«Immortalare il pensiero delle donne». Storia fotografica del movimento femminista napoletano attraverso le foto di Luisa Festa
«Le donne non sono tutte uguali». Le parole di Lucia Mastrodomenico con le quali si apre il bel volume da poco pubblicato Fotografia di una storia. Femminismo e movimenti delle donne a Napoli e in Campania (1968 – 2018), a cura dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza sulle donne della Regione Campania, ci introducono bene nello spirito del lavoro, nato da una mostra organizzata per il cinquantesimo anniversario del 1968 e dal progetto di raffigurare le tappe più significative nel percorso delle donne per la conquista dei loro diritti. Un cammino complesso, che ci restituisce oggi una molteplicità di esperienze e mostra la ricchezza dei «percorsi di crescita, le forme rappresentative, la memoria storica» citati da Mastrodomenico.
Al centro dell’opera e del tentativo di raccontare questa molteplicità le fotografie di Luisa Festa, curatrice della mostra (tenuta nel 2018 presso la sede del Consiglio regionale della Campania e nel 2019 presso la Biblioteca Nazionale di Napoli e poi, come “mostra itinerante” presso molti Comuni della Campania) ma soprattutto protagonista di quella stagione e della lunga storia delle donne in città, come attivista prima e poi come Consigliera di Parità della Provincia di Napoli e oggi Consigliera di Parità supplente alla Regione Campania. Ottanta foto, per metà realizzate dalla stessa Festa e per il resto tratte da altri archivi cittadini, per un obiettivo «corale», che intende ricomporre i tasselli di una storia che parte a Napoli nel marzo del 1973, con la nascita del primo ‘Collettivo femminista’ e arriva fino alle più recenti esperienze cittadine di ‘Se non ora quando’ e ‘Non una di meno ’ .
Mancava, scrive Luisa Festa nel suo intervento, una testimonianza fotografica degli anni Settanta napoletani. Le sue immagini – mai ‘casuali’, ci dice – colmano questo vuoto, rappresentano una fonte documentaria preziosa per la storia delle donne in città e allo stesso tempo, grazie a uno sguardo partecipato alla narrazione di quegli anni, riescono a rendere omogeneo un mondo frammentato, spesso segnato dai ‘muro contro muro’ tra movimento e istituzioni.
«Ho fotografato sguardi attenti, mani incrociate, volti […] E’ come se con la mia macchina fotografica avessi voluto immortalare il pensiero delle donne» scrive Festa, rivendicando il ruolo della fotografia come strumento di partecipazione e indicandoci le parole chiave di questo lungo dibattito: liberazione, maternità, aborto, differenza, discriminazioni, diritti, pace, non violenza. Parole chiave che ci introducono anche alle sezioni tematiche della mostra, e ad altrettanti capitoli del volume che raccolgono i contributi di diverse protagoniste del femminismo napoletano.
Le componenti del comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio, Loredana Raia, Rosaria Bruno, Maria Argenzo, Laura Capobianco, Giuliana Esposito, Ilaria Perrelli, Natalia Sanna, hanno introdotto il lavoro ricordando l’importanza del lavoro di ricerca, di documentazione e coinvolgimento per ricostruire la storia delle battaglie delle donne negli ultimi cinquant’anni. Domenica Marianna Lomazzo, Consigliera di Parità della Regione Campania, ha ricordato l’importanza di trasmettere alle giovani generazioni il messaggio di libertà, di pace e di uguaglianza trasmesso dalle donne raccontate in questo lavoro. In dieci capitoli vengono quindi ricostruite, proprio dalle protagoniste di questa lunga stagione di impegno, le principali articolazioni del movimento delle donne napoletano dagli anni Settanta ad oggi.
Parte dalla data chiave del ’68 Laura Capobianco, per spiegare l’ingresso dei bisogni soggettivi nella politica e l’incrocio con le istanze delle donne, la rottura della «catena di amorose galere» – scrive citando Lidia Ravera – che porta le ragazze ‘fuori’ di casa, in piazza, sulle barricate, in una società napoletana ancora molto condizionata dal controllo familiare, dalle gerarchie e dai ruoli di genere. Un punto di partenza e di rottura radicale, conclude Capobianco, da cui poi è nato il vero e proprio movimento femminista
Il contributo dell’Unione Donne Italiane negli anni Settanta viene ricostruito attraverso un intervento di Libera Cerchia del 1980. La mobilitazione e la partecipazione delle donne alle grandi battaglie per l’emancipazione di quegli anni – il referendum sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia, il dibattito sulla parità salariale – fu fortissima, e il grande successo a Napoli della consultazione promossa dall’UDI nel 1975 sul rapporto donne e lavoro segnò un punto importante nella storia dell’Associazione, ancora fortemente divisa al suo interno sui temi del femminismo nascente, Cerchia ricorda infatti la «dolentissima doppia militanza» di molte iscritte.
