E’ un thriller ma non ci sono assassini né criminali ma una solitudine senza fondo né soluzione.
Oggi è rientrata prima del solito. Ha concluso velocemente una riunione e rimandato a domani la lettura di una pratica. Seduta sulla strapuntino della linea 7 della metropolitana, ha deciso di fare una sorpresa ai bambini. Lungo la strada, si è fermata dal panettiere per comprare una baguette, un dolce per i piccoli e una torta all’arancia per la tata. È la sua preferita. Ha intenzione di portarli alle giostre. Andranno a fare la spesa per la cena. Mila farà i capricci per un giocattolo, Adam sbocconcellerà un pezzo di pane sul passeggino. Adam è morto. Mila non ce la farà.
Ninna nanna di Leïla Slimani, vincitore del Premio Goncourt 2016 è un noir che tiene incollati dalla prima all’ultima pagina.
Un incipit duro e sfolgorante, dove l’autrice registra in maniera quasi asettica gli istanti in cui un ambiente familiare e domestico si trasforma nella scena di un omicidio. Vediamo subito le due vittime, Mila e Adam, i due figli piccoli dei coniugi Massè. È Miriam, la madre, che scopre che la sua casa si è trasformata in un’orrenda scena del crimine dove entrano i poliziotti e i soccorsi nel disperato tentativo di soccorrere i bambini e di prestare soccorso un’altra donna riversa a terra, probabilmente l’assassina.
Inizia così questo romanzo, con due pagine che registrano un gesto incomprensibile e lo sconvolgimento di un’intera esistenza familiare, presente e futura.
Chi ha ucciso i bambini? Si tratta di una tragedia che era possibile evitare?
Leïla Slimani ci conduce attraverso le vicende di questa famiglia, un po’ come se guardassimo dalle finestre del loro piccolo appartamento nel X arrondissement. Non è una famiglia perfetta, è una famiglia come tante, due bimbi che crescono con il loro corredo di gioie e capricci, una madre che si è occupata di loro a tempo pieno ma che ora sente l’esigenza di tornare al lavoro e di fare qualcosa per se stessa, un padre che sta facendo carriera come tecnico del suono e produttore.
Una famiglia borghese che sta costruendo routine e consuetudini e che assume una tata, Louise, donna minuta ma forte che si occupa dei bambini con amore e dedizione.
Fino a quando qualcosa nell’equilibrio familiare si rompe e accade quello che la scrittrice ci racconta nelle prime, intenssissime, pagine.
Il libro è il racconto di quello che succede nel recente passato di questa famiglia dove sono le piccole cose, i gesti senza importanza a farsi indizi di ciò che sta per accadere. Ma sono indizi che inevitabilmente si comprendono solo con il senno di poi, solo quanto la tragedia è avvenuta e nulla si può fare per cambiare. Ed è proprio questo uno dei grandi temi del libro, la consapevolezza che arriva sempre e solo troppo tardi e l’ineluttabilità (e la banalità) del male subito e agito.
In questo romanzo non ci sono assassini, non ci sono criminali, il mondo interiore dei personaggi è esplorato con precisione e delicatezza, al punto da farci quasi diventare comprensibile l’orrore, generato da una solitudine senza fondo e senza soluzione.
Con una scrittura ritmata e convincente, Leila Slimani costruisce un noir avvincente, sapientemente giocato cambi improvvisi di tensione.
Un libro intenso che indaga quell’oscurità che si annida dentro l’animo umano che talvolta, inspiegabilmente, sfugge al controllo e dirige gesti e azioni.
Leïla Slimani è nata nel 1981 a Rabat, in Marocco, e oggi vive a Parigi. Con “Nel giardino dell’orco” (Rizzoli 2016), il suo primo romanzo, ha vinto il prestigioso Prix de la Mamounia, il più importante riconoscimento letterario marocchino. La sua seconda prova narrativa, “Ninna nanna”, è stata insignita del Premio Goncourt nel 2016.