UNIFEM Italia: 16 giorni contro la violenza di genere
Da qualche anno a questa parte, un gruppo di Agenzie delle Nazioni Unite, insieme ad un cospicuo numero di organizzazioni non governative impegnate per i diritti delle donne, presentano la campagna “16 Days of Activism against Gender Violence” (16 giorni di attivismo contro la violenza di genere).Nel dicembre 1999, alla sua 54° Sessione, l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 54/134 con cui si dichiarava il 25 Novembre la Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne.
_ {{Le origini del 25 novembre}} quale data scelta “per non dimenticare” risalgono al 1960, quando le tre sorelle Mirabal della Repubblica Dominicana furono violentemente assassinate per il loro attivismo politico.
_ Le sorelle, conosciute anche come le “Farfalle Indimenticabili”, sono divenute il simbolo della problematica della violenza contro le donne in America Latina. La giornata del 25 Novembre è stata perciò la data scelta dall’ONU per commemorare le loro vite, insieme a quelle di tutte le donne che si sono battute per i diritti femminili, e per promuovere il riconoscimento globale della violenza di genere.
Da qualche anno a questa parte, un gruppo di Agenzie delle Nazioni Unite, insieme ad un cospicuo numero di organizzazioni non governative impegnate per i diritti delle donne, presentano la campagna “16 Days of Activism against Gender Violence” (16 giorni di attivismo contro la violenza di genere). Anche quest’anno, essa avrà luogo dal 25 novembre al 10 dicembre 2007 (Giornata Mondiale per i Diritti Umani). Tali due date sono state scelte per collegare simbolicamente la violenza contro le donne e i diritti umani, e per sottolineare che tale forma di violenza è una violazione dei diritti umani.
Il titolo della {{campagna del 2007}} è “Demanding Implementation, Challenging Obstacles: End Violence Against Women” ({Chiedere implementazione, sfidare gli ostacoli: porre fine alla violenza sulle donne}), ed è dedicata a eliminare le sfide e gli ostacoli che impediscono il lavoro di attivisti, reti e organizzazioni impegnati per mettere fine a tutte le forme di violenza nei confronti delle donne.
_ Più in generale, questi 16 giorni sono dedicati alla realizzazione di eventi e iniziative volti a sensibilizzare ed informare il pubblico e la comunità internazionale su questa problematica purtroppo ancora poco nota.
È per questo che il Comitato Nazionale UNIFEM Italia onlus (*) ha deciso di dare il proprio contributo alla campagna, redigendo un documento dal titolo “{{ {Potete indicare 16 forme di violenza di genere?} }}”, che elenca 16 tipi di violenza (tante quanti i giorni di attivismo della campagna) praticati nei confronti di donne e ragazze. Ad ogni tipo di violenza segue una breve spiegazione del fenomeno. UNIFEM Italia ha creduto importante realizzare tale iniziativa per portare a conoscenza del pubblico violazioni ancora sconosciute e per evidenziare come anche fenomeni spesso considerati normali e assodati rappresentino una forma di violenza.
{{Potete indicare 16 forme di violenza di genere?}}
{{1. Violenza sessuale come strumento di guerra}}
Nonostante le norme internazionali vietino lo stupro ad opera dei combattenti, durante i conflitti le donne continuano a subire tale forma di violenza. Inoltre, nel contesto delle guerre etniche, la violenza sessuale assume un nuovo, terribile significato, diventando una delle armi di cui i combattenti dispongono per annientare l’etnia nemica. Talvolta le violenze sessuali fanno parte di un disegno di abusi e intimidazioni e sono utilizzate dai combattenti come strumento per seminare terrore e costringere le popolazioni a fuggire. Altre volte l’obiettivo è quello di provocare la gravidanza coatta delle donne, affinché generino figli dell’etnia del violentatore. Il fenomeno ha assunto proporzioni drammatiche nelle nei conflitti dell’ex-Yugoslavia.
{{2. Selezione del sesso prima della nascita}}
Nei paesi dove la nascita di bambine è concepita come una sfortuna per la famiglia (ad esempio in India, a causa dei costi economici legati alla dote che una ragazza deve possedere per sposarsi), sono usuali gli aborti a seguito di ecografie che rivelano il sesso del nascituro. Il Governo indiano ha proibito l’uso di tecnologie diagnostiche prenatali e i ginecologi hanno il divieto di dare informazioni a riguardo, ma nonostante ciò alcune cliniche continuano a fornire queste informazioni dietro compensi molto alti e offrono assistenza per eventuali aborti. Alcuni medici hanno addirittura iniziato, illegalmente, a girare per i villaggi e le zone rurali, dotati di apparecchiature per determinare il sesso del nascituro. Una tecnologia utilizzata per migliorare la salute del feto è oggi divenuta, purtroppo, uno strumento che può determinare la vita o la morte di una bambina.
