Manutenzione più che produzione
Il nuovo Sottosopra sul Lavoro incrocia molte altre elaborazioni e pratiche di donne.
Da questo incrocio la Politica e la Sinistra avrebbero solo da guadagnare.
Chissà se sapranno cogliere l’occasione.Da un po’ di anni quando leggo un testo politico so che non devo aspettarmi grandi emozioni. L’ultimo {{Sottosopra sul lavoro}} scritto dalla Libreria delle Donne di Milano invece mi ha spiazzata, si legge bene da cima a fondo, ha forza e me l’ha trasmessa. Io mi occupo di {{ecologia}},anzi è più corretto dire che {{l’ ecologia si occupa di me e di noi}} ( come del mondo) anche se gran parte degli economisti ancora non se ne rende conto e non la calcola come molte altre cose nel Pil.
Mi consola che quest’anno il {{premio Nobel}} per l’economia sia stato attribuito ad una donna, {{l’economista Elinor Ostrom}}, e alla sua ricerca decennale sul governo dei beni collettivi, una ricerca che non si muove sulla paralizzante alternativa pubblico o privato, ma chiama in causa i fruitori
( le persone in carne ed ossa) di quei beni proponendo e sperimentando forme nuove, comunitarie e cooperative, di gestione dei beni stessi. E dimostrando come queste forme portino sempre a risparmi economici, di risorse, e ad una qualità più alta dei servizi.
Ma sono anche consapevole dell’arretratezza del dibattito politico italiano rispetto a questa elaborazione e del {{ritardo che gli economisti tradizionali e classici hanno accumulato}} , incapaci come sono di confrontarsi con nuovi paradigmi, di incrociare altre discipline e culture, di comprendere che il mercato e le sue “ sregolatezze” e speculazioni finanziarie ci consegna una crescente povertà , un mondo pieno di guerre, di armi e sempre meno sicuro. Mentre alcune delle principali risorse naturali consumate in modo scriteriato volgono alla fine e il nostro Pianeta è sempre più stressato e vicino a tirare le cuoia. Nel pensiero, nella ricerca e nelle pratiche di molte donne ci sono invece intrecci e legami capaci di cogliere questa complessità e non da oggi.
Sarebbe assai utile mettere a tema l’influenza forte che in questi decenni {{il pensiero femminista e della libertà femminile ha avuto sul pacifismo, sull’ambientalismo e sulla necessità di una nuova qualità dello sviluppo.}} Penso, per fare alcuni esempi concreti,alla significativa battaglia fatta dalle {{donne di Vicenza}} sulla base {{dal Molin}} e ai molti{{ comitati di donne sorti in Campania}} per chiedere e organizzare la raccolta differenziata dei rifiuti. Penso a quanto fu anticipatrice e feconda la reazione di pensiero e di proposte da parte di gruppi di donne, {{dopo Chernobyl}} ,sulla questione energetica, del nucleare sia civile che militare, e ancora alla straordinaria elaborazione che una donna come {{Vandana Shiva}} da decenni traduce in pratica politica nelle cooperative indiane per la conservazione e la riproduzione delle sementi autoctote contro le multinazionali che distruggono le basi materiali di sussistenza di milioni di contadini/e.
Penso a quanto potrebbe essere istruttivo dipanare quello che io chiamo da tanti anni (con poca fortuna presso gli amministratori del mio ex partito ) {{il “paradigma spazzatura”}}, un tema all’onore della cronaca da anni, che ha messo in crisi giunte comunali e regionali , che ci parla di come attraverso la cura e l’organizzazione della raccolta differenziata, del riciclo e del recupero dei rifiuti di ogni genere si riproducano materia, risorse, ricchezza, lavoro.
Non sarà un caso che un grande studioso di fenomeni sociali, {{Zygmunt Bauman,}} nel suo testo {“Vite di scarto”} proprio dai rifiuti solidi urbani e industriali abbia deciso di partire per proporre una lettura più avanzata della globalizzazione. Scoprendo e dimostrando quanto sia labile la differenza tra come si trattano i rifiuti di materie prime e i rifiuti umani, cioè i lavoratori e le lavoratrici in esubero. Milioni di esseri umani, milioni di vite di scarto.
