Le donne scrivono alla Conferenza episcopale italiana …
Con una lettera aperta, inviata al presidente della CEI cardinale Bassetti, centosettanta donne di varia nazionalità e di diverse confessioni religiose chiedono che la Chiesa cattolica apra un dibattito su quanto subìto dal genere femminile nel corso dei secoli. A firmare il documento, diverse associazioni di donne e molte rappresentanti dei movimenti religiosi “gender oriented”. Tra le firmatarie, la teologa Antonietta Potente, la missionaria comboniana Elisa Kidanè, e Anne Soupa, la biblista francese: nomi di riconosciuta caratura, che esaltano la spiritualità femminile e il ruolo delle donne nel processo di rinnovamento della Chiesa e della società.
La lettera rivendica la presenza femminile nelle attività liturgiche, fin dall’antichità negata da San Tommaso (“Una donna non può ricevere gli Ordini sacramentali”) e dal conseguente principio dottrinale “Tacet mulier in ecclesia”, che ha proibito per secoli (fino al 1994) addirittura la possibilità che le bambine facessero le chierichette, in quanto “abuso liturgico”! In risposta a tale “reato” (sic!) il Sinodo europeo delle Donne (che conta anche rappresentanti di paesi extraeuropei tra cui gli USA, il Sud Africa e il Messico) ha affermato il ruolo fondamentale che la spiritualità ricopre nella vita femminile, e ha rivendicato il diritto a viverla in comunità aperte e inclusive, ribadendo il valore di una spiritualità connessa con la modalità femminile di fare esperienza di vita.
Le firmatarie della lettera denunciano che la Chiesa ha sempre descritto il femminile come disvalore, ha negato dignità alla sessualità femminile e ha tollerato la pornografia contro le donne, il che, implicitamente ma inesorabilmente, ha contribuito ad alimentare la violenza di genere.
A uno “sguardo” poco attrezzato, tutto ciò può sembrare esasperato, se non addirittura privo di fondamento. Ma seguiamo alcune tracce.
Le analisi.
A parere della filosofa Luisa Muraro, non è un caso che, per scongiurare ciò che la Chiesa intendeva come “peccato”, le donne beatificate e santificate siano tutte mistiche che hanno sublimato una dimensione naturale fatta di sensualità: donne che, nella sublimazione estatica (v. Santa Teresa d’Avila) hanno annullato una parte di sé considerata “poco canonica”, dando vita al modello antropologico dell’ “eunuco-femmina”, così definito da Greer Germaine, autrice del noto libro.
La storia della Chiesa.
Nei secoli, i Padri della Chiesa (Tertulliano, Agostino, Tommaso, Giovanni Crisostomo…) hanno considerato molto negativamente la femminilità e ancor di più la sessualità femminile, considerata peccato assolutamente degradante, ignominia.
Così Tertulliano: “la donna è un tempio costruito su una cloaca. Donna, tu sei la porta del diavolo!» (De cultu foeminarum); e Sant’Agostino: ”nulla ha il potere di trascinare tanto in basso lo spirito di un uomo quanto le carezze di una donna e quel rapporto fisico che fa parte del matrimonio. La donna è un animale né saldo né costante; è maligna e piena di cattiveria, e principio di ogni lite e cammino di tutte le iniquità” (De nuptiis et concupiscentia). Ad Agostino fa eco Tommaso: “La donna trascina in basso l’anima dell’uomo; la donna è un errore della natura, una sorta di maschio malriuscito e deforme” (Summa Theologiae). E San Giovanni Crisostomo:“Le donne servono soprattutto a soddisfare la libidine degli uomini“! La reificazione del genere femminile fu così statuita, “santificata”.
E che dire del libro dei libri? “Trovo che amara più della morte è la donna, la quale è tutta lacci: chi è gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso.” (Bibbia, Levitico).
