Pubblichiamo il testo firmato da Non una di meno in occasione della manifestazione contro le violenze a Macerata indetta a Genova il 3 febbraio scorso.


Da tempo ormai, quando si parla di “pancia” in politica ci si riferisce a discorsi e a retoriche che sollecitano alcuni sentimenti umani: la paura, l’odio, la rabbia fine a sé stessa che degenera in ottuso rancore. La pancia però, ovvero i sentimenti che tutte e tutti proviamo, non si esaurisce in queste emozioni: esiste la gioia, l’amore, la speranza, il coraggio, la rabbia che ci spinge ad opporci alle ingiustizie, la solidarietà…
Le femministe di ieri e di oggi ci hanno insegnato a ragionare, parlare e lottare a partire dalla propria esistenza, dal proprio corpo, dai propri desideri… dalla propria pancia dunque… e da femministe siamo convinte che non dobbiamo lasciare il monopolio della “pancia” ai fascisti, ai leghisti, ai populisti che alimentano paura odio e rancore. Abbiamo bisogno di ripartire dalla nostra capacità di sentire le ingiustizie ovunque e comunque si presentino, di identificarci con le oppresse/i e le sfruttate/i, di usare la nostra rabbia per continuare a lottare, di affrontare la paura di stare insieme tra diverse/i…
Se il fascismo, sia nella sua forma più politica che in quella culturale, è tornato forte nelle scuole, negli stadi, nelle strade è anche perché ci siamo abituate/i ad un utilizzo necrofilo delle emozioni, alla negazione del valore che i sentimenti possono avere per trasformare l’esistente. A seconda del ruolo e del valore che diamo alle emozioni possiamo infatti ottenere esiti assai diversi: la paura può essere usata per mantenerci caute di fronte ai pericoli oppure per alzare muri; la rabbia può alimentare l’opposizione collettiva allo sfruttamento oppure l’accanimento collettivo su un capro espiatorio. Per questo ci vuole una nuova politica delle emozioni che non le lasci ostaggio della destra razzista e sovranista.
Noi siamo femministe e in quanto tali antisessiste, antirazziste e antifasciste perché essere femministe significa avere attenzione alle dinamiche di potere, all’oppressione di alcun*, al dominio di altr*. Da sempre il femminismo si interroga su come possiamo creare un mondo e degli spazi che possano essere degnamente vissuti da tutt* e non solo ad uso e consumo del maschio eterosessuale bianco e ricco. Dobbiamo creare insieme delle città che siano accoglienti anche con chi fa scelte sessuali fuori dalla norma imposta, con chi ha delle disabilità, con chi ha corpi eccedenti, con chi ha la pelle non bianca, con chi è troppo bella e con chi è troppo poco virile… il nostro agire quotidiano è intriso fortemente di antifascismo, e dai suoi due alleati principali l’antirazzismo e l’antisessismo.
Vorrei chiudere ricordando le parole di Emma Goldman, compagna anarchica di qualche tempo fa, che ci aiutano a tenere viva la consapevolezza della carica vitale e rivoluzionaria della nostra pancia: “Se non posso ballare allora non è la mia rivoluzione”. Per questo il 3 febbraio in piazza vogliamo portare non solo la rabbia o il senso di appartenenza ma anche la gioia la fiducia la solidarietà