La Ministra Bonetti alla Casa internazionale delle Donne per la presentazione del libro della Fondazione Nilde Iotti sulle Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia
La presentazione, nella Casa internazionale di Roma, il 29 ottobre scorso, della seconda edizione, ampliata e aggiornata, de Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia, curata ed edita dalla Fondazione Nilde Iotti (prima edizione 2012), data l’importanza dell’argomento e la presenza della Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, è diventato un momento di riflessione generale sugli apporti dati dalle donne alla società italiana attraverso le legislatrici, con inizio nelle nostre madri Costituenti, e lo stretto rapporto tra donne dentro e fuori le istituzioni; in merito, anche la vicenda che riguarda la Casa internazionale delle donne e l’omonima Aps che la gestisce.
Nel breve incontro, anticipante la presentazione, il Direttivo e altre esponenti delle associazioni della Casa, hanno descritto la stessa, le sue finalità, l’unicità del luogo e della sua esperienza, le campagne a sostegno.
Segnando la discontinuità con la linea del precedente governo, la Ministra ha parlato di “potenziamento dei percorsi di autonomia delle donne” e accolto la richiesta di inserirvi il discorso sull’importanza dei luoghi e degli spazi delle donne, quali spazi di libertà, di crescita e di autonomia.
Nell’intervento di presentazione del libro, la Ministra si è dichiarata molto colpita da un testo che “apparentemente è un elenco di leggi ma, in realtà, è costruito con una sapienza narrativa per cui alla fine, nel dispiegarsi delle pagine, delle leggi, delle date, dei nomi delle persone, c’è la vita che si è costruita nel nostro paese e che è un filo rosso che ci unisce alle Costituenti; io donna, di quarantacinque anni, sono figlia delle scelte, delle battaglie di tante donne e vederle narrate in questo racconto unitario, permette a noi anche di assumerci la responsabilità di non essere oggi da sole; di far parte di una comunità che ha camminato prima di noi e che deve in qualche modo favorire che altre camminino dopo di noi, con la stessa sapienza e profezia che tante donne che qui si raccontano, hanno provato.”
Ha riportato una frase significativa di un video su Tina Anselmi: “noi donne ci preoccupiamo di essere d’aiuto all’altro; e se tu fai una carità a qualcuno aiuti quella persona, ma se fai una legge buona cambi la vita a migliaia e migliaia di persone”. Al proposito, ha narrato l’aneddoto delle madri Costituenti che, chiusi molto tardi i lavori, sono andate a brindare insieme, vicino al Campidoglio, per essere riuscite a far passare leggi che tutelavano la libertà delle donne.
“Non è sempre facile scegliere la direzione giusta, ma le donne che qui si raccontano, hanno saputo imboccarla; questo, libro fa emergere non solo una tradizione, una testimonianza, che passa da una all’altra ma che, nel dispiegarsi, racconta il senso del passaggio democratico del nostro paese” ha dichiarato Elena Bontetti: “Saranno state solo 21 le Costituenti ma, lasciatemi dire, la democrazia nel nostro paese è fortemente femminile. Ho sempre trovato che la Costituzione sia uno dei testi, dei documenti, che maggiormente parli al linguaggio femminile; ha un carattere che è tipicamente femminile. Innanzitutto è un testo coraggioso. L’esperienza politica delle donne vive, ce lo dobbiamo dire, di quel coraggio di cui le donne sono portatrici. Non so se sia un fatto biologico o culturale ma c’è una qualità di coraggio, d’intuizione, di profezia, d’innovazione che le donne hanno e che credo appartenga in qualche modo al tema della generosità. Le donne hanno questa vocazione alla generosità anche nell’esperienza politica. Penso che le nostre Costituenti avessero una profonda contezza che c’era “un dopo”, un qualcosa da aprire, da poter liberare, qualcosa da poter intuire e da riconsegnare a qualcun’altra. Questa è una dinamica di cui la politica dovrebbe essere maggiormente permeata.”
“L’esperienza politica femminile” ha proseguito “o apre a questa ‘convocazione’ popolare ampia e storica o non si compie per quello che può essere.”
Altro tema richiamato, la concretezza, spesso per le donne accompagnate dall’incertezza di essere all’altezza della prova loro affidata: “occorre bandire i sensi di colpa, magari aiutandoci tra di noi” ha detto “ma questo atteggiamento, nel nostro agire, di scelta fattiva e di continua verifica delle nostre azioni, il saper dire ‘abbiamo sbagliato, correggiamo’ è una dinamica femminile molto positiva.”
Ancora: “la concretezza non è soltanto il ‘fare’, operativo, ma la capacità di mettere insieme i pezzi; significa che un elenco di leggi, raccontato come in questo libro in modo straordinario, racconta la storia di un paese e racconta quella del divenire di questo paese che è fatta di tanti momenti decisionali, legislativi, del ‘qui e ora’, che si riconnettono al prima e al dopo. La capacità di tradurre in norma un principio, di tradurre in scelte una libertà, è un altro passaggio del tutto femminile.”
La Ministra si è poi soffermata su uno dei “tratti salienti del femminismo, il tema della libertà, dell’autodeterminazione” ritenendo che dal libro s’evinca “l’esperienza politica femminile che, in virtù di questa libertà, sa trasformarsi in una assunzione di responsabilità, mai solo per se stesse”.
“L’esercizio compiuto della libertà della donna si attua, fino in fondo, nell’assunzione di responsabilità di tradurre la propria possibilità di scegliere nell’assunzione di un incarico, di un impegno” ha ribadito: “assunzione di responsabilità che dà a questa libertà, a questa scelta, una forma condivisa, una forma che contamina, una forma che diviene storia possibile anche per chi viene dopo (…) Il protagonismo femminile non è mai fine a se stesso ma pensa sempre al domani. Questo luogo lo racconta. Mi avete narrato la storia di tante battaglie e poi mi avete accompagnato a vedere il nido, con mamme e bambin*. È l’esempio di come la scelta dell’affermazione di sé sia, in realtà, un contribuire al bene comune. Questo è un elemento che credo vada messo in evidenza e raccolto.”
La Ministra ha rilevato l’importanza dell’eredità politica cui attingere; ha parlato del suo incarico come di un “dono prezioso, da consegnare poi a qualcun altr* (…) Penso che ci sia un tema di parità che vada riaffermato; che sia il tempo in cui le donne pretendano da se stesse e dal paese, dalla nostra comunità, non solo spazi di partecipazione a rappresentanza di una minoranza, ma occasioni di contribuire, da protagoniste, nella comunità. (…) Penso che solo nella compresenza, nella contaminazione, nella relazione che possiamo attuare nel mondo politico, sociale, culturale, lavorativo, economico del nostro paese si possa fare un passo avanti, di crescita del paese.”
In chiusura, Elena Bonetti ha ricordato l’avvicinarsi del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (Onu, risoluzione n. 54/134 del 17/12/1999), e ricordato la recente legge contro il femminicidio.
Non meno denso di spunti e d’intendimenti, l’intervento di Livia Turco, presidente Fondazione “Nilde Jotti”, che ha sottolineato con forza come non sia stato un caso che le prime due leggi della Repubblica siano state la legge Noce sulla famiglia e la Merlin, contro la prostituzione di Stato, con chiusura delle “case di tolleranza”.
Già Francesca Koch, presidente dell’Aps Casa internazionale delle donne, dopo i ringraziamenti alla Ministra (intervenuta nonostante l’infortunio al piede), e alle relatrici, aveva ricordato l’importanza della stretta relazione tra movimenti e donne delle istituzioni nella proposta e difesa di leggi salienti della prima e seconda Repubblica, tra le quali la legge Basaglia che tanto effetto aveva avuto nel quotidiano delle donne, sia di quelle recluse che delle loro famiglie (al proposito ricordiamo La maggioranza deviante, Einaudi 1971, di Franco Basaglia e Franca Basaglia Ongaro e, della seconda, Una voce. Riflessioni sulla donna, 1982).
