Il testo è stato preso dal sito  www.psicovita.it/terrorismo.htm

Edvard Munch       Galleria nazionale, Oslo
Edvard Munch
Galleria nazionale, Oslo

La psicosi del terrorismo

– In una parte di noi si racchiudono antiche paure; esse sono immerse in una specie di palude psichica stagnante, sprofondate in un magma psichico primordiale: l’INCONSCIO.

– Esse sono ataviche, sono state ereditate dai progenitori, vivono in stato quieto e sopito, ma possono essere riattivate da stimolazioni esterne e da episodi di vita vissuti in particolari situazioni.

– Altre nascono durante l’infanzia e sono dovute a brutte esperienze e a terrori infantili, ma vengono spesso rimosse, allontanate dalla coscienza e dalla sfera emotiva. E’ un’opera necessaria che permette al bambino di vivere in un’atmosfera più serena. Queste paure, se non fossero allontanate e combattute, finirebbero per schiacciare l’Io, producendo lesioni pericolose sul piano psichico, e il soggetto cadrebbe nella psicosi, cioè nella malattia mentale, di cui fanno parte tra le numerose forme patologiche l’autismo infantile e la schizofrenia.


Anche queste paure, pur allontanate dall’Io e dalla sfera emotiva cosciente, possono riaffiorare dalle zone sommerse e possono ritornare verso la superficie ad opera di stimolazioni esterne e di eventi attuali. Poiché, spesso, esse liberano energia psichica negativa, finiscono per produrre ANGOSCIA, e il soggetto umano cade in uno stato di profonda prostrazione e depressione.

Tema attualissimo è quello della cosiddetta psicosi del terrorismo. Il termine psicosi è improprio, ma è d’uso comune e fa percepire il terrore che alcuni eventi incutono, una paura smisurata, una paura senza oggetto: la paura della paura, il terrore del terrore.

Ma esaminiamo meglio la differenza tra paura di un oggetto, di un nemico visibile, di una cosa identificabile, contro cui si può lottare, e quella che invece è la paura della paura, la paura che non è rivolta verso un oggetto concreto e definito, ma contro un nemico invisibile ed inafferrabile

Nella paura verso un oggetto definito c’è un rapporto tra causa ed effetto. Cioè nella mente della persona rimane integro il principio di causalità.

Il principio di causalità ci permette di prevedere l’evento come effetto di una determinata causa.

– Nel terrore, o nella psicosi del terrorismo, il rapporto tra causa ed effetto è frantumato. E, se si elimina il principio di causalità, si sprofonda nell’angoscia dell’imprevedibile. Rimane cioè solo un rapporto tra l’io e l’imprevedibile terrificante mostrarsi delle cose e degli eventi.

– Quindi, la causalità, come fondamentale categoria mentale del ragionamento logico, è eliminata.

A suo posto c’è l’imprevedibilità che non obbedisce a regole logiche: essa è impalpabile, inafferrabile, incontrollabile, proditoria, traditrice.

L’imprevedibilità conduce verso la cecità psichica

Scompaiono anche le categorie del tempo e dello spazio.

L’azione inattesa è imprevedibile, mentre ogni forma di reazione ragionata ed organizzata è prevedibile.

Quindi, con il terrorismo, le categorie fondamentali dello spirito dell’uomo, tempo, spazio e causalità sono distrutte.

Inoltre, il suicidio come lotta ad oltranza, sottopone, sotterra o elimina anche il principio di conservazione della persona che è un principio fondamentale della specie animale: non esiste più un principio di autoconservazione.

Meditiamo un attimo su questo scenario. Dacché esistono le lotte, le guerre, le aggressioni, ci sono due mezzi a disposizione dell’uomo che possiamo così simboleggiare: la spada e lo scudo. La spada è uno strumento per aggredire, per offendere, per far male, lo scudo è per proteggersi, per ripararsi, per difendersi. Negli aggressori suicidi, lo scudo è stato eliminato: essi non ne hanno bisogno. Questo fatto sconvolge la guerra perché sconvolge le categorie sinora in uso.

Si ribaltano anche le categorie psichiche; non più aggredire e difendersi: nel terrorismo c’ è solo l’aggredire.

Sono state eliminate sia la categoria mentale del difendersi, sia l’istinto primordiale della conservazione del soggetto, insito nelle più profonde parti dell’inconscio.

Il terrore è per tutto ciò che appare immensamente grande: grande distruzione, improvvisa e senza alcun rapporto causale. Grande ed inatteso l’evento distruttivo.

Il terrore dell’imprevedibilmente grande è tale sia per gli obiettivi che sono colpiti, sia per la natura “enorme” ed improvvisa dell’aggressione. Non esiste possibilità di opporre difese, protezioni, ostacoli. L’azione terroristica coglie all’improvviso, e senza alcuna possibilità di prevenire disastri o mitigare l’aggressione. La vita delle persone non conta più nulla, anzi essa fornisce il grado di intensità dell’atto terroristico, insieme alla mole e all’importanza storica degli oggetti che vengono distrutti.

Il terrore dell’immensamente piccolo: ossia il bioterrorismo.

Anche qui c’è l’incapacità di opporre delle barriere, delle difese, dei rimedi.

Tutto ciò comporta un blocco psichico: uno stupore determinato dal terrore dell’invisibile, di qualcosa che si inserisce in modo subdolo nell’organismo per creare una reazione a catena, una reazione che si spande a macchia d’olio. Va ricordata la ruggine verde, che in famoso libro giallo corrodeva, divorava e distruggeva tutti i vegetali, lasciando la terra completamente spoglia e glabra. Tutto ciò creava un’atmosfera allucinante ed agghiacciante. Pensiamo quando un’altra ruggine sarà diretta alla distruzione di una gran parte del genere umano.

Lo sentiamo vicino il terrorismo, oppure ne sentiamo solo gli echi, lasciandoci spaventare per poco tempo e ignorando poi il tutto, e rimuovendo ogni sentimento di angoscia e cercando di allontanarlo da noi?

In fondo, sono gli altri che combattono con il terrorismo.

In verità, sentiamo molto forte il senso di partecipazione sia per chi subisce gli eventi terroristici, sia per chi subisce una guerra violenta, distruttiva e sanguinosa. Ma il senso di partecipazione, pur sincera e condivisa, è spesso di tipo esorcizzante.

Continuiamo a vivere in una specie di allarmata diffidenza, ma anche di indifferenza, anche se gli scritti, questo compreso, le espressioni di condanna, le manifestazioni di solidarietà sono molto forti ed estese a tante nazioni, razze ed etnie.

Ma le devastazioni sono lontane. E il terrore vero non ha ancora varcato i confini psicologici del nostro IO, forse perché ancora non è stata messa a repentaglio la nostra incolumità fisica.

In conclusione, si può affermare che il terrorismo nasce dall’incapacità di opporsi violentemente contro i propri avversari ad armi pari, per cui, se si ricorre alla strage, l’attacco diventa proditorio, improvviso e spregevole nella logica collettiva.