Gertrude e Alice senza retromarcia
Gertrude Stein aveva mille e uno interessi. Tanti? Si domandava talvolta. Troppi forse? Si domandava tal’altra. Alla fine centrò il problema. “Ok! Faccio quello che mi piace fare e lo faccio come voglio io!” A quel punto, forse, nacque la più celebre delle sue frasi: “Una rosa è una rosa, è una rosa è una rosa è una rosa”. Rosa ripetuto quattro volte. E perché non cinque o sei? No! Per lei era giusto così: quattro.
Lei ed Alice Toklas si sentivano talmente bene assortite da voler vivere insieme. Non ci stettero a pensare molto su. Tutto avvenne in modo spontaneo e naturale. Erano inseparabili. Ad Alice piaceva cucire, cucinare e fare del giardinaggio. Era schiva ma molto spiritosa.
Quando per Gertrude arrivò il successo, lo considerò un fatto importante ma nello stesso tempo ingombrante. Perciò lo guardò un pochino di sbieco. Per fortuna c’era Alice a fare da cuscinetto tra lei e il mondo e così quel successo se lo poté godere in pieno.
Gertrude era bassa e grassottella. Alice alta e segaligna. Insieme formavano una coppia insolita ed affascinante. Il loro salotto era particolarmente animato perché sulle poltrone si alternavano Picasso, Matisse, Braque, Hemingway, Pound, Apollinaire e Man Ray. Gertrude è stata la prima ad acquistare le opere di Picasso e a capirne il valore. Il ritratto che Picasso le fece è considerato il precursore del cubismo e diede notorietà sia a lui che a lei.
Se Gertrude Stein pubblicò le proprie memorie nel 1933 con il titolo “Autobiografia di Alice Toklas”, Alice diede alle stampe, vent’anni dopo, il “Libro di cucina di Alice Toklas” nel quale si intrecciavano memorie e ricette. La più famosa delle sue ricette comprendeva frutta fresca, noci, spezie e una spruzzatina di cannabis.
Alice era fedele. Gertrude un po’ birichina. Dunque si concesse qualche tradimento. Apparentemente al centro della coppia c’era Gertrude, ma Alice è passata alla storia perché l’opera più nota di Gertrude è “Autobiografia di Alice Toklas”.
E’ con estrema tranquillità che Alice si assunse il ruolo di mogliettina. E così quando morì volle essere sì sepolta accanto a Gertrude ma precisò che il suo nome doveva essere scritto sul retro della lapide. Lapide dove tra Alice e Toklas c’è una B. Il soprannome che le aveva dato Gertrude era, infatti, Babette.
Alice era nata da una famiglia ebrea della classe media e aveva studiato musica all’Università di Washington. Se decise di mettersi un po’ da parte fu una sua scelta.
Il ricettario di Alice era molto vasto si potevano gustare le uova alla Francis Picabia, la crema alla Josephine Baker, la minestra di alloro alla Dora Maar, le mele glassate alla Cecil Beaton, i biscotti alla Baudelaire e a conclusione del più che artistico pasto, il caffè alla James Joyce. Quando cucinò il branzino per Picasso, guarnito con tartufi, uova sode ed erbe aromatiche, si racconta che il pittore inizialmente diede in esclamazioni di meraviglia, poi chiese: “Non sarebbe stato meglio prepararlo in onore di Matisse?”
Gertrude giovanissima si tagliò i capelli corti e scrisse un libretto intitolato Q.E.D. che sta per Quod Erat Demonstrandum. Raccontava dei sentimenti di una universitaria per una sua coetanea. Alice non voleva che quel racconto fosse pubblicato. E questo è l’unico rimprovero che le possiamo fare.
Purtroppo i suoi ultimi anni furono funestati da episodi sgradevoli. Gli eredi della Stein le portarono via i dipinti che Gertrude le aveva lasciato.
Durante la prima e la seconda guerra mondiale andavano impavide con la loro automobile a distribuire viveri e medicinali e nessuna delle due era impensierita dal fatto che la guidatrice, cioè Gertrude, non sapesse inserire la marcia indietro. E questa non è una diceria del genere “Donna al volante pericolo costante” ma un dato di fatto talmente perfetto per la nostra originale coppia di amiche da farci esclamare: “Bene così, avanti tutta!”
A Gertrude siamo grati perché con due secoli di anticipo ha proposto un linguaggio personale e innovativo che non teneva conto della classica sintassi, ma esaltava quel suono di dentro che illumina ogni pagina “vera” e non necessariamente veritiera.
Lei si interessava sì e molto all’arte di Picasso, ma, guarda caso, era anche affascinata dalla figura di Santa Teresa d’Avila ed io ne condivido in pieno l’attenzione.
E’ grazie a figure come la Stein e la Toklas se l’Ottocento e tutti i suoi cascami caddero a favore di un Novecento più libero e… “frizzantino”!