Tutto ciò ha trovato ampia sistematicizzazione nel Malleus Maleficarum, testo cardine della Chiesa controriformistica, che papa Innocenzo VII commissionò ai frati domenicani Heinrich Institor e Jacob Sprenger. Si tratta di una sorta di manifesto contro la (cosiddetta) stregoneria. (Come ben si sa le “streghe” erano del tutto innocenti di ciò che veniva loro capziosamente imputato con l’utilizzo del meccanismo del “capro espiatorio”, ben noto a storici, sociologi e psicologi; ciononostante, a migliaia furono barbaramente imprigionate, torturate e mandate al rogo in tutta Europa). Nel libro si legge che le donne, per la loro “natura debole” e per il loro “intelletto inferiore”, sono predisposte a cedere alle tentazioni di Satana: «le donne sono difettose di tutte le forze dell’anima ….inclini a ricevere le rivelazioni attraverso il marchio degli spiriti separati …. oltre a rinnegare la fede si danno addirittura ai diavoli offrendo loro in omaggio il corpo e l’anima.” In merito a ciò, i due inquisitori/redattori si lanciarono anche in una tanto intemerata quanto errata analisi glottologica del termine femmina: a loro dire, deriverebbe da “foedus moena”, priva di fede, e dunque inaffidabile, “mendace per natura …. e protesa ad essere indiavolata”.
Nelle migliaia di processi celebrati, e tutti conclusi con implacabili condanne di morte sul rogo, questo libro influenzò pesantemente il giudizio dei giudici. In merito alla legittimità delle “prove”, Institor e Sprenger scrissero che i pettegolezzi pubblici sarebbero stati del tutto sufficienti a incriminare le donne, e che la difesa vigorosa da parte dell’avvocato difensore sarebbe stata prova del fatto che anche lui era stato stregato dalla colpevole! In aggiunta, i due suggerivano ai giudici di interrogare le malcapitate ricorrendo a torture: «….l’interrogatorio con tortura si faccia nei modi consueti, non nuovi o raffinati né troppo leggeri o troppo pesanti … l’atto sta nel porre chi è sotto interrogatorio dinanzi ad altri generi di tormenti qualora non abbia voluto confessare la verità come si conviene, e nel dirgli che dovrà subirli se non la confessa» .
Papa Innocenzo VIII definì Sprengher e Institutor “nostri figli diletti”. Il libro trovò così ampia diffusione, da arrivare a trentacinque edizioni, nel quindicesimo secolo.
Contemporaneamente, il beato Cherubino da Spoleto considerava le donne “creature fragili e difettose” e consigliava agli uomini di ricorrere a “correzione, reprensione, castigamento, punizione, percussione, battitura e flagellamento.”
Se dal 15° secolo, facciamo un salto poderoso, e arriviamo al 1998, nell’enciclica “Mulieres Dignitatem”, quarta sezione, riscontriamo ancora certe persistenze: «la descrizione biblica del peccato originale … distribuisce i ruoli che in esso hanno avuto la donna e l’uomo». Sic! Su ciò è intervento Papa Bergoglio : <<Eva non è mai stata una tentatrice e Adamo ha fatto proprio una brutta figura>>. In effetti, a ben considerare, l’albero a cui Eva non resistette era l’albero del Bene e del Male, ovvero l’albero della Conoscenza, e dunque ….
Purtroppo, non è facile scardinare ciò che secoli di cattiva storia hanno tramandato, anche perché è incuneato nei meandri di tanto immaginario collettivo. Oggi, accanto alle varie forme di sopraffazione, di cui si legge quotidianamente sui giornali, e che arrivano addirittura al femminicidio, assistiamo, anche sul web, alla formulazione di giudizi che scaricano sulle donne addirittura la responsabilità delle molestie e anche degli stupri da loro subìti. Secondo i dati ISTAT, il “se la sono cercata” vale per un quarto degli italiani.
Con questo zoccolo duro, anzi muraglia, di inauditi pre-giudizi, è evidente che il cammino verso una “cittadinanza a due” (Irigaray) è ancora lungo. Sicuramente, la Chiesa potrebbe fare molto, considerato l’ascendente che ha sulle masse…. Cosa accadrà?
Oggi, le firmatarie del documento chiedono le scuse della Chiesa. Giordano Bruno le aspetta dal sedicesimo secolo.