Nel 1621 il pennello di Rubens immortalava per l’ultima volta Maria De’ Medici
“Cuore mio, non resta che un giorno senza vedervi; questo periodo è stato più lungo per me che per voi. Il cavaliere di Vendôme scamperà questa sera alle frustate. Tutti i suoi parenti sono venuti da me per ottenere la grazia, piangendo tanto pietosamente che Frontenac e il vecchio Raranton si sono sciolti in un pianto così dirotto da farmi scoppiare a ridere. Ora me ne vado a cacciare il cervo…
Avete dimenticato di scrivermi in italiano e di chiamarmi Cuor mio. Vi amo più di ogni cosa al mondo. Buonasera, cuore mio, vi bacio centomila volte”.
Il “cuore mio” cui viene indirizzata questa lettera, è Maria de’ Medici. A spedirla, nel 1609, è il marito Enrico IV di cui Maria è la seconda moglie e la seconda fiorentina, dopo Caterina, a salire sul trono di Francia.
Una ricorrenza ci dà l’occasione per ricordare Maria il cui nome è da sempre oscurato da quello della “grande Caterina”. Infatti, al pittore barocco Pieter Paul Rubens, nel 1621, Maria de’ Medici, commissionava una serie di ventiquattro tele per la sua nuova residenza al Palazzo del Lussemburgo di Parigi.
Rubens doveva realizzare questi quadri nell’arco di due anni, terminandoli in tempo per il matrimonio della figlia di Maria de’ Medici, Enrichetta Maria di Borbone-Francia, con il re Carlo I d’Inghilterra.
Ventuno quadri rappresentano le Glorie e le lotte di Maria de’ Medici, i tre restanti sono ritratti di lei e dei suoi genitori.
Dal 1900 questa serie di tele è esposta al Museo del Louvre.
Ma torniamo alla corrispondenza tra lei e il re. “Cuore mio, ieri mi sono veramente divertito con i miei falchi – temo per che oggi non sarà la stessa cosa, perché il vento molto forte e mi pare si avvicini la pioggia. Questa notte ho avuto una brutta tosse e ho dormito male per colpa di una forte emicrania. Vedrò se la caccia al cervo me la farà passare.”
Appassionato di caccia, Enrico si abbandona quanto più può al suo divertimento preferito, con il corno e i cani, con le armi e coi falchi. Quando era in guerra, si faceva ugualmente accompagnare dalla sua muta di cani destinati, tra uno scontro e l’altro, alla caccia al lupo. E l’attrezzatura per la caccia col falco intralciava il passo ai soldati.
Maria aveva sposato il re per procura nel Duomo di Firenze il 5 ottobre 1600. A sostituire il sovrano c’era il granduca di Toscana. Gli anelli vengono scambiati in presenza del cardinale Aldobrandini. Alla sposa, arrivata in chiesa con un corteo di trecento fanciulle in bianco, il Papa donò una rosa d’oro.
La sera del 16 ottobre Maria partì da Livorno alla volta della Francia con una galera il cui scafo sfavillava di pietre preziose e le tende erano di seta trapunta d’oro. La regina porta con sé, in Francia, un seguito di ben duemila persone.
Sulla banchina, tra i curiosi, c’è anche Pieter Paul Rubens che in seguito, nei suoi dipinti, immortalò Maria.
Il granduca, nel salutarla, le rivolge una perentoria raccomandazione: restate incinta!
La prima notte di nozze passò felicemente.
L’indomani il re si vantò: “Ho condotto l’assalto in tre riprese!”
Arrivata a Parigi dopo aver attraversato mezza Francia, Maria scrive: “Sono arrivata qui sana, salva e contenta benché il freddo eccessivo che ho patito mi abbia un po’ raffreddata. Il viaggio è stato molto piacevole, sia per terra che per mare, grazie alla gradevole compagnia di dame e principesse e alla speranza sempre viva per la mia gravidanza”.
Assolutamente deludente si rivela per lei, invece, l’ingresso al Louvre.
“Dai fossati – racconta – sale un odore acre che prende alla gola e l’appartamento reale è pieno di brutti mobili…”
Poi, durante le presentazioni il re spinge avanti una giovane donna forzandola ad inchinarsi e baciare l’orlo della veste della regina come vuole l’etichetta.
“Signora, questa è la mia amante e vuole essere da oggi la vostra umilissima damigella”.
