La nuova bomba nucleare la  B61-12 da 50 kt (equivalenti a 50 mila tonnellate di tritolo) che esplode sottoterra ha lo stesso potenziale distruttivo di una bomba nucleare da oltre un megaton (un milione di tonnellate di tritolo) . dal prossimo anno 2020 verranno costruite negli Stati Uniti circa 500 B61-12, con una spesa di circa 10 miliardi di dollari (per cui ogni bomba viene a costare il doppio di quanto costerebbe se fosse costruita interamente in oro).
La B61-12 può essere sganciata dai caccia statunitensi F-16C/D schierati ad Aviano, e dai Tornado italiani PA-200 schierati a Ghedi. Ma, per usare tutte le capacità della B61-12 (in particolare la guida di precisione), occorrono i nuovi caccia F-35A. Il cui acquisto il governo italiano ha già messo in conto nel programma F-35, cui l’Italia partecipa quale partner di secondo livello. 

La nuova bomba nucleare B61-12, prodotta negli USA

PARTE COSI’ UN APPELLO  con primo firmatario Alex Zanotelli per una  giornata di lotta internazionale il 4 aprile contro le basi USA e NATO, lanciata da una conferenza globale a Dublino, svoltasi nel novembre scorso (si vada su: https://nousnatobases.org/), una occasione di crescita politica ed organizzativa dell’intero movimento ecopacifista.

Gli Usa per bocca del segretario di stato americano, Mike Pompeo hanno appena annunciato il ritiro dallo storico trattato INF: firmato da Reagan e Gorbachev nel 1987, l’accordo bilaterale con la Russia proibisce armi nucleari di medio raggio (dai 500 ai 5.500 km) basate a terra. “La Russia ha violato per anni senza scrupoli il trattato e non ha mostrato alcun serio impegno nel volerlo rispettare”, ha detto Pompeo precisando che “gli Usa sono comunque pronti a un nuovo accordo con Mosca entro sei mesi”.

E’ il tempo del processo di ritiro che potrà essere interrotto dalla distruzione da parte russa dei missili contestati dagli USA.

La Casa Bianca ha quindi fatto sapere che nel frattempo gli Usa proseguiranno “con lo sviluppo delle nostre opzioni di risposta militare” e lavoreranno “con la Nato e i nostri alleati e partner per negare alla Russia ogni vantaggio militare derivante dalla sua condotta illegale”.

La NATO, da parte sua, in una nota ufficiale sottolinea che se Mosca “non onora i suoi obblighi del Trattato INF attraverso la distruzione verificabile di tutti i suoi sistemi missilistici 9M729, ritornando così alla piena e verificabile conformità prima che il ritiro degli Stati Uniti entri in vigore tra sei mesi, si assumerà la piena responsabilità della fine del trattato”.

La Russia nega le violazioni e sostiene che la mossa USA faccia parte di un piano per “uscire dai loro obblighi legali internazionali”. Il ritiro statunitense non sarebbe questione di “colpa russa”, ma di una ben precisa “strategia”. Mosca ha esplicitato i timori anche per il New START, la riduzione dei missili strategici firmata a Praga l’8 aprile 2010 da Barack Obama e Dmitri Medvedev. Questo patto potrebbe semplicemente scadere il 5 febbraio del 2021 perché semplicemente non prorogato.

Intanto Trump ha aperto all’ipotesi di un nuovo trattato per il controllo delle armi nucleari intermedie ma coinvolgendo altri Paesi, a partire dalla Cina. “Bisogna che tutti aderiscano mentre ora c’è una parte che quasi fa finta che non esista”, ha dichiarato alla stampa con riferimento a Pechino.

La Germania ha espresso preoccupazione: “Senza il trattato ci sarà meno sicurezza“, ha detto il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, parlando a Bucarest al termine della riunione delle diplomazie del continente. “Il trattato INF è stato violato dalla Russia e gli appelli lanciati negli ultimi 60 giorni per più trasparenza e più informazione non hanno dato risultati”, ha aggiunto Maas, che nelle ultime settimane ha fatto la spola tra Mosca e Washington, per tentare di salvare l’intesa: “E’ importante riportare il tema del disarmo e del controllo internazionale delle armi nell’agenda globale – ha spiegato ancora – includendo nel dibattito anche altri Paesi come la Cina, per questo motivo a marzo organizzeremo una conferenza sul disarmo a Berlino, dove la discussione verterà su nuovi tipi di armamenti”.

