8 marzo 2013 – Le donne dal Sud per cambiare il paese,,,
Se un paese e le donne che lo abitano hanno segni diversi, lo stato è una terra infeconda, un vertice disabitato dall’umanità. Di quale stato e di quale democrazia o “se di stato e se di democrazia” le donne tra loro parlano hanno parlato e parleranno cambiando con parole e gesti i senso della vita. Le istituzioni che restano straniere al cambiamento sono una rappresentazione drammatica dello spreco, subito e non voluto, dalla metà del mondo che anche quì esprime rifiuto su chi governa senza spirito di servizio (Udi Napoli)
{{Verso lo sciopero generale}}: di seguito la piattaforma delle donne che sarà presentata venerdì 8 marzo alle ore 10.30 in conferenza stampa presso la Cgil, via Torino 16
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Le donne della Cgil di Napoli e delle Associazioni femminili e femministe napoletane }} si sono incontrate per discutere su: {{Lavoro Diritti Welfare}}
Le donne rivendicano il diritto costituzionale dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, nel rispetto delle differenze.
{{Considerato che il lavoro è un diritto, ma per le donne specialmente al Sud è un diritto negato.}}
_ Una recente indagine della Banca d’Italia fa emergere che se nel nostro Paese si raggiungesse il 60% dell’occupazione femminile il Pil crescerebbe del 7%.
: I dati sull’occupazione femminile sono deprimenti con valori più bassi nel Mezzogiorno, dove la Campania registra il dato minimo con il 20,4% a fronte di un tasso di occupazione femminile nazionale comunque fermo al 38%. Fra i giovani
in cerca di lavoro ed occupati con contratti atipici la precarietà ha il volto prevalente delle giovani donne, nonostante gli studi di settore dimostrano che le donne hanno percorsi formativi più compiuti rispetto agli uomini.
_ Le donne, sono {{penalizzate}} nell’accesso, nella permanenza e nello sviluppo della carriera nel mondo del lavoro. Inoltre, è documentato che, in caso di pari inquadramento, le donne percepiscono remunerazioni del 25% inferiori a quelle degli uomini, con la conseguenza che i loro redditi da pensione risultano tra i più bassi.
Il rapporto donne/lavoro è totalmente condizionato dalla qualità e quantità di infrastrutture sociali, materiali e immateriali che nella nostra Regione, più che altrove, sono carenti o addirittura inesistenti.
{{Negli ultimi anni}} le politiche regionali hanno completamente smantellato il sistema di welfare, disinvestendo nei servizi, nella sanità e nelle politiche di sostegno al reddito.
Il rapporto donne/lavoro è fortemente influenzato dall’organizzazione del lavoro, e dalla rigidità dei suoi orari ed è ulteriormente penalizzato dalla mancanza di politiche di conciliazione e condivisione delle responsabilità familiari oltre che dai tempi delle città e dall’organizzazione dei servizi sociali.
{{Il lavoro di cura}} svolto dalle donne, native e migranti, giovani e anziane (più che mai oggi nella tenaglia tra accudimento dei figli, dei nipoti e assistenza dei genitori) produce ricchezza e benessere, senza possibilità di riconoscimento sociale ed economico.
Le donne non hanno mai rinunciato alla conciliazione della sfera degli affetti con l’attività lavorativa.
Oggi il rapporto donne/lavoro è totalmente condizionato dal mancato riconoscimento del valore sociale della maternità, ed anche i diritti riconosciuti dalle leggi (grazie alle lotte delle donne) non sono più esigibili.
La Regione Campania ha sposato in pieno il disegno nazionale di un welfare residuale. Ormai è chiaro: siamo avviati verso {{un Welfare minimo}}, costruito secondo una logica assicurativa, dunque individuale e non solidale, che esclude sempre di più in particolare le donne, i giovani, le persone immigrate, gli anziani e le anziane.
{{Le donne della Cgil di Napoli e le Associazioni Femminili e Femministe propongono}}
-azioni positive che intervengano per eliminare le disparità per le donne nell’accesso
e nella permanenza al lavoro e nello sviluppo della carriera;
-incentivi e premialità per le aziende che creano nuova occupazione femminile; -ampliamento dell’occupazione femminile, anche nei settori volti alla bonifica dei territori e alla tutela dell’ambiente, attraverso politiche dello sviluppo nei settori tradizionali e in quelli innovativi;
-sblocco del turn-over nella pubblica amministrazione, e in quei settori ove maggiore
è la possibilità di occupazione femminile;
-maggiori investimenti nella formazione, nella ricerca e nella cultura;
-fondi certi per le borse di studio universitarie;
-politiche rivolte alla eliminazione delle discriminazioni di genere e atte a favorire la
presenza e la rappresentanza femminile nell’ ambito sociale, produttivo ed istituzionale;
-programmazione regionale, anche attraverso i Fondi Sociali Europei, che permetta
ai Comuni di avere risorse certe per sostenere nei piani di zona i servizi e le politiche
locali di prevenzione, sensibilizzazione, protezione e contrasto alla violenza di genere;
-leggi regionali sulle coppie di fatto e omosessuali per garantire i diritti costituzionali
ed economici;
-un nuovo piano per gli asili nido regionale e per tutti quei servizi che dovrebbero
tutelare la salute delle donne e dei minori (consultori, centri per la medizione familiare, case di accoglienza per le donne maltrattate, centri antiviolenza);
politiche per l’inserimento di ulteriori mediatori culturali per tutelare le donne migranti
nell’accesso ai servizi.
La Regione Campania per tutti questi punti registra {{ritardi non più accettabili.}}
{{Dal Sud, dalla Campania e da Napoli, le donne rivendicano}}:
-indennità di maternità come diritto di cittadinanza, a carico della fiscalità generale;
-accredito contribuzione figurativa finanziata dalla fiscalità generale (con risorse
provenienti dalla lotta all’evasione) per la maturazione del diritto e della misura della
pensione in relazione allo svolgimento dei lavori di cura;
-flessibilità dell’età di ritiro dal lavoro;
-rivalutazione delle pensioni per le donne;
-modifica della legge Fornero anche su congedi parentali per portarli a standard europei;
-rifinanziamento del fondo per le non autosufficienze.
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