Da Nemesi a Medea: femminismo nemesiaco a Napoli nell’opera di Silvana Campese.
La voluminosa opera di Silvana Campese su mezzo secolo di femminismo napoletano, La Nemesi di Medea, unisce, per dichiarata volontà, vari generi letterari: diaristica, autobiografia e biografia su Lina Mangiacapre /Nemesi, artista femminista, fondatrice delle Nemesiache, che teorizzò e visse, da Amazzone, la Nemesis: “femminilità originaria, l’indomita natura ribelle senza alcun limite è l’immagine che noi Nemesiache vogliamo riprendere di noi stesse e la possibilità che a livello storico oggi vogliamo assumere. Inventeremo e creeremo la nostra lotta come la nostra sessualità come la nostra cultura” (Lina Mangiacapre, p. 11)
L’Autrice, partecipe dell’esperienza nemesiaca con il nome di Medea – trasposta non dai testi classici ma dal mito originario – narra antefatti, fatti ed esiti del gruppo in un continuo intreccio del “io”/”noi”, partendo dai primordi (1970), e dedicandolo alla nipotina Astrid, dalla cui fervida fantasia infantile sono scaturiti vividi disegni nel Libro degli Unicorni. Esseri dell’alterità cui Lina/Nemesi dedicò uno degli scritti più folgoranti e poetici (Donne e Unicorni, 1995) edito dalla Cooperativa Le Tre Ghinee da lei fondata.
L’Autrice, a sua volta “esuberante ed eclettica artista napoletana, dalla nutrita produzione letteraria e poetica, socia e collaboratrice dell’ass. letteraria L’Inedito” che ne pubblica l’opera, cerca di afferrare e consegnare, in 34 capitoli, il senso e il fine di un’avanguardia iscritta nella genialità di Lina/Nemesi cui nel 1990 fu assegnato il Premio per la Cultura dalla Presidenza del Cdm e dedicato, il 1 aprile 2017, il Belvedere sul golfo napoletano, Quartiere Posillipo.
Nel ripercorrere la propria metamorfosi, “da Silvana a Medea”, Campese analizza e contestualizza le ultime decadi del Novecento, senza celare, a suo merito, difficoltà e conflitti, “assonanze e dissonanze” a livello personale, di gruppo, di pensieri ed esperienze femministe (Roma, Milano). Esempio positivo, l’entusiasmo che circondò la Rassegna del Cinema Femminista a Sorrento, voluta da Lina Mangiacapre e realizzata dal gruppo di ricerca “pace come cultura dell’amore” (Nemesiache, Cooperativa Le Tre Ghinee, redazione napoletana di “Quotidiano Donna” e Silvana Campese), firmatario del Manifesto femminista Nazionale (8 marzo 1981). Esempio negativo, le diffidenze se non lontananze con cui molti gruppi femministi guardarono al Manifesto Metaspaziale delle Nemesiache (1973), portato dalle stesse in giro per l’Italia.
Nei capitoli dedicati ai “favolosi anni Settanta”, ai difficili “anni Ottanta” (in cui ci piace ricordare la partecipazione e il sostegno de Le Nemesiache all’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne, di Roma), e agli anni Novanta, l’Autrice legge/rilegge eventi e documenti, relazioni da angolature inedite, documentate e approfondite, in cui il vissuto privato e quello pubblico s’intersecano, con molte sorprese.
Nel capitolo “Le Tre Ghinee, da Nemesi in poi” s’apre il vuoto lasciato dalla scomparsa della fondatrice (2002), e in quello “Dimensione Nemesi” l’immenso dolore e la difficile elaborazione del lutto della sorella Teresa/Niobe (due vite femministe, d’arte e di politica, strettamente intrecciate), che la portarono prima ad isolarsi/isolare, con allontanamento di molte Nemesiache, l’Autrice, poi riprendere una strada comune di affetti e dedizione, in gran parte dedicata alla memoria di Nemesi attraverso scritti, mostre, video, performance. Fra le tante iniziative realizzate dal “drappello nemesiaco” (Teresa, Silvana, Fausta) con “l’aiuto occasionale di altre Nemesiache sparpagliate per il mondo” (p. 297), la tre giorni della “Dimensione Nemesi” (22/23/24 maggio, 2014, Palazzo delle Arti di Napoli).
A sua volta, l’Autrice ricorda con grande dolore la scomparsa di Teresa/Niobe e dedica molte pagine al loro lavoro artistico in comune, ai testi sui quali insieme hanno lavorato, ai documenti firmati e divulgati per non arrendersi mai, continuare nell’”iter emozionale”, in quell’intenso scambio identitario.
Nel tratteggiare e ricomporre la propria e l’altrui vita di “maghe, streghe, dee. Donne, amiche, sorelle”, l’Autrice definisce l’opposizione femminista-nemesiaca a ciò che “denigra, irretisce, neutralizza, svilisce il femminile”. Scrisse Lina/Nemesi in “Viaggio nel Mito – il ritorno di Afrodite – azione teatrale – suo testo e regia”, 1993: “Il primo crimine commesso dagli uomini è stata la continua cancellazione fisica e morale della presenza delle donne nella storia, nelle arti, nell’economia e in tutti gli altri campi del pensiero umano e della vita…” (p. 350).
Impossibile riassumere la ricchezza di un’opera che è una e tante vite, tutte intense, anticonformiste, creative; per chi ne è fuori, una scoperta, per le Nemesiache un contributo sulla scia, da cometa, di Lina/Nemesi. Nelle pagine, il cambio di registro, di costume e di linguaggi della società italiana che tanto deve al femminismo/femminismi. Documenti, fotografie, bibliografia danno il senso del lavoro intenso, fondamentale.
Il libro chiude con “in marcia per il Clima e alla ricerca del bello”, che rilancia l’oggi nel futuro; con un epistolario rivolto a Silvana/Medea e un’Appendice in cui lo sguardo coglie vecchi e nuovi protagonismi femministi (es. il movimento Me Too).
Silvana/Medea ha veramente fatto propria la figura mitologica “nella riscrittura radicale, alla Lina Mangiacapre, alla Christa Wolf, e non solo. Quella in cui Medea rappresenta la forza intellettuale che spinse le donne a riscrivere la storia del mondo e preparare il futuro per i figli.” (controcopertina)
Silvana Campese, La Nemesi di Medea (una storia femminista lunga mezzo secolo), L’Inedito, 2019.