Una posizione interessante e’ quella dell’Austria in quanto Paese non appartenente alla NATO (ma si tratta di un partner).“La corsa agli armamenti non solo aumenterebbe i rischi, ma costa anche un’enorme quantità di denaro che potrebbe essere utilizzata altrove”, ha dichiarato la ministra austriaca degli esteri Karin Kneissl. La richiesta di Vienna è di affrontare la questione nei forum internazionali per il disarmo. “Non sono cose che saranno negoziate in cinque o otto anni come un accordo di libero scambio”, ha avvertito Kneissl, una soluzione potrebbe “richiedere fino a trent’anni“.

Poco prima dell’annuncio di Pompeo l’Unione europea aveva fatto sentire la propria voce tramite Federica Mogherini: “I Paesi dell’Ue non sono parte del trattato, ma sono quelli che maggiormente ne beneficiano. – ha detto l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera – Rivolgiamo il nostro appello affinché il Trattato sia preservato e rispettato in pieno da entrambe le parti”. Questo trattato è importante per la nostra “sicurezza. Non vogliamo che il nostro continente torni ad essere un campo di battaglia in cui altre superpotenze si affrontano, questo appartiene alla storia del passato remoto, e non vogliamo neppure valutare un percorso all’indietro su questo cammino”.

Sul sito della Presidenza del Consiglio al momento non registriamo reazioni. Il ministro degli esteri Moavero Milanesi è in Romania e pare si stia occupando delle relazioni della UE con la Cina. Ma dovrebbe essere noto che su certi argomenti per conto dell’Italia, seppur terremotata politicamente e passata al Salvimaio, pensa e parla la NATO!

Il movimento disarmista degli Anni 80 ebbe sicuramente un ruolo decisivo nell’indurre Reagan e Gorbachev a firmare il Patto del 1987, che come prima conseguenza ha avuto la riduzione di 2300 armi nucleari da Paesi europei come Italia e Germania. Ma a sensibilizzare i due capi di Stato fu anche e forse soprattutto il rischio corso dalle superpotenze due volte nel 1983 di una guerra nucleare per errore.

La prima fu sventata dal colonnello Stanislav Petrov in settembre: il militare si accorse che un attacco missilistico contro Mosca era in realtà un errore dei computer della base di sorveglianza. La seconda, in novembre, fu la spiata di un agente britannico infiltrato nel KGB:”Sospendete l’esercitazione NATO Able Archer che i russi stanno scambiando per un attacco vero!”. (Documentarsi su: La follia del nucleare come uscirne, Mimesis edizioni, 2018).

Il movimento disarmista odierno, per lo più organizzato nella Rete ICAN (www.icanw.org), premio Nobel per la pace, è impegnato per l’applicazione del nuovo trattato per la proibizione giuridica delle armi nucleari, approvato il 7 luglio 2017 all’Onu. Il Trattato entrerà in vigore dopo la ratifica di 50 Stati (attualmente siamo solo a quota 21), ma ha di fatto una funzione più di “stigmatizzazione” che di effettiva eliminazione delle armi nucleari. Altri passi diplomatici e di mobilitazione politica sono sicuramente necessari per raggiungere il risultato veramente decisivo del disarmo nucleare.

Gli stessi dirigenti di ICAN  propongono il TPAN come “stimolo” al Trattato di Non Proliferazione e dichiarano di contenere le proprie ambizioni quando, sul loro sito istituzionale,  guardano esplicitamente al modello del Trattato sulle mine antipersona, la cui efficacia pratica è però molto dubbia e limitata.

Alfonso Navarra, espone la posizione dei Disarmisti esigenti e della Lega per il disarmo unilaterale fondata da Carlo Cassola. “Occorrerebbe combinare l’azione della diplomazia popolare che preme dal basso con una quarta ondata di mobilitazione di massa antinucleare (le prime tre sono state quelle dei partigiani della pace, dell’appello Russell-Einstein e delle lotte contro gli euromissili con perno a Comiso). Forse le manifestazioni dei giovani contro la minaccia climatica – lo school strike reso famoso da Greta Thunberg alla COP24 di Katowice – possono offrire speranze in questo senso, perché il possibile collasso del clima è strettamente intrecciato con la minaccia nucleare”.

QUESTO L’APPELLO

70 ANNI DI NATO BASTANO –  DAL 2 FEBBRAIO POTRANNO TORNARE GLI EUROMISSILI CHE IL MOVIMENTO DISARMISTA AVEVA FATTO RIMUOVERE CON LE LOTTE DEGLI ANNI ’80. MOBILITIAMOCI IN OCCASIONE DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DEL 4 APRILE CONTRO LE BASI USA E NATO!

