69515005, intestato Associazione il Paese delle donne, causale “Premio 2019”.
Non inviare raccomandate; i pacchi mancanti anche di un solo requisito non saranno esaminati.
Le vincitrici saranno avvisate tramite e-mail entro le h. 24.00 del 31 Ottobre 2019.
Cerimonia di premiazione: 30 novembre 2019, Casa Internazionale delle donne, Via della Lungara 19, Roma
Giuria: co-presidenti Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone; Anna Maria Robustelli (presidente Donna e Poesia); Gabriella Anselmi, Donatella Artese De Lollis, Alba Bartoli Ungaro, Amelia Broccoli, Edda Billi, Gabriella Gianfelici, Monica Grasso, Irene Iorno, Beatrice Pisa, Marina Pivetta, Lucilla Ricasoli, Maria Teresa Santilli, Alba Bartoli Ungaro, Consuelo Valenzuela.
La Giuria decide con criteri insindacabili, non impugnabili in alcuna sede, sia la graduatoria che il deposito del materiale in concorso presso la Biblioteca dell’Area Umanistica dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale; Archivia- Casa internazionale delle donne (Roma); biblioteca dell’Associazione Exosfere (Reggio Emilia).
Info: Associazione Il Paese delle donne: s.l. Via della Lungara 19, 0165 Roma; paesedelledonne@libero.it;3470336462 – 3383440169 (feriali); Associazione Donna e Poesia: 3498757498 – 3485605528 (feriali)
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ROMA -Alla casa internazionale delle Donne il 1 dicembre 2018 sono stati assegnati i riconoscimenti del PREMIO DI SCRITTURA FEMMINILE IL PAESE DELLE DONNE (XIX) & DONNA E POESIA (XXVI)
Il Premio dedicato a Maria Teresa Guerrero (Maité) nasce nel 2000, su proposta di Maria Paola Fiorensoli e di Fiorenza Taricone e vive grazie all’impegno culturale e nelle politiche delle donne dell’Associazione “Il Paese delle donne” – editrice delle testate Il Paese delle Donne -online- (1995) e della testata cartacea Il Foglio de il Paese delle donne – e dell’Associazione “Donna e Poesia” (già Donna-Poesia), promotrice dal 1989 del primo premio, in Italia, rivolto, solo, a poete.
Le due Associazioni, protagoniste dell’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne (Roma), si contano tra le fondatrici dell’Associazione Federativa Femminista Internazionale (Affi) e di Archivia-archivi, biblioteche e centri di documentazione delle donne; due realtà significative della Casa internazionale delle donne di cui si sostengono le finalità e le proposte.
Dall’esordio, il Premio sottolinea l’apporto intellettuale e la bravura delle più giovani elencando, la primo a farlo, le Tesi di Laurea (Dottorato, Magistrale e Triennale), fra le sue Sezioni (Saggistica, Narrativa, Poesia edita e inedita, Arti Visive, Graphic Design).
Nel tempo, abbiamo premiato più di un centinaio di donne, di ogni età, provenienza e sapere, unite dall’originalità del soggetto, dal suo approfondimento, dal talento espositivo, dalla buona scrittura, dall’uso non sessista del linguaggio.
Criteri dirimenti per la Giuria che partecipa alla organizzazione, divulgazione e selezione del Premio; garantisce la lettura del materiale e ne stabilisce, con criterio insindacabile, la graduatoria: primo e secondo premio per ogni Sezione (la Poesia ne assegna uno per l’edito e uno per l’inedito); “Segnalazioni”; Premio Redazione.
La Giuria è formata da donne impegnate nella produzione e divulgazione culturale, nel giornalismo, nell’insegnamento delle scuole medie e superiori e in quello universitario, dalle presidenti delle associazioni proponenti e di quelle sostenitrici, dalla Consigliera provinciale di parità (Fr), da poete, scrittrici, storiche e storiche dell’arte.
La Giuria destina il materiale pervenuto ad Archivia (Casa internazionale delle donne, Roma); Biblioteca dell’area umanistica dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale; ass. Exosfere (Reggio Emilia).
Le Associazioni proponenti e sostenitrici sono senza fini di lucro; il Premio si autofinanzia con le quote d’iscrizione; l’impegno della Giuria è gratuito.
PREMIATE EDIZIONE 2018
A) SEZIONE SAGGISTICA
1°- ANNA VERNA, GIULIETTA ROVERA, Gertrude Stein. Identità e genere temi di una scrittura magica, Luciana Tufani ed., Ferrara, 2016
2° ex aequo: MARA CINQUEPALMI, Donne di carta. Il Poligrafico nei documenti dell’Archivio di Stato di Foggia e nei ricordi delle lavoratrici, ed. Il castello, Foggia, 2017.
2° ex aequo: ELISA SALERNO, DONATELLA MOTTIN (a cura di), Le Tradite. Prostituzione, morale, diritti delle donne, Associazione CDS “Presenza Donna”, Effatà Editrice, Torino, 2015.
SEGNALAZIONE: ANTONELLA FIMIANI, Donna della parola. Etty Hillesum e la scrittura che dà origine al mondo, Apeiron, Pantano S. Oreste, 2017
SEGNALAZIONE: FRANCESCA DI CAPRIO FRANCIA, Donne genovesi tra storia e leggenda. Dall’antichità all’età dei Lumi, De Ferrari, Genova, 2018.
SEGNALAZIONE: LAURA CANDIANI, La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne, Universitaria ed. (le Guide di Toponomastica femminile), Roma, 2018.
SEGNALAZIONE: MIRELLA LEONE, Il Fascismo e l’Universo femminile. Consenso e dissenso delle donne italiane, Quiedit, Verona, 2017
B) SEZIONE NARRATIVA
I° ex aequo: DARIA MARTELLI, More veneto, CLEUP, Padova, 2017.
1° ex aequo: ELYSA FAZZINO, Le tre amiche, Il Seme Bianco, 2018.
Secondo premio e Segnalazioni non assegnate.
C) SEZIONE POESIA EDITA E INEDITA
corrispondente al XXVI Premio Associazione “Donna e Poesia”
Premio unico di Poesia edita: ANTONELLA BONTAE, Liriche di tecnologia infranta, Centro Internazionale della Grafica di Venezia, 2018.
Premio unico Poesia inedita: non assegnato
SEGNALAZIONE: CARLA MUSSI, Sconto di pena. Storia di una passione, Puntoacapo Editrice, 2016.
D) SEZIONE ARTI VISIVE
1°: ASSUNTA DI SANTE, SIMONA TURRIZIANI (a cura di), Le donne nel cantiere di San Pietro in Vaticano. Artiste, artigiane e imprenditrici dal XVI al XIX secolo, Ed. Il Formichiere, Foligno, 2017.
2° ex-aequo: CONSUELO LOLLOBRIGIDA, Plautilla Bricci. Pictura et Architectura Celebris. L’architettrice del Barocco Romano, Gangemi, Roma, 2017.
2° ex-aequo: DANIELA BONI e MONICA MANFRINI, Pittrici della rivoluzione. Le allieve di Jacques-Louis David. Edizioni Pendragon, Bologna 2017.
SEGNALAZIONE: SIMONETTA PROIETTI, Edyth Von Haynau (ROSA ROSA’): una donna tra Futurismo e politica, Università Roma Tre, 2018.
E) SEZIONE TESI DI LAUREA – Dottorato, Magistrale, Triennale
TESI DI DOTTORATO: FRANCESCA DELLO PREITE, Donne e dirigenza scolastica. Prospettive per una leadership e una governance al femminile. Dottorato in Scienze della Formazione, Università di Firenze, 2015.
2° ex aequo: SERENA BILLITTERI, Azione e narrazione nel pensiero educativo di Hannah Arendt, Università di Cassino e del Lazio Meridionale, a.a. 2017-2018
2° ex aequo: ROSSELLA BUFANO, Partecipazione politica e diritto di voto delle donne durante la Rivoluzione francese (1789-1795): teorie, pratiche e dibattito istituzionale, Università del Salento, 2016.
TESI MAGISTRALE: ANTONELLA FIORILLO, Esilio e delirio in Maria Zambrano (Tesi in epistemologia pedagogica), Università di Cassino e del Lazio Meridionale, a.a. 2016-2017, Tutor Amelia Broccoli
F) SEZIONE GRAPHIC DESIGN
NON ASSEGNATO.
PREMIO REDAZIONE
GIOVANNA ZAPPERI, Un’arte della vita, DeriveApprodi ed., Roma, 2017.
LA GIURIA è formata da: co-presidenti Premio il Paese delle donne: Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone, co-presidenti Premio Donna e Poesia: Anna Maria Robustelli e Gabriella Gianfelici e Gabriella Anselmi, Donatella Artese, Edda Billi, Amelia Broccoli, Monica Grasso, Beatrice Pisa, Marina Pivetta, Lucilla Ricasoli, Maria Teresa Santilli, Alba Ungaro, Consuelo Valenzuela
- SEZIONE SAGGISTICA
1°- ANNA VERNA, GIULIETTA ROVERA
Gertrude Stein. Identità e genere temi di una scrittura magica, Luciana Tufani ed., Ferrara, 2016
Un libro accattivante fin dal titolo, in cui le Autrici affrontano l’intellettualità, il talento e l’affettività di una donna la cui sola firma “conchiusa in se stessa in uno spazio circolare, fa pensare a un natzuke o a un pittogramma giapponese, come questi è un oggetto intellettuale raffinato e enigmatico, segno di una personalità tumultuosa e segreta (…). Di
Gertrude Stein (1874-1946), si è riconosciuta subito la straordinaria personalità non la qualità di grande scrittrice. La sua capacità di affascinare veniva utilizzata contro chi ne riconoscesse il valore attribuendo il giudizio alla magia della sua conversazione”.
Cosa aggiungere alla perfetta sintesi in copertina di un libro “avvolto” da un foglio di Stein con firma. L’arte calligrafica esprime bellezza e sensualità ed è il passo giusto per avvicinarsi al carismatico soggetto che fin dall’infanzia fu conscia del suo valore.
Gertrude Stein nacque Allegheny (Pittsburgh, Pennsylvania, <Bisogna nascere da qualche parte e io sono nata lì> (Stein), da Amelia Keyser e Daniel Stein, entrambi ebrei di origine tedesca, ultima di tre fratelli (Michael, Simon, Leo) e di una sorella Bertha.
“Il rapporto insostituibile, il dialogo ininterrotto” delle Autrici con Gertrude Stein, inizia in una stanza, poco confortevole, dell’Hotel Istria, a Montparnasse, dove decidono di confrontarsi con quel mostro sacro, Rovera riconoscendo a Verna ideazione e regia.
L’opera, di raffinata stesura e perfettamente documentata, vede Giulietta Rovera (Immagini), bilanciare scrittura e fotografia poiché “la stessa equivalenza e analoga rilevanza hanno avuto nella vita e nell’opera di Gertrude Stein.” (p. 106)
A sua volta, Anna Verna (Stein as Stein), ci consegna un profilo di donna saggia ma incurante delle convenzioni sociali, che “lotta per affermarsi come scrittrice fuori dai canoni letterari”; “fugge dal tempo, dalla contingenza, dalla morte, da tutto ciò che le provoca instabilità”; “risponde, con la scrittura, al suo bisogno di totalità e di perennità: <Abbastanza non è interessante perché non è abbastanza> (Stein).”(p. 102)
Tanti gli aspetti rivisitati: teatro, poesia, fotografia (Archivi Stein, Biblioteca Beeinecke, Università di Yale), collezionismo, pittura. È proposta l’iconografia pittorica steiniana iniziata da Picasso (1906), con l’opera pre-cubista oggi al Metropolitan Museum di N. Y.. Entrambi si riconobbero nella genialità; lei gli fu amica, finanziatrice, collezionista e biografia (Picasso, trad. di Vivianne Di Maio, Adelphi, 1973). Lui la definì “…un essere straordinario. Bastava che entrasse in una stanza perché la stanza fosse piena anche se era vuota.”(p. 11) Spirito libero e critico, Stein con il fratello Leo dette impulso all’arte e alla letteratura del Novecento. Nel 1907, si unì a loro Alice Babette Toklas (1877-1967), scrittrice statunitense di origine ebraica, compagna di vita di Gertrude e suo nume tutelare.
L’Autobiografia di Alice Toklas fu scritta da Stein, che non comparve nemmeno in copertina nella prima edizione, “per varie ragioni, non ultima quella di placarne la gelosia per la scoperta dell’affaire, di trent’anni prima, di Gertrude con May Bookstaver.” (p. 173)
Si legge in Verna: “Scrivere per Stein è stato un gesto di autodefinizione, affermazione dell’io profondo, interminabile processo consustanziale all’essere e all’esistenza. Essenza e atto di scrivere coincidono, cominciano e finiscono insieme, essendo la scrittura intesa come espressione della sua mente, della sua genialità”(Verna, p. 102). La conoscenza della carismatica Stein deve molto “alle studiose femministe e al Teatro d’Avanguardia: le prime collocando la sua scrittura nelle problematiche di genere, il secondo liberando il potenziale sovversivo della sua visione della scena teatrale.” (editore) Maria Paola Fiorensoli
2° ex aequo: MARA CINQUEPALMI
Donne di carta. Il Poligrafico nei documenti dell’Archivio di Stato di Foggia e nei ricordi delle lavoratrici, edizioni Il castello, Foggia, 2017
Nel testo la carta è molto importante: materiale fondamentale dell’industria del poligrafico di Stato, della documentazione d’archivio, degli articoli di giornali e atti parlamentari che hanno permesso di mettere a fuoco il percorso dell’industria nel tempo.
Dalla legge del 1928 che fonda in Roma l’istituto poligrafico dello Stato per l’esercizio delle arti grafiche e per la gestione delle pubblicazioni di stato destinate alla vendita, al trasferimento nel luglio 1936 alla periferia di Foggia, ai percorsi del secondo dopoguerra fino ai nostri giorni.
Dai fascicoli conservati all’Archivio di Foggia, l’autrice, giornalista, scopre l’emozione di maneggiare le vite reali dei protagonisti attraverso una documentazione d’epoca. Le donne non sono molte: nel 1946 solo 152 donne su 1441 lavoratori, quasi tutte manodopera semplice; sei donne, quasi tutte contabili, su 76 impiegati. La seconda metà degli anni Cinquanta sono quelli delle lotte per migliorare le condizioni igieniche e di sicurezza specie nei settori in cui lavorano le donne e per ammodernare gli impianti di produzione. Le stesse lavoratrici scioperano negli anni Sessanta per abbattere le “gabbie salariali”.
Ma la documentazione scritta, quando si tratta di esperienze femminili è tradizionalmente troppo avara o addirittura inesistente, quindi per capire davvero è necessario sentire le voci, ascoltare le esperienze e le emozioni di quelle che hanno lavorato nell’azienda.
Realtà personali che illuminano dimensioni sociali ed economiche di più ampio respiro.
La giovine età e i difficili rapporti con i reduci e le anziane, la grande fatica fisica, le pessime condizioni di lavoro, non spengono nelle lavoratrici l’orgoglio del lavoro e dell’autonomia, il cameratismo e l’amicizia.
Nello stabilimento foggiano, l’azienda allestisce un nido per agevolare il ritorno delle lavoratrici dopo il parto. In questo modo si riescono a mantenere i livelli di produzione: “era interesse del datore di lavoro” spiega un’intervistata.
Colonie estive per i piccoli, con pantaloncini, tute, magliette; piccoli doni per la Befana e Pasqua, il vestito per la Prima Comunione, facilitazioni nei vari negozi della città: sono gli elementi di un precoce tentativo di welfare in una industria.
Una “traccia di umanità fra gli ingranaggi delle catene di montaggio”, si legge nella quarta di copertina. Beatrice Pisa
2° ex aequo: ELISA SALERNO, DONATELLA MOTTIN (a cura di)
Le Tradite. Prostituzione, morale, diritti delle donne, Associazione CDS “Presenza Donna”, Effatà Editrice, Cantalupa (To), 2015
Riconoscenza. È quella che dobbiamo a Elisa Salerno che con lo pseudonimo di Maria Pasini pubblicò nel 1950 Le Tradite. Un saggio sulla prostituzione in un’epoca in cui solo mormorare la parola era impensabile carica com’era e com’è di nefande doppie morali, soprattutto da parte della chiesa.
Lo spaccato che ne viene fuori è l’analisi della condizione della donna, succuba, vilipesa, offesa: davvero quel Secondo sesso che esiste solo perché il maschio “la riconosce”.
“Ogni diritto, attribuito indebitamente al maschio, si risolve in un delitto, o serie di delitti, in danno alla femmina” (si legge).
Un’analisi femminista della più chiara esemplarità.
La femmina prostituta, la sentina d’ogni nefandezza, mentre il maschio, o meglio il Cliente, è banalmente capito e scusato.
Ai tempi di Elsisa Salerno, solo un diritto del maschio.
Coraggiosa e diretta ma inascoltata e derisa, l’Autrice, denunciò gli orrori delle case di tolleranza, quegli orridi abissi in cui la donna è carne da macello. Venduta come merce.
“La tradita è una che non aveva di che sfamarsi. È una che credeva ed era in diritto d’essere amata e invece fu assassinata, dall’uomo stesso che aveva, verso di lei, i più sacri doveri.
È una che fu cacciata dalla famiglia, a cui Iddio stesso l’aveva data, affinché l’amasse, la proteggesse, provvedesse. È una che è costretta a portare i debiti, contratti da altri, ed è spinta perciò a tutti i mali. È una che ha trovato nella Chiesa di Gesù Cristo, o più esattamente, in uomini della Chiesa, regole di moralità disastrose, mentre avrebbe dovuto trovarvi la sua primaria difesa, la sua salute.” (Report)
Sì, le dobbiamo riconoscenza. Edda Billi
NDR: Donatella Mottin, insegna religione e dirige il Centro Documentazione e Studi “Presenza Donna” che conserva il Fondo “Elisa Salerno”.
Elisa Salerno (Vicenza, 16 giugno 1873-ivi, 15 febbraio 1957), femminista cattolica del primo ‘900, autodidatta, romanziera, fondatrice del primo giornale per le lavoratrici “La Donna e il Lavoro”, pubblicò il libro a sua firma nel 1937; lo ripubblicò nel 1950 con lo pseudonimo di Maria Pasini, ed oggi esce nella collana Sui Generis di Effatà con contributi che lo contestualizzano, aggiornato nella documentazione “per non dimenticare le attuali tradite; obbligarci a non voltare la faccia di fronte alle violenze di ogni tipo perpetrate contro le donne; (…) a non tradire il nostro poter essere donne e uomini con relazioni e tempi nuovi” (report casa editrice).
SEGNALAZIONE: ANTONELLA FIMIANI
Donna della parola. Etty Hillesum e la scrittura che dà origine al mondo, Apeiron, Pantano Oreste, 2017
Olandese, d’origine ebraica, vittima dell’Olocausto per volontaria condivisione del destino familiare, Etty Hillesum (Middelburg, 15 gennaio 1914), morì ad Auschwitz (30 novembre 1943); cometa luminosa nei cieli sempre più cupi della prima metà del Novecento europeo.
La scrittura diaristica ed epistolare, anche dal Lager, è intima e indagatrice e, per definizione d’Hillesum, “atto di vita, azione resistenziale nei confronti della morte collettiva che investì l’Europa, ferma denuncia del male ma anche manifestazione di bellezza”.
Biografare la straordinaria esistenza di Etty Hillesum, scrittrice che esprime un’umanità radicata in Dio, apprezza la vita e la testimonia, sempre, è una sfida raccolta da Antonella Fimiani, dottora in filosofia politico-giuridica all’Università degli Studi di Salerno, già Autrice di Sentieri del desiderio. Femminile e alterità in S. Kierkegaard (Rubettino, 2010).
L’Autrice ne coglie, empaticamente e con buona documentazione, l’intima immagine; narra per accostamenti il genio di una donna dai tanti affetti, interessi, studi e ricordi; ne racconta il caos creativo, lo stesso esemplificato da Etty Hillesum nella descrizione della sua scrivania, ad Amsterdam, dove tra carte, libri, oggetti (comprese fotografie di Jung), rimaneva miracolosamente “lo spazio per lo scrivere e per me.” (Diario 21 giugno 1942).
Nel testo, ampi brani d’Hillesum, e anche poesie:
Un solo spazio compenetra ogni essere / spazio interiore del mondo. Uccelli taciti / ci attraversano. Oh, io voglio crescere / guardo fuori e in me ecco cresce l’albero. (p. 94) Maria Paola Fiorensoli
SEGNALAZIONE: FRANCESCA DI CAPRIO FRANCIA
Donne genovesi tra storia e leggenda. Dall’antichità all’età dei Lumi, De Ferrari, Genova, 2018
Il volume completa il trittico dedicato da Francesca di Caprio Francia alle Genovesi, il primo riguardante le donne dell’Ottocento (2014), e il secondo quelle dell’Età dei Lumi (2016).
Eleganza espressiva e profondità di ricerca, sanano gran parte della tradizionale cancellazione del portato e del protagonismo femminile nella Storia, offrendo eccellenti biografie e numerosi modelli femminili alle odierne e prossime generazioni.
Gabriella Airaldi, nella Prefazione, encomia l’Autrice per i rimandi, anche inediti, di un’opera preziosa, che include le fonti classiche sulla vita delle Liguri; le sepolture femminili nella necropoli di Albintimilium; l’iscrizione funeraria per l’undicenne Maia Paterna che per Amedeo Pescio costituisce il primo esempio di cristianità nella Liguria del II sec.
Ampiamente testimoniato il Medioevo (es. Berlenda, Alagia Fieschi, Violantina Giustiniani) con la Crociata delle Dame organizzata da Argentina Spinola, Isabella Doria, Isabella Fieschi Visconti (1301). Recuperate genealogie di benefattrici.
Tra “suggestioni d’amore”, intellettualità, letteratura, vicende reali e fantasiose, leggende storiche, monacazioni forzate e vendette, l’Autrice approda a una straordinaria Appendice – “Ricordando Caterina genovese e santa in un Racconto dialogato, (in cinque scene)” – in cui ripercorre la propria devozione, esamina la modernità del modello “che affermò il primato della coscienza, predilesse S. Francesco d’Assisi e, sul piano teologico, “si parla oggi della sua collocazione tra i Dottori della Chiesa.” (p. 128) Maria Paola Fiorensoli
Le due Associazioni promotrici il Premio, esprimono grande vicinanza alla città di Genova per i tragici eventi derivati dalla caduta del Ponte Morandi e, in particolare, alle cerchie familiari, parentali, amicali e lavorative di chi vi ha perso la vita o l’ha avuta compromessa o ha perso la casa e il lavoro, la sua quotidianità.
SEGNALAZIONE: LAURA CANDIANI
La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne, Universitaria ed. (le Guide di Toponomastica femminile), Roma, 2018
Il libro s’inserisce nel filone della Toponomastica femminile, già espressa nel precedente Pistoia. Tracce e percorsi di donne (Eus ed., 2017).
