Legge 194 e obiezione di coscienza: depositato esposto alla procura di Roma
Il segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Avv. Filomena Gallo, e il Presidente nazionale dell’AIED – Associazione Italiana per l’Educazione Demografica, Mario Puiatti, hanno depositato presso la Procura della Repubblica di Roma un esposto-denuncia sulla violazione nel Lazio della legge 194/78 che regolamenta l’interruzione volontaria della gravidanza.Nella regione del Lazio infatti, secondo i dati raccolti dalla LAIGA, in 12 ospedali su 31 non si presta il servizio dell’interruzione di gravidanza, questo anche in considerazione che ben il 91% dei ginecologi sono obiettori di coscienza.
Scopo di questo esposto è dunque quello di chiedere alla Procura della Repubblica di Roma di indagare la situazione di illegittimità in cui versano le strutture ospedaliere pubbliche indicate, e dunque valutare l’esistenza di ipotesi di reato perseguite dal codice penale.
La legge 194, stabilisce che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste di IVG. Dunque, fermo restando la possibilità per i medici di sollevare obiezione di coscienza, non è previsto che tale obiezione debba essere pagata dalle donne che – rivolgendosi a strutture consultoriali od ospedaliere – si trovino di fronte alle serie difficoltà causate dall’assenza o dalla scarsezza di personale non obiettore. La legge prevede anche che “la Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”. Dunque, affida alle istituzioni l’obbligo di organizzare le strutture sanitarie in modo tale da garantire l’attuazione della legge. Il servizio di IVG che la legge annovera fra i servizi sanitari pubblici che devono essere garantiti non può dunque trovare ostacolo nell’obiezione di coscienza, in quanto laddove la struttura ospedaliera non fornisca tale servizio incorrerà nelle maglie repressive dell’art. 340 c.p., che punisce “chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”. Il tenore della norma è chiaro e preciso: l’interruzione di un servizio pubblico o anche solo il turbamento della sua regolarità – a qualsiasi titolo – sono puniti dall’ordinamento giuridico proprio al fine di evitare che l’intera comunità possa patire le conseguenze di un disservizio con importanti ripercussioni sulla salute delle pazienti.
In definitiva il raccordo e il bilanciamento tra le convinzioni morali del medico ed il rispetto dei diritti del cittadino dovrebbe comportare che ogni struttura sanitaria sia nelle condizioni di garantire un servizio previsto dalla legge alla pari di ogni altro diritto sanitario.
A seguito del Convegno “Obiezione di coscienza in Italia: Proposte giuridiche a garanzia della piena applicazione della legge 194 sull’aborto”, svoltosi a Roma il 22 maggio scorso, abbiamo inviato a tutte le Regioni proposte concrete per garantire, oltre il diritto all’obiezione, il diritto delle donne ad abortire. Tra le proposte vi era la possibilità di bandire concorsi riservati a medici non obiettori.
Non abbiamo ricevuto nessuna risposta, conseguentemente, visto il perdurare del disservizio, l’esposto-denuncia diventa un atto dovuto affinché siano accertate le responsabilità e le violazioni di legge in capo in questo caso alla Regione Lazio e alle aziende preposte.
Lascia un commento