“Il mondo sta sottovalutando il pericolo di una guerra nucleare che potrebbe condurre alla fine della civiltà umana,” ha affermato il presidente russo Putin nella conferenza stampa di fine anno, in cui conferma la sua consapevolezza che l’apocalisse atomica potrebbe essere scatenata persino per caso o per errore. E questo anche per due nuovi elementi. Il primo, è rappresentato dalla “tendenza ad abbassare la soglia per l’uso di armi nucleari, creando cariche nucleari tattiche a basso impatto che possono portare a un disastro nucleare globale.” Purtroppo, a questa categoria , appartengono le nuove bombe nucleari, B61-12 che il prossimo anno gli USA piazzeranno in Italia , in sostituzione di una settantina di vecchie ogive atomiche. L’altro pericolo viene dalla “disintegrazione del sistema internazionale di controllo degli armamenti,” espresso dal ritiro degli USA dal Trattato INF (1987) che permette a Trump di schierare in Europa missili a raggio intermedio con base a terra. Ora il nostro governo ha approvato in sede NATO tale piano e ha dato la disponibilità a installarli in Italia come quelli che erano stati installati a Comiso negli anni ’80. L’amministrazione Trump ha fissato la scadenza del 2 febbraio come ultimatum alla Russia per recedere dalle sue presunte violazioni, quindi da quel momento in poi si ritiene svincolata dal patto. Sottolineamolo ancora: in Italia (e in Europa) possono tornare, in teoria ed in pratica,  i Cruise di Comiso montati sui TEL (anche se non alla base di Comiso che è stata formalmente ceduta all’amministrazione civile).

E’ ormai in atto una vera corsa fra USA e Russia al riarmo nucleare, trainata dalla superpotenza americana, che già con Obama ed ora con Trump, ha messo a disposizione oltre mille miliardi di dollari per modernizzare il suo arsenale atomico. Trump, che nel nel 2017 ha speso un’enorme cifra in armi, ben 660 miliardi di dollari, sta sferzando i suoi alleati europei perché tutti investano in armi almeno il 2% del PIL. Se l’Italia obbedisse agli ordini di Trump spenderebbe cento milioni di euro al giorno in armi (già oggi ne spende settanta milioni al giorno!). La Russia sta tentando di tenere testa agli USA (Putin ha appena annunciato di aver testato il nuovo missile intercontinentale ipersonico!). Si è messa in pista anche la Cina, che nel 2017 ha speso ben 228 miliardi di dollari in difesa.  La corsa agli armamenti senza freni ci pone davanti ad un enorme apparato distruttivo di 15.000 bombe atomiche a disposizione dei militari che si estende anche ai nuovi mezzi della guerra elettronica, automatizzata, dronizzata, satellitare e spaziale (ricordiamo il sistema MUOS che ha una delle sue basi a Niscemi). E’ una follia collettiva: nel 2017 abbiamo raggiunto a livello planetario l’astronomica cifra di 1.739 miliardi di dollari, pari a oltre 4,5 miliardi di dollari che spendiamo ogni giorno in armi. Abbiamo ammassato una polveriera che potrebbe scoppiarci fra le mani. Gli scienziati dell’Orologio dell’Apocalisse a New York hanno puntato l’orologio a due minuti dalla mezzanotte. Il loro è un allarme che mette insieme, quali spade di Damocle pendenti contro la sopravvivenza dell’umanità, la minaccia nucleare e la minaccia climatica, che hanno intrecci ed interdipendenze reciproche.

Di fronte a questo pauroso scenario di militarizzazione incombente, di tendenza delle crisi e delle guerre ad estendersi e generalizzarsi, nella qualità di attivisti contrari ad ogni forma di guerra, di donne e uomini gravemente preoccupati per la letargia dei cittadini italiani, invitiamo il movimento per la pace, che vediamo alquanto distratto e disunito, a mobilitarsi, con il cuore ma anche con intelligenza strategica, per un mondo che superi le strutture della violenza e del’oppressione. Dobbiamo cercare l’alleanza con i movimenti per la giustizia sociale ed ambientale, con quanti si battono contro le grandi opere nocive e per la salvaguardia del Pianeta.

