Luisa Barba ci ha segnalato quanto sta accadendo nelle scuole materne di Monfalcone

La prima cittadina  ha deciso di istituire già da luglio una soglia massima nel numero di alunni non italiani per classe trovando il sostegno del ministro Salvini

Nelle scuole materne di Monfalcone, in provincia di Gorizia, non ci sono banchi disponibili per più di settanta bambini stranieri. La sindaca leghista Anna Maria Cisint ha, infatti, firmato con due istituti comprensivi una convenzione dove è previsto un tetto del 45% di alunn* non italian* per classe.  Questa decisione ha portato all’esclusione di decine e decine di bambini che ora dovranno andare in qualche altra scuola dei comuni limitrofi. La scelta delal prima cittadina, voluta per evitare le classi ghetto, ha scatenato molte polemiche da parte della comunità bengalese, ma Cisint si difende: “Ho già comunitato la nostra disponibilità per consentire a quest* bambin* di andare nelle scuole vicini”, ma dagli istituti limitrofi ha risposto solo un assordante silenzio.

La scelta della prima cittadina ha, però, ha trovato la solidarietà del Ministro dell’Interno Matteo Salvini che, in un post sul suo profilo Facebook, scrive: “Bravo il sindaco (leghista) di Monfalcone, occorre rispettare un limite massimo di bimbi stranieri per classe”.

A questo si contrappone a distanza Andriano Zonta, segretario Flc-Cgil Friuli Venezia Giulia, che dichiara: “Escludere settantanove bambini adesso dalla scuola dell’infanzia e non dare loro l’opportunità del diritto all’istruzione significa tra tre anni ritrovarsi con lo stesso problema, anche più grande, nella scuola dell’obbligo”.Da tgcom 24

Sulla questione è intervenuto anche il ministro dell’istruzione Marco Bussetti affermando che gli uffici provinciali si sono resi disponibili ad attivare due classi in più.

  In questi giorni molti bambini bengalesi non hanno iniziato la materna a Monfalcone. La prima classe.  Dicono cinquanta, ma la conta è un ginepraio: plessi sparsi sul territorio, scuole in ristrutturazione, padri in congedo in Bangladesh. Ogni giorno si fa una croce sull’elenco, quando arriva la certezza della rinuncia. Bambin*  di tre anni e sono  figl* delle “famiglie Fincantieri”, gli operai dei subappalti dei subappalti Fincantieri.  A Monfalcone, ventottomila residenti soltanto, seimila sono stranieri: il 22%. Nel 2017, prima volta in assoluto, all’ospedale San Polo i nati da famiglie migranti (140) hanno superato i figli di autoctoni (118). Il 71% dei nuovi stranieri erano bengalesi.

Così la  Cisint, che a fine 2016 aveva vinto le elezioni con il 62% e sottratto Monfalcone alla lunga stagione del centrosinistra, ha ricevuto lo statino nascite e reagito introducendo in classe le quote stranieri. Con la delibera 152, approvata lo scorso 13 giugno, le ha fissate al 45%. E ha dato avvio a un vertiginoso giro di istituti — otto quelli fuori Monfalcone — e spostamenti di alunni che ha prodotto tre risultati: la quota “non italofoni”, così definiti, nelle prime materne è scesa anche di quaranta punti. I bambini italiani e italofoni sono tornati a scuola sotto casa, Monfalcone centro. E, tre, un’aliquota di musulmani — specificatamente bengalese — non va in classe la mattina a imparare i rudimenti della lingua e dell’integrazione. “Prima gli italiani”, nella Monfalcone di Fincantieri, è una promessa leghista compiuta.

Monfalcone è un caso e un laboratorio, a prescindere dalla Lega. È il terzo comune d’Italia per presenze straniere negli istituti scolastici di tutti i gradi. Con il 26,6%, viene dopo Pioltello (area metropolitana di Milano) e Fucecchio (area metropolitana di Firenze). Ancora oggi nelle classi successive della primaria — seconda e terza della Collodi — ci sono sezioni con ventidue cognomi non italiani su ventidue iscritti.

La sindaca ha già messo in fila, tuttavia, provvedimenti che vogliono dissuadere gli stranieri a vivere Monfalcone. Ha tolto le panchine da Piazza della Repubblica, sfrattato il forestiero cricket dalla Festa dello sport, vietato le birre fresche negli spacci alimentari . Ha fermato la costruzione di una moschea.   .Da rassegna stampa CGIL (Rep.it)