Maria Paola
Maria Paola Gaglione è stata uccisa dal fratello, a Caivano. Non potrà più parlare né andare oltre come voleva e dove voleva. Una donna viene uccisa sempre per questo, per impedirle di superare il limite.
Anche nelle lapidazioni, nei paesi in cui è vietata ma tollerata, è quasi sempre il fratello a infliggere il colpo finale.
Un femminicidio è inconfondibile perché la morte di una donna per mano di un uomo, dovunque nel mondo, è la punizione che spetta a quelle che non sono quelle che ci si aspetta, a Caivano come a Busto Arsizio, in Europa come in America, in Africa e in Asia.
Parco Verde a Caivano in provincia di Napoli, è un posto dove in famiglia sono morti bambini violentati da adulti, ma non è un posto ingovernabile, come si dirà da parte di chi vorrà usare la morte di Maria Paola per affermare il proprio teorema. Parco Verde è un posto ben governato dalle famiglie, microcosmi autonomi che impongono per proprie leggi, luoghi titolari di una delega a volte disturbante ma efficace per il mantenimento dell’ordine generale. Gli uomini che uccidono le donne sono i guardiani, per quanto li si voglia descrivere come vittime della cultura e del sistema, e sopravvivono, per molto o per poco non importa, alle loro vittime. Loro sono i boia, pronti ad eseguire nuove condanne.
Le donne disobbediscono e sono punite, se sopravvivono parlano e continuano a fuggire. Le donne che sopravvivono sono un pericolo perché denunciano e svelano “il mistero” di un ordine ingiusto che sopravvive a sé stesso, anche di fronte all’evidenza della sua brutalità.
Maria Paola non si è sacrificata, come qualcuno vorrà dire, viveva e basta: senza permesso.
Non possiamo aspettarci dai giudici la vera giustizia per quello che è successo a tutte con la sua morte, possiamo aspettarci che almeno a Michele Antonio, l’assassino, non vengano riconosciute attenuanti, perché lui voleva punirla anche a costo di ucciderla, e l’ha uccisa.
Quando un uomo uccide una donna lo fa per un motivo che la sua bestialità non può riconoscere nelle parole degli altri. Quando una donna muore sotto i suoi colpi diventa materia per i teoremi più diversi. Per questo usiamo la parola femminicidio, un termine definitivo che non permette aggettivazioni perché oltre lo sterminio non c’è nient’altro.