Enrico IV è stato uno tra i re più infedeli della storia tanto che i francesi coniarono per lui il nomignolo di “vert galant”. Quando Maria rimane incinta, anche l’amante ufficiale del re, Henriette d’Etrangues aspetta un bambino Con il cinismo che lo caratterizza, il re così commenta l’evento: “Stanno per nascermi contemporaneamente un padrone e un servo”.
Maria, regina di Francia, diede alla luce il futuro re Luigi XIII all’alba del 27 settembre 1601.
Seguiamo, momento per momento, il travagliatissimo parto della regina.
All’alba è il re stesso che sveglia la levatrice.
“Presto, presto, levatrice, mia moglie non si sente bene, ha forti dolori. Guardate se sono quelli del parto!”
Maria è coricata sul suo letto di velluto cremisi nella grande sala ottagonale del palazzo, vicina alla camera del re. Nella stanza sono state sistemate sedie pieghevoli, perché sta per svolgersi un vero spettacolo. I principi del sangue – Conti, Carlo di Borbone conte di Soissons e Montpensier – devono assistere all’arrivo del futuro re. Maria è scandalizzata da queste tre presenze maschili, ma Enrico la tranquillizza: “Mia cara, ricordate che vi ho parlato più volte della necessità che i principi del sangue assistano al vostro parto e vi prego di volervi adattare: si tratta della vostra grandezza e di quella di vostro figlio”.
Farò tutto quello che vorrete” dice Maria rassegnata.
Lui risponde: “So bene che volete tutto quello che voglio io, ma conoscendo il vostro carattere timido e pudico, temo che lo sforzo che dovete fare nel vederli vi impedisca di partorire. Non stupitevene, vi prego, perché è la consuetudine che si rispetta in occasione del primo parto delle regine”.
Sono anche presenti la duchessa di Nemours, la virtuosa marchesa di Guercheville – che aveva resistito alle avances del re – Madame de Montglat, futura governante del delfino e l’immancabile Leonora, parrucchiera della regina e sua intrigante confidente.
Nella giornata del 27 settembre se il re usciva per recarsi a pranzo, racconterà la levatrice, mandava continuamente qualcuno per avere notizie della regina. Maria soffre molto ma si trattiene dal gridare. Ci sono tante persone nella stanza! Il travaglio è lungo, interminabile, soprattutto per Maria! In serata, il momento sembra avvicinarsi. La regina lascia il suo grande letto di velluto cremisi e si siede su una sedia destinata al parto che stata circondata da una tenda chiusa da tre lati.
Durante tutto il tempo in cui Maria è in travaglio Enrico non la abbandona.
“Mi raccomando, mia cara, fate tutto ci che la vostra levatrice vi dice. Gridate, affinché la gola non vi si gonfi!”
“Oh, je morio!” mormora la regina, che non imparò mai il francese correttamente.
Ogni tanto il re va a pregare in compagnia di due monaci davanti alle reliquie – sistemate nella stanza stessa – di santa Margherita protettrice, secondo la credenza, dei parti.
Finalmente, alle dieci e mezza della sera di questo giovedì 27 settembre 1601, Maria mette al mondo un maschio! Ma la levatrice non dice ancora il sesso del neonato, che sembra essere molto debole.
Maestà, dice la levatrice se fosse un altro bambino, mi metterei del vino in bocca e gliene darei un po’ perché lo svenimento non duri troppo.
Enrico stesso mette allora il collo di una bottiglia fra le labbra della levatrice e le ordina:
“Fate come se fosse un qualsiasi altro bambino”.
Allora la levatrice gli soffiò del vino in bocca e il Delfino si riprese.
Il re infedele dorme ogni sera nel letto con la regina, un letto in cui non smettono di fare figli: in dieci anni di matrimonio hanno tre figli e tre figlie. Il re, d’altro canto, ne va molto fiero.
La vita di Maria alla corte di Francia si svolgeva pressappoco così: al mattino, solitamente alle sette, veniva servita al re e alla regina la colazione, chiamata all’epoca le dejeuner. Terminato il pasto, mentre Enrico si eclissa nelle sue stanze, le dame della regina s’affaccendano intorno a lei.
Portano un bacile di cristallo colmo d’acqua in cui è immersa una gigantesca spugna. Poi presentano alla loro signora, perché possa scegliere, camicie, calze, sottane e abiti. La scelta dei gioielli è più minuziosa ed esige lunghe discussioni con Leonora. Infine, la regina si cosparge di profumo – operazione tanto più necessaria giacché il re emana sempre un acre odore di caccia. Ella ne sparge persino sui guanti… I suoi aromi preferiti: gelsomino, ambra, muschio e rosa.
