Nonostante quel che dice Papa Ratzinger, La famiglia allargata
è la prova inequivocabile che nella vita concreta non c’è spazio per la
perfezione astratta, è la risposta antitetica alla condanna di una convivenza
infelice, e pericolosa, dentro una coppia bloccata dal rancore e dalla
impossibilità di rifarsi una vita fuori da mura che, un tempo protettive,
ora rischiano di diventare una prigione orrenda. “Lo smembramento di una famiglia infelice non dovrebbe essere motivo di
lacrime. E’ un cambiamento giusto e sano, e prima avviene, meglio è.”
Sono parole di Ivy Compton Burnett, tratte dal suo Servo e serva, scritto
nel 1950. Compton Burnett, scrittrice inglese morta nel 1969, scrisse a
lungo e solo delle sinistre tragedie, delle feroci lotte di potere, delle
tirannie e dei tormenti all’interno delle rispettabili famiglie della
borghesia, con uno stile segnato da un impassibile distacco e una modernità
sorprendente, scegliendo titoli inequivocabili, come Fratelli e sorelle,
Mariti e mogli, Madre e figlio, I grandi e la loro rovina.

Non deve essere una delle autrici preferite dall’attuale pontefice. Ed è un
male, non solo e non tanto per la sua cultura generale, ma anche e
soprattutto perché in quei romanzi chi legge, anche a distanza di oltre
quarant’anni, riceve insegnamenti inestimabili per capire e trasformare le
relazioni umane, e quelle familiari in particolare.

E’ di questi giorni il discorso di Benedetto XVI contro le famiglie
allargate e contro il divorzio, che assieme all’aborto,
all’autodeterminazione delle donne in materia di procreazione e sessualità,
e più in generale alla libertà sul proprio corpo nell’inizio e nel fine
vita sono i temi preferiti dei suoi gravi attacchi alle conquiste laiche
della società contemporanea. Parlando a un gruppo di vescovi brasiliani il
papa ha usato parole da crociata: ha denunciato “un assedio alla famiglia
basata sul matrimonio tra uomo e donna e la profonda incertezza diffusa nel
mondo secolarizzato, specialmente da quando le società occidentali hanno
legalizzato il divorzio. Il divorzio, la convivenza e le famiglie allargate
rovinano la vita di molti bambini, – ha proseguito – spesso privati
dell’appoggio dei genitori, vittime del malessere e dell’abbandono, e che si
sentono orfani non perché figli senza genitori, ma perché figli che ne hanno
troppi.
_ La Chiesa non può restare indifferente davanti alla separazione dei
coniugi e ai divorzi – ha detto ancora Ratzinger -, davanti alla rovina
delle famiglie, e dalle conseguenze create nei figli dal divorzio. Questa
situazione, come l’inevitabile interferenza e intreccio di relazioni non può
non generare conflitti e confusioni interne, contribuendo a crescere e
imprimere nei figli una tipologie alterata di famiglia, assimilabile in
qualche modo proprio alla convivenza, a causa della sua precarietà”.

Su un punto il papa, come chiunque osservi con attenzione i pericoli che sta
correndo la società italiana, ha ragione: c’è molta confusione, specialmente
tra le giovani generazioni e non solo.
_ Confusione che origina, per usare le parole di una editorialista di Radio
Maria (sì, proprio quella) dalla sempre più frequente visione ‘proprietaria’
degli esseri umani sul mondo, a scapito dell’altra possibilità di scelta:
quella della custodia. “Vogliamo essere proprietari di noi stessi, delle
nostre relazioni, e del mondo che ci circonda, o vogliamo esserne custodi –
era la domanda?”

Persino Radio Maria non deve essere una delle fonti predilette del
pontefice, perché se lo fosse allora papa Ratzinger avrebbe dovuto meditare
profondamente su questo interrogativo, che cito anche se lontano dal mio
percorso di donna laica e femminista.
_ Scegliere un orizzonte di proprietà
sulle relazioni umane, sulla famiglia, sui figlie e le figlie, porta di
fatto a supportare pratiche di patriarcato nelle quali non sono l’ascolto, i
bisogni e le trasformazioni al centro del percorso, ma le regole astratte e
astoriche del potere, incarnate nella legge del padre. Praticare la
custodia, invece, è una proposta sensata che muove dalla consapevolezza del
limite, profondamente umano, che ci porta a riconoscere ed ammettere gli
errori, cercando di porvi rimedio, per il bene comune.

La famiglia allargata
è la prova inequivocabile che nella vita concreta non c’è spazio per la
perfezione astratta, ma che c’è, feconda e generosa, la ricerca del meglio
possibile, in particolare per i bambini e le bambine che le abitano. La
famiglia allargata è la risposta antitetica alla condanna di una convivenza
infelice, e pericolosa, dentro una coppia bloccata dal rancore e dalla
impossibilità di rifarsi una vita fuori da mura che, un tempo protettive,
ora rischiano di diventare una prigione orrenda. Da questa prigione la legge
sul divorzio ci ha liberate, donne e uomini, e ha liberato anche i figli e
le figlie, un tempo vittime certe dell’odio potente che origina dalla
schiavitù di relazioni affettive imposte.