La cura e la protezione della Terra: ecco il nucleo fondante delle opere esposte dal 28 giugno 2018 al pianterreno del PAN Palazzo delle Arti Napoli (Via dei Mille 60, 80121 Napoli, vernissage alle ore 17.30) per la mostra Se dici Terra , a cura di Susanna Crispino.

L’esposizione è realizzata in collaborazione con l’ufficio della delegata alle Pari Opportunità e l’Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli e riunisce le opere del gruppo Se Dici Mani composto da Anna Crescenzi, Adriana Del Vento, Mina Di Nardo, Consiglia Giovine, Nicca Iovinella, Anna Maglio, Renata Petti, Carla Viparelli.

La mostra sarà visitabile fino al 9 luglio, tutti i giorni tranne il martedì dalle ore 9,30 alle 19,30 – la domenica dalle 9,30 alle 14,30

 

 

I lavori in mostra operano una riflessione sulle responsabilità individuali e collettive nella salvaguardia del territorio e dell’ambiente, sull’importanza di un ruolo attivo per fondare una pratica ecologica globale ed autentica La mostra si pone su questa linea e tuttavia la rinnova attraverso lo spostamento della pratica artistica su due piani differenti. Innanzitutto, i lavori sono esposti all’interno di un museo, ovvero in un luogo deputato alla fruizione dell’arte, rivendicando quindi la specificità del linguaggio con cui trattare l’argomento e la modalità del dialogo con lo spettatore. Inoltre, su un piano operativo, le otto artiste – le loro sedici mani – non si sono semplicemente ritrovate intorno al concept di una mostra, ma hanno elaborato una pratica artistica corale realizzando un’opera comune, ovvero l’installazione che dà il titolo all’esposizione: Se dici Terra, composta da una tavola imbandita con otto piatti, ciascuno contenente una zolla d’erba e contornato da una coppia di posate-scultura realizzate dalle artiste, suggerisce l’azione di “cibarsi” delle risorse naturali, con una duplice lettura.

E’ questa l’anima del laboratorio artistico Se Dici Mani, e da questi temi partono le opere delle artiste. TerrAtanor , ad esempio, di Adriana Del Vento, richiama l’energia trasformatrice contenuta nella natura, rifacendosi al nome del crogiuolo alchemico (Atanor, appunto) ed alla stratificazione temporale insita nelle rocce. La natura, piegata e violata dall’intervento umano, è il fulcro dell’opera di Consiglia Giovine, in cui la materia si compone in un rosso sanguigno, stratificato e scalfito da cicatrici e parole, ma in alcuni punti ingentilito da inserti leggeri e ricucito amorevolmente, come a simboleggiare una volontà di riconciliazione, di riparazione e cura. L’intervento umano sull’ambiente, di fatto, può anche essere positivo, come nelle opere di Anna Maglio, che ricostruiscono visivamente il ciclo vitale dell’agricoltura: Semina, Raccolta, Attesa. Atti che non si esauriscono nel rapporto utilitaristico con la terra, ma sono anche espressione di discernimento, selezione, osservazione. Una presa di coscienza del ruolo – costruttivo o distruttivo – dell’essere umano sull’ambiente viene evidenziata dal video e dalle opere su forex e su carta di Nicca Iovinella, dal titolo Injuries. L’opera ha origine in una installazione, poi divenuta performance, realizzata nel Cratere degli Astroni nell’ambito del progetto LandArt 2013. La natura che riprende i suoi spazi è invece il tema della scultura Ciliegie – Grotta del sole e dell’installazione di stampo concettuale realizzate da Mina Di Nardo. Costituita da due serie a parete di pannelli, intitolati rispettivamente Landscape e Pacciamatura, l’installazione si affida ai materiali ed ai colori per costruire segmenti di un paesaggio ordinato come una centuria, ma in cui la vegetazione sovrasta la geometria dell’intervento umano, auspicando la sconfitta della desertificazione attraverso un intervento umano di protezione del territorio. L’installazione La forza della fragilità di Anna Crescenzi mette in evidenza il complicato rapporto che lega l’essere umano all’ambiente che lo circonda. La sua ragnatela intrappola insetti antropomorfi, figure umane, frammenti di storia e di vita comune, persino strade. Un equilibrio complesso, ma non impossibile, come dimostra Drift di Carla Viparelli, installazione ambientale in cui microorganismi marini fluttuano sulle pareti. Essi simboleggiano l’unità della diversità, in quanto riproduzione fedele dei fossili che, ritrovati in luoghi lontanissimi fra loro, hanno dimostrato scientificamente la teoria della Deriva dei continenti.Una natura che contiene in sé la bellezza e la distruzione: come ricorda l’installazione di Renata Petti intitolata La Scarpa Spaiata che chiude il percorso espositivo. Composta da una scarpa deformata e corrosa dall’acqua e da una rete da pesca, fa riferimento alla Tragedia di Portopalo, uno dei più grandi naufragi avvenuti nel Mediterraneo. Negata in un primo momento, la Tragedia è salita agli onori delle cronache dopo che un pescatore, impietosito dal ritrovamento del documento di un adolescente annegato nella traversata, ne ha dato notizia.