Dopo avere accordato alcune udienze – gli invitati si inginocchiano e le baciano l’orlo della veste – Maria, sempre molto pia e mascherata, come vuole l’usanza, va ogni giorno a messa a Saint-Germain-I’Auxerrois, la chiesa più vicina a palazzo, che ella preferisce di gran lunga alla cappella del Louvre.
Sire – annuncia, poco dopo il suo ritorno, il capocameriere – il pranzo è servito.
Il pranzo viene consumato dal re e dalla regina seduti soli a tavola. Un’orchestra, composta da una quindicina di musicisti, suona per tutta la durata del pasto.
Una vera e propria folla assiste allo spettacolo. Al re piace fare qualche battuta di spirito con qualcuno dei presenti. Si evita ogni riferimento politico. Ai sovrani vengono presentate quattro minestre, quattro primi piatti, diverse portate di manzo, montone e pollame. Se Maria mangia in modo relativamente pulito, Enrico divora senza timore di macchiare il suo giustacuore o di inzaccherare l’abito della regina.
Gli studiosi che hanno rivolto la loro attenzione ai conti della cucina di Maria de’ Medici hanno stabilito quanto segue: la corte divorava quotidianamente cinquanta chili di manzo, cinque montoni, due vitelli, una mezza dozzina di capponi, otto galline, trenta polli.
Tra le persone che circondano la regina nella vita privata quotidiana, ci sono una coppia di nani, un’ancella proveniente dall’Africa, un giullare, una lavandaia e un musicista che porta il suo strumento in qualunque luogo lo chiami la regina. E non dimentichiamo gli animali: scimmie, pappagalli, ma soprattutto numerosi cani d’ogni razza. Ci sono pervenuti i loro nomi: Bichette, Roquette, Turquette…
Maria possiede anche una galera con relativa ciurma, ma ella non si imbarca praticamente mai, e la nave – la Regine – non lascia mai il porto.
Eredità fiorentina: la passione per i gioielli. La regina si rovinerà per questo, tuttavia non sempre li paga, e quando i reclami si fanno troppo pressanti, estingue i suoi debiti con notevole ritardo. Così, il banchiere Zamet soltanto nel 1615 riuscì a mettere le mani sulla somma di 75.900 livree per un diamante acquistato dieci anni prima.
Al battesimo del Delfino Maria indossava una veste trapunta di 32.000 perle e 8.000 diamanti.
Quando, prigioniera di suo figlio, che ostacolava la sua politica, nel castello di Blois cercò di fuggire scavalcando una finestra, non dimenticò di portare gelosamente con sé, sotto il braccio, il suo cofanetto di diamanti.
Fu certamente una discesa molto ridicola a vedersi: la regina era robusta, i vestiti ampi… e c’erano pure i gioielli da salvare!
Sarà stata la nostalgia dei luoghi della sua infanzia, di casa, dell’Italia quando, nei primi decenni del 600 Maria de’ Medici adattò ai propri desideri la residenza parigina del Luxembourg, ai progettisti suggerì come modelli il parco di Palazzo Pitti e il Giardino di Boboli. Fontane, giochi d’acqua, grotte, boschetti ordinati e una vasta depressione del terreno circondata da un muretto in pietra con vasi e statue.
Maria non mancò, comunque, di dare un tocco di originalità all’allestimento degli immensi spazi del Luxembourg: larghi viali rettilinei in terra battuta, perfetti per le passeggiate in carrozza. Alcuni percorsi erano solo fiancheggiati da alberi d’alto fusto, ma su altri di diffondeva l’ombra creata dalla volta dei rami di imponenti olmi, tigli e ippocastani.
Un’idea accolta con entusiasmo dall’aristocrazia francese che fece a gara per imitarla.
Gli oroscopi che Maria consultava spesso, le avevano predetto anni gloriosi ma una vecchiaia solitaria.
E così fu veramente.
Esiliata da suo figlio, il re Luigi XIII, con l’avallo del cardinale Richelieu a causa dei numerosi complotti da lei orditi, si spense tristemente lontana dagli splendori della Corte..
Doveva, però, essere amata dal popolo francese che così cantava:
“O madre di tre re
potente epifania
perché te ne stai via?”
Maria de’ Medici, a suo modo e con il suo ruolo, l’Europa l’aveva già fatta nel 1600: sua figlia Enrichetta sposò il re d’Inghilterra, Elisabetta il re di Spagna, Cristina il duca di Savoia. A pieno titolo le fu dunque dato il soprannome di “Madre d’Europa”.