Contro l’ingerenza della chiesa e di qualsivoglia autorità
La moratoria sull’aborto, centrale punto programmatico della
lista “Per la vita” con cui Ferrara correrà alle prossime politiche, non può che configurarsi come il vincente “cavallo di battaglia” del momento, più domabile da cavalcare in vista delle future elezioni, nonché come il modo migliore per far “abboccare” gran parte del popolo italo-papalino. Negli ultimi mesi, quasi a rinvigorire la fiamma mai spenta dell’oltranzismo religioso, come pure a riconfermare il millenario legame che intreccia indissolubilmente potere secolare e temporale – due facce della medesima medaglia di oppressione e dominio dell’uomo sull’uomo-, un’anacronistica campagna catto-patriarcale e sessista calca le scene della politica italiana e della vita pubblica.
Protagonista, questa volta, crociato dell’ennesima “guerra santa” intrapresa dal fondamentalismo cattolico, è il camaleontico Giuliano Ferrara – anima intimamente e perennemente divisa tra destra e
sinistra; ora appartenente all’area centro-destrina, prima al soldo del Pci, insomma perfetta incarnazione di quell’emblematico trasformismo politico, di eco mastelliana, che domina il teatrino della politica italiana- promotore della moratoria universale sull’aborto, col beneplacito dei cardinali Ruini e Bagnasco (“presentissimi”, paradossalmente, anche nell’ultima legislatura di centro-sinistra).
Se si prescinde dagli approcci “tecnicistici” di parte dell’arco
istituzionale (si pensi alla proposta in 5 punti di Rocco Buttiglione), la
{{moratoria sembra assumere le sembianze di un attacco sostanzialmente ideologico}} alla pratica dell’ interruzione volontaria di gravidanza e alla legge che, dal maggio del 1978, ne regola lo svolgimento (la citatissima 194).
_ Essa cioè, riproponendoci scenari che pensavamo conclusi negli anni ’70 – quando le donne scendevano in piazza per garantirsi e garantirci la libera scelta sull’aborto – cela un intento evidentemente “mistificatore-oscurantista” rispetto a una pratica (quella abortiva) da tempo attuata e alla decisionalità della donna sul proprio corpo e la propria vita.
_ Sono poi il pericoloso parallelo pena di morte/aborto, su
cui s’è tentato di rilanciare il dibattito su quest’ultimo, da un lato, e la speculazione elettorale della moratoria, dall’altro, a esplicitare, in tutta la sua evidente drammaticità, l’assoluta funzionalità della Chiesa agli interessi di Stato, l’organicità di due autorità che da tempo immemore cementificano il loro potere sulla tomba della nostra libertà.
_ Dunque la moratoria sull’aborto, centrale punto programmatico della
lista “Per la vita” con cui Ferrara correrà alle prossime politiche, non può che configurarsi come il vincente “cavallo di battaglia” del momento, più domabile da cavalcare in vista delle future elezioni, nonché come il modo migliore per far “abboccare” gran parte del popolo italo-papalino.
Colui che ora si erge prepotentemente in difesa della “Sacralità della Vita” del feto (il guerrafondaio {{Giuliano Ferrara}}), che chiama l’aborto “omicidio”, non molto tempo fa, infatti, {{ha supportato, con altrettanta veemenza, tutti gli interventi militaristi statunitensi}}, a partire dalla guerra del Golfo, fino al più odierno massacro rappresentato dalla guerra in Iraq.
_ Che forse {{la vita dei 63.000 civili iracheni}} divorati dall’arma americana (con la complicità anche del Governo italiano), vale meno di forme di vita embrionali?! Forse che essi non sono considerati “essere umani” perché nati nella metà sbagliata del mondo?! La loro morte non è deliberato omicidio?! Non è sangue versato, magicamente trasformato in denaro per una piccola minoranza che decide della nostra vita?! … ma
questo è un altro discorso.
