ROMA – Tre donne stanno al centro del nuovo romanzo di Dacia Maraini
Sabato 18 novembre alle ore 12 nella Libreria nuova Europa i Granai in via M.Rigamonti 100 a Roma Choara Valetini presenta l’ultimo libro di Dacia Maraini “tre donne” edito da Rizzoli. Sarà presente anche l’Autrice.
Del Libro Isabella Bossi Fedrigotti scrive sul Corriere Cultura
Tre donne stanno al centro del nuovo romanzo di Dacia Maraini che, appunto Tre donne s’intitola (Rizzoli). Sono una nonna, ex attrice riciclatasi in «donna delle punture» a domicilio, di pensieri audaci e umore quasi sempre allegro, una madre casalinga tuttofare e, insieme, traduttrice e sognatrice, e una figlia (e nipote) diciassettenne come oggi sono molte figlie e nipoti della medesima età, e cioè egoiste, ribelli, tatuate, non tanto gentili in famiglia ma, anche, sotto la prima scorza dura, infinitamente tenere.
Hanno poco in comune le tre donne, spesso si danno sui nervi a vicenda, spesso poco si sopportano vista anche l’esiguità dello spazio in cui si ritrovano a convivere. La nonna ancora vorrebbe amore (e, così sembra, anche sesso) nonostante l’età non più freschissima, e freneticamente chatta via Internet nella speranza di trovarvelo prima o poi. La figlia è convinta di averlo già trovato, sia pure a molti chilometri di distanza, mentre l’esuberante figlia e nipote postadolescente più che altro l’amore provvede a farlo (con un suo compagno di scuola, non necessariamente amato, ma simpatico, con un buon profumo di pulito e con un monolocale a disposizione).
Poco, dunque, hanno in comune, tranne il fatto che tutte e tre, ciascuna a modo suo, tengono un diario. La nipote nel modo più tradizionale, su un quadernino che poi nasconde dentro un buco del muro, dove, peraltro, quando troppo si annoia, la nonna, che della casa e dei suoi muri conosce tutti i segreti, se lo va a leggere. La figlia scrive lunghe lettere — ostinatamente su carta — al suo corrispondente lontano registrando con puntiglio sentimenti e avvenimenti; e la nonna, che scribacchina non è, incide il racconto delle sue giornate sul nastro di un piccolo registratore che l’accompagna sempre.
«Una storia di amore e disamore» recita il sottotitolo, e il lettore potrebbe essere portato a pensare che nel romanzo convivano due storie contrastanti, una rosea e l’altra grigio-nera, e invece di storia ce n’è una sola, che ora prende un colore, ora l’altro. Amore è comunque il tema centrale, assoluto dell’intera narrazione: desiderio, bisogno, fame, mancanza o nostalgia d’amore, e ciascuna delle tre donne vi anela con determinazione, scoprendo tuttavia alla fine che lo cercava probabilmente nel luogo sbagliato.
Tutto precipita quando, nel bel mezzo delle tre un poco scombinate esistenze, sbarca un uomo bello, misterioso, desiderabile, che altri non è se non l’amore lontano della traduttrice sognatrice. La tempesta che il suo arrivo provoca quasi non la si vede, quasi non la si sente, sembra increspare appena la superficie dell’acqua, ma sotto, nel profondo, smuove onde, rimescola correnti. E viene da pensare al recente film di Sofia Coppola dove un soldato sudista gravemente ferito — siamo al tempo della guerra di secessione americana — viene ritrovato e curato dalle convittrici di un isolatissimo collegio per signorine, accendendo presso di loro — pur così malmesso — desideri e sensazioni che la regola monacale dell’istituto aveva insegnato a reprimere.
Assai meno drammatica, e niente affatto cruenta, è la vicenda narrata da Dacia Maraini; soprattutto, mentre là le protagoniste sono devote educande ottocentesche, qui sono libere ed emancipatissime donne contemporanee: ciononostante le pulsioni scatenate dall’irrompere del bel maschio affascinante in una piccola comunità femminile — di ieri come di oggi — in qualche modo si somigliano. E naturalmente, forse addirittura inevitabilmente, in entrambe le vicende succede qualcosa che mai avrebbe dovuto.
L’autrice, si sa, ha mano esperta — e felice — nel dosare gli elementi di una narrazione che risulta, di nuovo anche qui, equilibrata in modo armonioso. Le tre donne, pur così diverse, hanno, insomma, lo stesso peso e si prendono lo stesso spazio; armoniosamente, si cedono a vicenda la parola, di modo che i loro racconti in prima persona si alternano intrecciandosi in uno solo senza stacchi né fratture. Un romanzo femminista lo si potrebbe definire, ma femminista in quella maniera composta, rigorosa ma affettuosa, di tanti altri libri di Dacia Maraini: dove mai c’è dottrina, mai c’è teoria e men che meno ci sono proclami, bensì soltanto ritratti di donne grandi o piccole, famose o sconosciute che meritano stima; e che meriterebbero probabilmente — è questo quel che al lettore del nuovo libro può passare per la testa — uomini un po’ migliori di quelli che si trovano accanto.