Aborto: 20 anni sono troppi. L’Irlanda vuole una legge subito.
A vent’anni dall’ordinanza della Suprema corte di Giustizia sul caso X e dopo la chiara volontà popolare a favore dell’aborto terapeutico espressa attraverso ben 2 referendum – nel 1992 e nel 2002 – l’Irlanda non ha ancora una legge conforme a quell’ordinanza. Nel 2010 un ulteriore dibattimento sul denominato A,B&C case v Ireland induce la Corte Europea dei Diritti Umani a rilevare le forti responsabilità dello stato irlandese nei confronti delle sporgenti-denuncia contro lo stato per la sua incapacità di dare effetto alle sue pur restrittive leggi e ordina che lo stato appronti quanto prima una chiara legge sull’aborto terapeutico.
{{Cosa dice la legge}}
In Irlanda l’aborto è un crimine regolamentato dalla legge 1861 sui Reati Contro la Persona. Esso è consentito solo nel caso in cui sia a rischio la vita della madre. In qualsiasi altra circostanza, anche quando la gravidanza comporti un rischio di salute per la donna, sia l’effetto di uno stupro o un incesto, sia forte l’evidenza che il feto non sopravviva al di fuori dell’utero materno, o che le condizioni psicofisiche, finanziarie o quanto altro siano contrarie all’interesse e al benessere della madre, l’interruzione volontaria di gravidanza è considerata un crimine punibile con l’ergastolo.
_ È tuttavia legale andare ad abortire all’estero e ottenere informazioni presso i centri di pianificazione familiare irlandesi.
Negli anni 80 la lotta per la legalizzazzione dell’aborto si fece accesa e condusse a una riforma costituzionale che recepiva le pressioni della chiesa cattolica e dei movimenti per la vita. Nel 1983 venne inclusa nella Costituzione irlandese l’art. 40.3.3 che eguaglia il diritto alla vita del non nato al diritto alla vita della madre. In base all’art. 40.3.3, infatti, “the State acknowledges the right to life of the unborn and, with due regard to the equal right to life of the mother, guarantees in its laws to respect, and, as far as practicable, by its laws to defend and vindicate that right.” (Lo Stato riconosce il diritto alla vita del non nato e, con dovuto riguardo all’uguale diritto alla vita della madre, garantisce nelle sue leggi il rispetto e – per quanto sia fattibile – difende e rivendica quell diritto per mezzo delle sue leggi.)
{{Il caso X}}
Nel febbraio del 1992 una ragazzina di 14 anni, incinta in seguito a uno stupro, chiede il permesso di recarsi in Inghilterra per porre fine alla gravidanza indesiderata, segno tangibile dell’esperienza traumatica che ne era all’origine. Minaccia di togliersi la vita se non le verrà consentito di farlo. Il caso viene sottoposto al giudizio dell’Alta Corte di Giustizia. Il giudice Costello, forte del dettato costituzionale dell’art. 40.3.3, respinge la richiesta e ordina che il viaggio non si faccia sentenziando che “the risk that she would kill herself was not sufficient to override the right to life of the unborn.” (il rischio che si tolga la vita non basta a soprassedere al diritto alla vita del non nato.)
La sentenza viene impugnata e viene fatto ricorso al giudizio della Suprema Corte di Giustizia che capovolge il verdetto riconoscendo la legalità dell’aborto in Irlanda quando “there is a real and substantial risk to the life of the woman” (vi sia un rischio reale e sostanziale per la vita della donna) compreso il rischio di suicidio.
Tuttavia in mancanza di una chiara legge e di linee guida precise per il trattamento terapeutico e la condotta medica anche l’aborto legale rimane di fatto impraticabile. I medici non sono messi nelle condizioni di stabilire quando e che cosa costituisca un “real and substantial risk” per la vita della donna e su di essi incombe la minaccia di severe condanne penali nel caso venga loro contestato di aver prestato soccorso in caso di aborto illegale. La conseguenza è che le donne che si recano in Inghilterra ad abortire viaggiano senza anamnesi mediche riconosciute che siano di aiusilio ai trattamenti sanitari necessari.
_ Alla luce di queste defaillance, la Corte Europea per i Diritti umani ha condannato l’Irlanda per violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani per il caso A,B&C nel 2010.
{{La Commissione di esperti }}
Nel tentativo di ottemperare all’ordinanza della corte il governo irlandese ha istituito, a gennaio 2012, una commissione di esperti che faccia le raccomandazioni necessarie a implementare il giudizio della corte. La commissione ha sei mesi di tempo per emettere un giudizio e riferire in parlamento.
Ma è solo un modo pe prendere tempo, dicono le femministe, le associazioni pro-choice, il NWCI (Consiglio nazionale delle donne d’Irlanda) e molti altri. Le indicazioni esistono già. Sono i rapporti del Constitutional Review Group (Gruppo di riforma costituzionale) del 1996, del Cabinet Committee (Commissione governativa) del 1999 che presiedette alla redazione del Green Paper on Abortion (Libretto Verde sull’Aborto), della All Party Oireachtas Committee on the Constitution (Commissione parlamentare interpartitica sulla Costituzione) del 2000.
Una parlamentare dell ULA (United Left Alliance – Alleanza della sinistra unita) [Clare Daly->http://en.wikipedia.org/wiki/Clare_Daly] si è fatta promotrice di un disegno di legge su cui il parlamento dovrebbe esprimersi a breve entro la fine di marzo.
L’Irlanda non può più aspettare. “Time is of the essence” ha detto il presidente dell’’associazione irlandese per la pianificazione familiare, la [IFPA->http://www.ifpa.ie/] , Niall Behan presentando un video informativo di animazione che vi posterò prossimamente.
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