Ciò che ci interessa riaffermare in questa sede, contro l’ingerenza della chiesa e di qualsivoglia autorità nelle nostre esistenze, contro
il persistere di certe logiche medievalistiche, che ci vorrebbero relegate, da questo punto di vista, unicamente al ruolo disumano e disumanizzante di “incubatrici” e “macchine da riproduzione”, contro ogni bieco tentativo di strumentalizzare le nostre ragioni a mero scopo politico-elettorale, è {{la nostra libertà di scelta}}, il “diritto” ad autodeterminarci, come donne e come persone; la necessità di essere
{{uniche arbitre del nostro corpo e della nostra mente}}, il che comporta l’imboccare, alla luce della nostra sola individualità, anche scelte dolorose e sofferte (giacchè, contrariamente a quanto comunemente si crede, l’aborto non è mai un mero capriccio, ma, in quanto intervento invasivo e chirurgico a tutti gli effetti, una
scelta intima e gravosa, che avrà sempre i suoi buoni motivi e a cui seguirà una lunga convalescenza sia fisico-ormonale, che, soprattutto, psicologica e recondita).
L’era in cui viviamo tramite lo stato di dominio del Capitale, ha
adottato l’ “ideologia della scelta”. Una scelta illusoria ovviamente, la quale consiste nel far credere alla donna che è in grado di decidere se abortire o no, se diventare autonoma o restare legata a vecchi ruoli e stereotipi.
_ In questo modo l’infetta finzione democratica tenta di fare del corpo umano stesso un “parlamento” in cui la donna “voterebbe”, grazie ad un’informazione pilotata dagli organi del potere, le uniche tre opzioni concessele, ossia aborto, contraccezione, procreazione, che sono in
ogni caso riduttive per la donna e mera risposta del sistema, che, così facendo, cerca di far passare per liberazione ciò che in realtà è dominio.
Allo stesso modo, contro logiche “binarie” e dualistiche, come si è detto funzionali al sistema, che ci vorrebbero in piazza, in questi giorni, a parteggiare per le {{uniche due opzioni forniteci dall’ideologia dominante}}, ossia {{rivendicatrici di un “diritto”}} concessoci anni fa con una legge (la 194) tutelata dalle forze del (dis)ordine borghese, oppure {{asservite alla vaga cultura “pro life”}} che sta prendendo piede sempre più nel nostro paese (e che tra l’altro contrasta vivamente con le politiche sociali a sostegno della maternità).
Ebbene noi ci ergiamo indifesa di noi stesse, delle complesse ed innumerevoli motivazioni che inducono una donna ad abortire o meno,
consce del fatto che una maternità consapevole e voluta è indubbiamente meglio di una determinata, per esempio, dal malfunzionamento di un contraccettivo.
Consapevoli delle contraddizioni cui, per forza di cose, andiamo incontro come anarchiche in un epoca storica, fondata sullo sfruttamento del Capitale, che ci costringe a rivolgerci, anche per esigenze esclusivamente contraccettive, alla medicina ufficiale, pilotata pure essa dagli interessi dominanti, auspichiamo, {{lungi dall’identificarci con una logica statale di “diritti/doveri”}} e dal credere che un diritto debba passare attraverso una legge, una società liberata dai vincoli dell’autorità, dal giogo patriarcale, statale ed ecclesiastico, in cui rapportarci serenamente col nostro corpo e le nostre scelte.
Affermava significativamente {{Emma Goldman}}, militante anarcofemminista, in uno scritto pubblicato all’inizio del secolo scorso dalla casa editrice Mother Earth, a proposito della donna e del suo
ruolo politico-sociale: “{(…) il suo sviluppo, la sua libertà, la sua indipendenza devono venire da e per mezzo di se stessa.
In primo luogo, {{rifiutando che chiunque accampi diritti sul suo corpo}};
rifiutandosi di partorire figli se non li desidera; rifiutando di essere serva di Dio, della società, dello Stato, del marito, della famiglia, ecc., rendendo la propria vita meno semplice, ma più profonda e ricca. (…) Solo questo, e non la scheda (elettorale), libererà la donna, farà di lei una forza finora sconosciuta al mondo, una forza per il vero amore, per la pace, per l’armonia; una forza di fuoco divino che dà vita; che crea uomini e donne liberi.}”
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