IL FEMMINISMO, ONDA DOPO ONDA, PER SPAZZARE VIA OGNI TIPO DI OPPRESSIONE
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La storia del femminismo ci ha insegnato a contare le onde. Dall’inizio del 20 ° secolo, quasi ogni generazione ha conosciuto la propria onda e ogni onda ha prodotto le sue icone.
Sin dalla prima ondata, ricorderemo le suffragette inglesi che lottano per il voto di donne come Emmeline e Sylvia Pankhurst, madre e figlia. Mentre la prima fondò l’Unione sociale e politica delle donne nel 1903, sua figlia, Sylvia, entrò nell’Internazionale comunista da cui sarebbe stata esclusa nel 1921.
Se la prima ondata di femminismo sente in molti modi l’influenza dell’espansione del movimento operaio e della Rivoluzione d’Ottobre, la seconda ondata, che inizia negli anni ’60 negli Stati Uniti (nel 1966 Betty Friedan, autrice di The Feminine Mystique, con altre donne fonda la National Organization for Women). La femminista del dopoguerra, in pieno boom economico, è alla ricerca di uguaglianza di genere da parte del secondo sesso. Su questo movimento emancipazionista innescherà la scintilla del 1968. L’ondata che si diffonde negli anni ’70 radicalizza gli slogan e l’immaginario.
Il movimento femminista pur essendo molto pratico nelle sue pretese (l’aborto, la contraccezione, e il diritto delle donne di disporre del proprio corpo), fa sì chela “rivoluzione femminista” rimanga un sogno ( sognerà di un “destino inimmaginabile per il mondo” come indicato dalla femminista italiana Carla Lonzi nel suo Sputiamo su Hegel). Le femministe hanno iniziato a scoprire l’autocoscienza, tralasciando le diversità. Hanno vslorizzato il piacere femminile cercando una nuova politica di genere. Tuttavia, questa seconda ondata non fu priva di conflitti. Sisterhood è potente era il titolo di un’antologia di testi femministi pubblicata nel 1970 da Robin Morgan che riprendeva uno slogan del tempo. La femminista radicale Ti-Grace lo riformula in modo sarcastico: “La Sorellanza è potente. Uccide”. Lo stress delle relazioni è forte così si manifestano divisioni all’interno del movimento e dei gruppi femministi.
Tutte sono d’accordo per la liberazione delle donne. Ma quali donne? Dire solo “donne” a volte vuol dire poco. Perché ci sono alcune che opprimono, discriminano e sfruttano le altre.
“Non si nasce donna”, secondo le parole di Simone de Beauvoir. Ma la consapevolezza dell’oppressione si fa sempre più pregnante.La forza di un movimento coeso sembra non servire. Le donne si scoprono diverse. “Essere donne omosessuali insieme non era abbastanza. Eravamo diverse. Essere nere insieme non era abbastanza. Eravamo diverse. Essere donne nere non era abbastanza. Eravamo diverse. Essere delle lesbiche nere insieme non era abbastanza. Eravamo diversie“, ha scritto la poeta afro-americana Audre Lorde che fu tra le leader del collettivo Combahee , il gruppo di femministe nere che più ha segnato la storia del femminismo americano degli anni 1970.
La terza ondata negli anni ’90 abbraccia la diversità, incorpora la lezione dell’intersezionalità e rende la lotta contro le molteplici oppressioni delle donne il suo cavallo di battaglia. Il movimento femminista è pluralista nell’immagine della “casa della differenza” di cui parlava Audre Lorde.
Queer, trans, nero, colorazione razziale, postcoloniale, decolonial, pro-sex, ambientalisti, post-umanista, anti-capitalista e anti-imperialista, femminista terza ondata diventano le protagoniste di una rinascita di lotte pratiche teoriche e pratiche. “Nuove domande femministe” – nella terza ondata – cominciarono ad imporre una teoria critica. Nelle istituzioni emergono accademiche, soprattutto nel mondo di lingua inglese, con la creazione di “studi delle donne” e “studi di genere”. C’è prima di tutto la questione del genere. Judith Butler illustra il carattere performativo e parodico che disturba il movimento femminista e lo costringe a ripensare il suo rapporto con l’identità.
Poi la questione del non udibile, e dell’invisibile che segnano la difficoltà di alleanze femministe transnazionali tra il Nord e il Sud del mondo, così come all’interno delle cosiddette società multiculturali. C’è anche la questione della divisione sessuale del lavoro e della riproduzione sociale che non è nuova: e se il proletariato oggi fosse rappresentato dalle donne?
La quarta ondata del femminismo è quella che stiamo attraversando ora, quella di Ni Una Menos, Me Too, Women’s Strike dell’8 marzo.
Nata sotto il segno e nella lotta contro la violenza di genere, la nuova ondata femminista si è manifestata con forza per tre anni, nella “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” istituita dalle Nazioni Unite negli anni ’90.
“Ras-le-rape”, aggressività, abusi, molestie sessuali, machismo che uccide: molte sono le donne assassinate dalle mani del patriarcato come è avvenuto con Marielle Franco, attivista e attivista rivoluzionario afro-femminista, lesbica, assassinato a Rio de Janeiro otto mesi fa.
Ecco quindi le esigenze di un movimento giovane, globale, espansivo e combattivo che, per di più, rispetto alle ondate precedenti, è portatore di qualcosa di nuovo: la spinta femminista, questa volta, non viene dall’Europa, né dagli Stati Uniti, ma dall’America Latina – dall’Argentina dove è stato lanciato lo slogan “Ni una menos” – per diffondersi in tutto il mondo.
C’è da augurarsi che questa quarta ondata porti sul suo cammino, se è in grado,tutta la voglia di cambiare ricollegandosi con il meglio delle tradizioni, per liquidare il capitalismo e tutte le oppressioni