STUPRI DI GUERRA – alcune considerazioni su articolo e video a Lucia Fabi e Angelino Loffredi
Questo mio breve scritto intende in un certo senso fare da volano al link di un articolo e video di Lucia Fabi e Angelino Loffredi, pubblicato su Uno e Tre. Come è noto, per iniziativa recente dell’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate la Procura Militare di Roma ha ufficialmente aperto un’inchiesta, la prima di carattere istituzionale dall’accaduto, per l’accertamento delle responsabilità.
Intervengo su Uno e Tre per informare che mi attiverò per la diffusione dell’articolo e del video alle associazioni femminili che da molti anni, in Italia, quando si riteneva che la violenza alle donne fosse un’esagerazione del femminismo, hanno continuato testardamente a denunciare, studiare, costruire reti. Non mancando mai, aggiungo, di rimarcare l’internazionalizzazione della violenza, dovuta soprattutto al persistere delle culture patriarcali, sopraffattorie verso le donne, convinzione spesso ritenuta anch’essa un eccesso delle culture femministe.
Ascoltare l’intervista di Lucia Fabi e Angelino Loffredi, autori fra gli altri di un volume Il dolore della memoria Ciociaria 1943-1944, che presentai con altri relatori a Fiuggi due anni fa, mi ha fatto ripercorrere le tappe in cui il mio lavoro di storica e docente ha incrociato le cosiddette « marocchinate ».
Comincio intanto dallo stupore ignaro dei volti di persone adulte e studenti che più di venti anni fa, quando cominciai a parlare all’Università e sul territorio di questo stupro collettivo, mi stavano ad ascoltare. Uno stupore che poteva significare non conoscenza, oppure il chiedersi perché mai si tirasse fuori un argomento così inadatto a chi voleva dimenticare. Purtroppo, per chi studia la cosiddetta storia di genere la violenza è un argomento di quelli fondativi, talmente s’intreccia con la vita delle donne di ogni epoca. Lo sanno bene le mie studentesse e i miei rari studenti che affrontando l’esame di Pensiero politico e questione femminile trovano nei testi da studiare anche Donne e Guerra. Dire, fare, subire, pubblicato nel lontano 2009, frutto di tante mie ricerche di anni precedenti ; il testo non fa riferimento diretto alle marocchinate, ma poiché il testo parte dal paganesimo fino alla legge sul servizio militare del 2000, la tesi di fondo è evidente: insieme al denaro, bestiame, cibo, « cose » di ogni tipo, le donne hanno fatto sempre parte del bottino di guerra, come ricorda l’intervistatore Ignazio Mazzoli, perché erano in fondo considerate oggetti e non persone. Il neo-femminismo italiano degli anni Settanta ha lottato proprio per passare da “cose” a persone, ma il cammino è ancora lungo se alla radice del femminicidio rimane forte una concezione proprietaria dell’essere umano. Se l’argomento del libro, per l’ampiezza dell’argomento e la drammaticità dei significati, ha sempre procurato una evidente sorpresa, uguale reazione ha destato un avvenimento come quello delle marocchinate, peraltro legato come pochi altri al territorio dove i giovani vivono assieme a nonni e zie che magari sono stati testimoni oculari o indiretti. Eppur si muove, si potrebbe dire scomodando Galileo, perché come dice giustamente Lucia Fabi nel video l’unica soluzione per uscire dall’ignoranza è parlarne. E i giovani sono sempre un ottimo test per la trasmissione delle conoscenze. Ricordo su questo, l’intervento al Convegno Rompiamo il silenzio dalle marocchinate alla violenza sulle donne, presso il Liceo Scientifico e Linguistico, di Ceccano, nell’ottobre 2012
I 70 anni dalla fine della guerra, 1944- 2014, hanno dato una grande mano: rammento l’intervento al Tavolo di progettazione provinciale. Patto di solidarietà sociale, Le donne si raccontano, la Conferenza tematica dal titolo Per non dimenticare Le donne ciociare e le marocchinate nel 70° anniversario della II Guerra Mondiale, presso l’Amministrazione Provinciale di Frosinone, nel maggio del 2014.
Poco tempo dopo, la presentazione a Cassino, alla Biblioteca Malatesta, del libro di Andrea Paliotta, La diaspora cassinate 10 settembre 1943-30 maggio 1944 ed oltre. Un superstite racconta; un libro di cui ho scritto la Prefazione con grande ammirazione ed emozione; ancora più interessante perché il protagonista è uno sguardo dell’Autore da bambino sulla violenza maschile, e per questo ancora più interessante, come l’appello che si legge alla fine del libro, l’esortazione ai giovani a denunciare, a non essere omertosi.
Anche le piazze sono state pubblicamente per me teatro di memoria, come l’intervento al Giorno della memoria per il 70° anniversario della liberazione nel ’44, sulle violenze contro le donne, il 1 giugno 2014, a Piedimonte San Germano.
Non più di due anni fa, nel corso di Laurea di Scienze della Formazione, dell’Università di Cassino, dove le iscritte andranno in massima parte ad insegnare, e quindi saranno responsabili della trasmissione storica, con la Collega Amelia Broccoli, organizzammo la presentazione del libro di Stefania Catallo, Le marocchinate uscito nel 2015, frutto di lunghe ricerche sul territorio anche familiari; (il libro è stato presentato anche a Cassino, al Parco Baden Powell nell’aprile del 2016); in aula soprattutto ebbi la conferma che il parlarne da più parti, nel territorio, ma non solo, aveva reso l’argomento non più un fantasma. I ricordi s’intrecciano con l’ Incontro alla Biblioteca Comunale di Villa Latina dal titolo La memoria delle donne storie di rivolta contro la cultura della guerra, il 3 giugno 2016, assieme alla Prefetta Emilia Zarrilli, che ha da poco lasciato la sede di Frosinone, e che ha sempre dimostrato una grande sensibilità per il tema, la partigiana Luciana Romoli, Michela Ponzani, autrice del libro Guerra alle donne, e la senatrice Maria Spilabotte; è stata lei la promotrice a maggio 2017 fa alla Provincia di Frosinone di una manifestazione, ospite la figlia di Vittorio De Sica, Emi, per ricordare La Ciociara; in quell’occasione si era anche unanimemente criticato il discutibile tentativo da parte di un regista del quale neanche in quell’occasione volli fare il nome per non dargli ulteriore pubblicità, di far diventare La ciociara un film porno. La stessa Emi De Sica aveva detto di essere intenzionata a fare causa al regista: «Vogliamo saperne di più perché siamo intenzionati a portarlo in tribunale».
Finisco questa mia carrellata di ricordi personali, con l’intervento al Progetto Lettore Attivo(Sistema bibliotecario Valle del Sacco), intitolato L’amore è un’altra cosa, a Vallecorsa, nella chiesa della Madonna delle Grazie, (domenica 5 novembre 2017). Lo cito con particolare piacere perché l’organizzatrice era una ex studentessa dell’Università, segno di una conoscenza che unisce le generazioni, e perché la sede, la vecchia chiesa, era stata utilizzata per una parte delle riprese del film La Ciociara; il filo comune era il femminicidio, che ha a suo modo aiutato a parlare e riparlare delle marocchinate, nella convinzione comune, anche se non sempre espressa, che usare le donne come bottino di guerra non si può giustificare con la guerra stessa. Oggi è un crimine e occorre rivedere la storia all’indietro.