“Filosofia in pratica e pratica in filosofia. Una autobiografia filosofica”, l’ultimo libro di Giovanna Borrello
Si presenterà lunedì 16 dicembre alle ore 17, alla Casa Internazionale delle Donne di Roma (via della Lungara 19, Roma), “Filosofia in pratica e pratica in filosofia. Una autobiografia filosofica” l’ultimo libro di Giovanna Borrello (Liguori editore, Napoli, 2019).
Ne discuteranno con l’autrice Alessandra Bocchetti e Berardo Impegno.
“Filosofia in pratica e pratica in filosofia. Una autobiografia filosofica” di Giovanna Borrello è un corposo libro di 285 pagine. Si compone di cinque sezioni. Sono prevalentemente testi di natura filosofica che Giovanna Borrello stessa presenta cercando di legarli a periodi definiti e alle relazioni, teoriche e politiche, che li hanno qualificati.
Le prime quattro sezioni sono dedicate alla filosofia: “Libertà femminile e Differenza sessuale”, “Simone Weil e la Politica: un desiderio d’Infinito”, “Spazi, Limite, Relazioni”, “Filosofia dell’amore, amore per la Filosofia”. La quinta sezione; “Pratica in Filosofia”, raccoglie testi sul Counseling filosofico. Segue un “Intermezzo” nel quale sono riportate due interviste/conversazioni nelle quali Stefania Tarantino e Rita Felerico raccolgono il racconto di eventi personali e politici: è qui, soprattutto, che diventa evidente il legame tra la biografia e la riflessione filosofica di Giovanna Borrello. Il libro si chiude con un’Appendice intitolata “Fasi di un’esperienza politica” in cui sono raccolti, a cura di Antonia Gualtieri, articoli apparsi su quotidiani e periodici, scritti che vanno dal 1968 al 2007.
La prima impressione è, dunque, quella di trovarsi davanti ad uno strano libro, una originale raccolta nella quale chi ha interessi diversi può trovare riferimenti per la propria ricerca. Chi ha interesse per la filosofia, e in particolare, per la filosofia della differenza sessuale, può ricostruire i temi che ne hanno segnato lo sviluppo, e questo grazie al fatto che la personale ricerca filosofica di Giovanna Borrello si è snodata attraverso molti mondi: la Comunità filosofica Diotima di Verona, il Centro Virginia Wolf di Roma, il femminismo napoletano. Nella prima sezione, Giovanna Borrello raccoglie testi che fanno riferimento agli anni della scoperta del pensiero della differenza sessuale, a partire dal primo suo libro, scritto con Clara Fiorillo (Il pensiero parallelo, 1986), all’incontro con Luisa Muraro che stava costruendo Diotima. Nella seconda sezione, l’incontro con Angela Putino e, grazie a lei, con Simone Weil alla quale, negli anni successivi, Borrello ha dedicato diversi scritti e anche un libro. Nella terza sezione, l’incontro con Teresa Boccia e Marisa Forcina e le riflessioni sul rapporto tra filosofia, urbanistica, architettura. Nella quinta, relazioni e scritti sul rapporto tra filosofia e amore.
Chi ha invece interesse a capire come il femminismo, la più grande rivoluzione del Ventesimo secolo, si sia intrecciato con la politica tradizionale, quanto abbia provato a cambiarla restandone, a volte, irretito e, altre volte, onorevolmente sconfitto, può trovare nelle pagine di Giovanna Borrello una testimonianza diretta, “datata” nel senso buono del termine, ma sempre attraverso il filtro della visione soggettiva, anzi, “singolare”, di ciò che è accaduto. Infatti, neanche in queste parti il libro si propone come una ricostruzione storica. Se lo fosse, sarebbe facile imputargli esclusioni e letture parziali. Invece, anche qui, prevale la visione soggettiva che dà il titolo, anzi, il sottotitolo, alla raccolta: autobiografia filosofica.
Le mie considerazioni sul libro di Giovanna Borrello si avvantaggiano di due parole-traccia. La prima, “leggerezza”, è arrivata per caso: rileggevo il saggio di Italo Calvino – la prima delle “Lezioni americane” – proprio mentre cominciavo la lettura di “Filosofia in pratica e pratica in filosofia”. La seconda, “contingenza”, è invece presente nella introduzione di Chiara Zamboni che legge la riflessione di Borrello come il tentativo di “mettere in tensione pensiero e contingenza”.
Quindici anni prima che finisse il Novecento, nella prima delle “Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo Millennio” (Garzanti 1988), Calvino diceva che il primo tra i valori letterari da portare nel Ventunesimo secolo era “Leggerezza”. Il “togliere peso” è la qualità che lo scrittore ricerca per sfuggire a “la pesantezza, l’inerzia, l’opacità del mondo”. Il primo dei miti che Calvino richiama è quello di Perseo. Medusa è il mostro che pietrifica, che induce alla pesantezza chiunque provi a guardarla. Solo Perseo può sconfiggere il mostro, e può farlo perché “vola con sandali alati”. Il professor Aldo Masullo, nella sua breve presentazione del libro, racconta della giovane allieva, Giovanna, che irrompe “nel discorso filosofico con domande spiazzanti”. Il ricordo risale agli anni universitari del Sessantotto, e Masullo paragona Giovanna, con la sua “fanciullesca aria di sfida”, al classico elefante che irrompe in un negozio di cristallerie. Il contrario della leggerezza, si direbbe. Invece, credo io, sono proprio i “sandali alati” della leggerezza quelli che consentivano alla giovane allieva di irrompere nel discorso filosofico senza lasciarsi pietrificare, un tratto che Giovanna Borrello ha conservato anche quando ha continuato a domandare: alla filosofia, alla politica, quando ha messo in pratica la filosofia con la sua scuola di counseling filosofico Metis. Le sue domande nascevano, nascono, da un’urgenza esistenziale e solo “sandali alati” possono consentire che domande così radicali non ci facciano pietrificare impedendo ogni azione nel mondo reale.
Chiara Zamboni introduce il libro richiamando uno scritto di Borrello del 2010: “Giovanna Borrello riflette sulla scrittura filosofica, sul metodo che questa richiede quando si è una donna e non si vuole ripetere gli apparati teorici e concettuali maschili, bensì essere fedeli ad un ragionare in rapporto all’esperienza e alle emozioni.” Esperienza ed emozioni, ma anche qualcosa di più profondo e spiazzante, “un che di fattuale”, qualcosa che resiste ad ogni simbolizzazione e che coincide con la “contingenza” dell’essere nate donne. Questo nodo tra contingenza e necessità di pensiero simbolico è, dice Zamboni, “al cuore” di una questione essenziale del pensiero della differenza sessuale: “essere una donna è qualcosa che non abbiamo scelto affatto, ci è capitato come ciò che ci avviene e che viviamo nella sua concretezza e opacità.” E’ un nodo concettuale che non può essere risolto una volta per tutte, e forse per questo motivo il pensiero della differenza sessuale non è diventato un “corpus”, una dottrina, un sistema filosofico chiuso. Giovanna Borrello ne è talmente consapevole da dedicare il libro “Ai miei figli, Barbara e Antonio Gianesini, a mia nipote Alessia Pallavicino e a tutte le nipoti del femminismo.” Questo chiamare per nome e cognome le persone più care rimanda alla dimensione sempre “pubblica” che Giovanna attribuisce alla propria vita. Ma, quelle “nipoti del femminismo” non sono “eredi” né “beneficiarie” del femminismo, sono veramente “nipoti”, col che, ancora una volta, la dimensione della vita reale – la contingenza – irrompe, spinge, e può ancora spingere, a continuare la ricerca.
La contingenza è quasi la trama di “Filosofia in pratica e pratica in filosofia”, un libro costruito con la raccolta di materiali diversi, saggi, lettere, articoli, interventi a convegni, anche fotografie, sempre precisamente datate, collocate nel tempo. Deve essere stato un lavoro improbo quello fatto dalle sue allieve che lei menziona con riconoscenza. Ma, non è solo un metodo ordinativo, una formula, come Giovanna Borrello stessa vuole farci credere quando, nella propria presentazione del testo, descrive la genesi del volume facendola risalire al bisogno di fare un bilancio della propria vita. Si capisce, almeno io capisco, leggendo il libro, che la contingenza non è solo formula ordinativa, è l’occasione per pensare, una specie di “scaturigine”: senza la contingenza, il pensiero non può fluire.
“Esiste una leggerezza della pensosità” conclude Calvino dopo una serie di esempi tratti dalla letteratura, nel suo rapporto stretto con la filosofia. Leggerezza “si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso”. E’, dice più avanti, “inseguimento perpetuo delle cose, adeguamento alla loro varietà infinita”.