Marcelline: profondo nero
Non si tratta di inviare aiuti in Africa, si tratta di riconoscere dignità
alle persone e al loro desiderio di “lavorare” in Italia e far “sopravvivere” chi è lontano e caro, davvero, in Africa. Vorrei che, almeno per poche ore al giorno, vedere Marcelline sorridere e non raccogliere la sua disperazione, profonda e nera.La storia che scrivo, e vorrei tanto scriverne di diverse, non è affato lacrimevole o inventata: è una sporca,antica e vergognosa storia di ingiustizia e nera come la meravigliosa pelle di Marcelline. Avverto chi la legge e sia ben chiaro: non lo faccio questa volta per amore di cronaca o solidarietà.
Chiedo aiuto concreto, fatti e non parole, a singoli e istituzioni, associazioni e rete, stampa e web.
_ Scrivevo quasi un anno fa: “La mia amica Marcelline, della nuova Guinea ma residente a Capranica, mi racconta che con 1 euro si compra nella sua terra tanto riso per sfamare 10 persone ! Quì lei {cura}, altro che il “i care” di veltroniana memoria…
_ La sua famiglia le dice di non tornare, altrimenti non solo non mangiano ma muoiono davvero”.
Tornai a scrivere di lei: ” Ieri è stata dimessa da un ospedale una mia amica africana, si chiama Marcelline, le hanno detto che poteva tornare a casa, che il cuore non è più malato… Marcelline ci stava tornando a casa ed è stata seguita da una macchina e poi da uno che ne è sceso e ha continuato a piedi, era ormai una corsa e lei ha fatto a tempo ad aprire e poi chiudere la porta. Ma oggi Marcelline non ha più il coraggio di tornare e dormire da sola, ha chiesto a un’amica di farle
coraggio, di andare insieme a fare denuncia.
_ Tutto questo non è avvenuto nella
grande città, dalla quale lei è scappata ma in un piccolissimo paese, un po’ fuori, in quei consorzi di casette dove si torna a dormire che costano assai meno di una stanza nella capitale, in una strada dove non cammina nessuno quando è buio.
_ Lei sta quì per lavoro, per mandare i soldi in Guinea alla famiglia, ha studiato in Italia e lì al suo paese, per fare scuola ai bambini e curare gli anziani, i malati, fa la {badante}.
Sembra che nessuno possa curare la paura di Marcelline, eppure quel
coraggio l’ha portata in un altro mondo, dove la scodella di riso la invii a dieci persone di casa tua con la Western Union, l’americana di cui ti devi fidare… lei rientra a casa e non c’è nessuno ad aspettarla: se tutto va bene, rimane con la sua solitudine e la stanchezza di una giornata di lavoro, sempre che sia riuscita a trovarlo.
_ Ci sono altre, non c’è bisogno di essere straniere e magari pure belle,
che tornano a casa e la paura continua fino a che non dormono. Le aspetta un uomo che le ama così tanto, che le massacra di botte o le desidera al punto che le sbatte, come una frittata”.
E l’aggiorno questa storia vergognosa. Marcelline, non fa la badante perchè è {{nera}} e non piace questo colore, fa paura.
_ E’ cameriera in un albergo di Roma, per le ore possibili e concesse: a malapena ci paga l’affitto, il vitto e il treno per 100 km.al giorno e 4 chilometri a piedi.
Due giorni fa era disperata, sua cognata stava morendo in Guinea a Conakry, aspettando il Bactrim per endovena dall’Italia, il cui
costo alla consumatrice pagante l’ospedale è di 1.500.000 di franchi della Guinea.
_ Il medico di Capranica, ha capito che era urgente il male e siamo riuscite a risparmiare una bella cifra con la miracolosa “ricetta”. _ Stamattina sarebbe andata Marcelline a fare la spedizione: almeno 100 euro ma se li è risparmiati quei soldi.
_ La cognata è morta e lascia cinque bambini. Aveva 47 anni, tre meno dell’aspettativa di vita per le donne di quel paese, come i cinque figli che ancora non sono crepati, dal momento che la mortalità infantile è altissima e miete 90 vittime ogni 1.000 nati vivi.
Peccato che non potranno andare più a scuola, quella si paga in Guinea,
come l’ospedale che se non c’è la capacità di pagare le cure, te ne ritorni a casa a morire e così è stato.
Andammo insieme Marcelline ed io, il 24 novembre a Roma, per la manifestazione contro la violenza alle donne, quelle che ancora una volta dopo tanti anni ripetevano che tra il silenzio, la festa ed il rito, preferivano la lotta.
_ Eravamo felici di esserci conosciute pochi giorni prima sul treno : eravamo state dal sindaco, dall’Assistente sociale, dall’Assessore, al Centro Anziani, Juppiter, Croce rossa, Caritas, chiese, negozi e varie…telefonate e tam tam… tutti entusiasti della dolce e bella Marcelline, invisibile cittadina capranichese da più di un anno,
che pensa, parla pure l’italiano e ha tanti diplomi di corsi e corsetti e tanta esperienza: vedrai, vedrai…
Non seguirono rose, solo spine e quello straccio di lavoro l’ha trovato per poche ore e non certo tramite i foglietti che preparammo da
attaccare.
_ Non attacco più un bel niente al vetro delle Botteghe del Paese, non lascio messaggi commoventi, chiedo ed esigo per lei e per me, cittadine italiane, il rispetto della Costituzione e prove tangibili della sua applicazione.
Allora sia ben chiaro al Sindaco che mi legge, all’Assessore alle Politiche Sociali, alle Pari Opportunità di Viterbo, alla Provincia, agli Assessori e Consiglieri, Maggioranza ed Opposizione, a tutte le Istituzioni, che gli abitanti di Viterbo e Provincia, tutte e tutti, meritano rispetto.
_ Lo stesso rispetto che ha chiesto il presidente Mazzoli a Governicontra “per la La Tuscia”, la campagna di comunicazione istituzionale con cui il Governo intende dar conto dell’attività svolta presenti Gianfranco Rotondi, Giorgia Meloni e Raffaele Fitto: Il “momento così critico per
l’economia e la finanza” lo è da un pezzo per molti e “il sostegno, oltre che alla banche va dato anche alle piccole e medie imprese”. Si,venga dato, non solo con “progetti”, parole e convegni e incontri: venga dato alle persone.
Concludo dicendo che non ci interessa affatto, a Marcellina e me, che il diritto di lavorare ed essere retribuite, possa giungere da autorità religiose, umanitarie, amministrative, governative o da singole persone che si “muoveranno”.
_ Chi ha letto potrà concludere con il motto di antica memoria “Me ne frego” o l’americano “I care”.
_ Non si tratta di inviare aiuti in Africa, si tratta di riconoscere dignità
alla persona e al suo desiderio di “lavorare” in Italia e far “sopravvivere” chi è lontano e caro, davvero, in Africa. “Oso chiedere” che almeno per poche ore, che rimangono a Marcelline della giornata, possa vederla sorridere e non raccogliere la sua disperazione, profonda e nera.
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