Laura Candiani guarda alla Provincia pistoiese, a una terra dal timbro delicato, Valdinievole, il cui toponimo potrebbe derivare, nella parrocchia di Chiesina Uzzanese, dalla chiesa di Santa Maria della Neve, come propone Bruna Rossi (firmataria di altre ricerche nella valle). Si tratta infatti di un’antologia, a più firme, ottimamente curata e arricchita da propri contributi e da fotografie da Laura Candiani che dedica l’Appendice ad antichi e/o sopravvissuti lavori femminili: balia, tessitrice, tabaccaia, berrettaia, impagliatrice, gessaia, allevatrice di bachi da sete, e così via.
Sguardo attento, uso non sessista del linguaggio, personagge (vere, leggendarie, fantastiche) molto intriganti, sostanziano pagine che esprimono la forte relazione di Laura Candiani col territorio attraverso nomi, targhe, negozi, botteghe artigiane, laboratori artistici, méte locali o internazionali (Collodi, con il suo Pinocchio e la Fatina dai capelli azzurri).
Altre firme ci guidano con mano sicura, senza farci inciampare nelle “buche delle fate” (B. Rossi), alla scoperta di ciò che la Storia e le donne hanno esperito in Valdinievole: Marta Beneforti, Vincenza Papini, Chiara Martinelli e Susanna Daniele di cui citiamo, per brevità, tra altri contributi, quello sulla filantropa Eulalia Sannini Carozzi che, vedova e senza eredi, destinò il suo Palazzo (dal 1828), a “Casa di pubblica istruzione per le fanciulle”.
Maria Paola Fiorensoli
SEGNALAZIONE: MIRELLA LEONE
Il Fascismo e l’Universo femminile. Consenso e dissenso delle donne italiane, Quiedit, Verona, 2017
La passione della ricerca storica e di genere sottende questa terza opera di storia di genere di Mirella Leone, dedicata alla “nonna Melina, imperterrita e silente”.
Il libro propone “aspetti noti e poco noti e anche, per certi versi imbarazzanti, come quello del consenso femminile al fascismo. In una visione che tende a essere globale, risalta un sorprendente ritratto delle donne degli Anni Trenta le quali, al di là del proprio schieramento, destreggiandosi fra divieti e concessioni, non si conformano all’ideale femminile fascista, sovvertono alcuni piani del fascismo, mutando, inconsapevolmente, il senso della storia.” (retrocopertina). Nell’Introduzione, l’Autrice indica come “prerequisito della ricerca, l’assunzione di una prospettiva olistica, in cui collocare la donna del ventennio fascista, che comprenda il pubblico e il privato, la società civile e le istituzioni” e parla della “dimensione totalizzante, tale da coinvolgere tutto l’universo femminile” del rapporto Fascismo/donne.
Tra gli aspetti i meno noti, il rifiuto del Partito Nazionale Fascista (1921), d’istituire “quadri femminili” e l’espulsione delle proponenti, “dirigenti fondatrici, per la maggior parte colte e di classe altolocata” (pag. 84), fasciste della prima ora e tra i primi 200.000 tesserati.
Nel terzo capitolo, dedicato alle Veronesi, l’ampio e originale recupero documentario conta Maria Steccanella, antifascista di Sinistra, attiva in Italia e all’estero, perseguitata dall’Ovra ma “attenzionata”, caduto il Regime, fino al 1997 (p. 187). Il paese natale, Cazzano di Tramigna (Vr), le ha intitolate una strada e la Biblioteca. Maria Paola Fiorensoli
B) SEZIONE NARRATIVA
I° ex aequo: DARIA MARTELLI
Il romanzo More veneto offre molteplici piani di lettura. È la storia intima e personale di una donna, Lorenza, che sta vivendo un momento di profonda sofferenza per la morte della madre e la crisi del suo matrimonio. Si allontana da Firenze la sua città e decide di andare a Venezia ufficialmente anche per motivi di lavoro, in realtà nel tentativo di colmare il vuoto di affetti e il senso di solitudine che avverte: lì vive una cara amica di università e nel dialetto veneziano sente “una dolcezza familiare” che le ricorda il parlare di sua madre originaria di un paese del padovano.
È il mese di febbraio e l’Autrice sembra prenderci per mano portandoci fuori dalla confusione del carnevale e dalla massa assordante dei turisti. Ci conduce nel silenzio della Biblioteca nazionale e dell’Archivio di Stato dove trova il libro di un’antica scrittrice veneziana, Limpida Sorgente, l’altra protagonista del romanzo. Attraverso gli scritti e i pochi documenti trovati, Lorenza entra nel mondo cinquecentesco di Limpida, nella sua vita, nelle sue sofferenze di donna schiacciata da un potere maschile che non le ha permesso di esprimersi. Anche Limpida diventa una presenza importante per Lorenza: i luoghi, i personaggi dell’oggi si affiancano a quelli del mondo scomparso, quasi in una osmosi tra presente e passato. Dall’incontro con una donna così lontana da lei nel tempo, ma così vicina nella sensibilità, Lorenza trova il coraggio di superare gli ostacoli, le paure, le insicurezze e di cambiare la sua vita.
Daria Martelli ha contribuito alla nuova cultura delle donne con numerose opere di narrativa, saggistica e teatro ed anche con un’intensa attività politica e culturale.
Il ritrovamento dello scritto di Limpida Sorgente ricorda la riscoperta nella Biblioteca Nazionale di Firenze del dialogo cinquecentesco Il merito delle donne, di Moderata Fonte, di cui Daria Martelli curò un eccellente adattamento teatrale.
Il titolo del libro More veneto (secondo l’uso veneziano), rimanda alla calendarizzazione in uso nell’antica Repubblica di Venezia, che datava il capodanno al primo marzo, e considerava febbraio – il mese in cui è ambientata la storia – l’ultimo mese dell’anno, a segnare la fine di un ciclo e l’inizio di uno nuovo, carico di attese e speranze.
C’è un’altra grande protagonista in questo scritto: è Venezia, ma non la città affollata di turisti sbarcati dalle navi da crociera che sembrano calpestare la sua storia e la sua fragilità. È la Venezia delle calli silenziose, dove, nella quotidianità, sembra di vivere tutt* insieme, dove può capitare che la tua vicina di mattina ti porga il caffè attraverso la finestra, dove passato e presente convivono: è una città che merita attenzione, rispetto, amore.
Pagine di bella letteratura e soggetto affascinate. Maria Teresa Santilli
1° ex aequo: ELYSA FAZZINO
Le tre amiche, Il Seme Bianco, 2018
È in una bella villa coloniale della Carolina del sud, a Charleston, città elegante e dall’architettura ricercata, che avvengono le vicende narrate nel romanzo di esordio, Le tre amiche, di Elysa Fazzino. Le tre donne protagoniste della storia hanno vissuto nella grande casa che Rosa Washington, la loro governante di colore, deve incaricarsi di svuotare e di mettere in vendita. Non è un caso che Rosa porti lo stesso nome di Rosa Parks, l’attivista per i diritti civili degli afroamericani che nel 1955 innescò la loro rivolta rifiutandosi di cedere il posto a sedere in un autobus di Montgomery, nello stato dell’Alabama, a un bianco.
L’Autrice inserisce una sua citazione nella prima pagina del libro, che dice: “ero solo molto stanca di arrendermi” e che introduce la storia. Rosa Washington è stata la quarta ospite femminile della casa. Testimone muta della vita che si svolgeva davanti ai suoi occhi con tutti i problemi, le gioie, i dolori e i segreti che inevitabilmente hanno costellato la vita delle tre amiche. Sempre presente, però invisibile per la società di allora. È lei che racconta al suo padrone, l’ammiraglio italiano Ruggero Albani, accorso per seguire la messa in vendita della villa, le vicende del passato di cui è stato protagonista insieme alle quattro donne, anche se spesso solo come spettatore ignaro. “Per tutta la vita Rosa le aveva curate, consolate, ascoltate con discrezione. Non avrebbe voluto assumersi l’incarico di quella vendita. Era esausta e si vedeva. In segno di lutto: un piccolo nastro nero sulla blusa. ‘Ma erano tre sorelle?’, le chiese una signora armata di metro interessata a un trumeau? ‘No, tre amiche’.
È il 2008, l’anno della corsa presidenziale di Obama, che fa da sfondo ai ricordi di Rosa, che oramai anziana, condivide con Ruggero ed è duro riandare con la memoria al periodo in cui sono avvenuti i fatti che hanno cambiato per sempre i destini delle tre amiche. E quelli di Ruggero e di Rosa che, per la prima volta in tanti anni, gli confida i segreti della casa e delle sue abitanti. Sono stati giovani nel pieno degli anni ’60, quando ancora in America vigeva il segregazionismo razziale e una donna di colore come Rosa non osava nemmeno dare un nome ai suoi desideri e alle sue aspirazioni. In quel periodo il ragazzo di Rosa, un attivista nero, era stato accusato ingiustamente di aver violentato una bianca, la fidanzata di Ruggero, nel 1968. Quest’ultima si era rifiutata di sposarlo a seguito del trauma subìto. Per dimenticare questa storia Ruggero, l’unico uomo della casa, di cui tutte erano innamorate, aveva deciso di andare a combattere in Vietnam. Le vicende personali delle amiche e di Rosa, rimaste a vivere da sole nella grande casa coloniale, si intrecciano indissolubilmente, e sono abilmente descritte dalla penna di Elysa Fazzino che nella vita, oltre che scrittrice è anche giornalista.
I risvolti psicologici dei personaggi e le loro complesse vicende personali coinvolgono il lettore e ci riportano a un periodo storico, quello delle lotte razziali degli anni ’60 negli Stati Uniti, che conserva ancora una sua tragica attualità. Consuelo Valenzuela
Premio unico di Poesia edita: ANTONELLA BONTAE
Liriche di tecnologia infranta, Centro Internazionale della Grafica di Venezia, 2018.
Tra le prime poesie di questa iniziale raccolta di Antonella Bontae si colloca Assemblaggio petrarchesco che sbozza in versi di stampo antico il tema del libro: è Amore che saetta e vola e, imprendibile Ariel, si libra nell’aria e si rende irraggiungibile sostanza eterea.
Nelle varie sezioni di Liriche di tecnologia infranta si snoda questo sentimento che, come quello appartenuto al suo illustre predecessore del trecento, è inquieto e ama essere descritto e dissezionato in tutti i suoi componenti reconditi e cercato nel paesaggio in cui si muove l’anima affranta.
In Bolla di sapone (p. 23) le labiali (B, P) intoppano il libero fluire delle A che vorrebbero aprirsi e espandersi, e delle M che ambirebbero a ronzare quasi silenziose in cerca di erompe in / lettere disarticolate.) Non per niente quiete (In una bolla di sapone / ti ammanti di / desiderio muto, / alla fine della poesia viene invocata una pace ristoratrice. Non si viene fuori dall’Amore: un presente morto / fiancheggia / un mito immortale. (p. 24) Ironicamente chi scrive si chiede come possa spegnere i sogni / di una donna avvolta / in costume da bagno / con geometrie di Mondrian? (p. 31)
La sezione “Tristezza” è l’occasione per anteporre al tormento la riflessione e ci si chiede quanto inganno permanga in questo amore autentico e immaginario. Del resto più avanti la poeta sembra quasi sbracciarsi a dichiarare: Non esisti, sei solo / la forma cadente di un sogno, / essenza eterea / e irraggiungibile. (p. 50)
Il mercato di Rialto (p. 46) mescola pesci, crostacei, molluschi a angosce, cappuccini e ghiaccio. Non si può fingere di non sentire la propria pena.
La si può impastare insieme ad altre cose, finché parole ossimoriche si aggiungono a questo pastiche che stordisce i sensi e l’animo.
Il ragionar d’amore accompagna la nostra poeta in un percorso irrequieto e trova qualche sollievo nella sezione sulla “Natura” dove Bontae esplode in un’anafora incalzante:
Siamo fiori, siamo fiori / di campo, / siamo papaveri al vento, / siamo oche sulle ripe/ del fiume, / siamo canto di augelli, / siamo bianchi monti lontani. … (p. 61)
Ma mentre gli incontri, gli sguardi, le riflessioni si accavallano e generano nuovi percorsi e Ogni viaggiatore custodisce / geloso le sue strade sbagliate…(p. 83), tra gli ultimi versi del libro troviamo la traccia di una malattia messa alle spalle col respiro e i pensieri che rifluiscono. Il tono si fa più assertivo, acquisisce consapevolezza: il sogno è la vita, ma ora il sogno è più nitido.
Il poeta aretino diceva nel suo componimento LXXI:
…ma spero che sia intesa / là dov’io bramo e là dove esser deve / la doglia mia, la qual tacendo i’ grido…;
Antonella Bontae ha voluto portare il suo silenzio e il suo grido tra gli umori del mondo contemporaneo per raccontare un desiderio che ambisce ad essere ascoltato. Anna Maria Robustelli
SEGNALAZIONE: CARLA MUSSI
Sconto di pena. Storia di una passione, Puntoacapo Editrice, 2016
È sempre molto difficile parlare di violenza e soprattutto di violenza domestica. In questo libro, composto come una rappresentazione teatrale, è la donna delusa e amareggiata a uccidere l’uomo con cui vive.
Particolarmente sofferto è misurarsi col dramma che termina in un omicidio da parte femminile: i versi asciutti e incisivi portano il bagaglio di angherie e silenzi, le parole “attuano” lentamente il percorso che attende.
Lo stupore è grande, la verità è amara e i versi hanno la vita e la morte come l’individuo che ne viene colpito. Segni di dolore e di rabbia che portano ad una terribile tragedia.
Dialoghetto con l’inferno
Scrivimi dell’amore dall’inferno / che io non ho vergogna /di stare sulla Terra.
Parlami dell’amore dall’inferno, /è per questo che scrivo /in preda alla parola,
io che non mi governo / e scrivo dall’inferno dall’amore, /io che non ho pudore
Gabriella Gianfelici
“DONNA E POESIA” L’Associazione “Donna e Poesia” – già Donna Poesia – nata nell’aprile 1987, durante l’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne, ha prodotto, nel 1989, il Premio Internazionale Donna-Poesia, primo premio, in Italia, rivolto solo alle donne e le cui prime edizioni hanno prodotto Antologie. Obiettivo principale, dare voce alle donne, del passato e del presente, attraverso l’ascolto e lo studio della parola poetica femminile.
Tra le Giurate, nel tempo, ricordiamo Antonella Anedda, Daniela Attanasio, Edith Bruck, Adele Cambria, Caterina Cardona, Maria Clelia Cardona, Biancamaria Frabotta, Anna Malfaiera, Dacia Maraini, Toni Maraini, Elena Milesi e Sara Zanghì cui dedichiamo il 1° Dicembre l’intermezzo poetico del nostro Premio unito, dal 2000, a quello de Il Paese delle donne. Abbiamo collaborato con “Medici senza Frontiere” e con l’Ass.ne “Franco Basaglia ’84” presso il comprensorio di S. M. della Pietà (Roma)
Socie fondatrici dell’Associazione Federativa Femminista Internazionale (Affi) e di Archivia-archivi, biblioteche e centri di documentazione delle donne, vi contiamo un Fondo di poesia dichiarato Patrimonio Storico dalla Soprintendenza archivistica di Roma. Siamo attive a Reggio Emilia con l’associazione Exsosfere. Info: cell. 3485605528 ~ e-mail: annarobus@alice.it
D) SEZIONE ARTI VISIVE
1°: ASSUNTA DI SANTE, SIMONA TURRIZIANI (a cura di)
Le donne nel cantiere di San Pietro in Vaticano. Artiste, artigiane e imprenditrici dal XVI al XIX secolo, Ed. Il Formichiere, Foligno, 2017
Vittoria Pericoli, fornaciara. Paola Blado, stampatrice. Lucia Barbarossa intagliatrice lignea. Francesca Bresciani intagliatrice di lapislazzuli. Giavanna Jafrate, vetrara. Le sorelle Palombi patentate ferrare. Sono solo alcuni dei nomi che come rari reperti del passato riaffiorano grazie al prezioso volume “Le donne nel cantiere di San Pietro in Vaticano” curato da Assunta Di Sante e Simona Turriziani.
Una collezione di saggi nei quali grazie ad attente e meticolose ricerche di archivio si è voluto documentare la presenza di artiste, artigiane e imprenditrici nel cantiere petrino dal XVI al XIX secolo. Una raccolta di studi pregevoli, che apre a nuove prospettive di analisi sulla presenza e sui ruoli femminili nei cantieri artistici-architettonici e in particolare in quello lungo e complesso legato ai lavori vaticani. Apprendiamo che “l’impiego di manodopera femminile in edilizia risulta diffuso in tutta Europa fin dall’età medievale”, ma che in Italia non in tutti cantieri le donne venivano affettivamente coinvolte. A Siena ad esempio per la costruzione del Duomo è registrata la presenza di donne manovali, lavoratrici a giornata; mentre nei prestigiosi cantieri per la costruzione del Duomo di Firenze o di Milano, non vi è traccia di donne operaie. In Vaticano il numero della presenza femminile lavorativa sembra essere sicuramente cospicuo, seppur sempre largamente minore a quello maschile, e dagli studi condotti emerge con chiarezza un trattamento di effettiva dignità dato al lavoro delle donne, testimoniato da una sostanziale parità economica.
È importante rilevare che la presenza di queste artigiane ed artiste è quasi sempre legata a quella di padri o mariti attivi nella fabbrica vaticana e che esse partecipano al lavoro della “botteghe” familiari. Sono mogli, vedove, orfane impegnate nelle mansioni più varie, pronte a subentrare attivamente e in prima persona nel caso di morte precoce degli uomini di riferimento. Se questa raccolta dunque chiarisce il ruolo lavorativo delle donne in questo genere di cantiere edile, talvolta rilegato – ci sembra – a mera intestazione dell’azienda familiare ereditata, quanto a un effettivo ruolo centrale, attivo e decisionale sulla qualità del lavoro offerto, ci pare ragguardevole il contributo che essa dà alla conoscenza di alcuni dei ruoli cosiddetti minori nella produzione artistica. Ne sono esempio singolare le donne occupate nella “capatura degli smalti” e il loro prezioso apporto per il recupero delle tessere musive nei restauri petrini; l’articolata vicenda del delicatissimo incarico di intagliatrice di lapislazzuli di Francesca Bresciani per il magnifico tabernacolo del Bernini, come anche l’intensa attività di Lucia Barbarossa valente artigiana del legno.
Uno studio eccellente e imponente, per attenta lettura dei dati d’archivio e per le informazioni dettagliate sull’operato e l’attività di alcune di queste valenti artiste, artigiane e imprenditrici dal XVI al XIX secolo.
Saggi di Nicoletta Marconi, Simona Turriziani, Paola Torniai, Assunta Di Sante, Sante Guido, Nicoletta Marconi, Giovanna Marchei. Lucilla Ricasoli
Monica Grasso cell. 349.71.04.188 e Lucilla Ricasoli cell. 345.42.08.056 fanno parte dell’ Associazione culturale “IL TEMPO E LO SGUARDO” Lezioni e incontri di arte moderna e contemporanea e-mail: iltempoelosguardo@gmail.com
2° ex-aequo: CONSUELO LOLLOBRIGIDA
Plautilla Bricci. Pictura et Architectura Celebris. L’architettrice del Barocco Romano, Gangemi, Roma, 2017
Un saggio che riunisce un decennio intenso di studi e ricerche su Plautilla Bricci architettrice del Barocco Romano. Un volume pregevole che ripercorre attentamente la biografia e le vicende artistiche di una figura di estremo interesse e di importanza rilevante che segna un contributo importante per ricomporre il complesso mosaico delle identità artistiche femminili che, con ostinata caparbietà e rigore profondo, studiose come Consuelo Lollobrigida sottraggono alla damnatio memoriae della storia dell’arte.
Plautilla fu artista e architetta del XVII secolo, attiva a Roma, perfettamente a suo agio nel colto ambiente di committenze eccellenti quali la famiglia Barberini, la Corona di Francia e il Capitolo Vaticano. Formatasi alla bottega del Cavalier d’Arpino e partecipe alla impresa familiare del padre e del fratello, Plautilla ben presto emerge come artista autonoma, rispettata e celebrata in un ambiente erudito – come l’autrice ben documenta – legato alla cultura filofrancese ove si discute, sotto l’impulso di ardite autrici come la De Gournay e la de Scudéry, l’ideale della femme forte, la cui eco concreta sembra personificarsi nelle due volitive sovrane Anna d’Austria e Maria de’ Medici. È la controversa artistica dell’Architetta/Architettrice Plautilla che più ci affascina, il percorso ben documentato di una professionalità in un ambito ancora oggi frenata da una lunga e ingombrante tradizione maschile che rapportata al XVII secolo ci appare ancor più straordinaria, eccezionale ed emblematica. All’autrice il merito e il riconoscimento per aver portato alla luce l’opera e il talento, altrimenti sconosciuti, di Plautilla Bricci. Lucilla Ricasoli
2° ex-aequo: DANIELA BONI e MONICA MANFRINI
Pittrici della rivoluzione. Le allieve di Jacques-Louis David. Edizioni Pendragon, Bologna 2017
Un saggio pregevole e necessario, scritto a quattro mani, su un aspetto poco noto soprattutto in Italia, dell’arte delle donne: la storia di un numero notevole di artiste francesi formatesi con il grande pittore neoclassico Jacques-Louis David. Siamo in un periodo particolarmente turbolento, tra monarchia assoluta, rivoluzione, impero napoleonico e ritorno alla monarchia, che lo stesso David attraversò con alterne fortune, e che coinvolse anche le artiste di cui si parla, una per tutte Anne Marie Paulze, anche lei un’allieva di David, che fu moglie del famoso chimico Lavoisier finito sulla ghigliottina.
Per le donne l’apprendistato artistico non era semplice, le autrici ci ricordano ad esempio che, se per un certo periodo poterono accedere all’atelier di David presso il Louvre, questo fu poi considerato “indecente” e dovettero ricevere lezioni solo nel loro domicilio privato. Indecente era considerata la loro frequenza di aule in cui vi fossero anche i loro colleghi uomini, e soprattutto, era loro drasticamente proibito lo studio del nudo maschile dal vero, costringendole ad imparare l’anatomia copiando i gessi antichi o le opere del maestro, limitando così notevolmente la scelta dei soggetti da trattare.