{{3. Mutilazioni genitali femminili (MGF)}}
Sono almeno 135 milioni, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le ragazze e le bambine che hanno subito mutilazioni sessuali e ogni anno se ne aggiungono altri due milioni. Le MGF sono praticate soprattutto in Africa e in alcuni paesi del Medio Oriente, ma anche in occidente, all’interno delle comunità di immigrati. Esistono diversi tipi di mutilazioni dei genitali femminili, di diversa gravità: la più innocua consiste nel rimuovere il cappuccio del clitoride, mentre la più brutale è l’infibulazione, che consiste nella rimozione del clitoride insieme alle piccole labbra e parte delle grandi e nel ricucire l’apertura lasciando solo un piccolo spazio per il passaggio delle urine e del sangue mestruale. Nonostante i rischi per la salute ed i gravi e accertati danni psicologici e fisici, queste pratiche continuano ad essere diffuse e molte donne incoraggiano le proprie figlie a subirle. La motivazione addotta spesso è la volontà di salvaguardare l’accettazione sociale da parte della comunità e di proteggere la reputazione delle ragazze. La procedura viene di solito eseguita con strumenti rudimentali ed in condizioni pericolose per la salute delle bambine e ragazze.
{{4. Rogo della sposa e altre forme di violenza legate alla dote}}
La religione induista prevede che la moglie segua il marito anche nella morte: nel sati, rito vietato nel 1829 ma ancora diffuso, la vedova muore arsa sulla pira funeraria, insieme al corpo del marito defunto. Nel 2006, nelle regioni del Madhya Pradesh e del Rajastan c’è stata un’escalation di tale fenomeno: oggi il sati è considerato un crimine, ma non sono poche le donne disposte a raggiungere i loro sposi nel fuoco: ciò è dovuto alla deprecabile condizione sociale della vedova, spinta dai parenti del marito a vivere di elemosine nei luoghi sacri, per non essere di peso alla famiglia che la dovrebbe mantenere.
L’arretratezza culturale favorisce sicuramente un atteggiamento mentale ancora forte nelle aree rurali, dove le autorità civili e la polizia, per non parlare dei politici ultrareligiosi, sono vittime della stessa logica e contribuiscono a mantenere in vita un fenomeno del tutto irrazionale.
{{5. Matrimoni precoci}}
Nei villaggi rurali dell’Africa Sub-sahariana, le ragazze spesso sono date in sposa prima di raggiungere la pubertà, all’uomo prescelto dal padre, spesso molto più anziano della ragazza. Purtroppo per le famiglie molto povere, il matrimonio di una figlia è un mezzo economico per sopravvivere. Le ragazze però non ricevono alcuna informazione sulla salute riproduttiva, la contraccezione o le malattie sessualmente trasmissibili. A causa della loro giovane età, i loro corpi non sono pronti per affrontare una gravidanza e ciò comporta gravi rischi per la loro salute e per quella dei loro bambini.
{{6. Crimini d’onore}}
I crimini d’onore sono diffusi nel mondo arabo-musulmano e nel sub-continente indiano. Donne e ragazze vengono uccise in nome dell’onore, dell’amore, della gelosia o della passione, nell’ambito stesso della famiglia, perché sospettate di aver avuto rapporti prematrimoniali; i responsabili vengono raramente puniti in modo adeguato (la maggioranza di essi è condannata a punizioni simboliche). Ciò è dovuto al fatto che, in alcune comunità, l’onore degli uomini dipende dalla purezza delle loro donne (siano esse mogli, sorelle o madri). Il comportamento delle donne è, di conseguenza, un affare di famiglia e non più una scelta individuale. Il “delitto d’onore” prevale maggiormente nei paesi a maggioranza musulmana, nonostante alcuni leader e studiosi islamici abbiano condannato pubblicamente questa pratica, chiarendo che non ha fondamento religioso. In alcuni casi, ragazze e donne sono state costrette a suicidarsi dopo la denuncia pubblica del loro comportamento o a seguito di minacce; altre sono state sfigurate con ustioni caustiche; molte di queste donne muoiono in seguito alle lesioni riportate.
{{7. Rapimento della sposa}}
Il rapimento della sposa, ancora praticato in alcune zone rurali dell’Africa sub-sahariana, anche conosciuto come matrimonio forzato, si verifica quando la ragazza viene presa con la forza o l’inganno da un gruppo di uomini, che comprende anche lo sposo, e obbligata con varie forme di violenza psicologica ad acconsentire al matrimonio. Se la giovane non acconsente subito, il futuro sposo la stupra, per convincerla a rimanere con lui, a causa della vergogna che il subire uno stupro comporta.
