LA SESSUOFOBIA (E MISOGINIA) CHE HA UCCISO TIZIANA
Perché Tiziana si è suicidata per la vergogna e il linciaggio morale a cui persone in carne ed ossa – dietro lo scudo virtuale del web – l’avevano sottoposta. La sua colpa? Aver fatto del sesso in maniera libera e disinibita. Addirittura aver goduto. E questo a una donna non è ancora concesso, soprattutto non è pubblicamente concesso. Tiziana non è stata uccisa dal web – facile capro espiatorio del terzo millennio – ma dalla cultura misogina a sessuofoba che ancora impregna fin nelle viscere la nostra società, per cui il sesso in generale, e certe pratiche sessuali in particolare – diffusissime e fonte di godimento per molte e per molti – sono ancora considerate “sporche”, da tenere chiuse nella camera da letto, da fare quasi di nascosto, senza parlarne. Si fa ma non si dice. Divieto che vale solo per le donne, s’intende. Lo stereotipo che vuole l’uomo cacciatore (e dunque quante più prede ha, meglio è) e la donna docile preda è purtroppo ancora oggi, nel 2016, talmente forte, da riuscire a devastare la vita di una donna.
La storia di Tiziana ci dice che abbiamo un disperato bisogno di una educazione sessuale libera da pregiudizi, radicalmente disinibita, che inizi a fornire alle bambine e ai bambini, fin da piccoli, gli strumenti per una sessualità libera e consapevole. Un’educazione sessuale grazie alla quale si arrivi a 31 anni potendo, uomini e donne, soddisfare i propri desideri sessuali senza il minimo senso di colpa e di vergogna. Se Tiziana e tutti quelli della sua, della mia generazione, fossero cresciuti con un diverso rapporto con il sesso, con l’idea che fra adulti consenzienti tutto è lecito, che il godimento sessuale – maschile e femminile – non è una colpa, probabilmente quel video, per un verso, non sarebbe neanche diventato “virale” perché vedere una donna che gode mentre fa sesso non avrebbe suscitato nessuno scandalo, per l’altro, anche se fosse circolato, non avrebbe arrecato alla sua protagonista quel fardello di dolore e umiliazione che l’ha portata al suicidio. Al massimo le avrebbe provocato un po’ di imbarazzo per aver reso pubblico un momento intimo e privato, lo stesso imbarazzo che si può provare se ai colleghi di ufficio arriva un video in cui fai a squarciagola il karaoke per il tuo compleanno. Ma il sesso – e le donne che fanno sesso liberamente in particolare – è ancora un tabù e la valanga di offese che le sono state rivolte ha travolto Tiziana, fino a condurla al suicidio.
Intervenire contro questa cultura misogina e sessuofoba è urgente, perché i tempi del lavoro culturale ed educativo sono tempi lunghi. E se non ci diamo da fare da subito, fra trent’anni saremo ancora qui a piangere un’altra Tiziana. (18 settembre 2016)
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