La politica del giornale degli atei devoti
L’anno di grazia 2008 è iniziato con {{l’offensiva di illustri atei devoti}} , appoggiati esplicitamente dalla Chiesa , contro la legge 194 . Il 2 gennaio i quotidiani hanno dato la notizia delle dichiarazioni del cardinale Ruini a sostegno del digiuno di liquidi di {{Giuliano Ferrara}}, per avvalorare {{la sua richiesta di moratoria sull’aborto di cui l’Italia}}, dopo la vittoria contro la pena di morte, dovrebbe farsi paladina. {{Ruini}} ha dichiarato la necessità, tanto per cominciare, di utili aggiornamenti della legge votata trentanni fa cui ha fatto eco immediatamente l’on. Bondi di Forza Italia con una mozione presentata in Parlamento. A parte l’evidente tentativo di mandare in crisi il Governo sulla materia dell’aborto poiché al suo interno gli obbedienti alle ingerenze ecclesiastiche ci sono eccome, siamo probabilmente di fronte a tentativi, più o meno espliciti, di rilanciare una mentalità e una cultura sostanziata di principi ideologici astratti e, nello stesso tempo, di sostegno e conferma della tradizione patriarcale qui e là scricchiolante .
Interessante è {{la politica del Foglio}} che, appunto il 2 gennaio, ha dedicato alla moratoria sull’aborto i tre quarti dei suoi fogli con articoli e lettere al direttore che si appresta a {{organizzare anche una grande manifestazione “laica” a Roma.}}
Nel fondo intitolato “{La moratoria possibile}”, si scrive che {{il portavoce del Family Day Savino Pezzotta}} vorrebbe che dell’aborto si parlasse nelle scuole perché ,si chiede angosciato,“come sulla ‘tolleranza’ per la droga, o sugli anticoncezionali, viene passata ai giovani solo una visione a senso unico?”. Cosa vuol dire che sugli anticoncezionali è passata una visione a senso unico? A parte che non mi risulta che nelle scuole si insegni l’uso degli anticoncezionali , come si dovrebbe parlare dell’aborto? Mi viene il dubbio che si auspicherebbe se ne parlasse nei termini in cui appare in una lettera pubblica a p. a firma di un lettore veneto:”…chiunque uccide, se non è per difendere la propria vita da una minaccia immediata, è criminale nei fatti, non c’è chiacchiera che lo tolga o lo aggiunga.”
Mentre un altro di Milano dichiara di aderire da uomo e da cristiano alla campagna del direttore “contro il crimine orrendo dell’aborto, vera strage degli innocenti dei nostri tempi.” Un certo Antonio Chiazzo ricorda una sua precedente lettera nella quale proponeva la definizione dell’aborto come “omicidio preventivo”. Vorrebbe introdurre un cambiamento : ora sarebbe meglio dire “sacrificio umano”. Anzi, più esplicitamente:”ogni madre che decide di abortire decide di sacrificare il nascituro perché pensa di scampare un pericolo, di fuggire una certa infelicità, di poter continuare a vivere normalmente. Mors tua vita mea. “.
{{Non mancano le coppie che aderiscono alla moratoria}} perché definiscono l’aborto pari alla pena di morte. Un certo Antonio Melanzana cattolico paragona l’aborto a un olocausto quotidiano e Roberto Bennati , presidente di Federvita Lazio, sentenzia che nessuna mamma si è pentita di dare alla luce il proprio figlio. Mentre Bruno Mardegan di Milano chiede che l’aborto sia vietato a partire dalla quattordicesimo giorno , perché dopo sarebbe semplicemente una vera uccisione.
Grande risalto è dato a Gabriella Cotta di Roma , la quale scrive all’inizio del suo lungo intervento, con assoluta certezza, che “ogni concepito, fino ad oggi, e fino a che la clonazione non proverà il contrario, è sempre stato il frutto di una relazione: ispirata dall’amore, dal desiderio, a volte dal calcolo, purtroppo a volte imposta con la sopraffazione –attuata dunque solo nella forma di una ‘relazione’ puramente biologica – ma ,comunque e sempre di una relazione.”