Come le autrici sottolineano, è oggi molto arduo recuperare notizie biografiche su queste artiste, perché anche se ebbero una certa affermazione in vita, vennero presto sommerse dalla dimenticanza storica, e ancora più difficile è reperire le loro opere. Eppure nelle immagini che corredano il volume vediamo che i dipinti, soprattutto ritratti, di Anne Guéret, di Marie-Guillelmine Benoist o di Nisa Villers e Sophie Chéradame, per citarne alcune, sono opere di ottima qualità e perfettamente aggiornate al gusto del tempo. Un ringraziamento quindi alle due studiose che ci hanno permesso di conoscerle. Monica Grasso
SEGNALAZIONE: SIMONETTA PROIETTI
Edyth Von Haynau (ROSA ROSA’): una donna tra Futurismo e politica, Università Roma Tre, 2018
La corposa Tesi di Simonetta Proietti è stata dedicata all’approfondimento scientifico dell’artista Edyth von Haynau, pseudonimo Rosa Rosà, e sul suo pensiero politico espresso all’interno di un movimento complesso come quello delle futuriste faticosamente emerso dall’oblio pochi decenni fa.
Le difficoltà di questa ricerca sono state anche di ordine biografico, poiché i dati dell’artista erano parzialmente contraddittori; utili quindi i colloqui avuti con una discendente, ma anche le ricerche presso gli uffici di Vienna. Inoltre, l’attività di ricerca svolta negli archivi e biblioteche ha permesso anche di ritrovare, presso la Fondazione Primo Conti di Fiesole, tre lettere inedite di Edyth von Haynau indirizzate a Emilio Settimelli.
L’ultima del 1923 è anche l’ultima che testimonia, come scrive l’Autrice, la sua adesione al movimento, che abbandona subito dopo. Un’artista dalla vita complessa, che firma anche articoli ne “L’Italia futurista”, e deve fare i conti con il disprezzo per la donna messo per iscritto da Filippo Tommaso Marinetti nel nono punto del famoso Manifesto. Fiorenza Taricone
E) SEZIONE TESI DI LAUREA – Dottorato, Magistrale, Triennale
1° TESI DI DOTTORATO: FRANCESCA DELLO PREITE
Donne e dirigenza scolastica. Prospettive per una leadership e una governance al femminile. Dottorato in Scienze della Formazione, Università di Firenze, 2015, Tutor Simonetta Ulivieri.
L’Autrice analizza uno dei fenomeni che hanno caratterizzato la storia d’Italia dalla sua unità, cioè la massiccia presenza delle maestre nel processo di alfabetizzazione, e la sua evoluzione, fino ai nuovi ruoli della dirigenza femminile. Dal III Capitolo, in poi, la tesi illustra la ricerca di genere sul nuovo ruolo attraverso interviste a donne individuate in tre diverse fasce geografiche.
Le stesse interviste vengono quindi riportate nell’ultima parte del lavoro, l’Appendice, prima della bibliografia e della sitografia.
La problematica, come lei stessa scrive, è affrontata a partire da una rilettura in ottica di genere delle principali tappe storico-normative della dirigenza fino a una indagine qualitativa di tipo esplorativo. Una gender segregation che ha condizionato la vita delle donne direttrici e presidi, fino all’attuale dirigenza e leadership educativa femminile che potrebbe essere superata assumendo il Diversity management come nuovo stile di governance del sistema d’istruzione italiano. Da un’immagine militaresca e accentratrice del preside rimasta in vigore senza soluzione di continuità durante il regime fascista, e rimasta in vigore anche nel periodo post-bellico, si esamina la spinta innovativa legata agli anni Settanta con i Decreti Delegati, che ridisegnano la scuola italiana secondo valori democratici.
Nel 2000 entra in vigore l’Autonomia scolastica, che attribuisce a ogni istituzione personalità giuridica, autonomia organizzativa, di didattica, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, nonché la qualifica dirigenziale ai capi d’istituto delle scuole.
Del tutto condivisibile è ciò che scrive l’Autrice: “nella letteratura sulla leadership educativa sono state sottovalutate due questioni di fondo: la prima, di ordine quantitativo, riguarda il fatto che attualmente il numero complessivo delle dirigenti supera quello dei colleghi maschi, con probabilità di crescita; la seconda, di ordine qualitativo, è riferita al fatto che continuare a considerare i saperi e le pratiche professionali come a-sessuali e neutri, equivale a non cogliere le differenze di genere come risorse aggiunte per l’implementazione e l’innovazione dei contesti: un materiale con una connotazione gender blind.” (pag. 99)
Alla ricerca hanno preso parte trenta dirigenti scolastiche in servizio presso istituti di vario ordine e grado: dieci al Centro-nord, dieci al Centro e dieci al Sud.
La comparazione fra gli anni di servizio in qualità di dirigente e l’età anagrafica non segue un andamento parallelo. Un numero consistente di dirigenti infatti, ha vinto il concorso dopo l’entrata in vigore dell’Autonomia scolastica, quindi dal concorso del 2006, e anagraficamente si trova già proiettata verso la pensione.
La lettura integrale delle interviste è decisamente istruttiva, illuminante rispetto a una diversa concezione del potere, che non è quasi mai vissuto come il potere sull’altro/a. Fiorenza Taricone
2° ex aequo: SERENA BILLITTERI
Azione e narrazione nel pensiero educativo di Hannah Arendt, Università di Cassino e del Lazio Meridionale, a.a. 2017-2018
Rileggere l’opera della filosofa Hannah Arendt alla luce di inedite categorie interpretative educativo-pedagogiche è quanto si propone Serena Billitteri in un bel saggio dottorale, in cui emerge nitidamente la specificità del nesso che lega azione e narrazione nel percorso formativo degli esseri umani.
Muovendo dalla possibilità di educare il pensiero critico, che Arendt intravedeva già ben delineato nel profilo di Socrate e su cui si era soffermata nel corso delle lezioni dedicate alla filosofia politica di Kant, l’autrice lascia affiorare l’intera grammatica della teorizzazione arendtiana in ambito educativo: il concetto di natalità e quello di condizione umana; il valore della responsabilità individuale e quello del sentimento comunitario; il significato dell’autorità legittima e quello della capacità dialogica di tutti gli esseri umani. Temi, questi, che vengono efficacemente declinati secondo uno schema argomentativo fondato sub specie educationis, ma che ben si inseriscono all’interno del più ampio orizzonte speculativo di Arendt, confermando, ancora una volta, il prioritario interesse della studiosa per i molteplici aspetti dell’agire pratico dell’umanità.
Assai interessante, inoltre, risulta l’inclinazione prospettica del saggio verso l’idea di narrazione come possibilità formativa, nel cui transito ideale, e quasi in dialogo costante con l’amico Walter Benjamin, Arendt collocava i riferimenti alla preziosità del racconto, della biografia, del pensiero poetico e della metafora in vista di una auspicabile educazione al bello, che “si mostra” senza mai risultare precettistica.
Con rigore ermeneutico e padronanza delle fonti documentali, infine, sono rivisitati, attraverso un originale rovesciamento metodologico, il profilo biografico e l’opera della pensatrice che ha saputo descrivere con lucidità la tragedia della banalità del male: il lavoro di Billitteri si conclude, infatti, con un confronto tra la speculazione teorica di Arendt e la sua concreta esperienza di vita vissuta, anche grazie alle informazioni fornite dal ricco scambio epistolare con il maestro Karl Jaspers. Quasi una «cartina di tornasole» delle argomentazioni filosofiche in grado di confermare, ancora una volta, l’intima e profonda coerenza tra vita e pensiero della grande filosofa tedesca. Amelia Broccoli
2° ex aequo: ROSSELLA BUFANO
Partecipazione politica e diritto di voto delle donne durante la Rivoluzione francese (1789-1795): teorie, pratiche e dibattito istituzionale, Università del Salento, 2016.
Il lavoro dell’Autrice, Rossella Bufano, è dedicato a due grandi temi della storiografia e della cittadinanza femminile: la Rivoluzione francese e il diritto di voto, di cui per la prima volta si parla in quella Rivoluzione per la prima volta sessuata che ha segnato in modo indelebile l’intera storia europea. Se il primo argomento, la Rivoluzione, è stata sempre ampiamente trattato dalla manualistica anche scolastica, non altrettanto di può dire del secondo; la massiccia e innovativa presenza femminile sulla scena pubblica rivoluzionaria è stata pressoché ignorata per decenni, sicuramente in Italia.
È merito innegabile del femminismo e degli studi di genere aver illuminato in modo paritario una doppia presenza, maschile e femminile, che seppure maggioritaria la prima e minoritaria la seconda, è stata straordinariamente significativa, considerati anche i livelli di analfabetismo dei ceti più bassi; come l’Autrice stessa scrive nell’Introduzione, gli studi sull’argomento sono aumentati solo in occasione del bicentenario, oltre che del 50° del diritto di voto delle donne in Francia e in Italia, 1944 e 1945.
Il lavoro di Rossella Bufano, accurato, e arricchito da un notevole apparato iconografico, mostra la conoscenza di fonti studiate direttamente sul posto, come s’evince dalla Bibliografia: giornali, dibattiti parlamentari, pamphlets, cahiers des doléances, petizioni, discorsi, progetti di legge, regolamenti. Scorrono nel Capitolo II i nomi delle protagoniste, si spera riconsegnate alla storia; prima fra tutte Olympe de Gouges, autrice di quella Déclaration des Droits des Femmes et des Citoyennes, per la prima volta sessuata, che purtroppo non compare ancora affiancata nei libri di storia a quella ben più celebre dei Droits des Citoyens.
Decisamente interessante è il Capitolo 4, in cui si esamina la circolazione delle notizie a Parigi, i libri cosiddetti proibiti, il dibattito costituzionale del 1793, la valenza politica della maternità, ma anche le voci favorevoli al voto femminile. L’ultimo paragrafo, La parabola politica delle donne, ricorda che nella apparente sconfitta della rivoluzione francese le voci politiche femminili non sono mai state ridotte completamente al silenzio, come anche questo lavoro dimostra. Fiorenza Taricone
1° TESI MAGISTRALE: ANTONELLA FIORILLO
Esilio e delirio in Maria Zambrano (Tesi in epistemologia pedagogica), Università di Cassino e del Lazio Meridionale, a.a. 2016-2017, Tutor Amelia Broccoli
Maria Zambrano nasce in Spagna, a Velez Malaga nel 1904, il 22 aprile.
Le è cara una compagna, con lei unica donna della scuola superiore.
Le sono maestri Ortega Y Gasset e Xarier Zubiri negli studi filosofici i cui ottimi profitti la premiano professoressa ausiliaria di metafisica all’Università di Madrid.
Repubblicana, partecipa alla guerra civile fino all’arrivo, feroce, del franchismo che la fa fuggire dalla Spagna iniziando così il suo lungo esilio politico che dura 45 anni.
Molti i paesi in cui soggiorna, esule pensante e critica, sia in America latina che in Europa; vive anche a Roma dal 1954 al ’64.
È durante il periodo dell’esilio, che la coinvolge profondamente, la domanda più pressante e la ricerca delle radici del totalitarismo e della violenza, per lei repubblicana convinta, aiutata dal rigore e dal senso tragico della spiritualità spagnola, capisce che solo l’innocenza responsabile di una coscienza cui aspirare sempre, quasi una concezione sacrificale della storia, può aprire la strada a tutto ciò che sta oltre, sia il divino che il demoniaco, per giungere a capire l’origine dell’essere.
Parola filosofica, parola poetica che rintracciamo nel rigore della riscrittura dell’Antigone sofoclea.
Il suo è un incontro fra filosofia e poesia, consapevole che solo nel connubio fra la logica della ragione e quella del cuore si può giungere a capire l’insieme della realtà e ad aprire ciò che ella chiama “logos che scorre nelle viscere”.
Un connubio fino ad allora ignorato dalla tradizione filosofica.
Abbandona quindi ogni sistema filosofico “quel castello di ragioni, muraglia chiusa del pensiero di fronte al vuoto” alla ricerca dell’altrove ancora inesplorato, quello che lei definisce “filosofia vivente”, così da avere l’interezza dell’essere umano.
Scoprire l’inesplorato e dargli voce.
Spera nella contaminazione della filosofia con la vita perché crede profondamente che il pensiero astratto e “senza vita” può scoprire solo sé stesso e la propria struttura.
Non si deve perdere il contatto con la realtà ché, altrimenti, si entra solo nel delirio.
Queste le sue parole: “se si perde il contatto con la realtà si delira: delira la ragione in una pura forma senza vita, impassibile e senza tempo, e delira la vita in un vagare spettrale e senza figure in una dispersione umiliata e rancorosa”.
La speculazione filosofica non deve essere estranea a nessun elemento umano, soprattutto quello che lei chiama “frammento di cosmo che è l’anima”.
Intuizione fatta propria dall’analisi femminista sul patriarcato che ha estromesso dal pensiero simbolico e dalla realtà materiale l’elemento umano femminile. Edda Billi
PREMIO REDAZIONE: GIOVANNA ZAPPERI
Un’arte della vita, DeriveApprodi ed., Roma, 2017La giuria all’unanimità ha deciso di assegnare quest’anno il Premio Redazione al volume di Giovanna Zapperi. Un lucido saggio, basato su una documentazione ricca e in parte inedita, che pur concentrandosi sul rapporto tra l’identità di storica e critica d’arte della Lonzi e la sua adesione al femminismo, tocca dei nodi così fondamentali da non essere circoscrivibile all’unica area delle arti visive. Raccontando e commentando l’esperienza personale di Carla Lonzi, l’autrice affronta problematiche che ci coinvolgono tutte, ed in primis questa: è possibile per una donna – intellettuale, scrittrice, filosofa, storica o critica d’arte – entrare in un sistema culturale maschile e maschilista, senza esserne pesantemente condizionata e senza finire per esserne modellata, diventandone complice?
La svolta della Lonzi con la fondazione del gruppo “Rivolta Femminile” costituirà una cesura radicale con il suo precedente percorso, avvenuto nell’alveo tradizionalista dell’Università di Firenze e presso la cattedra di Roberto Longhi, con il quale si era laureata. Il tentativo di uscire dal conformismo imperante con il volume Autoritratto, una raccolta di interviste ad alcuni degli artisti contemporanei più innovatori di allora, rimane ancora oggi una sperimentazione audace, ma che alla fine non la soddisfa: pur rinunciando a sovrastare gli artisti, lasciando che si esprimano liberamente e spontaneamente, la Lonzi si rende conto che il critico d’arte finisce comunque per conformarsi a logiche di potere, ad imposizioni gerarchiche e autoritarie che il sistema fallocentrico ha costruito e continua a gestire. Anche un Giulio Carlo Argan, uomo della sinistra, finisce per incarnare questo potere monolitico e schiacciante della critica d’arte ufficiale.
La radicalità della Lonzi, che vede nel femminismo l’unica possibilità per le donne di costituire quell’evento imprevisto capace di scardinare il sistema senza nessuna compromissione, la porterà a rinunciare alla sua identità di storica e critica d’arte e anche a rompere l’amicizia con Carla Accardi, l’artista con la quale aveva condiviso l’inizio del suo percorso. L’importanza che Giovanna Zapperi dà, sia all’iniziale complicità delle due donne sia alla loro rottura, è un altro elemento fondamentale di questo saggio, visto che all’amicizia e allo scambio intellettuale tra donne è sempre stata data ben poca importanza.
Il percorso intellettuale della Lonzi che, con Sputiamo su Hegel, rifiuta la logica della costruzione maschile del pensiero e dei suoi codici verbali predefiniti giungendo ad una totale rifondazione epistemologica del sapere e del comunicare, senza nessuna possibilità di mediazione con il passato e con le gerarchie del potere accademico, così chiaramente enucleato nel saggio della Zapperi, non può non rimetterci tutte, ancora una volta e con forza, di fronte alle nostre scelte. Monica Grasso
Avviso PREMIO “IL PAESE DELLE DONNE” & “DONNA E POESIA” – I materiali iscritti al Premio insieme a quelli inviati per recensione a “Il Paese delle donne”, via della Lungara 19, 00165 Roma), sono depositati, a nostro giudizio insindacabile, nei nostri Fondi presso:
– Archivia (dichiarato Patrimonio storico dalla Soprintendenza Archivistica del Lazio),
– Biblioteca dell’Area Umanistica dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale
– Associazione Exosfere (Reggio Emilia).
PREMIAZIONE: 1 DICEMBRE, ORE 16,30 – 19,30 CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE VIA DELLA LUNGARA 19 ROMA, SALA SIMONETTA TOSI
Info: paesedelledonne@libero.it
SI RINGRAZIANO: CONSIGLIERA DI PARITÀ (FR) E LABORATORIO ANTIDISCRIMINAZIONE (FR), ASS. “IL TEMPO E LO SGUARDO”, CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE, ASSOCIAZIONE FEDERATIVA FEMMINISTA INTERNAZIONALE (Affi), ARCHIVIA – ARCHIVI, BIBLIOTECHE E
Giuria: Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone (co-presidenti); Anna Maria Robustelli (presidente Donna e Poesia); Gabriella Anselmi, Donatella Artese, Amelia Broccoli, Edda Billi, Gabriella Gianfelici, Monica Grasso, Irene Iorno, Beatrice Pisa, Marina Pivetta, Lucilla Ricasoli, Maria Teresa Santilli, Alba Bartoli Ungaro, Consuelo Valenzuela. La Giuria decide a criterio insindacabile, non impugnabile in alcuna sede.
Info: Associazione Il Paese delle donne: s.l. Via della Lungara 19, 0165 Roma; paesedelledonne@libero.it; 3470336462 – 3383440169 (feriali); Associazione Donna e Poesia: 3498757498 – 3485605528 (feriali)
ROMA 2017 – Con la consegna dei premi IL PAESE DELLE DONNE & DONNE E POESIA, l’Associazione ha festaggiato i 30 anni dalla sua nascita
Dal 1985, promuoviamo la libertà femminile, le culture e le politiche autonome, democratiche e non violente delle donne. Quest’anno festeggiamo il trentesimo dell’Associazione Il Paese delle Donne formalizzata nel 1987 dopo due anni d’autogestione di una redazione di donne formatasi nel quotidiano “Paese Sera” per volontà di Marina Pivetta, nostra direttora, e di Maura Vagli.
Nel tempo, in molte hanno intersecato e arricchito il nostro percorso. In più di duecento sono diventate giornaliste pubbliciste. A molte ancora abbiamo offerto spazi e visibilità.
A tutte dobbiamo riconoscenza per l’impegno costante e gratuito, per la qualità degli apporti, per le innovazioni effettuate, per gli eventi creati, per le stagioni di dibattito redazionale e di confronto di pensiero politico che ci ha contrassegnato.
Ci siamo dette un “portico”, un “arcipelago”, guardando alle diversità come valore e riconoscendoci reciprocamente nella diversità delle scelte.
l’Associazione edita: Il Fogliode il Paese delle donne (cartaceo, settimanale dal 1987 al 2000, poi con periodicità variabile e oggi quadrimestrale monografico) – paesedelledonne–on line (dal 1995, con referente Cristina Papa) diventato nel 2017paesedelledonne-on line-rivista (sito: www.womenews.net) – piccola editoria (poesie, novelle, atti di convegno)
Dal 2000 editiamo il Premio di scrittura femminile il Paese delle Donne & Donna e Poesia
La nostra sede legale è in Via della Lungara 19, nella Casa internazionale delle donne di cui abbiamo partecipato all’iter costitutivo e di cui sostiene il progetto e le finalità. Siamo socie fondatrici dell’Associazione federativa femminista internazionale (Affi) Siamo socie fondatrici di Archivia-Archivi, biblioteche e centri di documentazione delle donne.
Il nostro materiale redazionale e quello personale di molte redattrici, nonché quello del Premio è confluito in due Fondi bibliografici e archivistici: Archivia (dichiarato Patrimonio storico dalla Soprintendenza Archivistica del Lazio) – Biblioteca dell’Area Umanistica dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale
Abbiamo prodotto il video “La città della dea Perenna” con la storia della Casa internazionale delle donne da noi rintracciata e pubblicata nell’omonimo libro (Anomaly Press, 1995). Abbiamo curato trasmissioni radiofoniche e televisive, mostre e presentazioni librarie. Associazione senza fini di lucro, vivivamo dell’impegno gratuito delle Socie.
EDIZIONE 2017 ————————————————————
LA GIURIA DEL PREMIO IL PAESE DELLE DONNE & DONNA E POESIA HA ACCOLTO CON GIOIA LA PROPOSTA DI MONICA GRASSO E LUCILLA RICASOLI, REFERENTI DELLA SEZIONE ARTI VISIVE, DI PROMUOVERE CONTESTUALMENTE AL PREMIO, LA PERSONALE “RITRATTE” DI LUCIA CRISCI ALLESTITA NELL’ATELIER DELLA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE, in collaborazione con MAC MajaArteContemporanea e RICCARDO BONI
SEZIONE SAGGISTICA ≈
1° Premio: ANTONELLA CAGNOLATI e SANDRA ROSSETTI, Donne e Scienza, Aracne ed., 2016
Motivazione letta daMaria Teresa Santilli
— Il volume è una raccolta di saggi che forniscono una pista di lettura nuova e affascinante nel complesso rapporto che esiste tra le donne e il sapere scientifico; offre una panoramica completa su importanti filoni del femminismo e della ricerca scientifica a livello mondiale.
Le donne diventano protagoniste di un sapere aperto alle innovazioni e ai miglioramenti derivanti dalla considerazione del “genere” con l’obbiettivo di dare una risposta appropriata ai bisogni di tutte e tutti. Particolare interesse rivestono le tematiche della medicina narrativa; della medicina di genere; della critica al pensiero scientifico e dell’ecofemminismo. Il saggio sulla medicina narrativa è incentrato sulla figura di Rita Charon, medica internista e docente di clinica medica alla Columbia University di New York.
La sua formazione universitaria, umanistica e pedagogica prima e medico scientifica ha contribuito a sensibilizzarla, come medico e come donna, sull’importanza del fattore umano nella pratica sanitaria.
Scrive Charon: «Parallelamente alla maturazione delle proprie conoscenze scientifiche, i medici devono imparare ad ascoltare i loro pazienti, per comprendere quanto meglio possano il calvario della sofferenze e per onorare i racconti di una malattia». «Onorare le storie di malattia» significa restituire al paziente, spesso individuato solo dal numero del letto che occupa, la dignità della parola. Con questi obbiettivi ha fondato nel 2000 presso la Columbia University il programma di medicina narrativa e nel 2009 il Master in medicina narrativa che è il primo corso di studi accademico del suo genere a livello internazionale.
Nei saggi sulla “Medicina di genere”, le autrici affermano che non si tratta di una disciplina medica a parte, ma di un nuovo modo d’intendere la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie in un’ottica di equità, rispetto alle differenze di sesso e di genere. Poche persone sanno che nessuno dei farmaci in commercio è testato su donne e che non sempre la classificazione dei dati è differenziata. Rispetto alla salute delle donne si ha la tendenza a considerare soltanto il seno e gli organi riproduttivi come specificità della salute femminile, le altre patologie in primis quelle cardiovascolari sono spesso trascurate. É messo in evidenza che, nonostante le numerose risoluzioni degli organismi internazionali sulla salute della donna, è ancora lungo il percorso per superare i pregiudizi che sottendono la medicina tradizionale.
