La salute non è considerata un diritto e un bene sociale
La Rete lombarda 194ragioni propone un incontro aperto a tutte le
associazioni, i collettivi, le reti i singoli/e cittadini/e che
operano su queste tematiche nel territorio per confrontare pratiche ed
esperienze: Lunedì 30 giugno, 2008 alle ore 21 presso Unione femminile- Corso di
Porta Nuova, 32- Milano Discuteremo non solo delle recenti vicende giudiziarie, ma anche del
sistema complessivo che le sostiene e che, mescolato ai provvedimenti
governativi in materia di immigrazione, ha effetti letali per il
diritto alla salute di donne e uomini della nostra Regione. Ne
parleremo a partire dalla nostra esperienza: quella di operatrici di
consultori e ospedali, quella di utenti dei servizi, quella di chi
ogni giorno è a contatto con gli e le immigrate, quella dei movimenti.
L’intreccio di vicende giudiziarie che ha coinvolto recentemente la
sanità lombarda non è ascrivibile a pochi e isolati comportamenti
illegittimi, ma chiama in causa l’intero assetto sanitario della
nostra regione.
E’ all’opera un vero e proprio {{“sistema” di malaffare}}, fatto di
prestazioni gonfiate e inappropriate, con conseguenze perfino mortali
sulla pelle di pazienti e sul piano lavorativo per la stragrande
maggioranza del personale onesto che quotidianamente lavora nelle
cliniche.
{{Sotto accusa è anche un sistema sanitario incentrato essenzialmente
sugli ospedali}}, che ha portato al taglio dei presidi territoriali e
favorito un approccio aziendale massimamente orientato alla
prestazione e non alla prevenzione.
Tra accreditamenti e convenzioni, la “Sanità privata” è cresciuta nel
nome di una falsa libertà di scelta. L’obiettivo non è più la
costruzione di un servizio a misura delle cittadine/i, ma il profitto.
La salute non è considerata un diritto e un bene sociale.
{{La storia degli attacchi di questi ultimi anni ai Consultori Familiari}}
né è un chiaro esempio.
Sono stati svuotati di qualsiasi struttura atta a soddisfare la
domanda di servizi socio sanitari e di prevenzione e trasformati in
ambulatori specialistici fortemente medicalizzati venendo meno le
finalità per cui sono stati istituiti e voluti dalla lotta delle
donne: luogo d’incontro, di conoscenza, d’affermazione della salute
come benessere.
Per contro assistiamo ad {{un incremento di consultori privati}}
convenzionati non laici per lo più di orientamento confessionale
legati a strutture parrocchiali e a Cl.
{{Il movimento delle donne}} ha più volte segnalato come l’attacco ai
Consultori Familiari pubblici e alla Legge 194/78 portasse il segno di
un attacco più generale al sistema sanitario pubblico e al diritto
della salute di tutte/i
Il “pacchetto sicurezza” emanato dal governo aggrava ulteriormente la
situazione. Gli operatori e le operatrici che lavorano nelle strutture
sia territoriali che ospedaliere in area materno infantile, denunciano
infatti un clima di crescente diffidenza ed ostilità nei confronti
delle cittadine immigrate, soprattutto quelle non regolari, e della
popolazione rom.
Eppure {{secondo le leggi italiane,}} anche gli immigrati irregolari e
clandestini hanno diritto ad essere assistiti (comma 5, art.35
DL.ivo286/98) e non solo per l’urgenza ma anche per le cure
essenziali, per gli interventi di prevenzione e di continuità
assistenziale (in particolare donne, bambini e coloro con malattie
infettive e per la tutela della maternità) attraverso il codice STP
(Straniero temporaneamente presente). Questa norma, tuttora in vigore
è presente nell’ordinamento italiano già dal 1995, attraverso un
decreto legge (D.L 489/95 art.13 più volte reiterato) voluto ed
approvato dal centro destra anche con i voti della Lega.
Introdurre{{ il reato di clandestinità}} porterebbe all’allontanamento dai
Consultori Familiari delle donne migranti che fino ad ora avevano
accesso, vanificando tutti gli sforzi di questi anni e le strategie
messe a punto da operatrici e operatori: clima di fiducia, garanzia
della non segnalazione in Questura, per favorire l’accesso delle donne
migranti ai nostri servizi, sia per l’assistenza della gravidanza, sia
per la contraccezione e quindi per la prevenzione dell’IVG, fenomeno
in crescita in questi ultimi anni, sia per la prevenzione dei tumori
femminili.
Pertanto riteniamo che la proposta di istituire il reato di
clandestinità sia un errore oltre che politico anche operativo in
quanto costringerà all’invisibilità, anche sanitaria, molte persone
con gravi rischi di devianza e di malattia introducendo un grave
principio di disuguaglianza.
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