FORTUNATA – Castellitto e Mazzantini in un lungometraggio che affronta anche il tema del rapporto madre-figlia
“L’amore nel senso di concupiscentia è la più infallibile dimensione dinamica che porta l’inconscio alla luce” (Jung.)
Sesto lungometraggio di Sergio Castellitto, Fortunata nasce dalla trasposizione del romanzo di Margaret Mazzantini che ha scritto la sceneggiatura con la collaborazione di Francesca Manieri e lo stesso Castellitto.
Fortunata è una donna che lotta con la vita dall’alto dei suoi trampoli con caparbia determinazione. Vive con la figlia Barbara di otto anni in un quartiere popolare di Roma abitato più da cinesi che da romani, lavora come parrucchiera a domicilio, subisce in silenzio l’ex marito che si presenta quando vuole, non per stare con la figlia ma per riappropriarsi come padrone del suo corpo. Fortunata corre dalla mattina alla sera sui trampoli e lotta per il sogno che risolverà tutti i suoi problemi come una vincita al lotto: un salone di parrucchiera. Smetterà di correre, pensa Fortunata, e la figlia finalmente giocherà facendo il colore alle clienti e Chicano, il fedele amico d’infanzia che l’ama in silenzio e le disegna ali tatuate sulla schiena, lavorerà accanto a lei.
Ma i soldi non bastano mai, l’ex marito la ostacola, Chicano soffre di una malattia psichiatrica ed è sballato di sostanze e di troppa vicinanza a una madre malata di Alzheimer, Barbara non ce la fa più a fare una vita da adulta. Sempre di corsa, senza amici con cui giocare, Barbara sputa letteralmente sui compagni di scuola la rabbia che ha dentro. Per questo, viene segnalata ai servizi sociali e inizia le sedute con Patrizio, uno psicoterapeuta che sa accogliere il suo malessere di bambina. Ma anche Fortunata ha dentro di sé una bambina arrabbiata che pretende ascolto e, così, attratta irresistibilmente da una dimensione interiore di cui soltanto Patrizio sembra avere la chiave d’accesso, instaura con lui un rapporto d’amore.
Come in precedenti film di Castellitto tratti dai libri della Mazzantini, la potenza del de-siderio spinge gli amanti protagonisti di questa storia fuori rotta come naviganti privi di bussola. Fortunata “tradisce” Barbara, l’amata figlia, sottraendole il sostegno emotivo che le assicura la psicoterapia e tutte le sue certezze vanno in frantumi lasciando affiorare il passato traumatico di bambina. Patrizio viene meno all’etica professionale. Insieme, i due amanti sono catapultati dall’eros in un vortice archetipico entro cui convivono forze costruttive e distruttive, vita e morte.
Altrettanto forte, in Fortunata, è il tema del rapporto madre e figlia. Fortunata e Barbara dormono nello stesso letto, vicine, anzi con-fuse dall’assenza di un padre/marito violento, stessi trampoli per guardare le difficoltà dall’alto e “per non perdersi d’animo mai” – come dice la canzone Vivere di Vasco Rossi nel finale del film – entrambe ferite, entrambe esplosive e pulsanti di vita. C’è poi il tema di un femminile “primitivo”rappresentato da Fortunata, forte e fragile allo stesso tempo, eroico “contro tutto e tutti” ma anche erotico. C’è poi la drammaticità di vite misere ma anche la tenacia nella speranza di un domani migliore dell’oggi.
Jasmine Trinca, bravissima nei panni di Fortunata, ha vinto il premio come migliore attrice della sezione Un certain regard del 70° Festival di Cannes.
Bravi tutti gli interpreti, dalla piccola Nicole Centanni a Stefano Accorsi, Alessandro Borghi, Edoardo Pesce e Hanna Schygulla.