L’esercito israeliano arresta i bambini palestinesi da tanto tempo, pensa sia necessario a un sistema di sicurezza che deve garantire una vita tranquilla agli insediamenti coloniali che rubano la terra ai villaggi palestinesi. Bisogna agire anche sui più piccoli, perché loro hanno meno paura e lo spirito di ribellione va stroncato sul nascere. La condanna di Ahed Tamini, però, ha mostrato un cambiamento importante. “In un altro momento, magari, sarei riuscito a farla uscire subito di prigione” – racconta a Comune-info Nery Ramati, avvocato israeliano del solo team legale ebreo che difende i Palestinesi (soprattutto bambini e  adolescenti) nei tribunali militari israeliani – “invece le hanno dato 16 capi d’imputazione e sta scontando 8 mesi di carcere. L’estrema destra al governo ha postato su facebook un video in cui la si vede prendere a schiaffi un soldato e ha montato un caso dicendo che l’esercito ha paura di una ragazzina e che lei deve marcire in galera”. Ramati conosce Ahed da anni, l’ha vista spesso difendersi coraggiosamente, anche alzando le mani sui militari, ma in passato i suoi gesti non venivano considerati una minaccia per la sicurezza. Oggi, come si è visto anche con l’ultima strage di Gaza, c’è un desiderio di vendetta e di sangue diverso che si diffonde tra la gente, la versione nazionale di quel populismo reazionario e violento che attraversa anche molti altri paesi. Solo che per Israele i Palestinesi sono non-persone, che infatti vengono giudicate come “casi”, “terroristi”, “arabi”, anche se arrivano appena alla cintola di chi li arresta

Articolo di Laura Fano

— Nery Ramati è un avvocato israeliano difensore dei Palestinesi nei territori occupati. Se non fosse temporaneamente a Dublino, dove l’ho incontrato, avrebbe difeso lui Ahed Tamimi. In questa recente conversazione, avvenuta proprio all’indomani della strage più sanguinosa avvenuta negli ultimi tempi a Gaza, Nery mi ha parlato di come la violenza stia cambiando in Israele e di come il paese non sia esente dal fenomeno del populismo reazionario che sta attraversando tantissimi altri paesi. Quando però questo fenomeno, correlato da un uso tossico dei social media, avviene in un contesto di conflitto, genera tragedie. Visibilmente scioccato dagli avvenimenti del giorno precedente, che appaiono estremi anche a chi ha vissuto una vita intera in un paese in guerra, mi ha parlato di quanto fosse surreale vedere nella stessa giornata una strage di Palestinesi, esponenti evangelici celebrare l’apertura della nuova ambasciata statunitense, e gente comune festeggiare qualcosa di così frivolo come la vittoria all’Eurovision Song Contest.

Nell’ultimo anno una serie di vicende ha riportato Israele al centro dell’attenzione pubblica globale, a partire dalla vicenda di Ahed Tamimi fino ai tragici avvenimenti degli ultimi giorni. Puoi dirci cosa sta succedendo, partendo dalla tua esperienza come avvocato nei territori occupati?

Ahed Tamimi, 17 anni, in carcere e sotto processo per aver cacciato con schiaffi e calci soldati israeliani dalla sua casa
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La vicenda di Ahed Tamimi è un ottimo esempio dei cambiamenti in atto in Israele. L’esercito arresta bambini da moltissimo tempo, come parte di un sistema di controllo dei villaggi nei territori occupati. Possono arrestare bambini dai 12 anni in su, ma spesso prendono anche bambini più piccoli e li tengono in una jeep per qualche ora. E’ un sistema ormai consolidato, che riguarda al 95% bambini che vivono a meno di un chilometro dagli insediamenti dei coloni. Questo sistema di controllo serve a mantenere gli insediamenti sicuri. Quando si crea un nuovo insediamento, costruito sulla terra confiscata ai villaggi palestinesi, comincia ben presto ad espandersi a spese del villaggio. Ha bisogno di maggior territorio, maggiori risorse, che vengono sottratte ai villaggi, e le strade di accesso ai villaggi vengono bloccate. Un villaggio che si trovava a 15 minuti di distanza da Ramallah, tutto a un tratto si ritrova a due ore di distanza. Per i villaggi, questi insediamenti sono come un cancro, e il compito dell’esercito è di permettere ai coloni di condurre una vita regolare, tranquilla, borghese, senza problemi. Ma quando tenti di strozzare qualcuno, questi inevitabilmente reagirà. Per Israele è dunque necessario agire sullo spirito dei villaggi per distruggerlo sul nascere, e sappiamo bene che l’attivismo riguarda per la maggior parte i giovani e gli anziani, perche quelli che stanno in mezzo devono pensare a sopravvivere, a provvedere per i propri figli. Allora bisogna agire sui bambini, anche perché in loro il fattore paura è meno sviluppato – quando sei giovane fai cose che da adulto non faresti perché troppo pericolose. Questo sistema che prevede l’arresto dei bambini è attivo da anni. Ma la vicenda di Ahed ci mostra che le cose stanno cambiando in peggio. Lei è la figlia del capo villaggio, ha partecipato alle manifestazioni da quando aveva sei anni, io la conosco da un decennio. E l’ho vista schiaffeggiare soldati da quando la conosco, regolarmente, ma a nessuno importava veramente. I soldati sapevano che faceva parte del gioco, che in questi scontri le bambine sono in prima fila, urlano, spingono, schiaffeggiano, i soldati cominciano a tirare i gas, i ragazzi rispondono con le pietre. Ma non è mai stata considerata una questione di sicurezza. E l’evento per cui è stata arrestata non era diverso dalle altre volte.

