I vaccini preventivi contro il papilloma virus
Il Ministro della Salute Livia Turco ha recentemente espresso pieno apprezzamento per una strategia vaccinale pubblica contro il papilloma virus responsabile del tumore della cervice uterina che ancora oggi causa ogni anno oltre mille morti in Italia.La vaccinazione rappresenta un’opportunità di prevenzione primaria del tumore della cervice uterina per la prevenzione del quale il Sistema sanitario italiano offre da anni lo screening organizzato e gratuito mediante Pap-test a tutte le donne in età 25-64 anni. Le informazioni scientifiche oggi disponibili dicono che siamo in presenza di un vaccino sicuro, ben tollerato e in grado di prevenire nella quasi totalità dei casi l’insorgenza di un’infezione persistente dei due ceppi virali responsabili attualmente del 70% dei casi di questo tumore.
{{Il tumore del collo dell’utero e l’infezione da Hpv}}
Il carcinoma della cervice uterina continua a rappresentare un importante problema sanitario: a livello mondiale è il secondo tumore maligno della donna, con circa 500.000 nuovi casi stimati nel mondo nel 2002, l’80% dei quali nei paesi in via di sviluppo. In Italia, i dati dei registri nazionali tumori relativi agli anni 1998-2002 rilevano circa 3.500 nuovi casi annui di carcinoma della cervice (pari ad una stima d’incidenza annuale di 10 casi ogni 100.000 donne), e circa 1500 morti per anno.
{{Il carcinoma cervicale è il primo cancro ad essere riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come totalmente riconducibile ad un’infezione.}} Esso è infatti causato dall’infezione genitale da virus del papilloma umano (Hpv). A tutt’oggi sono stati identificati più di 120 genotipi di Hpv che infettano l’uomo, e tra questi, 40 sono associati a patologie del tratto ano-genitale, sia benigne che maligne. I genotipi virali ad alto rischio più frequentemente implicati nel carcinoma cervicale sono il 16, cui vengono attribuiti circa il 60% di tutti i casi di carcinoma della cervice uterina, seguito dal 18, responsabile di circa il 10% dei casi. Pertanto, complessivamente, circa il 70% di tutti i carcinomi cervicali sono associati alla presenza di Hpv 16 o 18.
L’infezione da Hpv è estremamente diffusa nella popolazione, si stima infatti che oltre il 75% delle donne sessualmente attive si infetti nel corso della vita con un virus Hpv, con un picco di prevalenza nelle giovani donne fino a 25 anni di età. Tuttavia, la maggior parte (70-90%) delle infezioni da papillomavirus è transitoria, perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno. Difatti la storia naturale dell’infezione è fortemente condizionata dall’equilibrio che si instaura fra ospite ed agente infettante ed esistono tre possibilità di evoluzione dell’infezione da Hpv: regressione, persistenza e progressione. La probabilità di progressione delle lesioni è correlata anche ad altri fattori, quali l’elevato numero di partner sessuali, il fumo di sigaretta, l’uso a lungo termine di contraccettivi orali, e la co-infezione con altre infezioni sessualmente trasmesse.
La persistenza dell’infezione virale è la condizione necessaria per l’evoluzione verso il carcinoma. L’acquisizione di un genotipo virale ad alto rischio aumenta la probabilità di infezione persistente. In questo caso, si possono sviluppare lesioni precancerose che possono poi progredire verso il cancro della cervice. Generalmente il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa cinque anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni . Per questo, la prevenzione del carcinoma è basata su programmi di screening mediante Pap-test, che consentono di identificare le lesioni precancerose e di intervenire prima che queste evolvano in carcinoma.
In accordo con le linee guida internazionali, in Italia il pap-test è raccomandato ogni tre anni, per le donne di età compresa tra 25 e 64 anni. Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Screening, l’adesione ai programmi organizzati di screening della cervice è andata aumentando nel tempo. Nel 2004, tali programmi hanno infatti avuto come popolazione target il 64% delle donne italiane di 25-64 anni, rispetto al 16% nel 1998. L’adesione all’invito resta però insufficiente (38%), se confrontata con i livelli raccomandati dalle Linee Guida Europee e dalla Commissione oncologica Nazionale (85% del target). Esistono inoltre importanti variazioni geografiche di adesione all’invito, con un trend in decremento da Nord a Sud (46% al Nord, 36% al Centro, 24% al Sud).