E giù l’attacco alla legislazione che sancirebbe “il rifiuto di relazioni adulte, capaci di accettare i possibili esiti –nel caso non si vogliono utilizzare i metodi anticoncezionali- della relazione stessa cioè il concepimento. Il senso profondo della relazione, di ogni relazione, da quella d’amore, a quella puramente sessuale, ma anche perfino a quella d’affari, è che noi non siamo più soli con noi stessi , ma anche che entriamo in una dinamica, appunto relazionale, che ci travalica, ci supera, ci modifica e della quale non possiamo mai prevedere del tutto gli esiti, che non sono mai totalmente a nostra disposizione., ma che dobbiamo essere in grado di fronteggiare. Rendere lecito l’aborto significa sostenere che noi siamo soli anche nella relazione che abbiamo scelto, poiché non accettiamo né la dinamica di incontro e di superamento dei due particolarismi individuali, né il possibile esito, che ci sovrasta e ne è, appunto,la manifestazione visibile.” Come si vede una descrizione psicologica molto semplifificata, dove l’io è sempre padrone in casa per riferirsi a Freud che, appunto, cercando di dimostrare l’esistenza dell’inconscio, sosteneva il contrario.
{{Questa panoramica del Foglio di Ferrara}} non credo metta dubbi sull’intenzione finale dell’ipocrita richiesta di moratoria, già di per sé , linguisticamente, chiamata all’associazione con la pena di morte ancora vigente in molti Stati del mondo. Ma l’aborto chi lo fa? E chi lo decide secondo la Legge italiana? Una legge che ha avuto il supremo merito di considerare le donne un soggetto capace di decidere autonomamente, contro il tacito tradizionale ,ma anche legislativo, diritto patriarcale che le faceva dipendenti dagli uomini di famiglia (mariti, padri ,figli,fratelli) anche in quanto contenitori dei figli futuro e lustro delle comunità e delle etnie.
{{Negli articoli e nelle lettere al direttore}} le donne o non sono nominate o soltanto come madri la cui disponibilità amorosa totale, istintiva, nei riguardi della prole costituisce un destino biologico dal quale far discendere immodificabili principi.
Si veda l’esaltazione astratta della “relazione” che sussisterebbe perfino con la violenza e nello stupro . Comunque, ci sarebbe “il diritto alla nascita” non importa in quali condizioni umane reali. Di desiderio da parte dei genitori o meno.
Nessuna considerazione, nelle lettere e negli articoli, sulla realtà di ieri e di oggi che sulla capacità di relazione ,questo sì, dei maschi che ancora fanno carico alle femmine del controllo della fertilità, disdegnando spesso con infinito egoismo persino i profilattici, ci sarebbe molto da obiettare. Per non dire della Chiesa che resta ferma alla proibizione del controllo non “naturale” delle nascite. Nessun accenno ,nell’anno appena iniziato che celebra i sessanta anni della Costituzione, a quel 30 per cento di meno di retribuzione delle donne che non ha pari nelle altre nazioni europee e a uno Stato Sociale che rende ancora difficile la conciliazione dei tempi della maternità con il lavoro. Per non parlare delle penalizzazioni che le donne subiscano al rientro al lavoro (quando riescono a farlo) dopo la maternità .
Non si può fare a meno di ipotizzare che {{l’attacco feroce alla legge 194 è anche manifestazione del bisogno di limitare la libertà femminile}} in un’epoca che perfino nel mondo sta registrando migliori capacità e prestazioni delle ragazze negli studi, e, nelle nazioni non occidentali , perfino in quelle islamiche, organizzazioni di donne che reclamano l’uscita dal patriarcato e chiedono da partecipare con eguali diritti alla politica e all’economia. Come dimostra {{Lilli Gruber}} nel bellissimo rèportage dai paesi islamici non lontani da noi ({Figlie dell’Islam}, ed. Rizzoli).
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