“Perdite e guadagni molto spesso sono legati inscindibilmente. Ci sono tante cose che dobbiamo abbandonare per poter crescere. Perchè non possiamo amare qualcosa profondamente senza diventare vulnerabili una volta che lo perdiamo. E non possiamo diventare persone separate, persone responsabili, persone che stringono rapporti, persone che riflettono senza perdere qualcosa, senza abbandonare, senza lasciare andare via”. Sono le parole di Judith Viorst, scrittrice e psicoterapeuta, tratte dal suo libro Distacchi, un fondamentale testo degli anni ‘90 tra i pochissimi a essere stati ripubblicati in cartaceo nel secondo millennio. Un fatto assai raro, visto che è sufficiente un anno di vita nel mondo dell’editoria perché un libro venga definito vecchio e quindi rintracciabile solo via web. Forse, azzardo, Distacchi è diventato un evergreen perché è un testo senza tempo: il tema che affronta è infatti parte dell’esperienza umana ad ogni latitudine e in ogni epoca. Non sto parlando della morte, che spesso è il primo termine che corre alla mente se si parla di distacchi. Certamente la morte è un distacco, l’ultimo e definitivo rispetto a ogni altro, ma solo perché incompatibile con il soggetto che la vive: tutti gli altri distacchi, che in realtà spesso viviamo senza accorgercene, sono l’ossatura della nostra esistenza. La vita è infatti un susseguirsi di distacchi, cambiamenti, separazioni, perdite e guadagni, che nutrono la crescita e l’evoluzione umana. Al tema del distacco, dell’abbandono, delle scelte abbiamo dedicato questo primo numero del 2017, dopo il seminario adAltradimoradel settembre 2016. Sfidando rimozione e disagio, proviamo ad affrontare un argomento difficile, intimo, ma emozionante e sociale allo stesso tempo. www.monicalanfranco.it
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