E allora cos’è cambiato?

Quello che è successo è che l’estrema destra, che fa parte della coalizione di governo, attraverso questo ex rapper che ha circa 50.000 followers sui suoi social media, ha iniziato a postare su facebook il video della manifestazione. Questa base di ultra-destra si è aizzata contro di lei, dicendo che i soldati israeliani avevano paura di una ragazzina, e che quindi doveva essere uccisa. Così funziona il populismo. Si è allora scatenata una gara tra i tre partiti al governo, a chi era più di destra, e il Likud, il partito di Netanyahu, ha detto: “Deve marcire in prigione!”. Il terzo partito, quello di Lieberman, ha detto lo stesso, ed essendo lui il Ministro della Difesa ha lasciato l’esercito senza scelta. L’hanno arrestata nel bel mezzo della notte, ma per il fatto di aver semplicemente schiaffeggiato un soldato, come avvocato l’avrei potuta far uscire subito. Tuttavia, sono andati sulla sua pagina facebook a raccogliere tutte le sue dichiarazioni, foto e prove del suo attivismo e della sua determinazione a combattere lo stato di Israele. Per questo motivo è stata accusata con 16 capi di imputazione e per questo deve scontare otto mesi. Perché ora parte tutto dalla base, dalla folla, e dalla sua voglia di vendetta e sangue.

Il cambiamento di cui parli è generale?

Quello a cui stiamo assistendo in Israele è un cambio nelle élite. In passato l’elite era più o meno di centro-sinistra, labour, anche se un labour molto particolare. Cercavano in qualche modo di trovare una soluzione. Il conflitto è sempre stato molto violento e molto pesante per i Palestinesi, ma era gestito dall’esercito. Paradossalmente, non è stato un conflitto con un alto numero di morti, se si considera che va avanti da oltre 50 anni, costringendo tre milioni di persone a vivere senza diritti. Questo sistema ingiusto è stato mantenuto in una maniera molto violenta e oppressiva, ma non aveva causato un numero alto di morti rispetto ad altri conflitti. Fino agli anni ‘80 i territori erano completamente aperti, i Palestinesi non avevano diritti ma almeno avevano libertà di movimento e potevano lavorare, era una specie di apartheid “gentile”. Ora non è più cosi, il razzismo e il fatto di non considerare i Palestinesi come essere umani, nel contesto del conflitto, hanno reso la situazione altamente incandescente. Se ci sono così tanti soldati che possono tranquillamente prendere di mira persone e ucciderle senza porsi alcuna domanda, è perché i Palestinesi non sono considerati essere umani. La violenza istituzionale in Israele sta cambiando, il paese è meno militarizzato ma molto più violento. La percentuale di persone che entrano nell’esercito è scesa dal 75% degli anni ‘80 al 49% di oggi. L’esercito rappresentava in qualche modo una forza di stabilizzazione, di controllo, mentre adesso la violenza è ovunque. Le nuove generazioni sono convinte che possono usare violenza da sole senza bisogno dell’esercito.

Ci puoi raccontare come si svolge il tuo lavoro di avvocato in difesa dei Palestinesi in Cisgiordania?

Io lavoro principalmente in Cisgiordania, nei tribunali militari. L’origine dei tribunali militari è la seguente: quando viene occupato un territorio, si diventa poi detentori del potere su tutti i sistemi che reggevano quel territorio, come la sanità, l’istruzione, e dunque anche l’amministrazione della giustizia. I comandanti militari governano i territori occupati, hanno il potere di legiferare, di creare tribunali militari. Ma questo sistema si basava sull’idea che, mentre c’è una guerra tra due paesi, durante questa guerra alcuni territori vengono occupati fino alla fine del conflitto. Ma questo poteva applicarsi alle guerre di altri tempi. Certamente non è uno strumento che può essere adottato per 50 anni. Questo è il quadro legale di queste regioni, ma il problema è che gli Israeliani hanno cominciato a trasferirsi e occupare questi territori. In teoria dovrebbero essere sottoposti alle stesse leggi, ma non vogliono essere sottoposti alla giustizia militare e quindi è stato creato questo stratagemma – gli Israeliani portano con sé il loro zaino di diritti. In questo modo, se hanno un problema con la giustizia, vengono giudicati nei tribunali israeliani e le corti militari sono diventate esclusivamente tribunali per i palestinesi. Ancora peggio: il concetto dello zaino è valido solo per gli ebrei israeliani, non per i palestinesi israeliani, per loro lo zaino dei diritti è come se lo avessero dimenticato a casa!

