FIRENZE – Campagna di raccolta fondi promossa da donne per completare il restauro dell’ Ultima Cena mai realizzata da una donna, Plautilla Nelli vissuta nel Cinquecento.
Le condizioni di deterioramento del dipinto dell’Ultima cena a santa Maria Novella , infatti, sono molto gravi e dal 2015 è in corso un’operazione per salvare l’opera. La campagna di raccolta fondi è stata lanciata allora da ‘Awa’, ‘Advancing Woman in Art’, organizzazione no profit con sede negli Stati Uniti che da dieci anni lavora nel capoluogo toscano per recuperare opere rovinate di artiste. Sono donne di tutto il mondo unite per sostenere l’arte e il restauro. Il fascino di AWA è il legame che si crea fra le artiste del passato e le donne del presente. Queste donne provengono da ogni nazione. Tutte insieme camminiamo verso l’obbiettivo comune facendo crescere rapidamente la Fondazione e raggiungendo un sempre maggior riconoscimento pubblico delle artiste che vengono fatte conoscere.
Sono 30 le curatrici che a Firenze guidano e sostengono i progetti di AWA. Molte di loro si sono conosciute proprio grazie all’iniziativa della fondatrice Jane Fortune. Dieci anni fa infatti, all’inizio del suo impegno a favore delle artiste operanti a Firenze nel passato, Jane Fortune iniziò a contattare le direttrici e le curatrici dei musei della città introducendo il concetto, allora ancora estraneo in Italia, di “networking”, creando quindi una rete di conoscenza e collaborazione molto importante per AWA. Il Consiglio Onorario delle curatrici museali svolge un ruolo fondamentale: come storiche dell’arte e come responsabili della buona condizione delle opere d’arte che ‘Awa’ propone per il restauro. Le direttrici e studiose guidano ogni progetto, scegliendo insieme alla restauratrice il metodo operativo più appropriato..
Per il restauro dell’ultima cena di suor Plautilla Nelli servono 10mila dollari per ogni santo e 25mila dollari per la figura di Cristo. Obiettivo, completare il restauro per poter esporre l’opera nel museo di Santa Maria Novella dall’ottobre del 2019.
Suor Plautilla Nelli ovvero Pulisena Margherita nata nella famiglia fiorentina dei Nelli nell’anno 1524 fu battezzata il 29 gennaio 1525. Dopo la morte della madre e il secondo matrimonio del padre, Piero di Luca Nelli, mercante, entrò adolescente nel convento domenicano di Santa Caterina da Siena a Firenze dove prese i voti quattodicenne nel 1538 con il nome di Suor Plautilla.
Con questo nome fu molto conosciuta nell’ambiente pittorico dell’epoca. Vasari ci informa che Plautilla avrebbe imparato a dipingere autonomamente, attraverso l’imitazione di altre opere: sappiamo che possedeva dei disegni di Fra Bartolomeo e, probabilmente, anche stampe di opere che circolavano all’epoca. Non ebbe la possibilità di seguire i progressi della pittura perché viveva in convento, le rimase oscuro il passaggio dal rinascimento al manierismo, anche se ebbe la possibilità di conoscere le opere dei maestri che avevano lavorato per i domenicani. La cerchia chiamata “Scuola di San Marco” era frequentata da artisti del calibro di Mariotto Albertinelli, Lorenzo di Credi e Giovanni Antonio Sogliani, oltre lo stesso Fra Bartolomeo.
Viene considerata la prima pittrice fiorentina di cui si conservano opere. Di lei parla Vasari in termini abbastanza lusinghieri, notando nei suoi quadri la non conoscenza del corpo umano maschile e come i suoi santi appaiano molto femminei, così come i volti degli Apostoli dell’Ultima Cena, dipinta per il suo convento. Di questa sua difficoltà di riprodurre corpi maschili dice Vincenzo Fortunato Marchese: « È tradizione che Suor Plautilla, volendo studiare il nudo per la figura del Cristo, si giovasse di quello di una monaca defunta, e le altre suore celiando fossero solite dire, che la Nelli in luogo di Cristi faceva Criste » (Vincenzo Fortunato Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani, Firenze, 1845)
La maggior parte delle sue tele sono state dipinte per il convento di Santa Caterina, ma oggi risultano distrutte, o situate in altro loco. Fortunatamente alcune chiese domenicane hanno conservato alcune sue opere come le lunette con San Domenico e Santa Caterina per il Cenacolo di San Salvi, attribuitele soltanto di recente. Possiamo attribuirle con certezza solo tre opere: Compianto sul Cristo morto, proveniente dalla chiesa del convento di Santa Caterina, oggi al Museo nazionale di San Marco a Firenze – Pentecoste, ancora nel luogo in cui era stata originariamente destinata: la chiesa di San Domenico a Perugia e l’Ultima Cena, proveniente dal refettorio del monastero di Santa Caterina, oggi nel refettorio del monastero di San ta Maria Novella a Firenze. Tela di 7 metri per 2 con personaggi dipinti a grandezza naturale.
A lei viene riferita l’immagine più nota di santa Caterina de’ Ricci, con un’iconoghrafia a mezzo busto che venne poi ricalcata anche per altre sante monache toscane, come santa Maria Maddalena de’ Pazzi, o la stessa santa Caterina da Siena. Una caratteristica ricorrente nei suoi ritratti di santa Caterina è la presenza di una lacrima, segno della capacità femminile di entrare in empatia con la passione del Cristo. Morì nel suo convento nel 1588.