RIACE – verso una rinascita di tutto il progetto con una Fondazione di partecipazione che verrà presentata con una conferenza stampa sabato 12 gennaio 2019
Riace dava fastidio prima perché era una storia straordinaria di accoglienza che nessuno aveva previsto. Riace germoglia oggi, nonostante le accuse contro Mimmo Lucano che hanno fatto chiudere i numerosi progetti avviati, negli incontri in tutta Italia (sempre gremiti) di queste settimane con Lucano, nel Capodanno inaspettato a Riace nato sui social, nelle iniziative di solidarietà che sono alle spalle della Fondazione di partecipazione che verrà presentata il 12 gennaio per far ripartire i progetti di accoglienza. Dicono che Mimmo “parla una lingua che nessuno parla”: forse è per questo che “Riace” oggi non è più solo il nome di un borgo ma l’orizzonte di senso di chi, di fronte all’imbarbarimento, ovunque e in molti modi diversi non smette di ribellarsi facendo
Anche questa volta c’è una finestra alla quale affacciarsi: “Qui il tempo è incazzato; dal balcone vedo un canneto che ondeggia come un corteo di protesta”. Ma non è la finestra di casa, piuttosto un appartamento non luogo di quelli che si affittano d’estate con pochi mobili e nessuna comodità. Doveva essere una sosta momentanea fra quelle quattro mura estranee e ormai son quasi tre mesi. Una casa che rappresenta il confino per Domenico Lucano che non può tornare nella sua Riace, a casa sua. Anche le feste natalizie trascorse lì. Non è mancato l’affetto degli amici, ma non basta, tutto sembra sbagliato e fuori posto. Era dicembre 2017 quando i primi progetti “dei minori” sono stati chiusi. Quando i pullman hanno trasferito alcuni richiedenti asilo in altri centri. Impossibile continuare con i ritardi pesanti dei contributi, di fatto costringendo a decisioni drastiche. Anche Becky Moses aveva lasciato Riace, la ragazza nigeriana morta un mese dopo nel rogo di San Ferdinando. E proprio a capodanno ancora notizie da quella tendopoli: nuovi incendi nuove emergenze. Si stava dunque chiudendo un anno molto difficile dove era chiaro che non c’era assolutamente niente da festeggiare.
Il 3 ottobre la finestra di casa era stata aperta per salutare quel corteo che stava passando sotto casa, un fiume di persone. Poi gli arresti domiciliari sospesi e sostituiti con il divieto di stare a Riace. Una punizione abnorme per i reati “favoreggiamento all’immigrazione clandestina e illeciti nell’affidamento diretto ad una cooperativa per la raccolta rifiuti”. Prima di Natale le indagini chiuse. Riesumate le accuse che lo stesso Gip a ottobre non aveva accolto, demolendo l’impianto accusatorio più grave di “associazione a delinquere ai danni dello Stato”.
“Gli inquirenti – aveva scritto nell’ordinanza il giudice per le indagini preliminari – sono incorsi in un errore grossolano” nel conteggiare le cifre e, comunque, il “compendio indiziario non è idoneo” per l’arresto. Le stesse “preoccupazioni” espresse da Lucano, nelle intercettazioni sono state lette dal giudice in maniera diversa dalla Procura: “Il turbamento dell’indagato non sembra derivare dall’aver distratto fondi”. Piuttosto, sottolinea sempre il giudice, “dall’assurdità, ovviamente dal suo punto di vista, di un sistema normativo contabile che gli impediva di imputare alla rendicontazione attività collaterali comunque riconducibili al servizio di ospitalità offerto”. Le accuse riproposte al cospetto del Tribunale. “Associazione a delinquere, falso, truffa, concorso in corruzione, malversazione”. Ora si tratta di capire se per il sindaco di Riace e i 31 coimputati si andrà a processo o si archivierà.
È strano che con accuse così gravi Domenico Lucano abbia trascorso tre mesi in giro per l’Italia a ricevere cittadinanze onorarie, premi ma soprattutto a incontrare migliaia di persone: ovunque ha registrato il pieno, teatri gremiti e impossibilità di contenere la folla, ogni volta molta gente rimasta fuori. “Parla una lingua che nessuno parla”. Intanto si sta procedendo verso una rinascita di tutto il progetto con una Fondazione di partecipazione che verrà presentata con una conferenza stampa sabato 12 gennaio a Riace.
La proposta di un Capodanno a Riace è arrivato inaspettata sui social, subito ha raccolto adesioni perché ormai Riace è un brand, si impone all’attenzione e molte sono le persone che sentono a necessità di “fare qualcosa”. Da lontano il sindaco Lucano segue: “Mi dicono che c’è molta gente che festeggia. Vedo su Fb che si balla la tarantella in piazza”. Uno strappo con la realtà che sta vivendo. Per carità non si può chiedere a tutt* di piangere ma il rammarico rimane e nei giorni di festa anche gli stati d’animo vengono amplificati. Del resto le botteghe chiuse, il ristorante chiuso, la sede di Città futura sfrattata, gli operatori licenziati, molti migranti partiti, un’indagine della magistratura in corso non suggerivano festeggiamenti. Alle 17 del 31 dicembre in una mediateca strapiena, persone venute da tutta Italia hanno partecipato ad un incontro con alcuni amici di Domenico che hanno potuto raccontare lo stato dell’arte. Un incontro in previsione di quell’altro organizzato con il sindaco, fortemente richiesto da chi si è fatto chilometri e vuole incontrarlo. È la mattina del giorno dopo, 1 gennaio. Rigorosamente fuori Riace, grazie al sindaco di Caulonia che ha concesso la sala della biblioteca.
Ma è stata a mezzanotte del 31 dicembre 2018 che il paese ha saputo collegarsi con quella finestra che non può aprirsi sulla piazza e far sentire l’affetto delle persone. Una grande scritta chiedeva “Mimì libero” e ancora lenzuola colorate con scritte “ho il cuore a Mimmo”, “Riace non s’arresta”. Faceva freddo a fine anno in quella piazza dove il termometro di solito suggella con un 40 gradi le tante iniziative di una comunità accogliente e sempre in movimento. Lunedì sera ne segnava 4. C’era silenzio fra quelle persone che si sono radunate nell’anfiteatro spontaneamente per ribadire la vicinanza al sindaco. Non c’era niente da festeggiare ma forse opporsi alla rassegnazione e all’indifferenza era il caso. Un assembramento che da poco, grazie al decreto sicurezza, potrebbe costituire reato. Un silenzio che è diventato canzone intonando Bella ciao in modo improvvisato e un po’ stonato ma con la voce rotta dall’emozione.