BERLINO – due storie di ordinaria migrazione
A chi si permette di dire che noi giovani che andiamo a vivere all’estero siamo dei vigliacchi dedico questa foto. Io e la mia amica Fanny, anche lei italiana, siamo due infermiere laureate che sono dovute andare via dall’Italia perché il futuro per noi non c’è. Dopo la laurea ho cercato lavoro due anni in Italia curriculum in mano girando a mie spese con il treno per Belluno, Cortina (lì c’è una clinica di ortopedia molto grande e pensavo prima o poi si sarebbe aperta una possibilità), Roma (dove ho lasciato almeno 100 curriculum), Bologna, Rimini e Pesaro, che è la mia città. Nessun colloquio, nessuna risposta. È per questo che sono andata via. Si fugge da un’Italia che non ti ascolta. Non ha tempo, non ha voglia né interesse, un’Italia che a noi così come è non piace per niente.
Arrivata a Berlino ho vissuto per un mese in una stanza di un ostello in cui c’erano le pulci, ma non parlavo tedesco e per non creare problemi non protestai più di tanto. Una mia amica mi disse che c’era un ostello dove cercavano donne delle pulizie. Ad un mese dal mio arrivo iniziai a lavorare lì. Contratto part-time, ma indeterminato. Di giorno il lavoro, di pomeriggio il corso di lingua. Dopo poco più di un anno ero arrivato al livello B1 di tedesco, ovvero intermedio, abbastanza per provare a mandare qualche curriculum a cliniche e ospedali della città. Neanche 24 ore dall’invio ed ecco già le risposte. “Siamo interessati, ma con un livello del genere di tedesco puoi fare solo l’assistente infermiera”. Accetto. Lascio l’altro lavoro, inizio il nuovo e continuo a studiare tedesco. Dopo un anno raggiungo il livello di tedesco B2, faccio il riconoscimento della laurea e mi fanno un contratto da infermiera.
La storia di Fanny è analoga alla mia.
A tutti quelli che dicono che andiamo a fare i lavapiatti (lavoro dignitosissimo signori) ebbene sì, la gavetta all’estero la si fa signori e non c’è nulla di male, anzi vale la pena attendere perché all’estero, più che in Italia c’è una cosa che si chiama meritocrazia. Mentre scattavo questa foto ero con la mia amica Fanny e facciamo la notte in Cardiologia con 36 pazienti e un posto a stipendio fisso e contratto indeterminato naturalmente. Chi spara così su chi lascia il proprio Paese lo sa cosa vuol dire essere lontani centinaia di chilometri dalla propria famiglia, dalla propria casa e dagli amici? E noi siamo fortunate che siamo a Berlino, non lontano dall’Italia. Pensate a chi si trova a dovere andare in Australia. Lo sapete cosa si prova quando i genitori ti chiamano su Skype per comunicarti tutto quello che succede, e tu non puoi toccarli? Lo sapete che anche i lutti a volte si comunicano via Skype? Lo sapete che noi “bamboccioni”, “choosy”, “figli di papà” dobbiamo avere sempre un deposito di soldi per le emergenze, perché beh, se succede qualcosa devi essere pronto a prendere il primo volo che c’è e non c’è treno o auto a disposizione ? Queste persone sanno cosa voglia dire imparare una lingua da zero? Non lo so, non penso. Troppa gente spara parole a caso senza dare il giusto peso.
Carlotta