Il saggio su Anna Bonus Kingsford (1846-1888), una delle prime britanniche a laurearsi in medicina, evidenzia la radicalità della sua critica alla pratica della vivisezione e fa emergere il nesso che esiste tra violenza nei confronti degli animali e dominio su le donne.
Uno dei temi centrali nel pensiero di Kingsford è il limite all’uso dei mezzi vòlti ad acquisire conoscenza; l’accettazione del limite implica la rinuncia all’idea del dominio, all’arroganza di voler manipolare e trasformare la natura.
Il saggio Eco femminismo e scienza delle donne espone la critica femminista ai metodi della scienza moderna e contemporanea e attraverso la voce di alcune importanti scienziate femministe quali Sandra Harding, Evelin Fox Keller, Donna Haraway denuncia non solo il problema dell’emarginazione delle donne nella ricerca scientifica, ma anche un uso della scienza basata su una concezione meccanicistica e maschilista che domina la natura e le persone. Il punto focale è centrato su Carolin Merchant e Vandana Shiva, leaders del movimento ecofemminista che ha rivolto la propria attenzione all’ecologia e alla questione ambientale.
Il volume si conclude con due saggi dedicati al lavoro delle donne in ambito universitario: il primo sulle forme di discriminazione delle donne scienziate in Spagna durante il regime franchista; l’altro è il percorso di rendicontazione annuale (bilancio di genere) delle dinamiche di genere nell’università di Ferrara.
L’opera è arricchita da un’ampia bibliografia, da una ricca documentazione sulle esperienze e proposte di interventi nelle ricerche e sperimentazioni scientifiche in un’ottica di genere.
2° ex aequo: FRANCESCA DI CAPRIO FRANCIA, Donne Genovesi nell’età dei Lumi, De Ferrari ed., Genova, 2016.
Motivazione letta daMaria Paola Fiorensoli
Il Trattenimento in giardino – La cioccolata, di Alessandro Magnasco (Musei di Palazzo Bianco) anticipa, in copertina, la raffinatezza e il godimento di pagine sapienti da cui, tra vicende sorprendenti, vissuti intriganti, chiose e note emerge la passione dell’Autrice per la città di Genova e per quindici protagoniste dell’universo femminile genovese/ligure colto nel bel mezzo dell’Età dei Lumi e fervido di figure: nobildonne, scienziate, artiste, commercianti, schiave come la tabarchina Sinforosa Timone [ca. 1727 – dopo1762], cristiana rapita dai Turchi, resistente alla conversione all’Islam e alle seduzioni del padrone.
La schiavitù sussistette anche in quello spicchio d’Europa, nella Genova cosmopolita, colta e commerciale, di grande cultura laica e religiosa.
Notevole la contestualizzazione, con note, rimani, chiose, illustrazioni, a vite lontane, temporalmente e socialmente trasversali – da Clelia Grillo Borromeo Arese (1684-1777) Una contessa scomoda tra arte, scienza e politica, a Bianca Calvi (1777-?) La Libertà genovese da scandalo – s’accompagnano mini-ritratti nei sottotitoli «mirabilmente centrati nella definizione della natura e della funzione svolta nella società da ciascuna protagonista» come sottolinea, nella Prefazione, Paola Massa (Prof.re Emerito di Storia economica Università di Genova), di cui condividiamo l’apprezzamento per l’opera e per l’Autrice, per l’approfondita e originale e ben impostata ricerca, per le rarità tratte da archivi pubblici e privati, dalla memoria condivisa, dal parlato comune, il tutto espresso con lessico elevato ma fruibile a una lettura scorrevole e veloce, senza cali di attenzione.
In appendice, Iconografia-La moda del Settecento, Giornale delle dame e delle mode di Francia, una passerella d’epoca, maschile e femminile, chiude il cerchio sapiente intorno alle protagoniste i cui nomi sono in gran parte sconosciuti, o meglio erano, augurando al volume una larga diffusione anche nelle scuole.
Es.: ritratto di Clelia Durazzo Grimaldi (Genova 1760 – Pegli 1837) «…raro esempio di donna scienziata nel Settecento, particolarmente competente in botanica, anche perché seppe cogliere l’opportunità di vivere in un momento della cultura ricco di sensibilità innovativa, fondamentale per il futuro sviluppo delle innate doti della giovane la cui personalità evidenziò una volontà illuministica di sapere che non venne mai meno.»
Nella trattazione, elementi della genealogia; della storia coeva di governo della Repubblica di Genova; del magnifico impianto del giardino storico di Villa Durazzo Grimaldi, oggi Pallavicini, cui le Poste italiane dedicarono un francobollo (Il Tempio di Diana, 1995, p. 77); del dono munifico, essendo morta la nobildonna senza eredi, «a titolo di legato alla Civica Biblioteca di Genova della sua libreria botanica composta da oltre cinquecento rari volumi e un erbario di circa cinquemila specie di piante, essiccate su fogli, a loro volta radunati in un centinaio di grosse cartelle.» (p. 76)
L’Autrice rintraccia il donato, in parte rovinato, in altra disperso e riporta pagine del suo erbario (p. 77).
Segnalazione : ANNA PAOLA MORETTI, Considerate che avevo quindici anni. Il diario di prigionia di Magda Minciotti tra Resistenza e deportazione, Affinità elettive, Ancona, 2017.
Motivazione letta da Amelia Broccoli
Un diario, denso e commovente come tante storie narrate in prima persona; toccante testimonianza di un periodo storico non troppo lontano. Questo intende offrire il pregevole lavoro di Anna Paola Moretti che ha saputo ricostruire, con accurati strumenti storiografici, il profilo di una giovane partigiana di Chiaravalle, Magda Minciotti, arrestata dalle SS e deportata, per lavoro coatto, negli stabilimenti-lager della Siemens a Norimberga e a Bayreuth.
Le pagine del diario, venute alla luce solo settant’anni dopo loro composizione, sono lievi e toccanti ma assai efficaci nel far affiorare le tracce di una realtà sommersa perché a lungo trascurata: quella del ruolo delle donne nella lotta di Resistenza partigiana.
Assai opportunamente l’Autrice recupera i tasselli della storia di Magda, attraverso fonti documentali di archivi pubblici e privati, documenti familiari e fotografie.
Quello che emerge è il ritratto vivo e doloroso di una delle tante donne che hanno contribuito a scrivere una parte importante della storia italiana.
2° ex aequo: MARIA CHIARA MATTESINI, Una battaglia al femminile. Maria Eletta Martini e il nuovo Diritto di Famiglia, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca, 2017.
Motivazione letta da Maria Paola Fiorensoli
Il volume che biografa Maria Eletta Martini e il suo importante ruolo nella riforma del Diritto di Famiglia, è pubblicato per volontà dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea in Provincia di Lucca e si giova del contributo del Comune di Lucca. Tra le fonti principali, materiale archivistico e bibliografico dell’Istituto Luigi Sturzo di Roma e gli Atti Parlamentari.
Nella Premessa, la Vice Sindaca di Lucca, Ilaria Vietina, definisce l’illustre concittadina «Un monito perché ci richiama alla costanza dell’ascolto e ci indica nella pazienza della ricucitura la possibilità di tesser con fili diversi un’opera coerente. Un modello perché nel venire a conoscere quanto lei ha saputo realizzare vediamo concreta la possibilità di seguire la strada che ci indica.” (p. 5)
Nella Presentazione, Stefano Bucciarelli, Presidente dell’Istituto Storico, rileva «l’impossibilità di considerare la vicenda politica di Maria Eletta Martini, figura di prima grandezza della nostra storia repubblicana, senza tenerne presente i legami con la sua città: la sua vicinanza alla rete resistenziale, mediata dal padre Ferdinando che sarà il primo Sindaco di Lucca nel dopoguerra; la sua battaglia per entrare in consiglio comunale, nel 1951, dopo che il primo consiglio, nel 1946, era rimasto a composizione esclusivamente maschile; i collegamenti mantenuti con il tessuto associativo femminile cattolico e con gli umori del partito democristiano (DC) locale; il suo rientro, dopo un’intensa attività a livello nazionale, come capogruppo, sui banchi di Palazzo Santini nel 1990, nell’ultimo consiglio della prima repubblica, con sindaco Arturo Pacini (…) Quella di Maria Eletta Martini è una battaglia dalla parte delle donne e con le donne.» (pp. 8-9)
Nella Prefazione, Fiorenza Taricone, docente di Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, sottolinea come «Maria Eletta Martini rappresenti l’esempio calzante dei risultati di un connubio singolare che si verificò in Italia alla fine degli anni Sessant fra il femminismo extra istituzionale ed il progressismo femminile nei partiti e nell’associazionismo. (…) Sulle questioni inerenti la famiglia erano stati presentati in Parlamento molti disegni di legge; Maria Chiara Mattesini li elenca (…) è da notare che gli articoli del Codice penale e civile che si volevano modificare o sopprimere erano gli stessi per le diverse proposte di legge »(pp. 14-15)
L’Autrice biografa con dovizia di particolari Maria Eletta Martini, nata a Lucca (1922), partecipe della Resistenza, Parlamentare convinta – per indole, educazione, esperienza, pensiero politico – che la mediazione fosse l’arma vincente e che non scadesse in basse logiche di preminenza, opportunismo e potere.
La materia di cui s’occupò era rovente e ancora lo è nella società plurale italiana, poiché essa interseca inesorabilmente profilo e ruolo delle donne, al centro degli interessi comuni e degli assetti familiari.
Segnalazione: MARCELLA FILIPPA, Donne a Torino nel Novecento. Un secolo di storie, Edizioni del Capricorno, Torino, 2017
Motivazione letta da Maria Paola Fiorensoli
Opera originale e necessaria, ricostruisce con plurimi linguaggi grafici e visivi e accurate ricerche in biblioteche, emeroteche ed archivi, il protagonismo femminile torinese nel corso del “secolo breve”.
L’A. dirige la Fondazione Vera Nocentini, collabora con università italiane e straniere; saggista e giornalista e responsabile di collane editoriali. Riscopre, documenta e contestualizza straordinari profili femminili, individuali e collettivi, in una città dalla forte vocazione industriale e commerciale, mèta di una forte immigrazione interna, ma anche patria di inventori, d’editor*, di spiriti liberali, d’arte magica; città antifascista, operaia e sindacale che guarda da sempre oltralpe.
Il volume esce nell’anniversario del 70° del voto delle Italiane e del centenario della Rivoluzione bolscevìca, l’uno prodotto e l’altro segnato dall’apporto femminile teorico, politico e di propaganda.
Tra le preziosità: la rivolta delle Torinesi per il pane aprì, dal 28 agosto 1917, una stagione europea di rivendicazioni che contò la Rivoluzione d’Ottobre.
La miriade d’informazioni, gli straordinari profili individuali e collettivi, delineano il costante impegno femminile nell’avanguardia culturale e artistica, nel lavoro extradomestico e domestico, nella vita associativa, nelle lotte per la libertà e la democrazia, per i diritti del lavoro e della persona.
≈ SEZIONE NARRATIVA ≈
1° premio: MARIA NEVE ARCUTI, Torno da me, il Raggio Verde, Lecce, 2016
Motivazione letta da Consuelo Valenzuela
Il libro riunisce tanti ritratti di donne accumunate dall’urgenza di scovare la loro identità più profonda, e con essa la loro ragione di essere al mondo. Il primo dei sette racconti che compongono la raccolta – di cui sei portano il nome delle loro protagoniste – è intitolato “Neve”, come il nome dell’Autrice. Descrive le ragazze con cui Neve, in fuga dalla sua terra d’origine, la Puglia, per approdare a Verbania, città remota e distante da casa, si trova a condividere la sua esistenza di ragazza. Ognuna di loro ha lasciato alle spalle qualcosa, alla ricerca del proprio nascosto sè. La frase che chiude il primo racconto della raccolta, è lapidaria e, al tempo stesso, emblematica: «Fuggo di nuovo, ma per tornare da me» suggerendo il titolo del libro.
«Questi racconti sono soffi, respiri, sono finestre dalle quali entra aria buona» avverte Luciana Manco nell’introduzione e aggiunge qualche riga dopo: «Donne con le quali sentirsi al sicuro, con le quali perdersi. Donne di ogni parte del mondo, che possono cambiarlo, il mondo. Donne piene di immaginazione, che anche se il mondo non cambia loro lo vedono migliore, disposte a tutto per la libertà.»
Come Margherita, la protagonista del terzo racconto, una ricercatrice universitaria disposta a ogni tipo di sacrificio pur di continuare il suo lavoro di ricerca scientifica o Rashid che lavora come cameriera in un albergo a Tehran, ma sogna l’Occidente e un nuovo lavoro nel teatro, e vede infrangersi il suo sogno ancora prima di iniziare a realizzarlo. Oppure Ruth che viene dal Ghana e sperimenta sulla sua pelle gli ostacoli dell’integrazione…pur essendo diverse per formazione e provenienza geografica, nessuna di loro è disposta a cedere di fronte alle inevitabili avversità che la vita comporta.
Neve, Catherine, Margherita, Rashid, Ruth e Vita conservano intatta la resilienza necessaria alla loro lotta per affermarsi e andare avanti nei loro progetti di vita. «Il percorso della mia vita, piuttosto lineare fino a quel momento, era stato costretto a fermarsi di fronte a un’imprevista deviazione. E le indicazioni sulla direzione da seguire non erano state poi così chiare. Come quando, di frequente, ahimé, nel mio sud, imbocchi certe strade seguendo cartelli stradali che ad un certo punto ti abbandonano, lasciando al tuo senso dell’orientamento, o piuttosto al tuo istinto, la facoltà di immaginare e seguire la direzione giusta, obbligandoti a procedere un po’ a tentoni, fino a che, nella migliore delle ipotesi, non ricompaiono, facendoti tirare un bel sospiro di sollievo. E per me era stato un po’ così.»
2° Premio – ROSANGELA PESENTI, Racconti di Case, Edizioni Junior, Reggio Emilia, 2016
Motivazione letta daDonatella Artese De Lollis
L’Autrice così sintetizza il suo lavoro «ogni casa è una storia d’incontro del quale le mie osservazioni sono la cornice e le interviste sono il cuore.» Il suo intento è di indagare i contesti abitativi in relazione al benessere della persona per comprendere come e quando dentro la casa vivano e si riproducano i modelli di genere e di relazione tra le generazioni.
Ha scelto di visitare e fare le interviste a famiglie del territorio dove abita: la bassa Bergamasca est dove è situato un campo Rom Sinti di case mobili. Ha chiesto a tutti i componenti dei diversi nuclei familiari di essere presenti contemporaneamente e ai figli e le figlie di descrivere la casa con un disegno; tutti i disegni fanno parte del libro. Nonostante altri autori e autrici abbiano trattato l’argomento come Bassanini (Traccesilenziose dell’abitare,….) e come Lidia Menapace (Scienza della Vita Quotidiana), l’Autrice ritiene che la narrazione della casa nell’esperienza delle donne sia ancora sconosciuta…Entriamo con lei discretamente guidate alla conoscenza della distribuzione degli spazi, di come sono vissuti dai singoli e delle dinamiche interpersonali che si determinano nel quotidiano. In un colloquio cordiale, talvolta intorno a una tavola a cena,ci viene svelata l’intimità dell’ abitare: casa bene comune, responsabilità condivisa, spazio di solitudine e degli oggetti più cari, sistema complesso. La partecipazione emotiva dell’Autrice crea un racconto appassionante che ci invita a una seria riflessione sulla nostra quotidianetà , fondativa di ogni percorso identitario. Una raccolta di storie diverse che diventano uno spaccato della nostra società.
Che cos’è casa? «Dove poggi la testa quella è casa», «Viaggiatrice che sa fare casa ovunque», «Casa é dove muoversi a proprio agio e usare le cose tranquillamente perché non devi chiedere a nessuno», «Casa mobile, casa di transizione piena di nostalgia della carovana e non desiderabile per i propri figli», «Ieri luogo di divisione dei ruoli e di equilibri consolidati che impedivano la libertà delle donne; oggi luogo di messa in discussione di identità: il tempo della madre, il tempo del padre; la divisione dei compiti che comportano una continua contrattazione al fine di mantenere in equilibro affettivo le relazioni familiari.»
Nel nuovo contesto dove trovano posto i saperi del corpo delle donne che marcavano il quotidiano e facevano della casa corporeità allargata? Il ritmo frenetico odierno non permette di dare loro spazio: il corredo simbolo di abilità, di bellezza, sicurezza è solo un’utilità pratica; raramente le tavole sono apparecchiate per nutrire il corpo e l’anima; l’abitazione molto spesso è solo rifugio. L’Autrice richiama la nostra attenzione sulla Cura, storico e prezioso patrimonio delle donne che può assicurare una buona qualità di vita al pianeta e a tutti gli esseri viventi; progetto che unifica passato, presente e futuro.
Segnalazione: MARCELLA DELLE DONNE, Cuore di zingara, Ediesse, Roma, 2014
Motivazione letta daConsuelo Valenzuela
Nel romanzo, l’Autrice, docente di Sociologia e Sociologia delle relazioni etniche presso l’Università “Sapienza” di Roma, racconta in prima persona il suo impegno pluriennale a favore degli “zingari”.
Rosanna, Dajgor, Elisabetta e tanti altri sono i personaggi indimenticabili che popolano questo libro che ha il merito di descrivere e analizzare le condizioni di vita e i molteplici problemi che affliggono i vari clan Rom che vivono sul nostro territorio.
Fanno da sfondo a queste storie, gli scenari recenti della guerra in Jugoslavia e il dramma di Porrajmos, lo sterminio degli zingari perseguito in epoca nazista e di cui ancora oggi, come viene ricordato dalla giurista esperta di diritti umani, Maja Bova, nella postfazione al libro:
«Si ignora il numero esatto dei Rom, Sinti e Caminanti morti nel lager*, come si ignora il numero dei sopravvissuti ai campi di lavoro e smistamento, che in alcuni casi furono aperti addirittura in Italia.»
L’Autrice ha curato per Ediesse A Nord, a Sud del Mediterraneo che narra di altri mondi pieni di suggestioni, forti sentimenti e di grande attualità. L’ultima delle sue produzioni socio-poetiche, la silloge Donne, Donne eterni Déi (Mimesis, 2017), ha vinto il premio “Citta’ Di Marineo” (Pa), edizione 2017.
*Nel campo femminile di concentramento e poi di sterminio di Ravensbrück, il più antico (1939) e atroce “modello” della Germania nazista inizialmente riservato alle oppositrici politiche tedesche ed altre “asociali” di Germania, si fece sperimentazione sui corpi femminili e sulla fertilità delle donne, gettando nel forno anche chi vi nacque. Molte delle quasi centomila internate, di ogni fede e provenienza (fino alla chiusura, il 21 aprile 1945) erano Rom.
Tra le vittime più celebri, Milena Jesenská, la giornalista amata da Kafka, biografata dall’amica sopravvissuta: Grete Buber-Neumann, vedova del leader del P. C., internata in Siberia, fu poi “regalata” da Stalin a Hitler (Sarah Helm, Il cielo sopra l’inferno).
≈ SEZIONE POESIA ~ XXV° PREMIO DONNA E POESIA ≈
Gabriella Gianfelici e Anna Maria Robustelli scrivono:
Quest’anno, l’Associazione Donna e Poesia – già Donna Poesia – nata nell’aprile 1987, durante l’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne, celebra il suo trentennale e il venticinquesimo del suo omonimo Premio, il primo in Italia rivolto alle sole donne.
Il gruppo fu istituito da Rosanna Fiocchetto, Rosella Mancini e Amanda Knering alla quale si affiancarono ben presto Márcia Theophilo e Cristina Colafigli. Siamo cresciute grazie ad assidue collaborazioni, come quella di Olimpia Castiglione, Paola D’Agnese, Marta Izzi e Simonetta Sterpetti. Gli incontri nella “Sala del Caminetto”, nei locali occupati dell’ex Buon Pastore, erano sempre molto frequentati e interessanti. Dal 1991, li abbiamo tenuti nella cosiddetta “Stanza della porta verde”, al primo piano dell’ala seicentesca dell’antico edificio alla Lungara. Il nostro obiettivo principale era ed è rimasto quello di dare voce alle donne attraverso l’ascolto e lo studio della parola poetica femminile.
Ai nostri incontri partecipavano, ieri come oggi, poete affermate ed esordienti invitate a rivelare le loro poesie tenute nel cassetto, e s’indaga l’opera e la biografia di poete d’ogni epoca e provenienza, italiane e straniere: anche questo un tratto originale, che aprì alle novità e ai classici di altri paesi.
Nella ricerca delle poete illustri e poco note del passato, uno dei primi nomi incontrati è stato quello di Isabella di Morra, la grande poeta lucana quattrocentesca. In quelle sulla poesia araba, africana, effettuata con T. Maraini, cubana e argentina, molte poete poco note tra le quali A. Pizarnik.
Nelle prime edizioni del Premio Internazionale Donna-Poesia (1989), il materiale in graduatoria fu pubblicato in un’Antologia.
Tra le giurate che hanno accompagnato il Premio nel tempo, vogliamo ricordare Antonella Anedda, Daniela Attanasio, Edith Bruck, Adele Cambria, Caterina Cardona, Maria Clelia Cardona, Biancamaria Frabotta, Anna Malfaiera, Dacia Maraini, Toni Maraini, Elena Milesi e Sara Zanghì.
Tra le nostre premiate, Lucianna Argentino, Maria Grazia Calandrone, Annamaria Ferramosca, Fiorenza Mormile. Molte di loro e altre sono diventate negli anni punti e luci importanti della poesia femminile italiana contemporanea.
Abbiamo collaborato con Medici senza Frontiere e con l’Ass.ne Franco Basaglia ’84 presso il comprensorio di S. M. della Pietà (Roma)
Il nostro fondo di poesia è stato donato ad Archivia, la biblioteca al 1° piano dell’ala ottocentesca della Casa Internazionale delle Donne di Roma (ingresso da Via della Penitenza 37), ed è stato dichiarato Patrimonio Storico dalla Soprintendenza archivistica di Roma.
Premio unico editi:KATIA OLIVIERI, Piove col sole, Montag, Tolentino, 2016.
Motivazione letta da Anna Maria Robustelli
Sentimenti quieti, solidi emergono sin dalle prime pagine di questo salutare libro e riportano ai propri ricordi e ai propri cari in un percorso di silenzio, di ascolto e di contemplazione di piccole meraviglie:
E mi parli dei fiori / che in silenzio/ continuano a sbocciare (L’estate di San Martino, p. 10).
Le immagini si depositano lievi, trasfigurate dalla prospettiva del passato, come una natura morta illuminata da un raggio di sole. Nella prima parte del libro, in un viaggio-meditazione tra i paesini della Toscana, si accende uno stupore contenuto per le cose antiche e le persone vive che s’incontrano, in un dialogo aperto con la propria madre e con Ugo.