In questo contesto vincere una causa non è cosa facile, tuttavia queste non sono corti marziali, e ho passato molto tempo a pensare perché cercano in ogni modo di comportarsi e apparire come tribunali normali. Servono prove, si ascoltano testimoni, da fuori sembrano tribunali civili, poi ovviamente da dentro capisci come funzionano veramente. Ora penso di aver capito qual è il motivo.

Vogliono salvare le apparenze di fronte all’opinione pubblica?

Non è solo una questione di pubbliche relazioni. Il motivo è che il personale è formato da gente di legge che non si sentirebbe a suo agio a lavorare in maniera diversa. Ovviamente sono ciechi su molte cose, e hanno scelto di essere ciechi. Queste corti hanno un tasso di condanna del 99,3%, ma noi abbiamo un raggio di azione dello 0,7%. Se ci sono circa 12.000 casi all’anno, lo 0,7% equivale a molti casi che possiamo vincere. La maggior parte degli avvocati nei tribunali militari sono palestinesi, noi siamo l’unico team legale di ebrei che difende i palestinesi nelle corti. E molti di questi avvocati palestinesi sono bravissimi, ma la mole di lavoro che hanno è incredibile. E ovviamente i tribunali ci trattano in maniera diversa rispetto a loro. Al principio questa cosa mi disturbava, ma poi ho capito che potevo usarla a vantaggio dei miei clienti. In questi tribunali ci sono giudici bravi e altri meno, come in qualunque sistema, ma il vero problema è che, come qualunque altro Israeliano, non vedono i Palestinesi, non riescono a vederli.

Cosa vedono?

Vedono casi, terroristi, arabi, ma non vedono esseri umani, e una delle ragioni principali è perche nessun giudice o procuratore parla arabo. Parlare arabo non significa solo capire quello che viene detto, attraverso il linguaggio si comprende la cultura. Quando tutto quello che viene detto passa attraverso la traduzione, si perde moltissimo. Quindi non vedono persone, e una cosa in cui io posso essere utile è cercare di mitigare questo fatto. Provo sempre a presentare le azioni e le persone in un contesto israeliano, racconto sempre la storia di quando da piccolo con i miei amici tiravo pietre ad una caserma solo per il gusto di vedere i soldati uscire in jeep. Cerco di fargli capire che tutti i bambini, se vedono pietre, per istinto vogliono farle volare per vedere cosa succede! Tirare le pietre al muro di separazione è la cosa più comune che i bambini palestinesi fanno. E bambini, adolescenti e ventenni formano la gran parte dei casi che difendo. Io dico ai giudici: cercate di ricordare, non pensate ‘arabo’, pensate a voi stessi. Posso usare un contesto che i Palestinesi non hanno.

Parliamo di quello che sta succedendo a Gaza in quest’ultimo mese.

Quando mantieni la gente in prigione per così tanto tempo – e Gaza è esattamente una grande prigione – alla fine esplode, esploderà. Moltissimi palestinesi vanno alle proteste sapendo che potrebbero morire e questo ci dimostra non quello che continuano a dirci, ossia che sono terroristi di Hamas, ma semplicemente la loro disperazione. Se la gente è pronta a fare ciò in massa allora significa che la disperazione è arrivata a un livello altissimo.

E sicuramente l’elezione di Trump ha rafforzato la posizione delle nuove élite di cui parlavi…

L’elezione di Trump gli ha dato il via libera. Il messaggio di Obama ad Israele era: “Non potete fare tutto quello che volete, almeno finché io sono presidente” – anche se ovviamente anche lui era pro-Israele come qualunque presidente statunitense. Trump e la sua avventatezza hanno dato un segnale ad Israele che può fare qualunque cosa, e ciononostante il paese continuerà ad essere una grande potenza mondiale. E’ incredibile che non vengano adottate sanzioni contro Israele, e sappiamo che non verranno adottate.

Per quanto riguarda lo spostamento dell’ambasciata, tuttavia, non penso che Israele lo volesse. Era una promessa elettorale di Trump agli evangelici, che rappresentano il 65% dei suoi voti. Credono che il Messia verrà a Gerusalemme dopo una grande guerra in cui tutti moriranno – l’Armagheddon – quindi vogliono una loro sede a Gerusalemme per quando Dio arriverà. E’ una decisione che è stata presa 20 anni fa dal congresso nordamericano, ma tutti i presidenti degli USA da allora l’hanno sempre bloccata – fino a Trump. Gli Israeliani non la volevano, l’estrema destra ovviamente sì, ma l’establishment no, perche immaginava che avrebbe creato tutto questo disastro. Ovviamente non possono dirlo, sono di destra, e quindi devono dire che è fantastico, è tutto bellissimo. Per quanto riguarda l’Iran, lo stesso, secondo l’establishment della sicurezza israeliano l’accordo era un ottimo accordo. Io non faccio parte di quella categoria di persone che pensano che Trump sia una marionetta nelle mani di Netanyahu, al contrario, Israele è sempre stato una marionetta nelle mani degli Stati Uniti.