Ciao Sara, cantrice di una femminilità libera.
La colta e trasparente, delicata e ferrea Sara, non c’è più da pochi giorni. La sua scomparsa fisica mette a dura prova il rapporto che ognuna di noi ha con la morte. E’ vero, non potrò più guardare i suoi occhi pieni di poesia, posso solo ricordare la sua presenza improvvisa e protettiva mentre con Mimma De Leo eravamo chine a ricostruire quel pozzo senza fine che è la storia delle donne. Affannate a ragionare, mentre lei irrompeva con la forza dell’inconscio poetico, mai ostile al mondo nonostante le prove dure delle sue vicende; un amore sfuggito a ogni legge del tempo l’ha ripagata di tutto, credo.
Incomprensibilmente, a volte, proprio i legami di anni si pensa che siano eterni, oppure durino più a lungo, come se la loro robustezza fosse una garanzia. E invece è il contrario, le vite si consumano. Guardo i suoi libri con la dedica: il primo che ho avuto da lei, Fort-Da, raccolta di poesie con la Prefazione di Amelia Rosselli. E poi Io e loro, del ’92, sette racconti morali in cui pernici, ghiandaie, volpi e altri animali fanno da controcanto agli umani. Poi giro fra le mani La cima della stella, del 1998, intermittente incontro di due donne fra Spagna e Italia. E ancora poesia, Una sospettata inclinazione, seconda edizione nel 2002; il potente romanzo Nebris, i Nebrodi, monti della Sicilia orientale dove era nata e che ha lasciato, con una intensa storia familiare alle spalle. A tutte noi, alle donne che ha scelto di raccontare nei suoi libri, rispettandone il mistero ed esaltandone l’autorevolezza, è dedicato Matilde, come una leggenda, del 2008, Non tutto è perduto. Otto storie di donne, del 2011, reca una dedica, a Mimma, rimasta come una signora fino alla fine di questo percorso umano. E poi tanti incontri, poetici, letterari, festival, rassegne. E il movimento delle donne, le recensioni nelle riviste, Leggere Donna, le letture nella Casa Internazionale delle Donne.
Mi rendo conto che ancora una volta mi sono aggrappata alla materialità, quella dei suoi libri, ma da lì sento ancora il canto delle sue parole.
Ciao Sara, cantrice di una femminilità libera.