E’ una trama sottile che tiene uniti in un nodo di fiducia e tepore i luoghi attraversati dal tempo, le scoperte e le persone amate:
Ci infilerò dentro un pensiero. Il primo che mi viene / non lo butto più via. Perché sarà ancora più bello, / mamma, pensarti da qui ; p. 18).
I momenti di illuminazione sbocciano tra i quadretti campagnoli e naturali: il suono delle campane, il fischio del treno e i pensieri rivolti al tempo che fu e si rinfocolano continuamente (Un treno fischia / alla notte dimessa / e come una pipa / sbadiglia l’alba / di fumo); Campane, p. 19)
Si fonde con il paesaggio il fragore degli eventi umani, il rimescolio dei ricordi, gli echi di un tempo più semplice e rassegnato:
E quando scendeva la sera, un barlume di luna / le accarezzava i capelli / l’amore era tutto lì, le avevano detto, / un letto di pannocchie, un tozzo di pane e una lacrima di vino (Ritratto di mia nonna, p. 24).
L’evocazione di un vicolo vecchio e solo e di una cucina con una sedia di rattan riportano la voce narrante alle facce appannate che faceva sul vetro della nonna (La pioggia dell’infanzia, p. 33), a quei semplici gesti e giochi che i bambini si inventano per esplorare la realtà e occupare il tempo. Molte poesie della raccolta indugiano su scene di paese che riproducono un mondo chiuso in se stesso, ma palpitante di vita con tocchi ingenui che testimoniano la ricchezza dei rapporti che legano quegli esseri umani (Sulle rocce calve /si poggia un paese / a mo’ di presepe / con le casine gomito a gomito. / Siamo tutte comari: “Filomè! Cì! Marì!” /Un filo solo per cinque famiglie: / il reggipetto di Cinzia, più avanti /quello di zia, le mutande / di Peppina, le calze d’Annunziata; Com’è un paese, p. 35).
Ma anche quando Katia Olivieri descrive luoghi diversi dal paese dell’infanzia si coglie un piglio festoso e fresco nel rinvenire i legami che manteniamo col mondo degli alberi, del vento, del mare che ci accompagnano nel nostro cammino di tutti i giorni.
PREMIO UNICO INEDITI : non assegnato PREMIO UNICO SILLOGE: non assegnato
≈ SEZIONE TESI DI LAUREA ≈
1° Dottorato: LAURA ELISABETTA BOSSINI, La prima legge italiana contro la violenza sessuale. un dibattito lungo vent’anni (1976-1996). Scuola di Dottorato Istituzioni e Politiche, Facoltà di Scienze politiche e sociali, Università Cattolica Milano 2016-2017.
Motivazione letta da Fiorenza Taricone
L’Autrice snoda le sue ricerche in modo attento e, attraverso una scorrevole scrittura, esamina puntualmente fonti diverse fra loro, dando voce ad attori diversi della scena sociale e politica: i movimenti, in questo caso femministi, la stampa, le associazioni, le istituzioni, i dibattiti legislativi, i saggi e i libri che dell’argomento avevano dibattuto, prima, durante e dopo l’approvazione della prima legge italiana contro la violenza sessuale. Il lavoro è arricchito anche da un voluminosa appendice documentaria.
L’Autrice si sottrae a facili giudizi di parte, data la violenza dell’argomento e anche la sua attualità, riuscendo a mantenere l’equilibrio fra la consapevolezza che non si trattava di un tema neutro, e la rigorosità dell’impianto. Oltre i casi di cronaca trattati, talvolta con le testimonianze delle dirette protagoniste, e la registrazione del livello di mentalità di vasti strati del Paese, emerge nel lavoro di ricerca e di scrittura, la forza dello stereotipo, che non è legato ad un’epoca precisa, ma ne traversa molte. Non è un caso quindi che il lavoro prenda le mosse dal processo tenuto nel 1612, a Roma, che vide come imputato il pittore Agostino Tassi, ai danni della diciottenne Artemisia Gentileschi, pittrice, figlia dell’artista Orazio Gentileschi.
Un processo emblematico, sfuggito, grazie al movimento femminista e agli studi di genere che hanno preso le mosse in Italia dopo la metà degli anni Sessanta, all’amnesia della storia.
Né è un caso che la Candidata lo paragoni ad un processo posteriore di quattrocento anni, ai danni di Fiorella Dello Russo, che aveva sporto denuncia contro quattro giovani e che, come accadeva allora, da vittima diventò imputata*. Premessa ineludibile era l’esame dei reati sessuali nel Codice Rocco e le contraddizioni insite nella violenza carnale riferita ai coniugi, non ammessa dallo stesso codice. Questo dibattito è alle spalle della odierna violenza domestica di cui tanto spesso leggiamo nella contemporaneità. Certamente il diritto di cittadinanza acquisito nel 1945 e poi il suo esercizio effettivo negli anni seguenti diedero una sferzata alla mentalità passiva in cui molte donne si adagiavano: il caso di Franca Viola attentamente esaminato dalla Candidata, fu un passaggio significativo. Il femminismo era ormai alle porte e vengono esaminati i testi fondanti della rivoluzione femminile, a partire dal Demau (Demistificazione anti autoritaria), ma anche i giornali e periodici dell’epoca, anche i più lontani dai contenuti del femminismo stesso.
Giusto spazio è dedicato al processo degli anni Settanta di cui ancora si conserva memoria, noto come il processo del Circeo, per più di un motivo: la consapevolezza che fosse necessaria la costituzione di parte civile del movimento femminista e la connotazione di uno stupro ‘di classe’, data la frequentazione politica dei colpevoli. A seguire, altri processi, meno clamorosi ma altrettanto significativi e le discussioni nel femminismo italiano, attentamente seguite tramite ricerche d’archivio in diverse città italiane.
Il capitolo quarto è dedicato alla reazione istituzionale, cioè ai primi disegni di legge, come quello della deputata socialista Tullia Carettoni, a seguire la proposta comunista del 1977, e finalmente, negli anni Ottanta, l’abrogazione del cosiddetto delitto d’onore, che arrivava dopo la riforma del diritto di famiglia, come singolare contraddizione. Le reazioni femministe del Comitato promotore per la proposta di legge d’iniziativa popolare contro la violenza sessuale, alla discussione di un testo unificato non furono affatto favorevoli, anche per l’introduzione del concetto di pudore sessuale. Una ulteriore frattura era inerente alla procedibilità d’ufficio o alla necessità di una querela di parte; la prima, per alcune ledeva il principio della libertà femminile, per altre, la querela era un motore di cambiamento necessario.
La candidata segue l’iter delle discussioni parlamentari, non esenti da quelli che la Candidata ricorda come colpi di mano. Il settimo Capitolo è riservato all’epilogo con l’approvazione della legge.
* Ricordiamo il “NO” di Franca Viola al “matrimonio riparatore” con l’ex fidanzato Filippo Melodia, nipote del mafioso Vincenzo Rimi, che l’aveva rapita in casa il 26 dicembre 1965, dopo una serie di pesanti intimidazioni e minacce alla sua famiglia a seguito della rottura del fidanzamento. La diciassettenne di Alcamo fu segregata per otto giorni in un casolare di campagna, poi presso la sorella del Melodia la quale fu complice di un crimine all’epoca ritenuto consuetudinario, permesso da una complicità omertosa e ritenuto “sanato” dall’unione matrimoniale. Con il suo dirompente rifiuto, Franca Viola espresse un mòto del cuore dall’enorme valore emancipatorio e sociale.
1° Master:MARIA DELL’ANNO, Se questo è amore la violenza maschile contro le donne nel contesto di una relazione intima, Tesi di laurea Specialistica, di Primo Livello in Criminologia e Psichiatria Forense, Università della Repubblica di San Marino, Dipartimento di Economia, Scienze e Diritto, 2015-2016.
Motivazione letta da Fiorenza Taricone
L’ Autrice ha esaminato un fenomeno complesso come la violenza contro le donne in modo esaustivo, con una pluralità di fonti: statistiche, giuridiche, sociologiche, guardando all’Italia, ma anche all’Europa e all’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Chiarisce fin dall’inizio che definire emergenza un fenomeno reiterato come questo, è un errore linguistico, poiché si tratta di un fenomeno strutturale, e i media di ogni tipo farebbero bene ad evitare di usare un lessico che veicola una diversa causa della violenza fra i sessi. L’origine, come è chiarito nel primo capitolo, è insita nella cultura patriarcale, combattuta in Italian dal neo femminismo degli anni Settanta, fortemente asimmetrica fra i due sessi e portatrice inevitabile di discriminazioni e soprusi.
La tesi si dimostra attenta al lessico e parte dalle definizioni coniate da Diama Russel, femicidio, e da Marcela Lagarde, femminicidio, citando anche il ginocidio teorizzato da Mary Daly e Jane Caputi.
Per tutte, la violenza contro le donne ha radici profonde che vengono da molto lontano, arrivando a comprendere il sanguinoso eccidio contro la stregoneria femminile.
La dizione più esatta si rivela quella di intimate partner violence (IPV), usata nella letteratura anglo sassone, che «rappresenta più correttamente il concetto della violenza agita da un partner, o ex partner, intimo».
Nel trattare la violenza psicologica, l’Autrice ricorda l’origine del termine “Gaslighting” che compare nel manifesto di un film del 1944: un comportamento manipolatorio messo in atto da un abusante.
L’intero capitolo quinto è dedicato ai Centri antiviolenza in Italia, con la mappatura geografica e la descrizione della metodologia dell’accoglienza. I Centri sono frutto innovativo delle politiche femministe della seconda metà del Novecento, contandosi nella Casa internazionale delle donne la presenza, tra le altre associazioni di scopo similare, Differenza Donna, una delle prime ad aprire Centri in Italia e all’estero.
L’ultimo capitolo si chiude con un interrogativo d’attualità: «È possibile rieducare gli uomini maltrattanti?»
1° Tesi Triennale: Martina Sperotto, La casalinga nella letteratura del ‘900. Un’indagine sui cambiamenti della figura della casalinga nelle autrici del ‘900,Università “Sapienza” di Roma, Facoltà di lettere e filosofia, Relatrice: Maria Serena Sapegno
Motivazione letta da Beatrice Pisa
La tesi parte da due sollecitazioni fondamentali provenienti da due autrici d’Oltreoceano. La prima è costituita dalla Mistica della femminilità, notissimo testo di Betty Friedan uscito all’inizio degli anni Sessanta, che si qualifica come antesignano della presa di coscienza di tante donne nel dopoguerra denunciando il “male oscuro”, la profonda insoddisfazione senza nome e senza cittadinanza di tante americane rinchiuse nella “gabbia dorata” di una casalinghità subìta. Altrettanto cruciale è il richiamo al testo di Margaret Mead Male and Female del 1949, meno noto al grande pubblico, ma significativo per la scelta di sottolineare il peso della cultura invece che delle predisposizioni innate nella definizione della personalità di uomini e donne, anticipazione di quella gender theory che verrà ampiamente sviluppata negli anni ’60 in area anglosassone e che troverà notevoli opposizioni nel nostro paese, fino a tempi recentissimi.
Posti tali punti fermi, la tesi si sofferma sugli scritti di tre autrici italiane: Paola Masino, Alba De Cespedes, Clara Sereni, definendo un percorso culturale che va dall’ eroina senza nome rassegnata a fatiche mai riconosciute e considerate dalla società, quelle casalinghe, fino ad una sofferta e accidentata definizione di un privato non più segregato e frustrante, ma creativa «premessa per essere dentro il mondo». Un tentativo cioé di conciliare la vita funzionale con i piccoli gesti di agio, l’autonomia intellettuale con la cura dei sentimenti, la casa con l’impegno politico.
Questa tesi, elaborata con una evidente passione e una notevole capacità di analisi dei testi ricca di contestualizzazioni, valorizza il ruolo della scrittura femminile, momento fondamentale di trasgressione e di riflessione identitaria, ed evidenzia la possibilità di costruire un quotidiano creativo, «un fare che diventa linguaggio», racconto di sé e del proprio posto nel mondo. Così, mentre da una parte si contesta l’immagine di una identità femminile monolitica, concentrata sulle dimensioni familiari ed affettive, quindi fuori dal tempo e dalle realtà sociopolitiche, dall’altra si valorizza la realtà vissuta nel piccolo mondo domestico, tanto a lungo trascurato e annullato, che si propone invece come luogo di espressione possibile per tante donne, quanto di affermazione e trasmissione di culture personali e collettive.
Segnalazione: ELEONORA POLSINELLI, Storie nella storia: profili di donne aretine, Tesi di Laurea Triennale in Storia delle dottrine politiche, Università di Cassino e del Lazio Meridionale, a.a. 2015-‘16
Motivazione letta da Gabriella Anselmi
L’Autrice sintetizza le figure più significative aretine nel periodo che va dal ventennio fascista alla Repubblica. Soprattutto nel secondo capitolo, si dà modo di conoscere donne impegnate in politica, di orientamento e formazione differente l’una dall’altra, di cui poco o nulla è stato tramandato nella storia politica e manualistica.
I titoli dei singoli paragrafi rendono conto della loro diversità: Ida Cartocci: modello di vita cristiana; Dina Ermini, bambina operaia, donna nella storia; Modesta Rossi, donna e partigiana; Maria Luisa Berneri, una donna contro i totalitarismi.
Molto interessante appare quest’ultima, di cui nel 2018 ricorre il centenario della nascita. La madre era una maestra, il padre, una figura nota agli studiosi di anarchismo; entrambi svolgeranno un ruolo di rilievo «nella sinistra libertaria italiana» come scrive l’Autrice che ben contestualizza le sue personagge.
≈ SEZIONE SAGGI DI ARTI VISIVE ≈
1° premio, MAURA POZZATI (a cura di), Artiste della critica, Corraini edizioni, Mantova, 2015
Motivazione letta da Monica Grasso
La caleidoscopica raccolta di saggi, curata da Maura Pozzati, ha l’obbiettivo di sanare una frattura che da sempre affligge la cultura delle donne, la difficoltà cioè di tramandare modelli intellettuali femminili positivi, per rafforzare il passaggio di consegne tra generazioni.
Nel campo della critica, l’affermazione delle studiose è stata forse più lenta anche se la Biennale veneziana appena conclusa ha avuto una donna, la francese Christine Macel, come curatrice e numerose donne impegnate nell’allestimento dei padiglioni nazionali. Con un’operazione di cui si avverte l’impegno e il calore, Maura Pozzati ha «chiesto ad alcune amiche critiche e storiche dell’arte di disegnare i ritratti delle studiose del Novecento che ritenevano davvero importanti».
Il volume si apre con una vera pioniera, Palma Bucarelli, ritratta da Rachele Ferrario: la tenace Sovrintendente della Galleria Nazionale d’Arte Moderna seppe imporre in un’Italia ancora provinciale artisti come Picasso, Pollock e Burri. Lorenza Trucchi, raccontata qui da Laura Cherubini, era invece arrivata alla critica d’arte dal giornalismo, ed era una militante libera ed entusiasta, che sarà anche docente all’Accademia di Belle Arti e nel 1995 presidente della Quadriennale. Poliedrica la figura di Mirella Bentivoglio, artista, critica, scrittrice, promotrice di eventi, affascinata dall’intreccio fra parola e immagine, tratteggiata da Arianna Di Genova.
Laura Lombardi ci ricorda che fu la critica Lara Vinca Masini, una delle prime a promuovere il dialogo tra arte antica e arte contemporanea, quando ancora non era di moda.
Antonella Sbrilli dedica il suo omaggio a Marisa Volpi, critica d’arte, scrittrice e docente universitaria, mentre Carla Lonzi, che della Volpi fu collega ed amica, è tratteggiata da Martina Corgnati: figura di grande coerenza morale, Lonzi decise di rinunciare alla critica d’arte, quando la vide trasformarsi in una pratica di potere. Francesca Alfano Miglietti ci fa entrare nel clima del ’68, vissuto intensamente da Lea Vergine che promosse forme d’arte estrema, come la Body Art e con L’altra metà dell’avanguardia diede un apporto decisivo agli studi di genere.
Il femminismo torna nel ritratto che Maura Pozzati fa di Ida Gianelli, che con Carla Lonzi e Carla Accardi condivise la militanza nel gruppo Rivolta Femminile e che seppe sostenere artiste che, proprio perché donne, erano accolte freddamente dal mercato dell’arte. Elisabetta Longari racconta la figura complessa di Adalgisa Lugli, storica e critica d’arte innamorata dell’opera di Dürer e della pratica del collezionismo, mentre Cristina Casero parla di Jole De Sanna, studiosa appassionata di de Chirico e attenta indagatrice della scultura moderna. Fabiola Naldi ricorda Francesca Alinovi, che ha saputo più di altri attraversare i nuovi territori dell’arte di avanguardia.
Conclude significativamente Lucilla Meloni, con Gabriella Belli, l’inventrice del Mart di Trento e Rovereto, ricordandoci che il supremo atto critico è infine proprio l’allestimento di un museo.
2° premio: CHIARA PASETTI, Mademoiselle Camille Claudel e moi, Nino Aragno Ed., Torino, 2016
Motivazione letta da Lucilla Ricasoli
Chiara Pasetti ricostruisce la vita della scultrice francese Camille Caludel, attiva tra gli ultimi anni dell’Ottocento e fino al 1913 quando, per volontà del fratello Claude, scrittore e diplomatico e della madre, viene rinchiusa nell’ospedale psichiatrico di Ville-Évrard dove morirà trenta anni dopo, nel 1943.
Solo in queste cifre è contenuta la complessità della personalità di Camille, che mai nel corso del suo ricovero volle riprendere a lavorare. L’artista, con tutta evidenza, considerava la scultura arte e mestiere cui dedicarsi con disciplina ed impegno e non certo un passatempo per mostrare blandi e rassicuranti segnali di rientro alla normalità.
Pasetti dedica la prima parte del saggio alla descrizione delicata, affettuosa, partecipata della vita e dei tratti salienti della biografia dell’artista, per poi esplicitarne il lavoro attraverso recensioni, articoli e saggi – in parte tradotti in italiano per la prima volta – stesi durante gli anni della sua attività artistica.
In chiusura, il testo drammaturgico Moi, ispirato a Camille, omaggio alla sua forte personalità.
Il pregio dell’opera sta nel tentativo di sottrarre la figura di Camille Claudel alla tirannia dei luoghi comuni che ne hanno pesantemente condizionato la lettura critica.
Il rapporto tormentato e drammatico con lo sculture Auguste Rodin, di cui fu allieva e amante, ha troppo spesso svolto un ruolo di attrazione fatale nel quale la sua produzione scultorea finisce immancabilmente per annegare, perdersi, diventare mero supporto documentativo. Se è infatti vero il rapporto professionale e personale che Camille ebbe con l’artista, è oramai tempo di disinteressarsi della questione e di concentrarsi sulla comprensione dell’opera scultorea in sé. Apprezzabile in questo senso è proprio il lavoro di traduzione della critica del tempo che riporta Mademoiselle Claudel alla sua vera natura di artista. Importante poi aver affrontato con delicatezza ed eppure ad occhi aperti la complessa problematica della malattia psichiatrica della Claudel mostrandola nella sua realtà e nel suo silenzioso, resiliente ed eppur dignitoso svolgersi fino al termine dei suoi giorni.
Segnalazione: MORENA FALASCONI, Schiava, Concubina e Madre. L’iconografia di Agar tra Pietro da Cortona e Tiepolo, Laurea Magistrale Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, a.a. 2016-2017
Motivazione letta da Lucilla Ricasoli
La tesi di Laurea di Morena Falasconi costituisce un contributo importante per gli studi iconografici di personaggi biblici e storici femminili.
La figura biblica di Agar è presente sia nella tradizione giudaico-cristiana sia in quella musulmana.
É la schiava di Sara, è la concubina di Abramo, è la madre di Ismaele e diventa la progenitrice delle dodici tribù arabe.
Il pregio della ricerca è – come la stessa Falasconi sottolinea – nell’aver messo in luce «la dignità che la figura di Agar acquisisce nel corso del tempo in ambito pittorico» e nell’averne seguito lo sviluppo iconografico evidenziandone i differenti accenti tematici.
Un testo intrigante anche per chi non è del settore, ricco di spunti e ben composto.
Segnalazione: ALESSANDRA SCAPPINI, Il paesaggio totemico tra reale e immaginario, Misesis,Sesto San Giovanni (Mi), 2017
Motivazione letta da Lucilla Ricasoli
Uno studio che analizza il lavoro di cinque artiste che operarono nell’ambito dell’avanguardia surrealista: Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage, Dorothea Tanning e Remedios Varo, nel quale il valore comune di suggestioni creative tratte da paesaggi dell’immaginario, complessi e articolati, fatti di simbologie archetipiche, di metamorfosi alchemiche, di immagini totemiche, diventa il punto di vista privilegiato dall’autrice per ripercorrerne le vicende artistiche e biografiche. Un percorso nel quale lucidamente emerge la forza e l’energia di queste artiste anche per una definizione di un’arte portatrice di uno specifica valenza femminile.
≈ SEZIONE GRAPHIC DESIGN ≈
2° premio: MONICA MARELLI e ROSA OLIVA; illustrazioni di FRANCESCA LÙ,
Cara Irene, ti scrivo – Un messaggio alle donne e agli uomini di domani, Scienza Express, Trieste, 2016.
Motivazione scritta da Irene Iorno
Un libro da leggere alle più piccole e ai più piccoli, da regalare e da condividere con chi, come nonna Rosanna «è da sempre dalla parte delle bambine e di tutte le donne» e «ha scelto di raccontare alla sua nipotina Irene quanto siano importanti la parità e l’impegno collettivo».
Un testo di facile lettura ma di profondo contenuto e che sa trasmettere una parte sostanziale, al femminile, di storia del Novecento spesso data per scontata o mai raccontata.
Impostato sul dialogo tra generazioni, tra una nonna e una nipote, il testo mette al centro la libertà, la parità, la condivisione, la partecipazione, l’impegno collettivo: siamo tutt* parte di uno stesso libro, di un solo racconto steso a più mani. Valori e insegnamenti trasmessi dalle generazioni femminili che parlando di saperi e di autodeterminazione regalando a chi legge la possibilità di scegliere ciascuna la sua storia, con quale fiaba addormentarsi e con quale fare addormentare i/le più piccol*.
Sulla quotidianità di una nonna che segue la sua nipotina e la di lei dolce gattina, Mizar, le Autrici impostano un discorso d’educazione civica, riportando anche l’intero articolo 3 della Costituzione:
Tutti i cittadini hanno pari digintà sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (incipit).
Posto a metà del libro, ne è il cuore e la ragione dell’impegno di vita di Monica Marelli e Rosa Oliva.
Semplice e immediata la comunicazione artistica di Francesca Lù, che arricchisce il testo.
Nel manifesto di presentazione della casa editrice – che ha dieci collane d’impegno divulgativo – si legge:
«In scienza e coscienza, siamo convinti che i libri debbano prima essere fatti bene, e dopo ben portati vicino ai possibili lettori. I temi scientifici, medici e tecnologici sono il cuore del nostro essere nel Ventunesimo secolo, condividere libri è la nostra scommessa sul futuro.»
