LA COSTITUZIONE e il dinamico protagonismo delle donne
OGGI COMPIE 70 ANNI – La Costituzione della Repubblica fu approvata dall’Assemblea Costituente formata da 494 uomini e solo 21 donne ) il 22 dicembre 1947 con 453 voti favorevoli e 62 furono contrari.
Venne poi promulgata il 27 dicembre del 1947 con la firma di Enrico De Nicola (Capo provvisorio dello Stato), Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea costituente e Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri.
Votata il 22 dicembre ed entrò in vigore il 1 gennaio 1948.
La Costituzione rappresenta le fondamenta della nostra democrazia, ma se queste sono ancora ritenute sufficentemente solide, l’edificio democratico che nei decenni è stato costruito presenta alcune preoccupanti fragilità strutturali. Prendiamo ad esempio il problema della rappresentanza che, nonostante la modifica dell’articolo 51 della Costituzione, risulta ancora non risolto. Tanto che si ripresenterà anche nella prossime elezioni. Saranno infatti i singoli partiti a decidere quante donne verranno effettivamente elette.
In Italia rispetto ad altri paesi europei la presenza femminile in parlamento e nei governi locali è non è sufficente. Vi è un deficit nel rapporto tra donne e politica che appare come una vera e propria anomalia del nostro paese. L’acquisizione per le donne di una piena cittadinanza politica è un obiettivo ancora in larga parte disatteso, a fronte di processi di lunga durata che le discriminano nell’accesso alle cariche elettive e nell’esercizio delle responsabilità di governo. Basta pensare che a tutt’oggi nessuna donna è stata eletta a cspo del Consiglio dei e delle Ministre o Presidente della Repubblica. Nonostante donne come Tina Anselmi o emma Bonino era state indicate per poterlo diventare.
Come interpretare questa carenza della nostra democrazia? Quali sono le cause che hanno prodotto nel tempo e determinano oggi la partecipazione debole delle donne alla vita politica del paese?
Nel discutere la varietà di interpretazioni di un fenomeno complesso e di non facile lettura possiamo fare riferimento al libro di Nadia Maria Filippini , Anna Scattigno Una democrazia incompiuta. Donne e politica in Italia dall’Ottocento ai nostri giorni, scritto 10 anni fa, ma ancora valido.
Questo libro propone una trama storica di lunga durata che affonda le radici nel processo di costruzione dello stato nazionale e delinea lungo il Novecento un percorso dei diritti civili e dei principi costituzionali non lineare, segnato da fratture e resistenze nell’acquisizione di cittadinanza e libertà da parte delle donne.
Differenti approcci disciplinari si confrontano in questa analisi: storiche, giuriste, sociologhe, filosofe come Emma Baeri, Bianca Beccalli, Franca Bimbi, Maria Luisa Boccia, Massimo Cacciari, Lorenza Carlassare, Maria Casalini, Adriana Castagnoli, Alisa Del Re, Paola Gaiotti de Biase, Simona Lunadei, Elisabetta Palici di Suni, Alessandra Pescarolo, Simonetta Soldani, Giovanna Vingelli, Enza Vio propongono temi e chiavi interpretative diverse, che con efficacia si intrecciano nel volume, restituendo in profondità tratti comuni e peculiarità del rapporto tra donne e politica in Italia. Ne risulta un importante contributo di conoscenza per la comprensione del presente e per un progetto di democrazia compiuta, paritaria, che riconosca e valorizzi la differenza.
Ricordiamo tra l’altro che 17 anni fa nel 2001 durante la XIV legislatura, la questione del principio della parità tra i sessi è stata in primo luogo affrontata con riguardo al tema della promozione dell’accesso delle donne alle cariche elettive, con l’obiettivo di incrementare il tasso di partecipazione femminile alla vita politica e istituzionale del Paese. Così fu modificato il primo comma dell’articolo 51 della Costituzione. La modifica ha stabilito il principio della parità dei sessi nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. La modifica è stata poi integrata dalla Legge Cost. 1/2003 nel senso di prevedere l’adozione di appositi provvedimenti per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini.
Giova ricordare, infatti, che la L.Cost. 2/2001, relativa all’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, ha introdotto disposizioni finalizzate alla promozione della parità di accesso alle consultazioni elettorali con l’espressa finalità di conseguire l’equilibrio della rappresentanza dei sessi; inoltre, l’articolo 117, settimo comma, della Costituzione, come modificato dalla L.Cost. 3/2001, stabilisce che le leggi regionali debbano rimuovere ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovere la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
Con questa nuova disposizione costituzionale è stata fornita una copertura all’introduzione di “azioni positive” volte a promuovere l’accesso della donna alle funzioni pubbliche e alle cariche elettive. Al rispetto dell’uguaglianza in senso formale, già imposto dal primo periodo dell’art. 51 Cost. che esclude differenziazioni in base al sesso, si aggiunge ora la prefigurazione di interventi positivi volti a realizzare sostanzialmente il principio della parità di accesso, attraverso la rimozione di quelle cause di squilibrio che hanno finora impedito l’uguaglianza delle condizioni di partenza.
Una modifica che però ha lasciato irrisolto il problema della rappresentanza nelle cariche elettive: in altri termini, esso tende a realizzare un’uguaglianza delle opportunità, e non una predeterminazione del risultato di riequilibrio della rappresentanza.