Una occasione di crescita politica ed organizzativa è la giornata di mobilitazione internazionale contro le basi USA e NATO lanciata per il 4 aprile 2019, 70ennale della firma a Washinton del Trattato Nord Atlantico, dall’incontro internazionale svoltosi a Dublino lo scorso novembre, presenti realtà di lotta di 35 nazioni dai cinque continenti. Esortiamo ogni realtà di base a fare propria questa scadenza e a unirsi per informare in modo diffuso la popolazione: chiediamo insieme le ragioni per cui, in Italia, questo governo, stando ad una analisi dei fatti scevra da ogni pregiudizio, attua una politica in perfetta continuità con quelli precedenti del PD e di Forza Italia.

Esigiamo, per cominciare, una serie di provvedimenti molto concreti:

– non si prosegua l’acquisto degli F-35 e si riducano in modo consistente le spese militari

– non si piazzino a Ghedi e Aviano le nuove bombe nucleari B61-12

– non siano collocati in Italia nuovi missili “atomici” a causa della “condivisione nucleare NATO”

–  non si continuino a vendere le bombe all’Arabia Saudita 
– non si continui a consentire l’uso delle basi statunitensi in Italia per la guerra in Siria e Yemen ed in generale per tutte le guerre in Medio Oriente
– i soldati italiani lascino al più presto l’Afghanistan e tutte le altre missioni di guerra
– l’Italia firmi e ratifichi il Trattato ONU per l’abolizione degli ordigni nucleari
–  si chiudano le basi e le istallazioni USA e NATO in Italia e le si riconverta a uso civile

Questo ultimo punto fa riferimento ad ampliamenti e potenziamenti di strutture militari in corso che stanno investendo tutta la penisola, da Ghedi, a Vicenza, a Camp Derby, in Sicilia, in Sardegna, a Napoli (tra gli 11 porti arischio nucleare dove attraccano portaerei e sommergibili USA a propulsione atomica).

Mettiamoci insieme, credenti e non, per un impegno serio contro la folle corsa agli armamenti, soprattutto nucleari, foriera di nuove e micidiali guerre.
Che il 2019 sia un anno di mobilitazione popolare per la Pace e che il supporto alla giornata internazionale del 4 aprile faccia parte di un percorso di rilancio di azioni e iniziative di base con la consapevole capacità di affrontare la dimensione globale dei problemi!

PER SOTTOSCRIVERE L’APPELLO ON LINE: 

https://www.petizioni24.com/4_aprile_contro_gli_euromissili

Primi firmatari dell’appello:

Alex Zanotelli – missionario comboniano

info Alfonso Navarra -alfiononuke@gmail.com cell. 340-0736871

www.disarmistiesigenti.org

Giuseppe Padovano (Comitato No Guerra No NATO)

Giovanna Pagani – Antonia Sani (WILPF Italia)

Vincenzo Miliucci (Confederazione COBAS)

Enrico Gagliano (Abruzzo Beni Comuni)

Alessandro Marescotti (Peacelink)

Luigi Mosca – Armes Nuclèaires STOP

Franco Dinelli (Pax Christi)

Lidia Menapace (ANPI nazionale)

Antonio Mazzeo – Alfonso Di Stefano (Coordinamento No MUOS)

Francesco Lo Cascio (MIR Italia)

Ennio La Malfa – Oliviero Sorbini (Academia Kronos)

Giuseppe Farinella (Il Sole di Parigi)

Laura Tussi – Fabrizio Cracolici – Campagna Siamo tutti premi Nobel per la pace con ICAN 

https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

Giuseppe Natale – 

Giovanni Sarubbi (il Dialogo)

Adriano Ciccioni (Città Verde)

Massimo Aliprandini (Lega Obiettori di Coscienza)

Giuseppe Marazzi (Campagna OSM-DPN)

Angelo Gaccione (Odissea)

Marino Severini (Gang)

Renato Franchi (Orchestrina del Suonatore Jones)

Claudia Pinelli – Silvia Pinelli

Tiziana Pesce

Daniele Biacchessi

Tiziano Cardosi

Patrick Boylan – Marco Palombo (Roma No War)

Vittorio Agnoletto

Filippo Bianchetti – 

Roberto Maggetto – Ciclo Officina Popolare Venezia

Angelo Baracca

Jeff Hoffman

Fabio Strazzeri

invito i primi firmatari dell’appello a promuoverlo e a diffonderlo su blog e siti su cui abbiano contatti e influenza…

 

 

https://www.petizioni24.com/4_aprile_contro_gli_euromissili