{{I vaccini preventivi contro l’Hpv}}
In questo panorama, si inserisce il programma di sviluppo di vaccini per la prevenzione primaria dell’infezione da Hpv. Esistono due vaccini per la prevenzione dell’Hpv: uno bivalente per Hpv 16 e 18 (Cervarix della Glaxo Smith Kline) ancora in corso di registrazione a livello Europeo ed uno quadrivalente per Hpv 6,11 e 16 e 18 (Gardasil®, Sanofi Pasteur MSD). Quest’ultimo è il primo vaccino per la prevenzione delle lesioni precancerose (CIN 2/3) e del carcinoma della cervice, delle lesioni precancerose della vulva (VIN 2/3), e dei condilomi genitali autorizzato per l’uso in Europa. Tale prodotto sarà a breve disponibile anche in Italia.
Il vaccino previene le lesioni causate da Hpv 6 e 11, responsabili del 90% circa dei condilomi genitali, e dei tipi 16 e 18, cui vengono attribuiti circa il 70% dei carcinomi della cervice. Il vaccino è solo preventivo e non ha alcun effetto terapeutico nei confronti delle infezioni in atto e, quindi, delle eventuali lesioni già sviluppatesi.
Il ciclo vaccinale consiste nella somministrazione per via intramuscolare di tre dosi, di cui la seconda e terza a 2 e 6 mesi, rispettivamente, dalla prima.
L’efficacia clinica del vaccino nel prevenire le lesioni precancerose è stata valutata mediante studi clinici randomizzati controllati nelle donne tra 16 e 26 anni. Nelle donne che non risultavano infettate dai tipi di Hpv contenuti nel vaccino all’inizio e fino a 1 mese dopo la somministrazione della terza dose, l’efficacia clinica delle tre dosi è risultata essere del 95%. La stima di efficacia clinica nel totale delle donne partecipanti agli studi, incluse quelle già infettate da almeno uno dei quattro tipi di Hpv, cioè nella popolazione più simile a quella generale, è stata invece del 47%.
Un mese dopo la somministrazione della terza dose, più del 98% delle donne tra 16 e 26 anni presentava anticorpi specifici per Hpv 6, 11 ,16 e 18.
Valutazioni condotte in bambine e ragazze tra 9 e 15 anni hanno dimostrato che in questa fascia di età il vaccino induce una risposta immunitaria maggiore di quella osservata nelle donne tra 16 e 26 anni. A distanza di un mese dalla terza dose, infatti, il 99-100% delle vaccinate presentava anticorpi circolanti verso i tipi di Hpv contenuti nel vaccino. Inoltre, la risposta immune era significativamente più elevata nelle bambine tra 9 e 12 anni di età.
Non vi sono dati per bambine di età inferiore ai 9 anni, né per donne di età superiore ai 26 anni.
L’efficacia protettiva non è stata valutata nei maschi e, sebbene un numero significativo di casi di tumori del pene, dell’ano e dell’orofaringe siano associati ad infezioni da Hpv 16 e 18, le differenze nella risposta immunologica a livello delle mucose osservate nei due sessi, rende impossibile stabilire l’effetto della vaccinazione nei maschi sulla base degli studi effettuati sui soggetti di sesso femminile.
La persistenza degli anticorpi è stata dimostrata per i 4 anni successivi alla vaccinazione. Non sono disponibili dati a lungo termine, oltre i 4 anni.
L’osservazione di circa 12.000 persone vaccinate con Gardasil ed il confronto con 9.000 persone che hanno ricevuto un placebo ha mostrato che il vaccino ha un buon profilo di sicurezza. Le reazioni più frequentemente associate alla vaccinazione sono state febbre e reazioni locali nella sede di iniezione.
Non sono stati effettuati studi specifici sul vaccino in donne in gravidanza. Nelle gravidanze insorte durante gli studi clinici (2.266 donne di cui 1.115 vaccinate e 1.151 del gruppo placebo) non è stato rilevato alcun impatto negativo sulla fertilità in termini di incidenza di aborti spontanei, morti intrauterine e anomalie congenite. Tuttavia i dati disponibili non sono sufficienti per raccomandarne l’uso in gravidanza.
