Decalogo per regalare libri
Io spesso regalo libri, perché mi piace leggere, e si regala sempre quello che piace anche a sé stessi, sperando di diffondere il contagio con una sorta di spirito “missionario”. E poi perché, non potendo andare molto in giro per regali, i libri li compro bene anche da casa, su internet.
Però regalare libri è sempre difficile: bisogna mettersi nei panni della persona che li riceve, e cercare di indovinare se il libro le piacerà, in base alle informazioni che si hanno sui suoi gusti, sul contenuto del libro, sulla disponibilità di tempo che l’amico/a ha per leggerlo. Quest’ultima condizione è la più facile da conoscere e la più dolorosa da ammettere: se uno/a ha un lavoro impegnativo, quattro figli, o è malato agli occhi, difficilmente potrà apprezzare un volume di 400 pagine in corpo 8. Spesso dico che – insieme al libro – bisognerebbe regalare anche il tempo per leggerlo.
Sul contenuto del libro, ci si può informare meglio leggendolo prima di darlo. Infatti spesso regalo direttamente libri “usati”, già letti, che mi sono piaciuti, ma che sicuramente non leggerò una seconda volta. Con tanti libri che aspettano ancora di essere letti da me per la prima volta, difficilmente avrò voglia di leggerne uno per la seconda volta, e se proprio volessi farlo, ci sono sempre le biblioteche. In questo caso, vado sul sicuro: mi piace condividere un’esperienza bella con un amico/a, e il più delle volte dichiaro apertamente che il libro lo troverà un po’ sgualcito, proprio perché l’ho letto prima io.
Ci sono due varianti di questa ipotesi: si possono regalare libri presi dalla propria biblioteca, comprati originariamente per sé, oppure si leggono prima i libri comprati apposta per regalarli, ad esempio per Natale. In questo caso, bisogna prepararsi a vistosi cambiamenti nel proprio “piano quinquennale” di regali natalizi.
Racconto alcuni frettolosi ripiegamenti che ho dovuto escogitare questa volta. Avevo comprato “Chiara d’Assisi” di Dacia Maraini, per la nipote diciannovenne che si chiama Chiara. Non essendo lei particolarmente appassionata di libri, avevo tentato l’esperimento di regalarle libri solo l’anno prima, credo con un certo successo: lei aveva preso in casa un cane (dopo le ho regalato il libro di Mainardi) e, dopo ancora, lei aveva scelto veterinaria all’università (magari io non c’entro, ma voglio illudermi di aver avuto un piccolo ruolo…).
Quest’anno volevo ripetere l’esperimento con il libro della Maraini. Fortunatamente l’ho letto prima: non è fra i più felici della scrittrice, sicuramente molto ostico per la nipote a causa dell’eccessiva documentazione storica, piuttosto ideologico, poco riuscito anche dal punto di vista narrativo (qui una recensione che condivido). Conclusione: se l’è dovuto sorbire mia sorella, alla quale originariamente era destinato il finlandese Paasilinna, che sicuramente avrebbe apprezzato di più (lei potrebbe rappresentare un esempio di regali librari a buon fine, perché anni fa l’avevo contagiata io). Ma in dirittura di arrivo, mi sono ricordata che il suddetto finlandese piaceva molto anche ad un’altra amica, che dovevo ringraziare per certi graditissimi regalini dolciari e alla quale non sapevo cosa dare.
E le altre due nipoti? Per la più grande è stato facile: aspetta il secondo bambino, e un libro pedagogico torna sempre utile: l’ultimo manuale di Tata Lucia, che io trovo sempre pratica e razionale, di cui ho parlato in questo altro post. Per l’altra è stato più complicato: lavora come ingegnere (quindi ha pochissimo tempo) e le piace cucinare. Negli anni scorsi avevo sfruttato il filone culinario, ma ormai mi pareva esaurito: sa già tutto. Lanciamoci sul narrativo, con un bel libro di evasione. “Zia Mame” (preso ad una festa del baratto, in cui ero riuscita a liberarmi di ben 9 libri…) mi pareva indicato alla bisogna. Meglio leggere, comunque. Per fortuna che l’ho fatto: a parte le 450 pagine, era pieno di un bel po’ di riferimenti storici e letterari che forse l’interessata non avrebbe potuto cogliere. Ripensamento: l’altro giorno l’ho dato alla mia amica Emanuela, che aveva già visto il film tratto dal libro e l’ha gradito molto.
Per la nipote Paola, adesso è programmato “Per dieci minuti” di Chiara Gamberale, 150 pagine, “carino” quel tanto che basta, e non troppo lungo: praticamente l’ideale. Ovviamente leggerò anche questo: tanto a Napoli andrò a febbraio. La trama? Leggete il link, comunque è su una giovane donna in crisi cui la psicologa prescrive come terapia di fare ogni giorno per 10 minuti una cosa che non ha mai fatto prima nella vita. Qui anche una presentazione dell’autrice con Massimo Gramellini.
Peccato che proprio stamattina ho trovato che esiste un programma sponsorizzato dalla Vodafone che praticamente fa quasi lo stesso. Per esempio, come “prima volta nella vita” hanno sostenuto il “fight club” di una giovane pugile indiana, che insegna alle donne le tecniche di autodifesa. Sarà che la famiglia Gamberale con le telecomunicazioni ha qualche affinità, e quindi la nostra scrittrice non ha inventato proprio tutto, ma un po’ già conosceva la storia? Niente di male, figuriamoci: non si crea mai dal nulla. Solo che ho trovato la coincidenza molto curiosa.
p.s. D’accordo, non è un decalogo, prendetela come una prima puntata.