Femminismo e neoliberalismo
Femminismo e Neoliberalismo. Libertà femminile versus imprenditoria di sé e precarietà è il libro curato da Tristana Dini e Stefania Tarantino, per le edizioni Natan, che raccoglie in 11 interventi il contenuto di una giornata seminariale tenutasi all’Università di Salerno nel 2013 dal titolo “Femminismo e neoliberismo. Il dominio dell’incertezza. Dal futuro al presente”.
Il libro offre molti spunti, e lo si può leggere seguendo diversi filoni, quello filosofico, quello politico, quello economico politico, quello storico, quello sociologico (con la precisazione che i due termini, neoliberismo e neoliberalismo, ricorrono entrambi nel testo, nel primo caso quando ci si riferisce agli effetti economici dell’ideologia liberista, nel secondo quando l’approccio delle autrici ha un più spiccato carattere di teoria politica).
Gli interventi sono, nell’ordine, di: Laura Bazzicalupo, Ida Dominijanni, Maria Rosaria Garofalo, Marisa Forcina, Elettra Stimilli, Federica Giardini, Marianna Esposito, Giovanna Borrello, Alessandra Chiricosta, Monica Paquino. Tutte le autrici hanno, nella diversità degli approcci, mantenuto fermo il tema posto alla riflessione, e fornito le proprie analisi e proposte. Presupposta da ogni analisi è la teoria che il neoliberalismo non sia da intendersi semplicemente come una nuova forma economica, ma come una forma di razionalità politica, che produce non pure forme economiche ma soggettivazioni, come spiega nel suo intervento Laura Bazzicalupo, e ciò perché è una forma di governo che si pratica attraverso l’autogoverno.
Come spiega nella presentazione del volume Eugenia Parise, direttrice del progetto di ricerca nell’ambito del quale si svolse il seminario, la perdurante ideologia neoliberista cerca di rimediare alla crisi del capitalismo che è, oggi, capitalismo finanziario e globalizzato.
Questo sistema ha una forza pervasiva enorme e capace di condizionare ogni tratto delle vite individuali. In questa crisi, l’incertezza diventa dominante e, dalla sua normale declinazione al futuro, diventa incertezza del presente. L’incertezza domina, soprattutto, la dimensione esistenziale delle vite individuali, “frammentate e spezzate, prive di narrarsi e riconoscersi”, ridotte a merce in un senso ancora più drammatico rispetto ai secoli scorsi.
La domanda alla quale il seminario si proponeva di rispondere era dunque: con la propria attenzione puntata al presente (grazie al “partire da sé”) e alla soggettività, il femminismo corre il rischio di sostenere, anche indirettamente, l’ideologia neoliberista?
Già la filosofa femminista statunitense Nancy Fraser, nell’ottobre del 2013, aveva parlato, sul Guardian, di “dangerous liaison” tra il femminismo dei nostri tempi e l’ideologia neoliberale. Se l’universo del “vecchio femminismo” era solidaristico ed egualitario, il “nuovo femminismo” sembra dar valore all’individualismo e alla meritocrazia, con il rischio di trasformarsi, da movimento radicale, in una sorta di ancella del neoliberalismo.
Ma, Tristana Dini e Stefania Tarantino sono due giovani filosofe, nel loro curriculum e nella loro passione di studiose la differenza sessuale non è solo una delle declinazioni possibili del femminismo. Nella loro formazione, inoltre, fortissima è stata l’influenza di Angela Putino e la sua riflessione, teorico politica, e anticipatrice, sulla libertà materiale contrapposta alla biopolitica, riflessione che ha avuto uno dei suoi ultimi slanci in Adateoriafemminista, la rivista online fondata con Lucia Mastrodomenico nel 2007 e che ancora viene pubblicata. E così, sia negli interventi al seminario che in quelli che Tristana Dini e Stefania Tarantino hanno scritto – in introduzione e postfazione – per il libro, l’interrogazione sul rischio di contiguità è diventata analisi stringente di ciò che il neoliberalismo ed il femminismo contemporaneo, in particolare quello della differenza sessuale, sembrano avere in comune. E’ questa, a mio parere, la parte più stimolante della lettura, almeno per noi italiane.
L’intreccio tra queste due dimensioni, di volta in volta, emerge con particolare rilievo. E’ analizzato con competenza scientifica, tanto da dar vita, nello scritto di Tristana Dini (scritto che riassume, credo, l’intervento che lei e Tarantino hanno svolto al seminario) ad un vero e proprio lessico delle categorie che il neoliberalismo e il femminismo hanno in comune. E’ interrogato con inquietudine (è Tristana Dini che nella postfazione parla di “posizione temibile delle donne nel neoliberismo”). E’ messo nel contesto di quel “rinnovato senso della relazione politica tra donne” che Stefania Tarantino ritrova negli incontri nazionali di Paestum. E’ guardato, infine, con una certa dose di ironia.
L’ironia è presente nella descrizione, un po’ angosciata e un po’ divertita, degli sforzi che oggi le donne che hanno tra trenta e quaranta anni fanno per aderire ai nuovi stereotipi del femminile ma, soprattutto, nelle immagini che puntellano il testo. Sono tutte prodotte da Giulia D’Anna Lupo e tutte ispirate all’iconografia cattolica, ma la Donna, ad esempio quella di copertina, non ha solo un bambino amorevolmente stretto tra le braccia ma ben cinque bambini che la circondano e si affacciano dalla sua lunga veste, ed il suo piede non schiaccia un Serpente ma un portatile.
Quali sono, queste parole/concetti che il neoliberalismo e il femminismo contemporaneo condividono? Sono: soggettività, libertà, relazione, sessualità, differenza.
Ho trovato di grande interesse l’analisi di ciascuno di questi nodi tematici, ed è chiaro che nei vari interventi questa analisi risuona in particolare in quello di Ida Dominijanni sul senso della libertà elaborato dal pensiero della differenza sessuale (“libertà eventuale e precaria, relazionale, non ingenuamente antiautoritaria, extragiuridica, politica”) ed in quello di Federica Giardini che, in un aggiornamento sul “conflitto”, mette in risalto i tratti originali del femminismo italiano che ha compiuto il salto (oltre quaranta anni fa) e, da rivendicazione di uguaglianza, come problema economico, sociale e giuridico, è diventato affermazione della differenza e della piena discontinuità con l’ordine patriarcale.
Spingere in profondità l’analisi è, secondo me, la sfida da continuare. Forse solo le filosofe europee sanno farlo in modo efficace, e ciò perché non confondono soggettività e individualismo, libertà e “imprenditoria di sé”. Senza farsi intimorire, mi permetto di dire, dalle assonanze che si possono trovare con il neoliberalismo e, anche, senza preoccuparsi degli esiti di questa ricerca. Il problema del femminismo, intendo quello italiano contemporaneo, che si ispira al pensiero della differenza sessuale, non è quello di contrastare il sistema o l’ordine mondiale fondato sull’economia, ma di guadagnare nuovi spazi e modi di libertà femminile.
Femminismo e Neoliberalismo. Libertà femminile versus imprenditoria di sé e precarietà, a cura di Tristana Dini e Stefania Tarantino, Natan edizioni, 2014.
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