Io cerco di stare faticosamente su questo crinale – all’incrocio di queste culture e di queste pratiche- e solo nel loro intreccio trovo qualche risposta alle grandi contraddizioni globali e ai piccoli problemi della mia e nostra vita quotidiana. Solo da questa mescolanza ricavo pensieri e proposte culturalmente e politicamente forti per {{ripensare una Sinistra}} capace di confrontarsi con le grandi modificazioni che abbiamo davanti. E {{dalle pratiche del femminismo}}, da come la libertà femminile si esprime in varie sedi, mi pare venga un barlume di speranza anche per nuove forme della politica, così sfinita e vuota, che uomini prevalentemente soli e con poche relazioni gestiscono oramai come cosa loro.
La parola che ho usato di più in questi vent’ anni per spiegare quel che vedevo cambiare intorno a me, nel lavoro e nella vita, è stata poprio{{” manutenzione”.}} Manutenzione più che produzione di troppe merci o case, manutenzione dell’ assetto idrogeologico del territorio,delle città, del patrimonio edilizio e dei trasporti,delle reti di ogni genere prima tra tutte quella dell acqua e dei cicli non ultimo quello dei rifiuti. E mi son trovata a sostenere tante volte che non di opere grandi e di operai e operaie per costruirle avremo più bisogno ma di {{manutentrici e manutentori}} di ciò che già c’è, di quell’ esistente in natura ma al contempo limitato che possiamo trasformare, riqualificare senza sperperare. Meno merci,più servizi e più relazioni ( come quella,intensa, che mia madre e la donna che si prende cura di lei hanno iniziato da qualche mese, e che per quella donna è anche un lavoro che le da da vivere). Meno merci e {{il coraggio di dire cosa può crescere ( i servizi immateriali alla persona, al territorio e alle città) e cosa invece non deve e non può più crescere ( il trasporto delle merci e delle persone su gomma, il numero di auto, il consumo procapite di energia, la chimica primaria e più inquinante, il consumo di territorio e dunque il numero totale delle case costruite).}}
Dunque è facile immaginare quanto mi siano sembrate reali e vere alcune delle cose che ho trovato nel testo del Sottosopra , come ad esempio quella di definire un bel pezzo di tutto il lavoro futuro {{“arte della manutenzione dell’esistenza”}}. So che molte altre donne hanno indagato e proposto questi temi per anni e che tutto quel sapere andrebbe oggi messo in relazione, ma vorrei anche cogliere quel che di nuovo c’è in questo testo della libreria delle donne di Milano. Scrivere che ” il lavoro che fanno oggi le donne è più basicamente lavoro perchè intreccia produzione di cose e di simboli e riproduzione della vita propria e altrui”.. significa uscire dalla ridefinizione del lavoro solo femminile per tentare di {{ridefinire il lavoro di tutti/e}}. A destra ma purtroppo anche in altri perimetri il lavoro non sanno più in quale posto metterlo , quale ruolo abbia, non trovano parole per definirlo e valorizzarlo, spesso non ne vedono le mutazioni.
L’ultimo Sottosopra si spinge parecchio avanti nell’immaginare il lavoro ( forse per questo ad alcune è sembrato distante da alcune condizioni materiali ancora molto precarie e supersfruttate di lavoro femminile..) fino a dire che tutto il lavoro che fanno oggi le donne ( e il loro modo di interpretarlo,di piegarlo e contrattarlo negli orari e nelle forme) potrebbe essere la strada per ridare un senso al lavoro di tutti e di tutte
( dunque anche al lavoro degli uomini) , e una via per mettere a tema una più forte critica agli indirizzi dello sviluppo e al mercato come finora li abbiamo conosciuti.
NdR – articoli collegati
_ [La nostra politica è trasformare i sogni in realtà->https://www.womenews.net/spip3/ecrire/?exec=articles&id_article=5024]
_ [Amore e lavoro: i nessi che non si vogliono vedere->https://www.womenews.net/spip3/ecrire/?exec=articles&id_article=5033]
_ [Donne al lavoro: una flessibilità femminista?->https://www.womenews.net/spip3/ecrire/?exec=articles&id_article=5033]
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