Segnalazione: SERENA BALLISTA; illustrazioni CHIARA CARRER, Una stanza tutta per me, Settenove edizioni, Cagli (PU), 2017
Motivazione scritta da Irene Iorno
Il libro, su progetto grafico di Tommaso Monaldi, trasmette all’infanzia l’idea e il senso di un spazio tutto per sé, una stanza, la propria, perchè ciascun* ne dovrebbe avere una per poter dare inizio ai propri racconti e dove poter giocare, immaginare e sognare.
Il titolo e il nome della piccola protagonista sono un richiamo trasparente al celebre saggio Una stanza tutta per sé (A Room of One’s Own), dell’autrice inglese Virginia Woolf, prima edizione il 24 ottobre 1929.
Su Virginia e su un piccolo ragno, s’incentra il tenero e breve racconto che propone lo scambio, l’osmosi tra la bambina e l’insetto:
«Una scrittrice ė come un ragno, tutti e due costruiscono una Trama (…) si somigliano più di quanto pensi, si divertono in compagnia come te ma costruiscono una stanza tutta per sé»
Un’opera che invita a riempire le ultime due pagine, lasciate in bianco, dei pensieri e fantasie di chi legge e a descrivere la propria stanza intesa come un luogo dove imparare a sentirsi liber* di poter scrivere la propria storia e realizzare i propri desideri.
Illustrazioni delicate e un sapiente uso dei colori, parlano della sensibilità artistica di Chiara Carrer.
≈ PREMIO REDAZIONEper opere di particolare valenza giornalistica e divulgativa ≈
Tesi di laurea di Valeria Scopelliti, Emma e le altre…il giornalismo “rosa” a Messina nella prima metà del ‘900, Università degli studi di Messina, dipartimento di civiltà antiche e moderne, Corso di laurea magistrale in metodi e linguaggi del giornalismo; Relatrice Prof.ra Michela D’Angelo
Motivazione letta da Maria Paola Fiorensoli
Con grande piacere assegniamo, nel nostro trentesimo, questo premio a Valeria Scopelliti che, insieme alla sua Relatrice, ha fatto una scelta utile e coraggiosa, riportando le sfumature del “rosa” nella stampa messinese ove si evince, come d’altronde altrove e nel presente, un pervicace pregiudizio su cosa le donne debbano leggere/apprendere le donne e sul ruolo di secondo piano assegnata a quella stampa.
Il pregio della Tesi è la consegna di un mondo vivace e vivido, uno scorcio d’Italia con sconosciute genealogie di giornaliste. Sono raggiunti i tre obiettivi: documentare la presenza costante di rubriche dedicate alle donne; individuare le firme femminili che in modo occasionale o duraturo influenzarono il pubblico; evidenziare le tematiche ricorrenti (moda, ricette, consigli, curiosità) e gli spazi dati.
La testata “Il Marchesino”, una delle maggiori, riservò, per esempio, «ampio spazio alle donne più come lettrici che come autrici», e ospitò il “debutto” di Emma Lisi «che può essere considerata la giornalista più longeva e prolifica del giornalismo messinese della prima metà del ‘900» (p. 8) e che vi scrisse 7 articoli, a fronte dei 600 pubblicati, tra il 1905 e il 1941, sul periodico cattolico “La Scintilla”.
Nel paragrafo dedicato a Femminismo pro e contro si legge:
«È in questi anni che il termine femminismo inizia a diffondersi con un misto di paura, timore, disprezzo ma anche ammirazione e orgoglio (…) Negli anni precedenti il terremoto di Messina, il femminismo è ancora considerato come una moda straniera, qualcosa di particolare, che s’inizia ad infiltrare nelle solide tradizioni della nostra città. Se nel 1908 su “La Scintilla” il femminismo è il tema di ben quattro articoli fortemente critici nei confronti della parità dei diritti, il termine andrà completamente a scomparire nel post terremoto, lasciando alla donna il ruolo di protagonista della casa e della famiglia e mostrando le istanze femministe solo come una forte minaccia all’integrità sociale. Non bisogna pensare che fossero solo gli uomini ad essere contrari al femminismo; anche molte donne si schierano contro le nuove tendenze appellandosi alle direttive della Chiesa e al comportamento pericoloso delle femministe che abbandonano case, famiglie e il loro ruolo sociale.» (punto 4, p. 79) Di contro, s’invitano le fanciulle alla devozione, alla beneficienza, al lavoro nella casa e per la famiglia.
Preziose, per mole di lavoro e rigore, le 12 pagine di tabelle, in Appendice con riporto di titoli, date, testate.
Invitiamo alla pubblicazione di un lavoro che supera il già importante traguardo universitario per ricostruire un’epoca, genealogie giornalistiche femminili, fare del microcosmo messinese lo specchio della società in cui con difficoltà s’affermava l’emancipazionismo e la libertà femminile.
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BANDO 2017
XVIII° PREMIO DI SCRITTURA FEMMINILE “IL PAESE DELLE DONNE” & XXV° PREMIO “DONNA E POESIA” dedicato all’artista cilena Maria Teresa Guerrero (Maitè)
Le due associazioni proponenti, attive dagli anni Ottanta del ‘900 nelle politiche delle donne, partecipi dell’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne, dell’Affi e di Archivia, propongono un concorso per Autrici, senza limiti di età, cittadinanza, residenza e titolo di studio, con materiali in italiano o con traduzione in italiano.
Il materiale in concorso entrerà nei fondi bibliotecari dell’associazione Il Paese delle donne nell’Area Umanistica dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale e in Archivia nella Casa internazionale delle donne.
1) Saggistica (sezione A): opere edite
2) Narrativa (sezione B): opere edite; e-books
- a. romanzi e novelle; b. narrativa specialistica per l’infanzia;
3) Tesi di Laurea (sezione C) conseguite in Università italiane, pubbliche e private (2015 -16-17)
- Tesi di dottorato, Tesi di Master e Tesi di Scuole di Specializzazione; b. Tesi di Laurea Magistrali;
- Tesi di laurea triennali
4) Poesia (sezione D) coincidente con il XXV° Premio “Donna e Poesia”:
- edite (escluse antologie a più firme, quotidiani e riviste); b. inedite (max tre poesie);
- silloge (max 12 componimenti non superiori ai 400 versi complessivi);
5) Arti visive (sezione E): opere edite (saggi, biografie, cataloghi);
6) Graphic Design:(sezione G): a. opere di fumetto; b. graphic novels;
Segnalazioni (max due per sezione)
Premio Redazione (assegnato ad un’opera in concorso di particolare valenza divulgativa)
Le sezioni A, B, C, E, G esprimono 1° e 2° premio; la D solo uno per l’edito e uno per l’inedito; uno solo il Premio Redazione; le Segnalazioni non ricevono i premi consistenti in opere d’arte e/o d’artigianato artistico.
Recensioni del materiale premiato e segnalato e di altro in concorso su: ‘paese delle donne on line rivista’ e sul monografico “il Foglio de Il Paese delle donne” (cartaceo) spedito alle abbonate e a tutte le concorrenti.
Inviare entro le h. 24,00 del 15 luglio 2017 (prorogato al 22 luglio per la sez. C) in pacco chiuso contenente:
1) Una copia cartacea del materiale in concorso (non inviare altro materiale)
2) Foglio con titolo dell’opera, generalità, indirizzo, recapito telefonico ed e-mail.
3) Fotocopia del versamento di € 25,00 (venticinque) su c/c postale n. 69515005 intestato: Associazione il Paese delle donne; causale: “Premio 2017” al seguente indirizzo:
Fiorenza Taricone – Via Rifredi 48 – 00148 Roma
Attenzione: non inviare raccomandate; i pacchi mancanti anche di un solo requisito non saranno esaminati.
Le vincitrici saranno avvisate per e-mail entro le h. 24.00 del 31 Ottobre 2017.
Premiazione: 02.12.2017 – Casa Internazionale delle donne – Via della Lungara 19 Roma
Premiazione su youtube; link Premio: paesedelledonne-on line-rivista
Giuria: Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone (Co-Presidenti Premio); Anna Maria Robustelli (Presidente Donna e Poesia); Gabriella Anselmi, Donatella Artese, Amelia Broccoli, Edda Billi, Gabriella Gianfelici, Monica Grasso, Teresa Mangiacapra, Beatrice Pisa, Marina Pivetta, Lucilla Ricasoli, Maria Teresa Santilli, Alba Bartoli Ungaro, Consuelo Valenzuela. La Giuria decide a criterio insindacabile, non impugnabile in alcuna sede.
Info: Associazione Il Paese delle donne: s. l. Via della Lungara 19 – 00165 Roma; paesedelledonne@libero.it; cell. 3470336462 (feriali); Associazione Donna e Poesia: 3498757498 – 3485605528 (feriali)
PREMIAZIONE 27 NOVEMBRE 2016
Si è svolto alla Casa Internazionaler delle Donne la mattina del 27 novembre 2016 la cerimonia dei premi alle vincitrici che – ogni anno – da diciassette per il Paese delle donne e da ventiquattro per Donna e Poesia – vengono assegnati dalle due associazioni che promuovono il Premio di scrittura femminile. Le due associazioni hanno intrecciato percorsi amicali e unità d’intenti nella promozione e divulgazione culturale oltre ad un pluridecennale attivismo nelle politiche autonome, democratiche e non violente delle donne.
La premiazione dell’edizione 2016, organizzata da tempo, è caduta l’indomani della grande manifestazione “non una di meno”, frutto della presa di parola di tante donne di ogni età e del loro associazionismo da sempre impegnato a contrastare le violenze, a modificare i modelli culturali e i tanti linguaggi e stereotipi che le trasmettono e le giustificano.
Il nostro duplice Premio, nato durante l’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne, ci rende fiere e ci emoziona per la ricchezza qualitativa e la varietà dei temi.
Da Maria Paola Fiorensoli, da Firenza Taricone e da Anna Maria Robustelli un sentito grazie alle tante che hanno reso possibile un evento che valorizza la genialità e i talenti femminili e che è sorretto dall’attenzione delle Autrici e delle Case editrici; dalle quote d’iscrizione; dall’impegno gratuito della Giuria; dal contributo di generose Associazioni in merito ai premi.
Come sempre, il materiale pervenuto è depositato nei due Fondi associativi del Paese delle donne in Archivia-Casa internazionale delle donne e nella biblioteca dell’Area umanistica dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale. In essi, depositiamo anche il materiale cartaceo inviato, fuori concorso, per recensione, al Paese delle donne (Via della Lungara 19, 00165 Roma).
Ricordiamo che il prossimo Bando di scrittura femminile Il Paese delle donne & Donna e Poesia, in uscita l’8 gennaio 2017, prevede sette sezioni (saggistica, poesia edita e inedita, tesi di laurea, saggi di arti visive, narrativa, narrativa per l’infanzia, fumettistica), e sarà reperibile su: “paese delle donne on line rivista”; sito “casainternazionale delledonne.org“; e-mail: associazionepdd@gmail.com.
PREMIO DI SCRITTURA FEMMINILE IL PAESE DELLE DONNE – XVII° & DONNA E POESIA – XXIV°
Elenco delle Autrici vincenti cui rinnoviamo i complimenti.
1° ex aequo saggistica: GIOVANNA CAMPANI, Antropologia di genere, Rosenberg & Sellier, 2016
1° ex aequo saggistica: MIRELLA LEONE, Da studentessa a professoressa, Bonaccorso, 2015
2° saggistica: FERDINANDA VIGLIANI, L’altra verginità, Rosenberg & Sellier, 2016
1° narrativa: FLAVIA CRISTALDI, Il vulcano di Guayaquil, L’Erudita, 2016
2° narrativa: GINEVRA BENTIVOGLIO, Voglia di insicurezza, Fefé, 2016
Premio unico poesia edita: LEILA FALÀ, Mobili e altre minuzie, Dars, 2015
Premio unico poesia inedita: GINEVRA SANFELICE DI MONTEFORTE LILLI, Magari martedì
Segnalazione poesia edita, SIMONETTA FILIPPI, E vennero le donne, Erasmo, 2013
1° Tesi di Dottorato: SUSANNA MANTIONI, Monacazioni forzate e forme di resistenza al patriarcalismo
nella Venezia della controriforma, Università Roma Tre, Scuola dottorale in Scienze Politiche,
Sezione Questione Femminile e Politiche Paritarie, XXVI° ciclo, a.a. 2011-2013
1° Tesi triennali: FATIMA EL IDRISSI, L’Islam e la modernità, Università di Cassino e del Lazio Meridionale, Laurea triennale in Scienze della Comunicazione, a.a. 2014-2015
1° Saggi di Arti visive: non assegnato
2° Saggi di Arti visive: ANNA ZOLI, Tao del mosaico. Vite intrecciate, Pendragon, 2013
Premio Redazione: ROBERTA MAZZANTI, SILVIA NEONATO, BIA SARASINI (a cura di),
L’invenzione delle personagge, Iacobelli, 2016
CONSIGLI DI LETTURA – testi fuori concorso recensiti su “paese delle donne on line rivista”
Consuelo Valenzuela, Guida alle più belle case di artisti in italia, stampa alternativa, 2016
Graziella Carassi, Maddalena, profuga per sempre. Intrecci e memorie, Capponi, 2015
Ilaria Guidantoni, Lettera a un mare chiuso per una società aperta, Albeggi, 2016
Monica Grasso e Paolo Carloni, L’uno e l’altro volto. Michelangelo, Vittoria Colonna e la Vergine del Giudizio Sistino, Ginevra Bentivoglio EditoriA, 2016
Noemi Crain Merz, L’illusione della parità. Donne e questione femminile in Giustizia e libertà e nel Partito d’Azione, Franco Angeli, 2013
Renata Russo Drago, Tra violenza e onore. Le donne nei processi penali del periodo borbonico (1819-1859), Lombardi, 2012
GIURIA
Co-Presidenti: Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone – Gabriella Anselmi – Donatella Artese – Amelia Broccoli – Edda Billi – Gabriella Gianfelici – Monica Grasso – Teresa Mangiacapra – Beatrice Pisa – Marina Pivetta – Lucilla Ricasoli – Maria Teresa Santilli – Alba Bartoli Ungaro – Consuelo Valenzuela e Anna Maria Robustelli Presidente“Donna e Poesia”
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MOTIVAZIONI per il 1° PREMIO ex aequo sezione saggistica lette da Fiorenza Taricone PER GIOVANNA CAMPANI, Antropologia di genere, Rosenberg & Sellier, 2016
Il libro, dal contenuto molto interessante non solo per le e gli appassionati di antropologia, inizia dal XVII secolo con l’antropologia del secolo dei Lumi, titolando il capitolo La nascita delle scienze dell’uomo, definizione che riflette l’etimologia della disciplina. L’antropologia sta appunto per discorso, logos, sull’uomo e risulta subito chiaro, a partire dal terzo capitolo soprattutto, dal titolo Le pioniere. Donne antropologhe nell’Ovest americano, come le donne abbiano portato nuova linfa e sguardi di genere in un orizzonte che era nato monosessuato.L’Autrice precisa infatti che la “storia dell’antropologia di genere non può prescindere dal ruolo delle donne nella costruzione dei saperi antropologici, ma a sua volta l’importante presenza di donne antropologhe non può prescindere dall’emergere del movimento femminista”.
Come si legge nell’Introduzione del resto,il filone antropologico è fortemente influenzato dalla questione dell’emancipazione: battaglie contro la schiavitù, per i diritti delle donne, per i diritti delle popolazioni non europee colonizzate. Il libro ha il merito fra gli altri, di ricordare ad alcuni/e e di presentarlo come una novità ad altri, che i fondatori e fondatrici di questa disciplina oggi radicata nel nostro sistema formativo universitario vengono da lontano, a iniziare come già ricordato nel Settecento, come scienza dell’uomo separata dalla storia teologica della Bibbia, per poi proseguire e fare i conti con la teoria dell’evoluzione della specie di Charles Darwin, proseguendo con l’opera dello statunitense Lewis Morgan e dell’inglese Edwuard Tylor. Ma risulta anche evidente come gli antropologi, di solito imoegnati sul campo con le loro ricerche, abbiano proseguito poi sempre sul campo l’impegno politico, contro i fascismi, i razzismi e i totalitarismi. Come Franz Boas, difensore dei diritti umani e contro ogni forma di razzismo.
Le antropologhe dovettero liberarsi da pregiudizi maschili che consideravano lo sguardo maschile oggettivo e razionale, e quello femminile emotivo e irrazionale. Neanche uomini come Tylor che pure riconoscevano a donne come Matilda Coxe Stevenson un ruolo innovatore e percettivo nei confronti di donne e bambini. Uno stereotipo contro cui dovette lottare la Wasa, Women’s Anthropological Society of America, fondata dalla stessa Coxe e altre nove donne. Non sempre le pioniere della disciplina coniugarono ricerca e famiglia, come Matilda Coxe; Alice Cunningham Fletcher, scomparsa nel 1923, fu sempre una single woman e non si sposò. Impegnata nel femminismo, s’impegnò nella difesa delle popolazioni native nord americane.
Critiche di eccessivo radicalismo furono rivolte ad alcune come Elsie Clews Parsons, prima allieva di Franz Boas, scomparsa nel 1941,attivista femminista di formazione sociologica. Il matrimonio di prova, il divorzio consensuale, l’accesso a una contraccezione affidabile furono attaccate dalla stampa conservatrice e clericale.
Innovativi e fondamentali furono i lavori di Ruth Benedict, che applicò il relativismo culturale introdotto da Boas. “Il solo modo in cui possiamo conoscere il significato dei vari dettagli del comportamento è guardando ai motivi, ai valori e alle culture che appaiono istituzionalizzati in quella cultura”.
Un contributo che l’Autrice definisce difficile da riassumere fu quello di Margaret Mead, e i suoi studi sugli adolescenti in Nuova Guinea. Definita da una studiosa autentica figlia dei fiori, interessta alla pace, alla giustizia, alla libertà sessuale e all’avventura, lavorava senza sosta per il cambiamento sociale. Nella sua opera Sex and Temperament è già presente il concetto di genere. La Mead aveva frequentato anche i corsi della Benedict e fra le due ci fu una lunga relazione, anche se entrambe scelsero di non parlarne; “solo dopo la morte della Mead furono rese pubbliche alcune lettere da cui trapelavano la profondità e l’intimità della loro relazione”.
MOTIVAZIONI al 1° PREMIO ex aequo sezione saggistica lette da Maria Paola Fiorensoli per MIRELLA LEONE, Da studentessa a professoressa. Una donna dell’Ottocento alla conquista della professione, Bonaccorsi, 2015
Florina Salvoni, nata a Ferrera Erbognone (Pavia), il 30 giugno 1856. fu la prima alunna del Liceo Scipione Maffei di Verona; la prima laureata dell’Università di Firenze (prima del 1890); una delle prime, se non la prima professoressa del Regno d’Italia e la prima che insegnò non provenendo dal Magistero ma da un percorso riservato al maschile (liceo e Università).
I dirigenti ministeriali, di fronte all’unicità, la dissero «maestra specializzata, sopramaestra.»
Come ebbe «la felicità» di studiare, Florina Salvoni ebbe quella d’insegnare (Alessandria, Udine e Bergamo); di contribuire alla formazione dei maestri elementari; di essere il simbolo della femminilizzazione dell’insegnamento, «settore d’avanguardia laddove in altri settori, come l’avvocatura, le donne venivano respinte, l’A. ricorda Lidia Poet, la prima donna ad accedere all’avvocatura dopo quarant’anni di battaglie (1920).»
Nell’avvincente biografia su colei che da sola, passo dopo passo, primeggiando per merito, «compì una piccola ma in realtà grande rivoluzione, affermando il suo diritto all’istruzione al livello più alto e alla libertà di accedere a uno spazio pubblico», l’A. dichiara la scarsità delle fonti: «un opuscolo, i certificati anagrafici, alcuni documenti di archivi storici di varie scuole e curie, brevi cronache locali.»
Florina Salvoni era una ragazza graziosa, intelligente, educata, sapiente, che realizzò i suoi desideranda in tempi in cui uomini illustri gareggiavano in frasi sessite: es. Gioberti, filosofo e politologo: «La donna, insomma, è in un certo modo verso l’uomo ciò che è il vegetale verso l’animale o la pianta parassita verso quella che si regge e si sostenta da sè.»
Antesignana delle tante giovani donne post-unitarie che si dedicarono all’insegnamento – molte maestre, poche professoresse – Florina Salvoni dette il suo contributo alla crescita culturale e all’unità del paese che nell’alfabetizzazione di massa attraverso l’obbligo scolastico e nella leva (maschile), trovavano i capisaldi della costruzione simbolica e sociale dell’unità nazionale.
Sul periodo molto si è detto ma l’A., guardando a ciò che è cancellato o distorto, parla delle «giovani donne affamate di sapere e di lavoro» che affrontarono solitudini, disagi economici dovuti agli scarsi stipendi (la metà di quelli maschili a parità di lavoro), e agli impedimenti di carriera, penalizzate da pregiudizi e dalla dipendenza dall’Autorità locale, spesso ricattate nella sfera sessuale, per ottenere, come Florina Salvoni, protagonismo intellettuale, autonomia economica, relazioni transgenerazionali improntate alla stima, alla gratitudine, all’affetto.
Esaminando la letteratura di settore, l’A. nota che «prima della stereotipata, deamicisiana Maestra dalla penna rossa, nulla parla delle professoresse, come se non esistessero»: es. Massimo Bontempelli, ne il Socrate moderno, biografa molti professori, nessuna professoressa e cita solo le vedove dei professori.
In merito al termine professoressa, cui l’uso non sessista della lingua introdotto da Alma Sabatini preferisce professora, l’A. ricorda che in mancanza di un termine che indicasse quella nuova presenza sulla scena pubblica, professora fu scartato poiché ritenuto una derivazione dal maschile non un sostantivo femminile di una lingua senza il neutro.
«L’anno della personale conquista di diritti di Florina Salvoni fu il 1884, quello in cui Anna Maria Mozzoni pubblicò “Alle fanciulle”» sottolinea l’A. e cosa lei ne pensasse, come e se partecipasse alle istanze suffragiste non è detto, sia perché una parte dell’emancipazionismo metteva la lotta per il suffragio in secondo piano, nella politica dei due tempi, sia perché di Florina Salvoni non si sa niente dopo che ebbe ottenuto la Laurea e l’insegnamento, ma in ambiti più limitati, femminili, di quelli che il titolo le avrebbe consentito.
La sua parabola svanisce dopo l’incarico a Bergamo, non si sa l’età e il luogo della morte, ma l’A., non meno determinata della sua eroina, promette ulteriori studi, con ottica di genere.