Non in ultimo, ha ricordato la senatrice Leda Colombini, sempre molto vicina all’iter costitutivo della Casa internazionale delle donne e che, da bracciante poverissima, costretta al lavoro dei campi a 11 anni, diventò partigiana, aderì all’Udi, fu Responsabile della Commissione nazionale femminile della Federbraccianti, e, dal 1953, nella sezione agraria del Pci, proseguendo nelle cariche e nell’impegno verso il mondo agricolo, la salute, lo stato sociale, la comunità carceraria, promotrice di leggi per i/le portator* di handicap; asilo nido; consultori; legge quadro sul volontariato; Forum per il diritto alla salute delle persone private della libertà che presiedette dal 2005 e portò a una legge del 2007 di riforma della medicina penitenziaria. Dedicò le ultime attività al tema dell’infanzia incarcerata, fino a tre anni, con le madri.
Il libro edito dalla Fondazione Nilde Iotti non raccoglie solo le leggi che hanno avuto le donne come promotrici e/o principali protagoniste: “descrive” ha detto Livia Turco “dimostra quanto sia stato profondo il cambiamento sociale, culturale e giuridico promosso dalle donne nel corso della vita repubblicana. Le donne sono state protagoniste della battaglia di liberazione contro il fascismo e il nazismo, per la libertà e la democrazia. Con il loro impegno, dal Risorgimento, hanno perseguito i la pienezza dei diritti civili e politici e del voto; alla stesura della Costituzione che ha dei padri e delle madri”.
Le donne sono state protagoniste anche delle azioni fondamentali per realizzare la Costituzione, del profondo cambiamento sociale le legislativo.
“C’è un filo rosso che attraversa queste leggi” ha sottolineato Livia Turco, “è la promozione della dignità della persona umana attraverso l’inclusione sociale, l’inserimento nel lavoro, la lotta alle discriminazioni, la valorizzazione dei legami familiari. La promozione della parità ed il riconoscimento della differenza femminile. Queste leggi delineano un sistema di welfare solidale, attivo, che prende in carico ciascuna persona, all’interno di uno sviluppo economico che valorizza le risorse umane. Delineano altresì una dimensione della cittadinanza che deve essere – per tutti – cittadinanza sociale, civile e politica”.
Ha parlato delle leggi che riguardano, con una nuova concezione, il lavoro, dalla n. 860 del 1950 alle: “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione, per il coordinamento dei tempi della città (8 marzo 2000)”.
Intercultura, dialogo intergenerazionale e tra mondo istituzionale e movimentista; l’Italia delle leggi ha pratiche politiche rivendicate dalle donne e che non si sarebbero mai realizzate senza di esse.
“Molte delle leggi qui raccolte restano purtroppo poco applicate. L’esercizio dei diritti e dei doveri presuppone che ciascun cittadin* sia consapevole dei medesimi, conosca le opportunità che le leggi mettono a disposizione. Il volume, come il precedente, ha questo scopo; contribuisce alla consapevolezza dei propri diritti e doveri; perché si conoscano le leggi, le utilizzino e le rispettino; all’impegno per cambiarle e migliorarle, che è una delle finalità della nostra Fondazione: romuovere la ricerca storica, contribuire a ricostruire la storia delle donne nel nostro Paese, in particolare quella politica e istituzionale, per trasmetterla alle nuove generazioni. Far vivere i valori che le nostre madri hanno seminato e fatto crescere nella storia del nostro Paese, per le generazioni future.”
Livia Turco ha più volte ripreso il tema dell’art. 2 della Costituzione che parla di dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale, le donne essendo sempre in prima linea per il cambiamento.
Il debito della Repubblica verso le donne è grande, “senza le battaglie di emancipazione e liberazione condotte attraverso un intreccio fecondo di iniziative delle associazioni, dei movimenti, dei partiti, delle istituzioni, l’Italia sarebbe oggi un Paese molto più arretrato e molti articoli della Costituzione non sarebbero stati applicati.”
In ultimo, ha ringraziato per la presenza e i contributi, le altre relatrici, Giulia Iacovelli, coordinatrice nazionale dell’associazione Futuredem e Simona Feci, presidente della Società italiana delle storiche (Sis).