Una bella selezione di immagini è invece dedicata alla storia delle Nemesiache, raccontate da Silvana Campese. La «straordinaria presenza » di Lina Mangiacapre anima il gruppo fin dal 1970, facendosi portatrice di un discorso politico radicale e separatista, e scegliendo l’arte e l’azione per affermare il proprio ideale di armonia e bellezza. Campese traccia il percorso delle Nemesiache in città, le loro iniziative, la loro capacità di rendere Napoli «una leva e una trama fitta di traiettorie sul territorio campano».
Rosa Papa, Elvira Reale e Stefania Cantatore ricostruiscono il complesso rapporto tra donne e salute, attraverso tre assi tematici: l’istituzione dei consultori familiari nel 1975, che per la prima volta mostrarono un approccio olistico ai bisogni di salute delle donne; l’individuazione di una ‘questione femminile’ nel trattamento e nella cura psichiatrica per le donne e la nascita del Servizio per la salute mentale della donna nei primi anni ’80 e, infine, le campagne per la liberalizzazione dell’aborto che portarono all’approvazione della legge 194.
Sul tema della violenza contro le donne Rosaria Bruno ha ricostruito la genesi, nel 2017, dell’Osservatorio sul Fenomeno della Violenza sulle Donne del Consiglio Regionale della Campania e Clara Pappalardo ha raccontato l’esperienza del Centro Antiviolenza del Comune di Napoli e di Casa Fiorinda, la casa di accoglienza per donne maltrattate del Comune.
È negli anni Ottanta che queste esperienze si consolidano e a questi anni vengono dedicate altre sezioni della mostre, come quella dedicata alla resilienza delle donne irpine di fronte al dramma del sisma del 1980, raccontata da Luisa Cavaliere.
L’entrata in vigore nel 1977 della legge di parità mette inoltre al centro del dibattito femminista il tema del lavoro e il ruolo del sindacato nel difendere la specificità della forza-lavoro femminile. Nel suo contributo Cinzia Massa ricostruisce le tappe del femminismo sindacale in città, le battaglie per «smascherare» le persistenti forme di potere che contraddicevano l’ideologia ugualitaria del nuovo sindacato.
Il racconto del femminismo della differenza in città è affidato alla filosofa Giovanna Borrello, che ricostruisce le tappe e le specificità del contesto napoletano e le sue esperienze più significative, come i seminari della cooperativa Transizione organizzati negli anni Ottanta presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e la nascita, nel 1988, di Madrigale. Rivista femminista, diretta da Lucia Mastrodomenico, protagonista anche di un’altra importante esperienza, la Mensa dei bambini proletari, un progetto a sostegno delle donne e dei bambini di uno dei quartieri più disagiati della città. Un percorso che si è sempre distinto, scrive Borrello, per un profilo fortemente culturale delle iniziative, pur mantenendo un’attenzione costante alle istanze delle donne sul territorio.
Le esperienze degli ultimi decenni – dalle proteste contro la guerra delle Donne in Nero ai nuovi scenari del femminismo globale ricostruiti dalla filosofa Stefania Tarantino – sono tutte state documentate dalle fotografie di Luisa Festa. In questo lungo percorso c’è una foto per ogni storia, come ha scritto Rosetta D’Amelio, consigliera del Presidente della Regione Campania per Pari opportunità, a testimonianza del nesso forte tra memoria, diritti e libertà, parole-chiave che hanno animato la mostra e il progetto che ne è seguito.
C’è forse una foto che meglio di tutte sintetizza il quadro composito del femminismo napoletano, è stata scattata nel 2006 in occasione della manifestazione ‘194 parole per la libertà’ a difesa dei tentativi di modifica della legge 194 del 1978. In quell’occasione la frammentazione di questo mondo si ricompose – «c’eravamo tutte», racconta oggi chi ha partecipato a quella mobilitazione – il segno che di fronte ai temi centrali per l’autodeterminazione delle donne quel non essere «tutte uguali», quei « conflitti per le diverse appartenenze» sono diventati e potranno ancora diventare, come la stessa Mastrodomenico aveva scritto «una risorsa utile, non solo per andare avanti, ma per far sì che il nostro lavoro non produca mai la riduzione ad un’unica voce, pensiero, progetto.»
Fotografia di una storia. Femminismo e movimenti delle donne a Napoli e in Campania (1968 – 2018), Gesualdo edizioni, Napoli. 2021
Info: Il catalogo è visionabile presso il Consiglio Regionale della Campania (Centro Direzionale isola F13) e presso la Biblioteca Nazionale di Napoli – Fondo soggettività Femminile – Emeroteca (Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito).