Anna Rossi Doria ci ha lasciato – una perdita per tutt* noi –
Con Anna storica, femminista, socia fondatrice della SIS – perdiamo un’amica carissima e preziosa, uno spirito critico che ci ha accompagnato sulla strada della storia delle donne con il suo acume e la sua intelligenza, una maestra.
Le dedicheremo – scrive la Società Italiana delle Storiche – più di un ricordo e di una riflessione. Ci fa piacere ora rammentare la sua presenza sempre intensa e appassionata alla vita della nostra Società, dalla fondazione nel marzo 1989 con il dibattito che l’ha accompagnata, alle varie iniziative – congressi nazionali, Scuola estiva, seminari e convegni – alle quali ha preso parte, alle cariche sociali ricoperte, alla assidua partecipazione a tutte le scadenze societarie.
Ricordare una storica, una femminista, un’amica: come? Da dove cominciare? I ricordi si affollano nella mia mente, nella dolcezza della gratitudine, nella mestizia della perdita, nella consapevolezza di un’eredità.
Debbo a lei la scoperta delle suffragiste, suffragette, emancipazioniste, che tra Otto e Novecento inondarono le strade americane e inglesi col coraggio di chi dice “basta”, “voglio”, “desidero”, “invento”: basta con la minorità civile delle donne, voglio tutti i diritti, desidero un mondo nuovo, invento come costruirlo: rischiarono di persona, vinsero, ma ancora molto resta da fare.
Tra le storiche della mia generazione furono Anna Rossi Doria e Annarita Buttafuoco le più convinte della necessità di un incontro – teorico, metodologico, politico – tra ricerca storiografica e femminismo, con un impegno tenace che si tradusse nella nascita della Società Italiana delle Storiche, un lieto evento al quale in molte lavorammo, una storia che continua.
Anna era una donna coltissima, che praticava una disciplina generosa e serena sulla quale spesso si infrangeva la mia voglia infantile di rompere il gioco; mi ascoltava pazientemente poi mi invitava alla prudenza e alla responsabilità, mai censurandomi: era la mia grande e bella Maestra, ma so di non essere stata una scolara diligente. Poi gli abbracci ai convegni in giro per l’Italia, l’attesa delle sue parole sempre acute, illuminanti, necessarie, l’ansia e il timore di non incontrarla, gli incontri certi alle manifestazioni femministe romane – noi ragazze per sempre – dalle quali Anna raramente si assentava, orgogliosa di essere una militante all’antica.
Tra i molti ricordi, due hanno per me il suono e il sapore di questa amicizia preziosa: la telefonata che mi faceva ogni anno l’8 marzo, per ricordare “tra noi vecchie” le lotte delle donne per i diritti, e quei carciofi alla mentuccia che mi fece gustare un giorno di tanti anni fa nella cucina piccola e luminosa della sua casa romana: una sorpresa, sapeva della mia passione per i carciofi. Discutemmo dell’uso della mentuccia e di tante altre cose, complici e un po’ spudorate, come avviene tra compagne femministe.
Da Il Manifesto articolo di Vinzia Fiorino – C’è una foto sui social network che la ritrae allegra e informale in un corteo femminista a Roma negli anni Settanta; le sono accanto Alessandra Bocchetti, Rossana Rossanda e Maria Luisa Boccia. Sullo sfondo, mosso dal vento, uno striscione ci lascia intravedere le parole «coscienza femminista». Sarà quella una stagione cruciale nella vita di Anna Rossi-Doria, che più tardi, studiosa anche di Hannah Arendt, non esiterà a definire un periodo di «felicità pubblica». Di quella stagione amava ricordare in modo particolare il suo impegno nei corsi per e con le lavoratrici e i lavoratori – le celebri «150 ore» – e gli insegnamenti da lei tenuti al centro Culturale Virginia Woolf – Università delle donne, fondato a Roma nel 1979.
Nel tempo Anna Rossi-Doria consolida l’interesse e l’impegno nella ricerca scientifica: farà parte infatti delle redazioni di due importanti riviste di storia contemporanea- «Movimento operaio e socialista» e «Passato e Presente» – sarà poi attiva presso l’Istituto nazionale e romano di storia della Resistenza, quindi docente di storia delle donne e di storia contemporanea nelle Università della Calabria, di Bologna e infine di Roma Tor Vergata.