{{8. Femminicidio}}
Il problema degli omicidi è all’ordine del giorno in tutta l’America Centrale, regione caratterizzata da alti tassi di criminalità ed impunità. Nonostante gli omicidi si verifichino sia tra donne che uomini, l’alto tasso di morti femminili ha portato a coniare il termine “femminicidio”. Tali uccisioni sono caratterizzate da un’estrema brutalità, realizzate attraverso stupri, torture, mutilazioni, ma non ricevono alcun risalto dai media e spesso vengono negate. Solo in Guatemala nel 2005 sono state uccise così 665 donne.
{{9. Rapimenti e arruolamento di bambine e ragazze combattenti durante i conflitti}}
Troppo spesso si pensa che il problema dell’impiego dei bambini nei conflitti armati riguardi soltanto i ragazzi, mentre nell’ultimo decennio centinaia di bambine e ragazze sono state rapite e costrette a combattere in paesi come Angola, Liberia, Mozambico, Rwanda, Sierra Leone, Uganda, Colombia, Guatemala, Cambogia, Filippine, Timor-Est.
Dopo i conflitti, le bambine rischiano di essere dimenticate ed escluse dai programmi di disarmo e reintegrazione. Molte ritornano spontaneamente alle proprie comunità e non ricevono alcuna assistenza, portandosi dietro una serie di problemi psico-fisici irrisolti. Le giovani donne che sono state rapite o arruolate forzatamente da bambine, e che ritornano a casa con i “figli della guerra”, rischiano di essere rifiutate dalle famiglie e dalle comunità per la vergogna di aver subito uno stupro e di aver partorito dei figli concepiti dai rapitori. Poche ragazze ricevono cure per le malattie a trasmissione sessuale e ciò aumenta il rischio di infezione da HIV e della sua trasmissione a famiglie e comunità.
{{10. Sterilizzazione forzata o altri pratiche riproduttive coercitive}}
Uno sconcertante fenomeno sta emergendo in Uzbekistan: una campagna governativa segreta di sterilizzazione forzata delle donne nelle regioni rurali del Paese. Esiste infatti un decreto del 2000 del Ministero della Salute che ordina la riduzione del tasso di natalità nelle aree rurali del Paese, suggerendo di praticare isterectomie e applicare spirali alle donne subito dopo il parto. L’Uzbekistan è il paese più povero tra le ex repubbliche sovietiche; da qui la decisione del regime di bloccare le nascite. Ma in una società tradizionalista e rurale come quella uzbeca, dove le donne hanno mediamente 4-5 figli, la persuasione non dà molti frutti. Così si è optato per la coercizione, ordinando la sterilizzazione forzata. Sono stati segnalati ben 207 casi di asportazione di uteri sani, non motivati cioè da ragioni mediche d’emergenza e condotti senza il consenso delle interessate. Tale pratica provoca danni enormi alla salute fisica e mentale delle donne, che si sentono frustrate e menomate per il fatto di non poter più avere figli. Molte si ammalano a seguito delle operazioni e non possono più camminare né lavorare nei campi per lunghi periodi.
Quello dell’Uzbekistan non è purtroppo un caso isolato; le stesse politiche sono state messe in atto anche in alcune zone della Cina, dell’India e dei Balcani.
{{11. Stupro conseguente ad un appuntamento}}
Tali stupri si verificano quando un uomo e una donna escono per un appuntamento e l’uomo mette, all’interno della bevanda della donna, una droga che fa perdere conoscenza alla donna, la rende fisicamente incapace di rifiutare un rapporto sessuale, e che le fa perdere la memoria di ciò che è successo.
{{12. Tratta di donne e ragazze}}
La tratta di donne e ragazze è un problema estremamente grave che coinvolge il paese di origine di queste (Nigeria, paesi dell’Est Europa) ed i paesi di destinazione. Le giovani donne sono attirate con l’inganno, con la speranza di un lavoro che possa rendere la loro vita più dignitosa, ma una volta in Europa trovano delle organizzazioni criminali che le introducono nel mondo della prostituzione, da cui è estremamente difficile uscire.
{{13. Violenza domestica}}
Le donne, i bambini e le bambine spesso corrono grandi pericoli proprio in famiglia, il luogo in cui dovrebbero essere più al sicuro. Le vittime soffrono fisicamente e psicologicamente, non sono in grado di prendere le decisioni che le riguardano, dar voce alle loro opinioni o proteggere loro stesse e i bambini per paura di ulteriori ripercussioni.
