“Il tuo nome sarà Irene. Il romanzo della vita di Irene Brin” di Claudia Fusani. Primo premio ex aequo – sezione saggistica del XX° Premio di scrittura femminile Il Paese delle donne
SEZIONE SAGGISTICA PRIMO EX AEQUO: CLAUDIA FUSANI Il tuo nome sarà Irene. Il romanzo della vita di Irene Brin, All Around, Roma, 2019.
L’Autrice tocca corde del sentimento e della ragione nel narrare la vita di una grande giornalista che “non ha un minuto di requie, viaggia sempre, sparge intorno a sé una mobile nuvola di indirizzi e di recapiti, collabora a quindici fra riviste e giornali, conosce tutti, legge tutto, è dappertutto, scrive due articoli al giorno, vive nei luoghi e nei tempi più inquietanti”.
Così la descrive L’Almanacco della donna italiana, 1943 che l’Autrice riporta nell’incipit, insieme al consiglio: “non fidatevi! È Irene Brin, la fustigatrice dei costumi, la più insolente, la più brillante delle giornaliste italiane” (p. 7) Maria Vittoria Rossi (Roma, 14 giugno 1911-Bordighera, 31 maggio 1969), fu una donna coltissima, intelligente, mercante d’arte e maestra anche di stile.
Il suo archivio e biblioteca e collezione di riviste e giornali, sono stati acquisiti dalla Galleria Nazionale.
Di famiglia progressista, ebbe un forte modello nella madre, Maria Pia Luzzato, d’origine ebraica, da cui ereditò la passione per le lingue, l’arte e la letteratura; il padre, Vincenzo Rossi, fu un noto autore di trattati militari.
L’Autrice ricostruisce dettagliatamente il caleidoscopio della vita di colei che, con vari pseudonimi – il primo Mariù per il quotidiano “Il Lavoro”, di Genova – diventò Irene Brin dopo il matrimonio con Gasparo del Corso, curando la rubrica mondana sul settimanale “Omnibus”, affidatale da Longanesi.
Grande viaggiatrice, nel 1941, firmò il suo primo libro: Olga a Belgrado. Erano tempi di guerra. Lei tuttavia mantenne il suo stile anche quando, dopo l’armistizio, patì ristrettezze, vendendo la sua collezione di quadri e facendo la commessa nella casa d’arte La Margherita.
Le pagine trasmettono ammirazione e approfondita conoscenza di una donna creativa ed eccentrica, appassionata e buona osservatrice degli ambienti internazionali che frequentava anche prima di aprire con il marito la Galleria l’Obelisco di Gasparo e Maria del Corso, in Via Sistina 146, senza smettere le collaborazioni giornalistiche con testate prestigiose: “La settimana Incom” (cinema), “Epoca”; prima firma italiana della statunitense “Harper’s Bazaar”. Nel periodo, usò lo pseudonimo di Contessa Clara Ràdjanny von Skèwitch, fingendosi un’aristocratica esule da oltrecortina.
Negli Usa fu ambasciatrice di cultura, d’arte e di moda italiano. Le sfilate non cominciavano senza di lei.
Poliglotta, tradusse più di 150 volumi; scrisse romanzi e novelle; ne La città che esplode paragonò la sua vita “a una caccia alla volpe”, una corsa sfrenata dove non tutto fu rosa, ebbe molti dolori privati, fu una donna “lacerata” ma che “sapeva parlare alle altre in modo diretto, dal cuore”.
Camilla Cederna, che la conobbe negli esordi, affermò che fosse “una maestra, una pioniera” per la scrittura “chiara, bella, nervosa, con riferimenti culturali precisi e profondi.”
Non credo sia più esistita una giornalista intellettuale del suo rango” disse Pasquale Laurito “bella, elegante, speciale per il suo ermetismo.” All’Autrice il merito di averla fatta più compiutamente conoscere.