« Égalité », giornale francese online che ha come fulcro delle informazioni il problema dell’eguaglianza donne-uomini, ha affrontato il tema con una intervista a Marlène Coulomb-Gully , coordinatrice francese dell’indagine del 2009 dell’Osservatorio mondiale dei media sul genere*

{{In Francia vi è una evidente mancanza di lavori sulla questione genere/media, come lo spiega?}}
_ E’ vero che quando si confrontano gli studi effettuati all’estero, soprattutto nei paesi anglosassoni, con la situazione della Francia, ci si rende conto del deficit di ricerche in questo campo malgrado i passi avanti degli ultimi anni. Ciò riguarda in particolare la tradizione universitaria francese, segnata dal famoso «universalismo repubblicano» e di conseguenza da tempo ostile agli studi sul genere (com’è ancora il caso oggi) così come, d’altro canto, ai lavori sulla diversità. Il sospetto di americanismo legato a questi studi non ha facilitato il loro ingresso nell’esagono. Ciò che è interessante è che, malgrado tutto, i lavori sul genere si sono sviluppati in ragione del loro forte potere esplicativo.

{{Secondo lei, le femministe si sono a sufficienza impadronite di questa questione?}}
_ Essendo gli/le universitari/e rimaste a lungo in ritardo su queste questioni, per le ragioni che ho evocato prima, è in realtà alle femministe che si devono i primi lavori sul ruolo dei media nella «costruzione del genere”. Penso in particolare ai lavori pionieristici di Evelyne Sullerot o di Anne-Marie Dardigna che dagli anni 60-70 si sono interrogate sulle riviste femminili e sulla pubblicità.
Ancora oggi, l’attenzione delle femministe resta forte. Lo testimoniano associazioni come Les chiennes de garde o La Meute, con il suo famoso « prix macho » che punzecchia le pubblicità che usano stereotipi sessisti o il suo « prix fémino » che premia quelle, al contrario, che decostruiscono questi stereotipi.
Ma anche gli organismi il cui obiettivo è di promuovere l’eguaglianza uomini-donne hanno sostenuto lavori in questo campo. Penso in particolare a istituzioni internazionali come il Parlamento europeo e l’Onu. L’ampio studio del GMMP [Global media monitoring project] [[Studio internazionale sui mezzi d’informazione effettuato ogni 5 anni.]] o “Osservatorio mondiale dei media sul genere” è nato a seguito della dichiarazione di Pechino [[ Conferenza dell’Onu a Pechino nel 1995]], nel corso della quale era stata sottolineata la necessità di lavorare su donne e media. Bisogna anche citare le giornaliste impegnate (si tratta soprattutto di donne) in questa lotta, come l’Association des Femmes Journalistes.

{{Su quali settori di studio occorerebbe, in particolare, indirizzare le ricerche?}}
_ Le riviste femminili e la pubblicità hanno a lungo “cristallizzato” le ricerche, a causa del carattere manifesto degli stereotipi di genere, Ma lo spettro dei lavori oggi si è molto allargato: sono anche studiati “la letteratura gioventù” e i manuali scolastici, in ragione della supposta malleabilità del loro giovane pubblico; le informazioni censite per rendere conto del reale “qual è” e dove le donne sono così poco frequenti; la{ fiction} in tutte le sue forme: serie televisive, cinema, letteratura…
Il diverso modo con cui uomini e donne si appropriano dei media meriterebbe di essere meglio analizzato, analogamente il posto delle donne e degli uomini nella produzione mediatica.
E soprattutto le ricerche, troppo spesso focalizzate sulle sole donne, devono lavorare ad una migliore articolazione del maschile e del femminile, che rappresenta ai miei occhi un imperativo scientifico così come una pratica.
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{{Lei ha coordinato per la Francia lo studio del GMMP realizzato nel 2009. Quali indicazioni principali ne ha tratto? Ha osservato cambiamenti dopo questa data?}}
_ Le rappresentazioni sono come la tettonica a placche : evolvono lentamente. Questo è il primo insegnamento del lavoro effettuato nel quadro del GMMP. Nel 2009, per la sua 4° edizione, si è svolto sui media di 108 paesi, pari all’82% della popolazione mondiale: questo il suo carattere rappresentativo. Ebbene, su un periodo di 15 anni, la visibilità delle donne nei media d’informazione è poco progredita perché è passata dal 17 al 24%. L’ultimo studio inoltre dimostra che queste restano principalmente rappresentate come star o persone ordinarie, ma raramente come figure autorevoli ( in quanto esperte, per esempio). Il riferimento alla loro apparenza fisica, la menzione della loro età e della loro situazione familiare (mentre la loro professione è meno menzionata di quando si tratta di uomini) e la tendenza a presentarle come vittime caratterizzano sempre la rappresentazione delle donne in questi media. Io dico “sempre” perché è in questo una costante, e questo si constata da numerosi anni. In realtà, senza dubbio è nella rappresentazione degli uomini che si osservano i cambiamenti più importanti. Come le donne, questi appaiono come padri e sposi; come le donne, sono rappresentati come “oggetti sessuali”, ed in preda a l’emozione. Si vede dunque come è importante lavorare congiuntamente su donne e uomini.
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{{Quali sono le sue raccomandazioni per colmare questo deficit di visibilità delle donne mei media ?}}
_ Formazione e informazione del pubblico, perché non accetti più questo modo di rappresentare le une e gli altri. E formazione dei giornalisti perché la routine del mestiere e l’urgenza del loro quotidiano non siano più il pretesto alla riproduzione – cosciente o incosciente – degli stereotipi di genere. Quando si sente dire da alcuni responsabili di trasmissioni televisive o radio che non ci sono donne presenti sul palco perché loro non le hanno “trovate”, si crede di sognare. Infine, siti come Egalité sono iniziative preziose per inventare nuovi modi di fare informazione, più equa nei confronti del genere !

{Intervista raccolta da} {{Caroline Flepp}} — EGALITE

* http://www.egalite-infos.fr/2012/10/19/dans-les-medias-cest-dans-la-representation-des-hommes-que-lon-observe-les-changements-les-plus-importants/

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ultimo scritto di} {{Marlène Coulomb-Gully}}, {Présidente : le grand défi,} Paris, Payot, 2012.

traduzione di Giovanna Romualdi