ROMA – i nuovi bandi di accoglienza tagliano si psicolog* e mediatori e mediatrici culturali
Il nuovo sistema di gestione “va nella direzione opposta di quella a cui noi lavoriamo: negli ultimi anni abbiamo implementato il supporto psico-sociale dentro il sistema di accoglienza. Un’esperienza che ora rischia di andare dispersa”. Esprime amarezza Dario Terenzi, responsabile dei progetti di salute mentale di Medici senza frontiere, sul nuovo bando per l’accoglienza straordinaria a Roma. Il capitolato prevede, infatti, un taglio nell’erogazione delle risorse pro capite pro die (da 35 a 21-23 euro circa) e meno servizi per i migranti accolti, tra cui il supporto psicologico e la mediazione culturale.
L’organizzazione è stata tra le prime in Italia a porre l’accento sul tema della salute mentale dei migranti. E sui percorsi di accompagnamento che dovevano essere avviati proprio nei centri di accoglienza. “Abbiamo portato avanti una sperimentazione nelle regioni del Sud, un progetto a Trapani, che si è concluso ad ottobre, un altro a Ragusa – continua Terenzi -. In particolare, abbiamo avviato un intervento psicosociale a favore dei richiedenti asilo nei Cas e contemporaneamente abbiamo implementato la capacity building, cercavamo cioè di sviluppare un modello nei all’interno dei centri. I nostri partner essenziali erano proprio gli psicologi, i mediatori culturali e gli assistenti sociali. Per questo pensiamo che ridurre, o addirittura tagliare, dal sistema di accoglienza figure come queste significa che la logica gestionale, di razionalizzazione della spesa, sta fagocitando i principi dell’accoglienza. Che dovrebbero essere orientati alla crescita delle persone. Così si pensa a fare l’accoglienza dei corpi non delle persone”.
Secondo Terenzi, il taglio dei servizi avrà una ricaduta sulla salute delle persone: “La stragrande maggioranza dei richiedenti asilo, prima di arrivare in Europa, attraversa lunghi viaggi e atroci esperienze – spiega -. Abbiamo testimonianza di abusi e violazioni dei diritti umani importanti, in Libia e non solo. In italia privarsi di certi profili professionali vuol dire privarsi della possibilità di avviare queste persone al completo benessere. Parliamo di vittime di tortura, per questo dovremmo essere in grado di individuare il bisogno fin da subito e predisporre una presa in carico. Ora il sistema, che era già fragile, lo diventa ancora di più”. (ec)