A Rebibbia una detenuta uccide la sua bambina di 6 mesi e il fratellino facendoli cadere dalle scale.  “Ora sono liberi” avrebbe detto dopo il folle gesto.

“Sono troppo poche in Italia le strutture per madri detenute con figl* piccol*: solo cinque gli istituti a custodia attenuata e addirittura solo due le case famiglia protette. Non possiamo attendere che si ripetano episodi drammatici come quello accaduto ieri a Rebibbia, ne’ possiamo accettare l’idea che dei e delle bambin* continuino a vivere dietro le sbarre, in ambienti che non sono adatti a una crescita sana e a un armonioso sviluppo. Bisogna aprire quanto prima altre case famiglia protette: basta bambin* in carcere”. Cosi’ l’Autorita’ garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, che ieri mattina ha incontrato Fulvio Baldi, capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia domani vedra’ il capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Basentini. Al centro degli incontri il rinnovo del protocollo “Carta dei figl* dei genitori detenuti”. “Le case famiglia protette- prosegue Filomena Albano- rappresentano un contesto piu’ adatto degli istituti di detenzione ad accogliere bambin* in fase di crescita. Occorre comunque investire nel sostegno delle competenze genitoriali e nell’aggiornamento professionale del personale. Vanno monitorate le situazioni di maggiore fragilita’ e sostenute le madri attraverso percorsi di educazione alla genitorialita’: questo e’ piu’ semplice in un contesto circoscritto e controllato come quello della casa famiglia. In attesa di raggiungere l’obiettivo di evitare la permanenza di persone di minore eta’ negli istituti penitenziari- conclude la Garante Albano- mettiamo al centro le esigenze specifiche dei e deelle figl* di persone in stato di detenzione. In particolare, assicurando ai bambini che vivono con i genitori in una struttura detentiva libero accesso alle aree all’aperto, ai nidi, alle scuole, ad adeguate strutture educative e di assistenza, preferibilmente esterne. Il superiore interesse dei e delle minori prima di tutto”.

Sulla tragedia interviene anche il garante dei detenuti Mauro Palma: “E’ successo un dramma imprevedibile”, ha detto in un’intervista del Tg2000. “Una detenuta in carcere da poco meno di un mese – ha spiegato Palma – nel rientrare dal giardino nella sezione nido ha buttato giù i due bambin* piccolissim* provocando la morte di una e il ferimento grave dell’altro (ndr – in coma irreversibile). È stata una situazione imprevedibile, non c’erano elementi relativi a questa persona che lasciassero supporre un comportamento del genere. Non è un caso in cui si possono individuare responsabilità se non il fatto che rimane sempre il problema dei bambini dietro le sbarre”. “La legge ci dice – ha proseguito Palma – che il carcere dovrebbe essere veramente la soluzione estrema. Ci si chiede se sia realmente necessario, soprattutto quando parliamo di custodia cautelare, se non si possano trovare altre soluzioni che impegnino anche le comunità locali”. “Dobbiamo partire dall’idea – ha concluso il Garante – che il bisogno e il diritto di un bambino che deve evolvere e sviluppare la sua vita deve essere prevalente anche alle nostre esigenze di punizione rispetto al genitore. A partire da questo le amministrazioni locali devono predisporre le strutture che garantendo la sicurezza all’esterno offrano case famiglia protette e la possibilità di vivere in un ambiente non detentivo”.

“I recenti fatti di cronaca riportano all’attenzione la grave situazione dei bambini in carcere al seguito delle madri detenute”, sottolinea Unicef che chiede “che nessun bambin* sia privat* della propria libertà e della possibilità di vivere in un ambiente a misura di bambin* e favorevole ad un sano sviluppo fisico e psicologico”. Unicef chiede “la piena attuazione della legge 62 del 2011 che prevede che le madri detenute e i loro bambin* trovino accoglienza nelle case famiglia protette.”

“Sono tropp* i/le bambin* che continuano a vivere dietro le sbarre con le loro mamme. Gli Icam, istituti a custodia attenuata, sono una soluzione intermedia ma non rispondono al bisogno fondamentale di un bambin* di crescere in un ambiente familiare, con le stesse opportunità di crescita dei coetanei. Esistono case famiglia adeguate per accogliere i bambin* con le loro mamme”. Questo il commento di Giovanni Paolo Ramonda presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII . La comunità di Don Benzi ha in questi anni accolto numerose mamme con bambin* nelle sue case famiglia. “Anche nell’ultima campagna elettorale abbiamo proposto ai politici di togliere quest* piccol* senza alcuna colpa dal carcere. Tutti gli psicologi concordano che i primi tre anni di vita del/della bambin* sono fondamentali per la sua crescita equilibrata. Non occorre essere esperti per comprendere che il carcere non è il luogo idoneo in cui crescere i/le  bambin*, dunque chiediamo che le mamme con bambin* più piccol* di 3 anni siano accolt* presso le case famiglia”.

 

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(Ndr) abbiamo sostituito con gli asterischi le desinenze maschili perchè nelle carceri non ci sono solo bambini ma anche bambine.