La transizione dall’impegno femminista alla ricerca scientifica nel campo della storia delle donne è certamente il capitolo principale e più interessante della sua biografia intellettuale. Come spesso è accaduto a chi per primo si è addentrato in ambiti storiografici inesplorati, la curiosità di restituire figure del passato altrimenti destinate all’oblio ha rappresentato anche per lei una spinta molto forte. Le donne dei movimenti suffragisti – le suffragiste e non già le suffragette, come amava ribadire perchè questo secondo termine restituiva il dileggio misogino di chi si era opposto al riconoscimento del diritto di voto alle donne – sarà il suo ambito di ricerca privilegiato. Sensibile ai temi della coscienza e dell’autonomia soggettiva, indagherà sui nessi tra rivendicazione del diritto alla rappresentanza politica e appropriazione di una nuova rappresentazione del sé, così come tra rivendicazione di un diritto universale (un universalismo a cui mai rinuncerà come orizzonte politico) e rivendicazione di una specificità di genere; prospettiva che le ha consentito di tematizzare i tanti significati che le donne hanno immesso nella costruzione della cittadinanza e della democrazia.
Negli anni ottanta, quando è forte il nesso tra femminismo e storia delle donne, Anna Rossi-Doria, oltre a far parte del Comitato di Redazione della rivista «Memoria» – prima e originalissima rivista di storia delle donne – e ad essere socia fondatrice della Società italiana delle Storiche, animerà a Modena un importante convegno (gli atti saranno pubblicati con il titolo La ricerca delle donne. Studi femministi in Italia da Rosenberg & Sellier nel 1987): vi prenderanno parte storiche, antropologhe e filosofe, ma anche psicoanaliste ed epistemologhe: la soggettività femminile è il tema centrale, lì però capace persino di rimettere in discussione l’oggettività delle scienze dure e di far intravedere una rottura epistemologica nella pratica storiografica.
Rossi-Doria, però, più incline alla letteratura che alla filosofia, non ha avuto un interesse particolare per le riflessioni teoriche; quando il dibattito internazionale sulla Gender History diviene sempre più sofisticato, teme che si sia smarrita l’antica adesione alle esperienze e alle scelte compiute dalle donne. Il suo è stato però un approccio concettualizzante: indagare sulla storia politica delle donne per lei ha significato interrogarsi su importanti nodi teorici riguardanti i sistemi giuridici, i discorsi scientifici (che hanno nella storia legittimato l’esclusione delle donne dai diritti politici), e da ultimo la possibilità di conciliare l’universalismo dei diritti umani con altre tradizioni culturali e con le specificità di genere. Questa resta la sua cifra, ben riconoscibile nella sua ultima fatica: Dare forma al silenzio. Scritti di storia politica delle donne (Viella, 2007).
Ci lascia un ultimo messaggio: attraverso il confronto con le riflessioni di Michel De Certeau e di Marc Bloch, in più luoghi ha ribadito il dovere morale di raccontare la storia di cui si è stati protagonisti: da qui alcuni suoi contributi sulla storia del femminismo, per lei ancora tutta da scrivere
Anna Rossi-Doria – Figlia di Manlio Rossi-Doria, si è laureata alla Facoltà di Lettere dell’Università di Roma nel 1962. Ha insegnato Storia delle donne e Storia contemporanea in diverse università italiane. Ha fatto parte della redazione della rivista “Passato e presente” e degli organi direttivi dell’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza e della Società italiana delle storiche di cui è stata una delle socie fondatrici (marzo 1989). Tra i suoi interessi, oltre alla storia delle donne e del femminismo, quella dei movimenti contadini dell’Italia meridionale, dell’antisemitismo e dell’Olocausto. Sposata con Carlo Ginzburg (dal matrimonio sono nate la storica dell’arte Silvia Ginzburg e la scrittrice Lisa Ginzburg). Ha sposato in seconde nozze Claudio Pavone.
OPERE PRINCIPALI
Il ministro e i contadini: decreti Gullo e lotte nel Mezzogiorno, 1944-1949, Roma, Bulzoni, 1983
Diventare cittadine: il voto alle donne in Italia, Firenze, Giunti, 1996
Memoria e storia: il caso della deportazione, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998
Dare forma al silenzio: scritti di storia politica delle donne, Roma, Viella, 2007