Le confessioni di Adelina Patti, capricciosa divina della lirica
C’è un biliardo qui? No? Peccato! Io me ne portavo sempre uno dietro in tournée, smontabile e, ad ogni tappa, ne sorvegliavo l’assetto con scrupolo. Sapete almeno giocare a carambola?
Come siete tutti petulanti, sciocchi, noiosi. La mia, sì, che è stata una vita da vera primadonna: tre mariti. L’ultimo, svedese, barone, 57 anni io 28 lui, uno stuolo di ammiratori che al mio passaggio si stendevano per terra perché io ci passassi sopra, e poi teste coronate, viaggi, rivali fatte a pezzi, zibellini, un solitario per dito, una carrozza ferroviaria solo per me con due cuochi al seguito… Gli impresari? Io li ho sca-val-ca-ti! Chiaro? E sono sempre stata quella che oggi chiamano manager, la manager di me stessa. Sono stata io – Adelina Patti – la prima a far includere nei miei contratti una clausola che stabiliva la grandezza del mio nome sui manifesti.
A Washington ho chiesto un super cachet: “Ma, Milady, questa cifra rappresenta più dell’intero stipendio annuo del nostro presidente!” E io: “Allora faccia cantare Semiramide dal presidente”.
Nella sola stagione del 1882 ho guadagnato per la tournée americana 450.000 dollari. Il mio impresario inglese ha calcolato, tanto per darvi un’idea, che ogni nota della Semiramide vale 30 centesimi di dollaro e ogni nota della Lucia 42 centesimi e mezzo. Quando mi chiedono quale monarca mi è più simpatico, io rispondo: “Lo zar, perché mi ha regalato i brillanti più grossi. Un uovo di Pasqua rosso con dentro 50 diamanti, uno per ogni provincia dell’Impero”.
Comunque zar, principi e granduchi per nessuno di loro avrei mai rinunciato alla mia carriera. E poi, ogni volta che un uomo mi dichiarava il suo amore, mi veniva un dubbio: ma è Adelina che vuole o la Patti?
Regalo sempre come souvenir ai miei ammiratori l’acqua saponata della mia vasca da bagno. A pensarci bene primadonne come me passano la vita a fare cose strane, le stesse per cui, di solito, si mettono le persone in manicomio.
Le qualità indispensabili per il successo sono: la faccia di Venere, il corpo di Giunone e… il cervello di Minerva.
E… il coraggio di Diana.
E… la sventatezza di Icaro.
E… una pellaccia da rinoceronte!
Ho esordito a sette anni in uno spettacolo di beneficenza a New York; a 11 già strappavo applausi nelle Indie orientali, a 16… beh, lasciamo stare… Una volta, prima del debutto chiesi una bambola in dono al mio impresario: ” O la bambola o non canto!”
Forse, se sono stata così capricciosa come tutti mi rimproverano, è perché sono rimasta un’eterna bambina con un’eterna voglia di giocare alle bambole.
Ho inventato io gli happy hours che adesso vanno tanto di moda.
Proprio così, a fini promozionali. Ci guadagnavo sopra vendendo le musiche composte da me. Avevo 71 anni ed ero ancora bellissima. Anzi, a proposito, ho fame. Cosa mangiamo?
Un tournedos, naturalmente! Alla Rossini, naturalmente!
Stendere dei crostini fritti nella glassa di carne fusa.
Sistemare sul tournedos una scaloppa di foie gras intero con tartufi.
Sglassare al Madera con una salsa all’essenza di tartufi.
Quale ristorante, anche il più alla moda, possiede oggi questa glassa all’essenza di tartufi?
Noi l’abbiamo provata. E voi chi lo sa!
Un consiglio: assaporate il gusto della vita da vere primedonne.
Ridete! Ridete! Dicono che ogni risata toglie un chiodo alla bara.