{{Strategie vaccinali}}
{{Gli Stati Uniti sono stati la prima nazione ad aver autorizzato il Gardasil nel giugno 2006.}} La Commissione per le vaccinazioni (Acip), ha emanato delle raccomandazioni provvisorie che promuovono la vaccinazione routinaria delle ragazze di 11-12 anni. Viene raccomandato anche il recupero per le ragazze e donne fino a 26 anni, sottolineando però che idealmente la vaccinazione va effettuata prima di una possibile esposizione per via sessuale (16).
{{Nell’agosto 2006 l’Oms ha pubblicato una guida per l’introduzione dei vaccini anti-Hpv (17), in cui riporta che, in base alle evidenze disponibili, le pre-adolescenti tra 9-13 anni di età rappresentano il target primario della vaccinazione.}} La somministrazione prima dell’inizio dei rapporti sessuali è infatti particolarmente vantaggiosa perché induce una protezione elevata prima di un eventuale contagio con Hpv. La vaccinazione delle ragazze tra 14 e 26 anni di età viene considerata come target secondario, e viene sottolineata la necessità di maggiori dati di costo-efficacia, sia per questa popolazione che per i giovani maschi.
L’Oms evidenzia quindi l’importanza di identificare in ogni nazione la strategia più appropriata per offrire il vaccino in questa popolazione.
{{In Europa, l’Agenzia per il farmaco della Comunità europea (Emea) ha autorizzato il prodotto nell’ottobre 2006, e, ad oggi, nessuna nazione ha ancora emanato delle raccomandazioni d’uso.}}
{{In Italia le possibili strategie vaccinali sono state recentemente discusse anche dal Consiglio superiore di sanità (Css)}} nel corso della seduta dell’11 gennaio 2007. {{Il Css ha espresso all’unanimità il parere che la vaccinazione delle ragazze nel 12° anno di vita rappresenti per il contesto italiano la migliore e prioritaria strategia vaccinale.}}
L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) emanerà a breve un decreto relativo ai costi e alle modalità di commercializzazione del Gardasil nel nostro paese.
{{I bisogni conoscitivi e le necessità di ricerca post-marketing}}
La disponibilità di vaccini contro l’Hpv rappresenta un potenziale strumento per la prevenzione primaria del carcinoma della cervice uterina, da affiancare alla prevenzione secondaria basata sullo screening mediante Pap-test. I dati che hanno portato all’autorizzazione del vaccino dimostrano la sua efficacia e sicurezza nella popolazione che ha partecipato agli studi clinici con un follow-up di 4 anni. Sarà pertanto importante condurre ulteriori valutazioni mirate a migliorare le conoscenze su alcuni temi rilevanti sui quali le conoscenze sono ancora incomplete e/o insufficienti:
– la persistenza dell’immunogenicità e dell’efficacia nel tempo e l’eventuale necessità di richiami
– la sicurezza del vaccino a lungo termine
– la definizione del migliore target in termini di età e sesso dei soggetti cui offrire la vaccinazione
– la potenziale pressione selettiva della vaccinazione sui tipi circolanti di HPV: in conseguenza della ridotta circolazione dell’Hpv 16 e 18 la prevalenza di altri tipi oncogeni potrebbe aumentare
– la fattibilità delle strategie vaccinali, tenendo conto delle implicazioni sociali di un vaccino contro una malattia a trasmissione sessuale rivolto alle bambine
– le possibilità di somministrare contemporaneamente con altre vaccinazioni
– la limitata esperienza circa l’effetto del vaccino in gravidanza
– l’effetto del vaccino in persone con deficit della risposta immune (inclusa l’infezione da HIV)
– le possibili ricadute della vaccinazione sui programmi di screening, che non potranno essere modificati nel breve termine neanche per le donne vaccinate, visto che il 30% dei carcinomi della cervice è attribuibile a tipi di HPV che non sono contenuti nel vaccino
– valutazioni costo-beneficio specifiche per i singoli contesti nazionali
Il Ministero della Salute italiano ha finanziato delle attività di ricerca a livello nazionale per approfondire le conoscenze su incidenza e mortalità del carcinoma della cervice uterina, impatto delle politiche di screening organizzato su incidenza e mortalità da cervico-carcinoma, prevalenza delle infezioni da Hpv a rischio oncogeno nelle donne di età inferiore a i 26 anni, fattibilità della vaccinazione nel contesto nazionale, valutazioni costo-beneficio, possibili ricadute della vaccinazione sui programmi di screening organizzato.
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