MOTIVAZIONI per il 2°PREMIO sezione saggistica lette da Maria Paola Fiorensoli per FERDINANDA VIGLIANI con L’altra verginità, Rosenberg & Sellier, 2016
“Età ingrata” si dice dell’adolescenza, per le problematiche che esplodono nel privato e nel pubblico (la scuola, il gruppo amicale, ecc.), spesso in modo dirompente e che nelle società moderne è ritualizzato in forme più labili, seppur riconoscibili, che in passato.
Lo sguardo dell’A. – attiva nella politica e negli studi di genere dagli anni ’70 del Novecento – s’appunta sul momento adolescenziale, definito uno stato di grazia, in cui «il desiderio, che è forma di energia umana alta e nobilissima, si sveglia e si pontenzia. Ha ancora tutte le caratteristiche del polimorfismo infantile, ma ha una forza mai sperimentata prima. È desiderio allo stato puro: desiderio per il mondo.»
Undicenni, dodicenni, tredicenni con la fortuna di essere cresciut* da «una coppia genitoriale veramente generosa e sostenente» mantengono «il desiderio per il mondo che ancora riescono a pensare come un amico cordiale che schiuderà loro le braccia» pur senza essere immuni dalla disillusione. L’A. indaga il modo, le motivazioni, le radici storiche, letterarie, religiose della lezione impartita, in termini «deludenti e mortificanti», a ragazzine la cui«meravigliosa energia a 360° è ri-orientata in una sola direzione: il principe azzurro.» «Banalizzare il fenomeno e liquidarlo come tempesta ormonale. Questa è la vera perdita della verginità» afferma.
In cinque capitoli che spiegano cosa intenda per ‘altra verginità’, indagano il mistero della latenza, le fiabe, le religioni e le narrazioni antiche, rimane sospeso l’interrogativo: Si può insegnare l’altra verginità? Domanda già posta dall’A. nel seminario di Altradimora organizzato dalla rivista “Marea” (Caranzano, 12-15 giugno 2015). Tutto il libro, e questo è un merito, intreccia la teoria alla prassi. Esistono persone che non hanno mai perso l’altra verginità? che l’hanno persa e poi ritrovata?» si chiede e le chiedono. La risposta è positiva. Sono coloro che hanno conservato l’energia adolescenziale nella maturità e nell’anzianità, non limitandosi a utilizzarla per «i cambiamenti coraggiosi, le decisioni inedite»; non l’hanno mai persa di vista, «hanno saputo coltivarla nelle persone giovani, sia in loro».
L’A. chiude con l’augurio alle donne, alle ragazze, a se stessa, di non spegnere quella luce.
MOTIVAVIONI PREMIO REDAZIONE per opere di particolare valenza giornalistica e divulgativa lette da Beatrice Pisa
L’invenzione delle personagge, Iacobelli, 2016 a cura di ROBERTA MAZZANTI, SILVIA NEONATO, BIA SARASINI
L’idea che il protagonismo femminile nelle opere letterarie, poetiche o musicali che conosciamo da sempre possa essere ora “inventato” costituisce una provocazione che invita all’ approfondimento. La personaggia, spiega Nadia Setti, costituisce una persona che c’è da sempre, ma che diventa riconoscibile e quindi nominabile solo ora che si sono stabilite nuove condizioni di visibilità, viabilità, nominazione. Perché, osserva Bia Sarrasini, personagge sono tutte, anche le più antiche, però sono quelle “nuove” a sollecitare riflessioni. Solo ora che sono nate le nuove protagoniste femminili di racconti, romanzi, autobiografie, film, ecc., nonché le “nuove” lettrici, è possibile dare alle prime spessore e consapevolezza, per rintracciare nelle diversità delle rappresentazioni il mutamento delle fisionomie, le anticipazioni intuitive e visionarie di scrittrici e scrittori. Si cerca insomma chi siano le eroine contemporanee, cosa raccontano, cosa mettono in gioco, quanto si differenzino dalle eroine del passato e infine come interpretare la autonoma esistenza «di queste creature inventate nella mente collettiva, quella che vive degli scambi fra chi legge, chi scrive, chi semplicemente immagina».
La caratteristica principale che pare delinearsi è quella della molteplicità, della polisemicità, ovvero la mancata fedeltà delle personagge a qualsiasi modello o genere letterario, il loro spostarsi continuamente per affrontare diverse imprese in maniera multiforme, non catalogabile.
Queste sono alcune delle articolate riflessioni espresse al convegno della Società italiana delle letterate tenuto nel 2011, le cui relazioni sono pubblicate in questo testo, che si presenta come un interessante insieme intricato e complesso di voci diverse, pieno di suggestioni e proposte. Qui varie autrici giovani e meno giovani riflettono teoricamente sull’enorme potenziale delle personagge, mentre altre presentano le loro esperienze di scrittura, intrecciandole con quelle di lettura, secondo una interazione di notevole ricchezza. Queste autrici esprimono entusiasmo o disagio di fronte a questa novità semantica, espressione evidente del maturarsi di culture politiche che hanno fatto breccia diversamente in donne di generazioni diverse.
Se è vero che, come osserva Nadia Setti, la prima caratteristica messa in campo dalla desinenza al femminile di questa parola è quella di «marcare il genere in tutte le sue latitudini e trasformazioni possibili» o, come dice Maria Rosa Cutrufelli, che «l’impronta sulla pagina è sessuata», allora diventa particolarmente intrigante il tentativo Valeria Gennero di accostare questo termine a quello di queer, usato da Judith Butler per indicare il dissolvimento delle identità di genere, attraverso la decostruzione della nozione di sesso, che finisce per considerare la stessa identità una illusione. L’operazione riesce solo limitando il termine queer ad un significato più ridotto e contenuto, quello di «omosessuale determinata a vivere apertamente il proprio desiderio».
Il che, certo, permette di esaminare alcuni personaggi provocatori della letteratura, espressione dello sviluppo delle nuove identità femminili trasgressive. Ma la difficoltà di Gennero ad accostare i due termini nel loro significato pieno resta e rimanda alla considerazione di Setti che il femminile continua ad essere problematico, ambiguo, perché da una parte porta a salvaguardare la specificità (la cosiddetta “differenza”) dall’altra a limitarne la portata. Se il fascino di queste personagge è quello di proporre «una esperienza differenziale», (sono molte a dichiararlo in questo testo) è tuttavia anche vero che, come diceva Elsa Morante, la forza della protagonista è quella spingerci a ripensare la realtà nella sua interezza, ponendosi non come una parte, ma come un faro che illumina tutta la realtà.
Cerca di ricomporre questa sfasatura Setti, quando osserva che parlare di personaggia non ha la funzione di essenzializzare la figura femminile nella letteratura ma di «rimettere in scena il gioco delle relazioni e dei rapporti simbolici e culturali” cui danno luogo queste opere, prima di tutto quella fra chi scrive e chi legge.» In particolare perchè, come dice Anna Maria Crispino «il lettore è una lettrice».
MOTIVAZIONI per il 2° premio sezione Saggi di Arti Visive lette da Monica Grasso per ANNA ZOLI, com Il Tao del mosaico. Vite intrecciate, Pendragon edizioni, Bologna, 2013
Maria Grazia Brunetti è una ragazza della buona borghesia di Faenza, cresce in anni in cui le donne che non vestono la divisa della gonna e camicetta, vengono additate con sarcasmo: così era la provincia italiana prima del ’68. Come se non bastasse, Maria Grazia è vivace, originale, piena di talento, e vuole dedicarsi all’arte. Nella vicina Ravenna si specializza nel mosaico, che insegna e pratica con perizia in composizioni astratte, dinamiche e coloratissime, che raccolgono l’importante tradizione italiana di quest’arte, che aveva già dato prova con artisti come Severini, di saper interpretare le esigenze della modernità. Sarà successivamente, all’Istituto d’Arte di Firenze, un’insegnante impegnata, creativa e generosa, amata ed apprezzata dai suoi allievi, richiesta anche per opere di livello internazionale.
La storia narrataci da Anna Zoli, amica dell’artista, che la narra intrecciandovi la propria vita, sottolinea anche efficacemente la singolare vocazione femminile alla auto-limitazione: Maria Grazia Brunetti vive relazioni importanti con uomini che finiscono in un modo o nell’altro per condizionarla e limitarne la forza creativa: è generosa con loro, è generosa con i suoi allievi, ma forse non ha quella mescolanza di ambizione, concentrazione, abilità e immensa forza, necessari alla costruzione di una carriera artistica, specialmente se al femminile. Abbiamo premiato questa storia e la sua autrice, per l’appassionata sincerità con cui rende omaggio ad una artista che sicuramente avrebbe meritato una maggiore notorietà.
L’arte è tiranna e l’artista deve all’arte e a sé stesso una dedizione totale ed egocentrica, che molto spesso, come sappiamo è mancata alle artiste, anche alle più grandi.
N.B. il 1° premio non è stato assegnato
MOTIVAZIONI PER 1° PREMIO Sezione Narrativa lette da Consuelo Valenzuela per FLAVIA CRISTALDI con Il vulcano di Guayaquil, L’Erudita editore, 2016
È un lungo viaggio di oltre 10.300 km quello che porta Margarita, una giovane donna ecuadoregna di Guayaquil in cerca di un lavoro dignitoso, alla volta dell’Europa, nella città di Roma. È qui che entra a lavorare nella famiglia di Emma, professoressa di scienze naturali e madre di tre figli, per aiutarla nel disbrigo delle faccende domestiche e nella cura dei bambini, come tante altre sue conterranee.
Come molte donne che emigrano dal Sud del mondo, Margarita sogna un lavoro in Europa per costruirsi un futuro migliore una volta di ritorno nella sua terra di origine, dove spera di riunirsi con il fidanzato José. Ma purtroppo qualcosa va storto nei suoi piani. Appena sbarcata in Italia, subisce uno stupro che le violenta l’anima oltre che il corpo e le fa amaramente rimpiangere di aver lasciato il suo paese. Roma si rivela inospitale e fredda e nella famiglia che la accoglie si evidenziano presto malintesi e incomprensioni che rendono a tratti difficile e conflittuale il rapporto tra le due donne protagoniste del libro.
L’A. di questo romanzo delicato, alla sua prima prova narrativa, è docente di Geografia delle Migrazioni presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Ed è l’incontro-scontro tra le diverse culture il tema principale del libro, di cruciale attualità, visto che, secondo le stime ONU, nel 2013 sono circa 232 milioni le persone nel mondo che vivono in un paese diverso da quello di origine. Il fenomeno migratorio si è poi drammaticamente accelerato negli ultimi anni, com’è oramai sotto gli occhi di tutti visto che, stando alle stesse cifre, erano 154 milioni i/le migranti nel mondo nel 1990, cioè un aumento di circa 50, 2% del flusso emigratorio dal 1990 al 2013.
Flavia Cristaldi tratteggia con delicatezza e acume psicologico le dinamiche che insorgono tra esponenti di culture e usi diversi che si trovano sempre più spesso, per necessità o per scelta, o per ambedue le cose, a dover condividere gli spazi privati della stessa casa. Il rapporto tra Margarita e Emma, incrinatosi nel corso del tempo per via di incomprensioni legate alle difficoltà della convivenza e alle diverse culture, avrà un esito inatteso quanto inaspettato che getterà una nuova luce sui loro rapporti.
«È stata proprio la sensazione di potersi muovere liberamente, senza dover ruotare i fianchi per passare in due tra pareti troppo ravvicinate, che l’ha spinta a riflettere su quel nuovo fisico presente tra i muri e come in un flash ha avuto tutta la consapevolezza del suo ingombro.
Dopo quello che è successo, però, a sentire le parole della ragazza a quel corpo è stata strappata l’anima ed è rimasta solo carne maleodorante in via di putrefazione. Come uno di quegli ammassi sfatti e senza nome affogati nel Mar Mediterraneo invece che il corpo di un’immigrata che è arrivata viva.»
MOTIVAZIONI per il 2° PREMIO per la narrativa lette da Gabriella Anselmi per GINEVRA BENTIVOGLIO con Voglia di insicurezza; postf. di Daniela Frola, Fefé, 2016
Racconto breve avvolgente e coinvolgente. Penetra ed indaga, con un linguaggio fluido, nei meandri della pluralità e degli intrecci delle relazioni amorose: amicali, familiari, sentimentali. Risveglia emozioni lontane, permette di entrare in contatto con il sé profondo di chi legge. «Quante volte aveva aspettato una telefonata che non arrivava, con la stessa ansia, con la stessa sensazione di cadere nel vuoto?»… «Lancia uno sguardo alla segreteria telefonica ma la luce non lampeggia. Quel dolore dentro, sordo e implacabile si fa sentire»
Fa emergere il timore diffuso del “per sempre” e la necessità costate di essere rassicurate/i.
Incentrato sul femminile e sul possibile rapporto positivo fra donne:
«La spontaneità disinteressata di quella ragazza l’ha colpita ma quello che le è rimasto più impresso è lo sguardo di chi ascolta davvero quando parli. Da tempo non aveva incontrato quello sguardo, non lo aveva neanche cercato. Aveva scelto la superficialità nei rapporti ma non provava più emozioni.»
Si percepisce comunque il sovrabbondare della presenza dell’analista che forse è quella che dà la misura del bisogno di protezione paterna oltre che di accoglienza materna. Forse proprio da questi bisogni che rimangono non appagati si configura la voglia di insicurezza come accettazione del vuoto, del non concluso.
«E sono i loro padri, presenti, come sono sempre stati, giorno dopo giorno, anche se la vita li ha loro sottratti, sono loro, oggi, in quella chiesa, i testimoni della loro unione.»
MOTIVAZIONI PER IL 1°PREMIO TESI TRIENNALI lette da Donatella Artese : FATIMA EL IDRISSI L’Islam e la modernità, laurea triennale in Scienze della Comunicazione, Università di Cassino e Lazio Meridionale, a.a. 2014-2015; Tutor: Prof.ra Fiorenza Taricone
La tesi dell’A., come si legge nell’Introduzione, s’incentra soprattutto sulla scorretta analogia fra integralismo, fondamentalismo, misioginia e Islam, specie per ciò che riguarda la subordinazione femminile. Sono forniti anche dati numerici sul mondo musulmano a livello mondiale che conta circa un miliardo di persone, di cui il 30% nel continente indiano, il 20% nell’Africa Sub-sahariana, il 17% nella Asia sud orientale, il 18% nel mondo arabo, il 10% nell’ex Unione Sovietica e in Cina. In Turchia, Iran e Afghanistan risiede il 10% dei musulmani non arabi. Cinque milioni di musulmani sono negli Stati Uniti, in Italia oltre un milione.
Nella parte iniziale, si cita una sorta di breviario di domande e risposte fra cui la spiegazione al perché spesso l’Islam appaia estraneo, esotico od estremanente remoto. Probabilmente, risponde l’A., anche per il fatto che in Occidente, nella vita di ogni giorno, la religione non è un elemento dominante, mentre per i Musulmani è al primo posto, senza barriere fra i mondi secolare e sacro. I cinque pilastri della vita musulmana (fede, preghiera quotidiana, elemosina legale, digiuno durante il Ramadan, pellegrinaggio alla Mecca), sono esaminati approfonditamente. L’ordine sociale armonico è dato dall’esistenza di famiglie patriarcali. L’Islam vede la donna, sia essa nubile o sposata, come un individuo con propri diritti, con facoltà di disporre di beni propri, e conserva il suo cognome. Come il cristianesimo, l’Islam permette che si combatta per difesa personale. L’Islamismo, detto anche Islam politico, è un insieme eterogeneo di dottrine e pratiche politiche che mirano a creare uno Stato che nella religione islamica i princìpi guida per regolarne la sfera economica, politica e sociale oltre che religiosa.
L’A. distingue fra islamofobia che indica pregiudizio e discriminazione verso l’Islam come religione, e anti-islamismo cioé opposizione alle dottrine e pratiche politiche che mirano alla creazione di uno Stato islamico.
Gran parte della Tesi riporta in modo bilingue (italiano e arabo) i versetti del Corano fra i quali quelli in cui si cita la tolleranza fra le religioni e la Jihad, il cui esatto significato è sforzo. Largo spazio è dato alle tipologie del velo e nel capitolo Il velo copre la testa e non la mente l’A. chiarisce che in Islam il velo è obbligatorio perché Dio lo ha ordinato, è simbolo di modestia, ma nessun uomo può obbligare una donna a indossarlo.
L’aborto è consentito solo in due casi estremi: quando si rischia la vita e quando la gravidanza è frutto di una violenza. E via via sono elencati altri diritti.
La conclusione dell’A. è che la modernizzazione islamica, in via di realizzazione, stia percorrendo una via propria e diversa da quella occidentale.
MOTIVAZIONI per il 1° PREMIO TESI DI DOTTORATO lette da Beatrice Pisa per SUSANNA MANTIONI con Monacazioni forzate e forme di resistenza al patriarcalismo nella Venezia della controriforma, Universita’ degli Studi Roma Tre, Scuola dottorale in Scienze Politiche, Sezione Questione femminile e Politiche Paritarie, XXVI° ciclo, a.a. 2011-2013; Tutors: prof.a Roberta Adelaide Modugno; prof.a Maria Victoria Lopez Cordon
Questo lavoro è costruito su una ricca documentazione rinvenuta in numerose biblioteche e archivi, su una notevole quantità di fonti a stampa coeve, letteratura critica, periodici e monografie, nonchè sulla documentazione esistente in rete. Ne è scaturita un’opera assai interessante e articolata, ricca di descrizioni, informazioni e riflessioni che meriterebbero un approfondimento maggiore di quanto possibile in questa breve presentazione.
Particolarmente apprezzabile la messa a punto storiografica da cui parte il discorso, imprescindibile per chiunque voglia fare storia delle donne. La scelta è fra una ricostruzione degli avvenimenti del passato sotto il segno dell’ -oppressione- come si era fatto negli anni Settanta e Ottanta (interpretazione vittimistica) e, al contrario, una interpretazione trionfalistica, come era avvenuto negli anni Novanta, per cui le donne, agendo negli interstizi della storia, si appropriano di un vero e proprio -potere informale-. Quest’ultima posizione, osserva l’A. acutamente, è stata molto influenzata dagli scritti di Virginia Woolf e dalla sua “stanza tutta per sé”, ma non trova grandi riscontri nella realtà storica. Come dimostra il caso drammatico delle monacate “per forza” da genitori traditori (in specie “scelleratissimi padri”) rispetto alle quali non risulta accettabile la proposta di chi ha visto nel monastero l’unico luogo possibile di autonomia e indipendenza per le donne dell’ancien régime. D’altra parte non è accettabile neppure l’affermazione della totale passività di queste donne. Sulla scorta di studiose come Anna J. Schutte, l’A. rifiuta entrambe le interpretazioni, per avanzare l’ipotesi che le donne, in una società tanto compattamente patriarcale come quella dell’epoca, non siano state del tutto acquiescenti, ma non abbiano neppure potuto a ritagliarsi spazi di potere, riuscendo però a realizzare una personale “autoaffermazione”. Quindi, pur di fronte ad un mondo saldamente controllato e gestito dagli uomini, ove alle donne restano solo briciole, scarti, ruoli di secondo piano molte mostrano la capacità di servirsi di queste briciole, delle crepe e delle disattenzioni del potere per esprimere momenti di individualità e autonomia, aprendo la strada al percorso verso l’emancipazione e la liberazione.
Piccoli scampoli di libertà esprimevano queste monache nelle attività culturali come musica, teatro, scrittura nonché nella intensa opposizione di molte al tentativo di “riordinare” i monasteri da parte di autorità laiche ed ecclesiastiche. Significativa la possibilità per donne (nobili) chiuse fra le mura conventuali di gestire finanziariamente il convento, e in qualche caso persino di curare gli affari di famiglia, attraverso l’istituto del Capitolo. Notevole forma di disobbedienza alle regole imposte viene individuata nei comportamenti ribelli di quelle che si danno a clamorose e spesso ripetute fughe, di quelle (poche in verità) che avanzano richieste di dispensa dalla vita religiosa e soprattutto di quelle che stabiliscono incontri amorosi ed erotici con le stesse consorelle, con le giovani a convitto, con i preti confessori o con i “monachini”, uomini che si trovavano nel convento per le più svariate ragioni. Di questi comportamenti “scandalosi”, resta una ricca documentazione, che l’A. giudica una preziosa spia dell’esprimersi di un senso di sé non conforme alle regole sociali imposte.
Molto spazio viene dedicato alla ricostruzione della vicende di quello straordinario personaggio che è la monaca forzata (e non rassegnata) Arcangela Tarabotti, considerata una delle “protofemministe moderne”, che riesce a fare del suo inferno privato momento di denuncia pubblica che attraversa i secoli. Questa, con il suo impegno a divenire una letterata di fama, con la sua capacità di riunire spesso al di là delle sbarre della sua clausura cenacoli di letterati e studiosi, nonché, soprattutto, di far diventare la drammatica vita cui sono sottoposte queste suore “forzate” emblema della condizione di tutte le donne, chiuse nella costrizione vessatoria e umiliante della famiglia patriarcale, esprime una individualità forte, non fiaccata dalle costrizioni in cui vive e una notevole capacità di analisi sociale e politica. È suor Tarabotti che già quattro secoli fa scrive che la riconciliazione fra i generi non potrà che avvenire “sulla tomba del patriarca”.
≈ SEZIONE POESIA EDITA E INEDITA ~ XXIV° PREMIO DONNA E POESIA ≈
- SEGNALAZIONE letta da Anna Maria Robustelli e Gabriella Gianfelici per SIMONETTA FILIPPI con
- E vennero le donne, Erasmo edizioni, 2013
Un piccolo ma prezioso libro quello di Simonetta Filippi, E vennero le donne, che intreccia i ricordi che Susanna ha della sua amata nonna Rosa in parole colorite e segnate dalla parlata toscana. Viene tracciato un ritratto di donna caratterizzato da vitalità (l’infinità varietà di piante che la nonna ospita in vasi di fortuna fuori dall’uscio di casa), calore (chiudo gli occhi e mi lascio cullare dal movimento impresso al mio corpo dalle gambe della nonna e dalle sue braccia che mi dondolano avanti e indietro al ritmo della filastrocca), spirito battagliero (i consigli dati alla nipote che le racconta le tristi vicende de I miserabili di V. Hugo: No, senti bimba, ora basta con tutte queste tragedie. Un è possibile. A un certo punto bisogna ribellassi, hai capito? E se un ce la fai da sola, ti fai aiutà da qualcuno, però devi cambiare), ironia (le sonore scorregge della nonna: Però io ni voglio proprio bene perché lei m’ascolta, anche se scurreggia, e poi mi viene da ridere); o la scatoletta di latta con le ceneri dello zio Guerino dall’America, scambiata per una minestra in polvere dopo la guerra) e dal rispetto che ispira (… quando parli tu stanno tutti zitti, anche il mi’ babbo …).
