Le impronte per tutti e la ”minestra popolare”di Ionesco
Per non sbagliarsi, meglio prendere le impronte digitali a tutti.
Tutti sospettati, tutti potenziali incriminati in una società che sarebbe perfetta. Solo se si lasciasse lavorare indisturbato il manovratore e la rete dei suoi strettissimi selezionatissimi accoliti esentimpronta.
Che lascino pure impronte a piene mani, tanto, ci può sempre essere un “lodo alfano”, che li salva. Che li tiene al di sopra della plebe.Non ci sono più soldi. Gli sperperi e la corruttela è talmente incancrenita, che ormai siamo arrivati alle norme ad personam, che permettono di aggirare le tutele costituzionali della legge uguale per tutti.
_ Un rospo difficile da far ingoiare anche agli italiani più distratti, che però hanno sempre più difficoltà a far quadrare i magri bilanci; a vedere aprirsi per i figli una prospettiva di lavoro onesto e stabile. Ecco allora pronti i distrattori che convogliano le pulsioni emozionali più barbariche nell’immaginario nemico di turno.
Gli immigrati che vengono a togliere lavoro, i lavavetri, i mendicanti, i rom… il vicino di casa, quello che il lavoro ce l’ha e si ammala anche, “il fannullone!”, le donne che si sono emancipate e che… non obbediscono più come una volta, i magistrati che si “impicciano” contro l’arte di arrangiarsi….
_ Vecchie invidie e livori a cui si dà la stura in una guerra di tutti contro tutti, dove ognuno può essere sospettato.
Per non sbagliarsi, meglio prendere le impronte digitali a tutti.
_ Tutti sospettati, tutti potenziali incriminati in una società che sarebbe perfetta. Solo se si lasciasse lavorare indisturbato il manovratore e la rete dei suoi strettissimi selezionatissimi accoliti {esentimpronta}.
_ Che lascino pure impronte a piene mani, tanto, ci può sempre essere un “lodo alfano”, che li salva. Che li tiene al di sopra della plebe.
Dei sudditi alla ricerca del piatto di minestra popolare. Quello che Eugène Ionesco, (francese ma di origine rumena) in {Tueur sans gages} (Sicario senza paga) fa promettere a Comare Pipa, capopolo di una “città perfetta”, ma “al passo dell’oca”.
Eccone alcuni passi salienti:
“Popolo! Io, comare Pipa, allevatrice di oche pubbliche, ho una lunga esperienza della vita politica. Affidatemi il carro dello Stato che io guiderò e che sarà tirato dalle mie oche. Votatemi. Fidatevi di me.
_ Le mie oche ed io domandiamo il potere.
_ … Noi non perseguiteremo più, ma puniremo e faremo giustizia.
_ …Non sfrutteremo gli uomini, li faremo produrre. Il lavoro obbligatorio si chiamerà lavoro volontario.
_ … tutto sarà cambiato, grazie e a me e alle mie oche.
_ La tirannide restaurata si chiamerà disciplina e libertà. L’infelicità di tutti gli uomini è la felicità del genere umano!
_ … E voi avrete la minestra popolare…
_ Demistificando le mistificazioni da troppo tempo demistificate, gli intellettuali non ci romperanno più le scatole. …. Saranno sciocchi, quindi intelligenti. Saranno vigliacchi, cioè coraggiosi; lucidi. Cioè ciechi.
_ …. Noi cammineremo all’indietro e saremo all’avanguardia della storia! … Non ci saranno più profittatori. Ci saremo io e le mie oche… Io e le mie oche distribuiremo i beni pubblici. Li divideremo con equità. Ne tratterrò la parte del leone per me e le mie oche… per fortificare le oche affinché possano tirare con più forza il carro dello Stato.
… E così marceremo tutti al passo dell’oca”.
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