A ventiquattro ore dal voto in Senato sul rifinanziamento delle missioni militari, esponenti dell’associazionismo pacifista, del giornalismo, della ricerca e dell’Università, si sono incontrati a Roma (26 marzo) per un primo appuntamento di un percorso che ha come obiettivo quello di contribuire alla definizione di un piano alternativo per l’Afghanistan. In questa occasione è stato diffuso l’appello che pubblichiamo di seguito.Con questo primo tassello di un lavoro comune oltre la scadenza del voto parlamentare, si dà vita a un tavolo di lavoro permanente che, a partire dalla socializzazione delle informazioni e della documentazione, consenta poi il confronto e l’approfondimento dei nodi della questione afghana (una questione regionale e non solo di un paese) per delineare un piano di intervento della comunità internazionale da sottoporre a Governo e Parlamento, in vista dell’appuntamento di ottobre quando l’Italia sarà relatrice all’Onu sulla componente militare della missione in Afghanistan.

A giorni sarà aperto il sito www.afgana.it quale contributo alla costruzione di un sistema unitario d’informazione e al coinvolgimento sempre più ampio della società civile nella conoscenza della complessità del problema Afghanistan nonché delle articolazioni presenti anche nella società civile di quel paese.

{{APPELLO}}

Sei anni sono passati dall’inizio della guerra in Afghanistan. Le promesse di pace e benessere per quel popolo martoriato dal regime talebano e dai signori della guerra sono rimaste lettera morta.

{{E’ opinione largamente condivisa che l’intervento internazionale finora messo in campo si sia rivelato un fallimento, e che la situazione si aggravi di giorno in giorno.}}

Nel paese dilagano fame, povertà, esclusione sociale, violenza, mentre i programmi di ricostruzione, giustizia e cooperazione allo sviluppo subiscono continue battute d’arresto. Invece di progredire verso la pace e la riconciliazione, l’Afghanistan sta sprofondando nella violenza.

{{Noi chiediamo al Governo Italiano di intervenire in tutte le sedi internazionali}}, a partire dall’Onu dove si deve ridefinire il mandato della missione in Afghanistan, {{per promuovere un deciso cambio di rotta nell’atteggiamento della comunità internazionale}}.

{{Chiediamo all’Italia di aprire un ampio dibattito coinvolgendo la società civile afghana}} e i settori più consapevoli della politica, delle istituzioni, della società civile internazionale. Siamo convinti che la società civile italiana possa e debba portare un contributo di esperienza e di competenza a questo impegno necessario.

{{Nel nostro paese negli ultimi mesi molto si è parlato dell’Afghanistan, poco però del popolo afghano, dei suoi bisogni, di come viene intesa e percepita la presenza occidentale.}}

Poco o nulla si è discusso e argomentato sulle possibili vie d’uscita politica e negoziale da quella che rischia di essere l’ennesima avventura militare dagli esiti disastrosi.

{{La questione afghana racchiude in sé molti elementi che vanno guardati in profondità tra cui la storia del paese, le sue contraddizioni e potenzialità, il rapporto con i vicini e in particolare il Pakistan ma anche gli interessi geostrategici di potenze esterne alla regione, la questione delle basi militari, la vicenda del fondamentalismo islamico, la realtà dei talebani, la geopolitica dell’oppio.}}

Più in generale la guerra in Afghanistan rimanda ancora ai nodi cruciali con i quali confrontarci anche in futuro: il ruolo dell’Onu e della comunità internazionale; le relazioni, spesso confuse e strumentali, fra le Nazioni unite e la Nato; la sproporzione fra intervento militare e intervento civile nelle aree di conflitto; il senso, le finalità e la composizione delle missioni di pace.

{{Di fronte al fallimento dell’attuale intervento internazionale}}, sentiamo il dovere di ragionare sulle opzioni alternative a quelle finora praticate, condividendole con la società civile afghana.

{Primi firmatari dell’appello sono:

Linda Bimbi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale), Raffaella Bolini (ARCI), Luigi Ciotti (Gruppo Abele), Lisa Clark (Beati i costruttori di pace), Tonio Dall’Olio (Libera), Elisa Giunchi (Università degli Studi di Milano) Emanuele Giordana (Lettera22), Simona Lanzoni (PANGEA), Flavio Lotti e Grazia Bellini (Tavola della pace), Giulio Marcon (Lunaria), Sergio Marelli (Associazione ONG Italiane), Margherita Paolini (LIMES), Alessandro Politi (analista strategico e OLINT), Laura Quagliolo (CISDA), Gianni Rufini (Docente di aiuto umanitario e peace keeping Università di York), Raffaele K. Salinari (Terres des Hommes),Gigi Sullo (Carta), Gianni Tognoni (Tribunale Permanente dei Popoli), Michelguglielmo Torri (Asia Maior) Riccardo Troisi (REORIENT)
}