La violenza domestica è un fenomeno trasversale, non riconducibile a particolari fattori sociali, economici, razziali, religiosi e risponde alla volontà di esercitare potere e controllo sulla vittima. La violenza domestica è quasi sempre un insieme di aggressioni fisiche, psicologiche e sessuali (percosse, ferite, ma anche minacce, insulti, umiliazioni, spesso in presenza dei figli terrorizzati e l’imposizione violenta dei rapporti sessuali) a cui si accompagnano spesso deprivazioni economiche (che vanno dal ridurre al minimo il denaro di cui poter disporre, al prosciugamento del conto bancario, al mancato pagamento dell’assegno stabilito dal Giudice in sede di separazione legale).
{{14. Molestie sessuali sul luogo di lavoro}}
Richieste ripetute e insistenti di rapporti sessuali da parte di persone che possiedono un’autorità nell’ambiente di lavoro, e rivolte a persone di rango inferiore, costituiscono una molestia sessuale anche quando non siano accompagnate da atti fisici. I molestatori utilizzano il loro ruolo di superiore per soddisfare una pervertita equazione: “ho potere e quindi posso disporre sessualmente di chi è gerarchicamente sotto di me”. Purtroppo questo è un fenomeno più diffuso di quanto non si creda, anche se molte vittime preferiscano minimizzare e subire per non aver conseguenze sulla carriera. La molestia presuppone che uno dei due non accetti “il gioco”, anche se si svolge solo sul piano verbale, e che, dopo aver mostrato di non gradire certe attenzioni, sia costretto a subire pressioni, minacce o ritorsioni sul piano professionale.
{{15. Violenza fisica da parte del proprio partner}}
La violenza subita dal partner e’ la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e 44 anni, ancora prima del cancro, degli incidenti stradali e della guerra. In Russia in un anno sono morte 13 mila donne, il 75% delle quali uccise dal partner, mentre il conflitto Urss-Afghanistan nell’arco di 10 anni ha mietuto 14 mila vittime. Il fenomeno della violenza sulle donne non è circoscritto a poche realtà disagiate come i paesi in via di sviluppo, ma è presente in tutto l’Occidente: in America ogni 4 minuti una donna viene violentata; in Svezia, dove l’emancipazione femminile ha raggiunto i massimi livelli, ogni 10 giorni una donna viene uccisa.
{{16. Sfruttamento delle collaboratrici domestiche}}
La schiavitù domestica rappresenta una forma nascosta di asservimento. Sempre più donne lavorano come personale di servizio in economie domestiche private (sorveglianza di bambini e lavori domestici). Le loro condizioni di vita e lavoro sono contrarie alla dignità umana. Lavorano anche 18 ore al giorno, senza riposo né remunerazione. Si ritrovano senza documenti, confiscati dai datori di lavoro, che le minacciano e le sfruttano. Le vittime sono reclutate nei loro paesi di origine direttamente dai datori di lavoro, con la promessa di un impiego ben pagato, oppure tramite agenzie. Solitamente non conoscono né la lingua né le leggi in vigore nel paese in cui si trovano e l’estrema miseria che regna nei paesi di provenienza rappresenta un ulteriore fattore di sottomissione e paura.
Rientra tra le iniziative in programma per i 16 giorni contro la Violenza sulle Donne anche la campagna {{ {Say NO to Violence Against Women} }} (dire NO alla violenza contro le donne). Il 26 novembre 2007 infatti, in occasione di una conferenza stampa a cui parteciperà anche l’Ambasciatrice di Benevolenza dell’UNIFEM Nicole Kidman, sarà presentato il sito internet [http://www.unifem.org/campaigns/vaw_25nov/->http://www.unifem.org/campaigns/vaw_25nov/], su cui sarà possibile registrarsi (attraverso una procedura molto semplice e veloce) per dire il proprio no alla violenza contro le donne.
Nel sito si possono trovare informazioni riguardanti la violenza di genere. La campagna andrà avanti fino all’8 Marzo, Giornata Mondiale della Donna.
(*) UNIFEM è il Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo delle Donne. Creato nel 1976, il Fondo fornisce assistenza finanziaria e organizzativa per soluzioni innovative dirette a promuovere il progresso delle donne e l’eguaglianza di genere, al fine di ottenere una pari collaborazione tra uomini e donne nella costruzione e nello sviluppo della società (maggiori informazioni al sito www.unifem.it e www.unifem.org ). Il Fondo si avvale del sostegno e della collaborazione dei Comitati Nazionali UNIFEM sparsi in tutto il mondo, e tra questi vi è anche il Comitato Italiano
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