ROMA – All’Auditorium parco della Musica – la memoria in musica – di una delle pagine più buie della nostra storia
Narra la storia dell’unica orchestra tutta femminile mai esistita nei campi di concentramento nazista, storia raccontata a sua volta da Fania Fénelon, sopravvissuta ad Auschwitz-Birkenau …
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Vado avanti e leggo che “Grazie al lavoro di ricerca del maestro Francesco Lotoro, saranno eseguiti 18 brani creati da compositrici, in cui si alternano sogni d’amore, incitazioni alla resistenza, denunce di crudeltà disumane, ninne nanne per bambini, brani dedicati alla natura e all’arrivo della primavera, ma anche parodie di celebri canzonette, tra cui “Mamma, son tanto felice”, che veniva cantata in polacco nel Stammlager di Auschwitz, con parole struggenti composte per l’occasione. Un repertorio, quello di “Libero è il mio canto”, che copre il periodo fra il 1933 (apertura del KZ Dachau) e il 1953 (morte di Stalin) raccogliendo, interpretando, trascrivendo, digitalizzandomusiche provenienti da ghetti, campi nazisti, gulag russi, Zigeunerblock per i Rom. Un impressionante documento della sofferenza di esseri umani di diversa provenienza, religione, cultura, accomunati dal desiderio di creare ed esprimere bellezza anche nell’orrore e nella tragedia. Ad eseguire i brani saranno il coro delle voci bianche dell’Accademia di Santa Cecilia e un coro solo femminile che eseguirà ilSalmo scritto per la liberazione di Auschwitz, e, inedito in Italia, e il Bolero di Ravel cantato a cappella, come avveniva nel campo di internamento giapponese di Palembag in Indonesia per la mancanza di strumenti musicali, ma grazie a due giovani musiciste inglesi. A raccontare la storia, laddove conosciuta, delle autrici delle composizioni, sarà l’attrice Paola Pitagora.”Le ideatrici dell’evento sono Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese, che da sei anni organizzano il Concerto per il Giorno della Memoria per l’UCEI e la Presidenza del Consiglio : “è una pagina commovente e inedita della storia della musica, che testimonia la straordinaria vena artistica femminile in un ambito, quello della composizione musicale, in cui le donne sono praticamente assenti. In un mondo in cui stanno rinascendo razzismi, maschilismi e paura del diverso è importante dare voce ai valori di umanità, accoglienza, amore ed empatia che contraddistinguono l’universo femminile, mettendo al centro la sofferenza di donne di diverse religioni e di diverse provenienze geografiche e sociali”.
Aggiunge Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane: “La Musica è da sempre, nella millenaria storia ebraica, un linguaggio di espressione e comunicazione attraverso il quale si sono recitate preghiere collettive e personali, innalzati inni e lamentazioni, lodi per i miracoli, suppliche per le vicende strazianti e dolorose”. In particolare la produzione musicale femminile costituisce una grande lacuna nella storia artistica dell’umanità. Se pochissime donne riuscirono a sfidare le convenzioni e a imporsi come pittrici, scrittrici, scultrici, le compositrici sono praticamente inesistenti nella storia della musica. Dunque,”Libero è il mio canto” vuole restituire una dignità alla realtà sommersa delle musiciste, e dare voce al loro talento.”
Cercando altre notizie mi imbatto in un articolo del 2014 che suggerisce sul tema sopra indicato, il film del 1980 “Fania – Playing for Time” con Vanessa Redgrave,sceneggiato per la Tv da Arthur Miller.
Narra la storia dell’unica orchestra tutta femminile mai esistita nei campi di concentramento nazista, storia raccontata a sua volta daFania Fénelon, sopravvissuta ad Auschwitz-Birkenau, deportata ad Auschwitz nel gennaio del 1944 e grazie alle sue doti da cantante e pianista entrata a far parte dell’orchestra voluta dal maggiore delle SS responsabile del campo.L’orchestra era composta da 47 prigioniere e diretta da Alma Rosé eccezionale violinista ebrea nipote di Gustav Mahler, che aveva il compito di accompagnare le detenute al lavoro, “accogliere” ogni nuovo arrivo di deportati, e suonare per gli ufficiali SS ogni qualvolta lo richiedessero.La musica fu il vero linguaggio che accumunò queste donne che provenivano da ogni parte d’Europa. Le orchestrali provavano e riprovavano il loro repertorio fino allo sfinimento, e in condizioni già molte dure: sapevano che solo l’eccellenza nell’esecuzione avrebbe risparmiato loro la selezione per la camera a gas.Per Fania la musica era un modo di far passare il tempo-non tempo ad Auschwitz, e soffriva per il fatto che fosse destinata a un pubblico di assassini, a quegli ufficiali tedeschi capaci di commuoversi all’ascolto di note suonate in modo sublime da un gruppo di donne stremate e di non provare nessun sentimento mentre ne mandavano ogni giorno centinaia alla camera a gas.Durante tutto il tempo della sua detenzione, Fania lottò duramente per sopravvivere e testimoniare al mondo gli orrori dei campi di sterminio.E la musica salvò Fania, che molti anni dopo la liberazione raccontò la verità dei campi nel suo diario, “Ad Auschwitz c’era un’ orchestra”.
Io non aggiungo altro se non un video e questa annotazione
Mercoledì 16 gennaio 2019, Auditorium Parco della Musica, ore 20.30 – Ingresso gratuito I biglietti vanno ritirati, fino ad esaurimento posti, a partire dal 12 gennaio presso l’Info Point dell’Auditorium Parco della Musica.