- Il rapporto tra Susanna che ama leggere e racconta alla nonna – che l’ascolta sempre ed è questo il tratto più significativo di questa persona – le trame dei libri da lei amati (I miserabili, Jolanda la figlia del corsaro nero, Piccole donne) giunge a un culmine drammatico quando la nonna, attraverso il racconto della fiaba di Cappuccetto rosso, a cui partecipa anche la nipote, riesce a convincerla a dar voce alla violenza subita dal vinaio: Vomita Bimba Vomita Butta Fuori Tutto Urla Urla Picchia Forte Buttalo Fuori Buttalo Fuori Quel / Maledetto Mostro Infame / Povera La Mi’ Bimbina / Abbraccia Nonna Sí Sí Cosí Si Piange Insieme Non C’è / Piú Il Lupo Non C’è Piú Cianno Pensato L’òmini / Il Lupo Non Esiste Piú / Non Ti Preoccupare Abbraccia Nonna Forte Forte Amore Abbraccia La Tu’ NonnaLe parole della nonna, dense di fremente affetto e di profondo intuito, riescono a far elaborare alla bambina la triste esperienza. Il capitolo si chiude con parole drammatiche e corroboranti: E vennero le donne / a spartirsi l’orrore / perché diventi vitae l’urlo ci trafigga / nel corpo e nella mente / muto per sempre / vuotoLa fine della storia coincide con gli ultimi momenti della vita della nonna, con le figlie che si prendono cura di lei, la puliscono e la custodiscono ora che è anziana e malata. C’è anche Alice, la figlia di Susanna, che con orgoglio viene a sapere: Io sono come nonna Rosa: ciò la topina grossa! Proprio come lei …e ora vedrai che glielo ritrovo io lo zoccolo! Susanna racconta alla nonna, prima che chiudano la cassa, che ha visto una foto dei campi di concentramento in cui una vecchia e una bambina nude, di spalle, si tengono per mano e vanno verso il forno crematorio.Vorrei concludere con le parole di Gabriella Gianfelici: «Simonetta Filippi, possiede un’ironia dissacrante che immette in tutti i suoi testi insieme alla consapevolezza di essere donna, ancora in una società maschile.»E questo lavoro, E vennero le donne, si connota per una freschezza e un’originalità nuove.Una donna che non smette di denunciare, nella sua città, Livorno, gli sfratti perpetuati nei confronti delle donne dagli antichi palazzi, la tragedia della nave Moby Prince, la violenza sulle donne sempre latente, violenza fisica e psicologica e di impegnarsi, con l’amica e artista Clara Rota, a svolgere laboratori dove lavorano donne svantaggiate. Gli scritti di SF sono momenti di riflessione gioiosa che restano dentro, perché toccano, in modo apparentemente lieve, sensibilità pungenti capaci di far scaturire in noi il desiderio di conoscere, di comprendere, di aiutare.Di uscire, anche, dalle tante gabbie in cui la società ci vorrebbe spingere.
- MOTIVAZIONI per il PREMIO UNICO INEDITI lette da Anna Maria Robustelli – GINEVRA SANFELICE DI MONTEFORTE LILLI con Magari martedì
In Magari martedì ci sorprendiamo per la visione che si staglia, in ironica prospettiva, sin dall’inizio della poesia, di una fila di parole assetate, come piccoli dromedari nel deserto.
Seguiamo la fila e scopriamo che le parole sono legate e sembrano obbedienti. Ma in realtà è tutto il contrario: nei versi successivi le parole esplodono in manifestazioni incontrollate, fino a giungere a una graduale prepotenza di modi, a una indubbia mancanza di rispetto.
Il tutto porta a un certo sconcerto e alla considerazione che si ignora dove ci vogliono portare:
il lieto fine o verso la fine della pagina, ma senza una vera conclusione.
In realtà la poesia è percorsa da termini che si rincorrono e travalicano tra l’ordine e il disordine (nel primo caso in fila/obbedienti/consenzienti/scolarette/scimmie ammaestrate; nel secondo assetate/dispettose/scarmigliate/impertinenti), ma direi che nella conclusione di questa lieve e garbata poesia prevale il senso di incertezza, l’impossibilità di possedere una qualche sicurezza, caratteristica peculiare della vita che Magari martedì testimonia con toni misurati e essenziali.
Chi scrive poesia prima o poi si cimenta sempre sugli strumenti del suo poetare, la lingua, le parole che sceglie, cambia, soppesa, carezza fino a quando, come in fondo diceva Pirandello, sfuggono al suo controllo e prendono una vita tutta loro. Anche Ginevra Lilli ha voluto indugiare su questo tema cucendo una sottile trama di ironia che si riversa infine nel titolo stesso della sua poesia.
In Magari martedì ci sorprendiamo per la visione che si staglia, in ironica prospettiva, sin dall’inizio della poesia, di una fila di parole assetate, come piccoli dromedari nel deserto.
Seguiamo la fila e scopriamo che le parole sono legate e sembrano obbedienti. Ma in realtà è tutto il contrario: nei versi successivi le parole esplodono in manifestazioni incontrollate, fino a giungere a una graduale prepotenza di modi, a una indubbia mancanza di rispetto.
Il tutto porta a un certo sconcerto e alla considerazione che si ignora dove ci vogliono portare:
il lieto fine o verso la fine della pagina, ma senza una vera conclusione.
In realtà tutta la poesia è percorsa da termini che si rincorrono e travalicano tra l’ordine e il disordine (nel primo caso in fila/obbedienti/consenzienti/scolarette/scimmie ammaestrate; nel secondo assetate/dispettose/scarmigliate/impertinenti), ma direi che nella conclusione di questa lieve e garbata poesia prevale il senso di incertezza, l’impossibilità di possedere una qualche sicurezza, caratteristica peculiare della vita che Magari martedì testimonia con toni misurati e essenziali. Chi scrive poesia prima o poi si cimenta sempre sugli strumenti del suo poetare, la lingua, le parole che sceglie, cambia, soppesa, carezza fino a quando, come in fondo diceva Pirandello, sfuggono al suo controllo e prendono una vita tutta loro. Anche Ginevra Lilli ha voluto indugiare su questo tema cucendo una sottile trama di ironia che si riversa infine nel titolo stesso della sua poesia.
L’affanno con le parole descritto in questa poesia è un quadro veritiero degli sforzi con cui le persone che scrivono si confrontano per arrivare a un risultato compiuto e soddisfacente.
Niente è facile o scontato. Se, in principio, il processo fila liscio (l’ispirazione?), sembra addomesticato, fatalmente con l’avanzare del lavorio della mente, può divenire meno chiaro, può incontrare degli ostacoli, si può bloccare o può avviarsi in direzioni impreviste, che vanno indagate e monitorate. Quello della scrittura è un processo di scavo, di interruzioni, di latenze, di faticose riprese e nessuno garantisce, in questo percorso, che si giungerà all’obiettivo auspicato. Parlando delle parole Ginevra Lilli conclude dicendo:
… Non si sa
dove ci vogliano portare.
Verso il lieto fine o scivolando,
giù, verso la fine della pagina
senza conclusione, senza
un abbraccio o una stretta di mano
che dica: ‘ecco, ci rivediamo
presto. Magari, martedì’.
MOTIVAZIONI per PREMIO UNICO EDITI lette da Gabriella Gianfelici
LEILA FALÀ, Mobili e altre minuzie, Dars Udine 2015, Quaderni di poesia 11
Questo libro è vincitore dell’ottava ed. del Premio Internazionale Internazionale di Poesia “Elsa Buiese”, comitato friulano DARS-Donna Arte Ricerca Sperimentazione, Comune di Martignacco e Udine, nel 2015.
È un piccolo notevole inventario del quotidiano, dei gesti del vivere, delle cose di cui amiamo circondarci: l’abat-jour, il divano dove distendiamo il nostro corpo, la tenda che copre o scopre lo spazio intorno.
È una poetica che scava l’abitudine e i suoi riflessi, che gioca con l’ironia e le incertezze dei sentimenti.
È parola semplice ma non semplicistica, ricerca dei versi “leggeri” senza essere mai sciatti nè abusati.
Una poesia che sento in sintonia col mio lavoro: scarnificare la parola, renderla importante per il suo significato e per il suono.
Leila Falà sceglie volutamente un tono colloquiale, disserta tra malinconie quotidiane e le “cose di tutti i giorni”, cerca un raccordo fra tutto questo con uno sguardo leggero e distaccato:
È una tazza di latte cagliato / la stanchezza di queste giornate
Il suo occhio vigile controlla la polvere, scruta gli oggetti all’interno del mobilio, mentre l’inquietudine sale alla ricerca di uno sguardo complice, di un dialogo.
E significativamente sgorga l’angoscia quotidiana e il suo essere presente e pesante nella vita di ogni persona, soprattutto femminile:
Come panni stesi ad asciugare / in un giorno che piove.
È percettibile spesso il dialogo con il maschile che, con difficoltà a volte si rapporta alle cose e ai sentimenti ma, come in un cerchio, la materialità del quotidiano riporta a sguardi, intimità e abitudini al loro posto, in un sempre rinnovato e attento scambio.
L’introspezione è forte in questa raccolta come in molti lavori al femminile, sviscerare quello che è intorno a sé è un’attività prevalente nelle donne. Di seguito, una poesia dal libro:
Abat-jour
Quando
a colloquio col sonno mi spoglio
scappano dai ripari diurni del corpo
penzolano su l’abat-jour in attesa
sul colle dei libri non letti
sui colloqui virtuali
di cellulari in riposo
ali di parole
dette lette ascoltate rubate
a bocche distratte
a insegne loquaci.
Attendono come passeri sul filo
che la luce si spenga.
E vanno a infilarsi rimescolate nei sogni
a spiegare i significati della mia irrequietezza
il senso dei gesti non fatti.
Mi sospingono fino a depositarmi
verso minuscole verità della vita.
E poi, insieme al mobilio e altre minuzie, troviamo gli oggetti del nostro vivere: le mollette sul filo, il gelato come esempio di un pugno allo stomaco freddo e improvviso, le lavatrici a gettone…tutto è percepito e indagato. Gli oggetti delle nostre giornate sono stati spesso esaminati come “appendici” della nostra sensibilità, recentemente rammento anche un convegno svoltosi a Duino (Trieste) dal titolo Oggetti /vamente dove tutto questo veniva esaminato in poesia e in narrativa.
Tutto fa parte della vita e dell’amore, dei silenzi e del frastuono giornalieri.
Così Leila sopporta un malessere che è anche il nostro: è il disagio ricorrente di coloro che cercano sempre, che alimentano le loro giornata con riflessioni e pensieri.
E, come esseri umani attaccati al quotidiano, per non naufragare dentro i nostri sobbalzi emotivi cerchiamo le sponde per arginare il nostro torrente impetuoso:
Giorni
Ci sono giorni che non riesco a starmene seduta
la sedia è troppo alta, il divano non accoglie.
Ci sono giorni del letto duro e inospitale
che pare il disordine insopprimibile del cosmo
riversarsi in un instabile equilibrio del mio corpo.
Se ne stanno dure le cose e ossute
preoccupate di seguire il palinsesto quotidiano
- CONSIGLI DI LETTURA testi fuori concorso
Noemi Crain Merz, L’illusione della parità. Donne e questione femminile in Giustizia e libertà e nel Partito d’Azione, Franco Angeli, 2013.
Di particolare interesse nel Settantennio della Repubblica e del voto delle donne, lo studio sulle iscritte ai due movimenti antifascisti, poi confluite nella D.C.; l’A. esamina il loro essere donne tra gli uomini; il loro riferirsi a Mazzini e a Croce; la generosa lungimiranza con cui, in nome di valori universalistici, affiancarono, sostennero e rafforzarono gli iscritti senza reciprocità.
Il libro infatti indaga anche ciò che raccolsero dopo la Liberazione – disconoscimento, ostacoli nelle carriere, emarginazione – individuando «le ragioni del fallimento» nello scarto tra parola politica e azione politica; nel diverso significato dato, dagli uomini e dalle donne, ai concetti di complementarietà, parità e giustizia; nella debolezza di esibire un attivismo politico maschile dato per neutro, l’unico « nel modo dei giellisti di concepire l’impegno politico.»
Ciò comportò non solo l’accettazione di politiche di gradualità, temendosi la frattura con gli iscritti, che permisero «il conservatorismo di un partito progressista» esemplarmente descritto.
Tra molti e inediti profili di gielliste, quello di Barbara Allason che, diversamente da Giovanni Gentile, negò la continuità tra Risorgimento e Fascismo ed equiparò i/le giellist* cospiranti nelle sue stanze, a patriot* risorgimentali. E biografò Silvio Pellico». Di fatto, il salotto Allason fu la più autentica versione in chiave post-risorgimentale del salotto della contessa Maffei».
Monica Grasso e Paolo Carloni, L’uno e l’altro volto. Michelangelo, Vittoria Colonna e la Vergine del Giudizio Sistino, Ginevra Bentivoglio EditoriA, 2016.
Sembra tutto detto sul Giudizio michelangiolesco che, nel 1541, scatenò sentimenti varianti dalla «stupefatta ammirazione alla scandalizzata ripulsa», ma i due Autori – l’una docente di Iconografia e Iconologia all’Università di Urbino e l’altro storico dell’arte, poeta e fotografo – ci riservano sorprese.
«Nella vasta metafora della cultura umanistica, nelle sue sofisticate allusioni simboliche, nutrite anche dal nuovo afflato religioso», che è il capolavoro sistino, ravvisano un nuovo autoritratto di Michelangelo nel profilo maschile nella parte posteriore del velo di Maria.
Profilo comparato con quelli del busto bronzeo di Daniele da Volterra e del ritratto di Bonasone e che «l’appoggio della mano destra della Vergine rende pensoso.»
L’analisi dei linguaggi semantici s’incentra su quella, storica-letteraria-filosofica, del “doppio”; in questo caso «un uomo in una donna»: l’Artista e Maria.
Paolo Carloni (Il Tempo ha un doppio fondo), nega «il luogo comune che vuole Michelangelo poeta dantesco par excellence»; evidenzia nell’audacia pittorica del Giudizio e di quel “doppio” l’influsso di Francesco Petrarca e di Vittoria Colonna. Entrambi gli A. ritengono Michelangelo il maggiore pensatore del ‘500, dopo Erasmo e leggono nel Giudizio le sue prese di posizione nel dibattito in corso sull’ortodossia religiosa e sul ruolo storico della Chiesa. A sua volta, Monica Grasso, nelle belle pagine d’apertura (Figura della Vergine e ad alcune problematiche iconografiche del Giudizio), approfondisce un’altra scoperta: il piede della Vergine sfiora la “graticola” portata a spalla da San Lorenzo come se fosse una scala, in sintonia con il ruolo di Janua Coeli, Porta del Cielo, esaltato dalla controriforma.
Renata Russo Drago, tra violenza e onore. Le donne nei processi penali del periodo borbonico (1819-1859), Lombardi, 2012.
La ricerca socio-antropologica effettuata principalmente sul Fondo “Gran Corte Criminale” dell’Archivio di Stato di Siracusa, ha permesso all’A., d’origine genovese e d’adozione siracusana, di tracciare un magistrale affresco dei processi per adulterio, infanticidio, parto cesareo, sospetto di aborto procurato, percosse seguite da morte, uxoricidio, veneficio, matrimonio clandestino. Per l’A. «…una discesa agli Inferi in un mondo privo di luce, dove prevalgono la lotta per la sopravvivenza, l’amore per la ‘roba’, intesa nel senso verghiano, la brutalità, la cieca libidine». Donne nate e cresciute in ambienti di generale povertà, ignoranza, controllo oppressivo della voce pubblica, drastica riduzione della libertà personale, rispondono a situazioni spesso al limite del sopportabile giustificando, trasmettendo e agendo violenza.
«Sono pagine di verità che inducono a riflettere sulle incancellabili responsabilità storiche di un sistema sociale di primordiale ancestralità» (C. Piccione, prefazione).
Nella generale arretratezza del contesto, non scevro da motivazioni ideali e politiche pre-unitarie, l’A. evidenzia insospettabili avanzamenti nell’iter processuale del Codice del Regno delle due Sicilie. Della stessa A., un’altra importante ricerca: I figli dello Stato. L’infanzia abbandonata nella provincia di Siracusa dal secolo XVI al fascismo, Lombardi,
I luoghi abitati da artist* «possono accrescerne la conoscenza, svelarci particolari che non erano presenti o che non abbiamo saputo cogliere nelle loro opere. (…) Passeggiare nelle stanze dove hanno trascorso la vita può aiutarci a trovare il pezzo mancante per comporre il ritratto di colui o di colei di cui abbiamo amato il libro, il quadro o la partitura musicale».
Con sapienza e stile avvincente, l’A. svela l’ennesima perla nostrana: i luoghi della solitudine creativa, poiché, come disse Marguerite Duras: «Soli lo si è solo in casa, non fuori ma dentro di essa.» «Libro utile e prezioso» (Cinzia Tani, prefazione) stimola la curiosità, spinge alla visita di luoghi piccoli e grandi, in gran parte poco noti, tutti corredati da un «florilegio» di notizie storiche, artistiche, biografiche, anedottiche, informazioni turistiche, fotografie e altre testimonianze (versi, lettere, quadri, ecc.). Tra le stanze del femminile: la casa nuorese in cui crebbe Grazia Deledda, seconda donna al mondo a vincere il Nobel per la letteratura e la prima in Italia (1926); l’apicale Castello di Favale in cui soffrì e fu assassinata dai fratelli per una delittuosa concezione dell’onore la massima poeta lucana cinquecentesca, Isabella Morra; l’austero Castello di Torrella del Sannio in cui operò Elena Ciamarra (1894-1981), figura di cultura e d’afflato europeo, pianista e pittrice, il cui ritratto di anonima Contadina molisana entrò nella collezione di Vittorio Emanuele III. Pagine da tenersi vicine e leggere attentamente.
Ilaria Guidantoni, Lettera a un mare chiuso per una società aperta, Albeggi edizioni, 2016
Di bruciante attualità, la Lettera affronta filosoficamente e politicamente «questo mare culla della società cosiddetta occidentale, chiuso e per questo non necessariamente creatore di una società aperta». Sul concetto di Gemma Corradi Fiumara, parola come ascolto, l’A. imposta «un viaggio nel mare bianco, con recupero della tradizione orale, di quell’incontro con l’altro che non è fatto di parole ma di un ascolto che va al di là di quello che si dice con la voce.»
11 voci narrano «i loro punti di vista, spesso sospesi fra identità plurali»; per l’A., le differenze sono garanzie di pace, di sviluppo sostenibile economicamente e culturalmente, valore morale».
Stefania Nardini, definendosi meticcia italo-marsigliese vede nella bouillabaisse «il simbolo del chiasmo di culture mediterranee»; l’egiziano Muhammad Aladdin esalta «la contraddizione, anima del mondo, motore etereo: quella tra la nostra verità e ciò che aspiriamo ad essere.»
Nel capitolo dedicato alle «sinestesie che il mare evoca, dalla vista e dalla luce, ai colori, fino ai profumi, sapori, suoni, alla tattilità che si avverte nel salmastro che incrosta, sabbia che si disperde nell’aria tra umidità e vento» l’italo-libanese Leyla Khalil narra «le vite perdute e/o sospese stipate in barche che non sono più quelle indistruttibili di cedro dei Fenici ma che fanno acqua dappertutto.» Per Elena Postigo, il mare nostrum «è una sorta di terra acquatica, di continente, non tanto e non solo una barriera d’acqua com’è l’oceano.»
BANDO 2016 DEL XVII° PREMIO DI SCRITTURA FEMMINILE “IL PAESE DELLE DONNE” dedicato all’artista cilena Maria Teresa Guerrero (Maitè) e congiunto al XXIV° PREMIO “DONNA E POESIA”
con il Patrocinio di: Associazione Nazionale Comitati Parità e Garanzia Universitari (UniCpg) -Consigliera Parità provinciale di Frosinone – Associazione culturale “Il Tempo e lo Sguardo”
Le associazioni culturali “Il Paese delle donne” e “Donna e Poesia”, attive dagli anni Ottanta, partecipi dell’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne, dell’Affi e di Archivia, promuovono un Premio in 5 (cinque) sezioni, per Autrici, senza limiti di età, cittadinanza, residenza e titolo di studio. Concorre materiale in italiano o con traduzione italiana.
1) Saggistica (sezione A): opere edite; e-book.
2) Narrativa (sezione B): opere edite; e-book – letteratura per l’infanzia su tematiche di genere e sociali
3) Tesi di Laurea (sezione C) conseguite in Università italiane, pubbliche e private, discusse negli ultimi tre anni: a. Tesi di dottorato, Tesi di Master e Tesi di Scuole di Specializzazione; b. Tesi di Laurea Magistrali; c. Tesi di laurea triennali.
4) Poesia (sezione D) coincidente con il XXIV° Premio “Donna e Poesia”:
a. edite (escluse antologie a più firme, quotidiani e riviste); b. inedite (max tre poesie); c. silloge (max 12 componimenti non superiori ai 400 versi complessivi); e-book.
5) Arti visive (sezione E): opere edite (saggi, biografie, cataloghi, opere a fumetti); e-book.
Le sezioni A, B, C, E esprimono 1° e 2° premio; la D solo uno per l’edito e uno per l’inedito.
Si prevedono Segnalazioni e un Premio Redazione.
Inviare entro le h. 24,00 del 16 luglio 2016, in pacco chiuso contenente:
1) Una copia (cartacea) del materiale in concorso.
2) Foglio con titolo dell’opera per esteso, generalità, indirizzo, recapito telefonico ed e-mail.
3) Fotocopia del versamento di € 25,00 (venticinque euro) su c/c postale n. 69515005, intestato: Associazione il Paese delle donne; causale: “Premio 2016”. Indirizzo: Fiorenza Taricone, Via Rifredi 48, 00148 Roma.
ATTENZIONE: non inviare raccomandate; pacchi mancanti di tutti i requisiti non saranno inoltrati alla Giuria che deciderà con criteri insindacabili, non impugnabili in alcuna sede.
Le vincitrici saranno avvisate per e-mail entro le h. 24.00 del 31 Ottobre 2016.
Premiazione: 26.11.2016 – Casa Internazionale delle donne, Via della Lungara 19 Roma.
I premi consistono in opere d’arte e/o d’artigianato artistico.
Recensioni delle opere premiate su: “Il Foglio de Il Paese delle donne” (cartaceo) inviato a concorrenti e abbonate; cerimonia di premiazione su youtube; archivio: www.womenews.net.
Giuria: Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone (co-presidenti), Donatella Artese, Edda Billi, Amelia Broccoli, Gabriella Gianfelici, Monica Grasso, Teresa Mangiacapra, Beatrice Pisa, Marina Pivetta, Lucilla Ricasoli, Anna Maria Robustelli, Maria Teresa Santilli, Alba Ungaro, Consuelo Valenzuela.
Info: Associazione Il Paese delle donne: s. l. Via della Lungara 19, 00165 Roma.
paesedelledonne@libero.it; www.womenews.net; cell. 3470336462 (feriali 10-17)
Associazione Donna e Poesia: 3498757498 – 3485605528 (feriali 10-17)