ROMA. All’ex Buon Pastore una mostra di contrasto e prevenzione alla violenza
Rimarrà aperta fino al 30 settembre, nell’ex complesso del Buon Pastore (ingresso da Via della Penitenza 37, secondo piano), la mostra Oltre Dafne fermare Apollo – immagini di storia e cambiamento in Italia, proposta dell’Unione Donne in Italia (UDI), nell’ambito del bando di progetti del Dipartimento per le pari opportunità (DPO) della Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla prevenzione e il contrasto della violenza contro donne, minori e anzian*.
Iniziativa in linea con la Convenzione di Istanbul (11 maggio 2011), ratificata dall’Italia nel 2013 (legge n. 77), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante contro la violenza, anche domestica e che all’art. 3 precisa quanto essa sia “una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione contro le donne”.
La violenza contro le donne è antica quanto il mondo, ma nessuno pensa mai di raccontarla si legge sul dépliant, concepito come una summa di tematiche e materiali esposti; di per sé una pubblicazione che veicola informazioni basilari sul percorso dell’Udi giunta al 75° anno e il suo contributo alle modificazioni apportate nel costume, nelle consuetudini, nella legislazione dalle lotte delle donne per la libertà e l’autodeterminazione tramite le loro organizzazioni e movimenti. L’intento didattico è esplicito e perfettamente raggiunto nelle quattro cronologie della Linea del Tempo (1923 – 2020): le convenzioni internazionali sui diritti umani e contro le discriminazioni e le violenze; gli eventi e le leggi che hanno cambiato la percezione della violenza contro le donne, in Italia; le leggi discriminatorie cui le donne si sono confrontate sotto il Regno d’Italia e la Repubblica; le leggi d’iniziativa popolare proposte e/o sostenute da organizzazioni e movimenti di donne (dette Leggi delle donne).
Si evince a colpo d’occhio l’impegno costante e transgenerazionale delle Italiane e la qualità e quantità degli ostacoli superati, a iniziare dalla Riforma Gentile (1923) sulla scuola che escluse le donne dall’insegnamento. Una Riforma sessista e irriconoscente che porta il nome del filosofo Giovanni Gentile (Ministro della Pubblica Istruzione del governo di Benito Mussolini), ma non del seguace, Giuseppe Lombardo Radice, che azzerò diritti già conquistati e il ruolo avuto dalle maestre post-unitarie nella costruzione dell’identità nazionale, della lingua e della cultura italiana.
Un’Italia che ereditò dal Fascismo anche il Codice Rocco, vigente dal 1931, intitolato ad Alfredo Rocco, guardasigilli del Governo Mussolini. Un Codice che definisce in ambito civile e penale il potere dei mariti e dei padri e la subordinazione della moglie e dei figli rendendo legittima la violenza contro le donne.
La Linea dimostra quanto recenti siano normative italiane e internazionali contro la violenza. Qualche esempio: 1963, abolizione dello Jus corrigendi (impedimenti alle libertà personali, punizioni, botte), del marito sulla moglie (già fatto decadere dalla Corte di Cassazione nel 1956);1970, legge sul divorzio confermata dal Referendum del 1974; 1971, abrogazione della Norma sulla contraccezione come “reato contro la stirpe”; 1975, Riforma del Diritto di famiglia e istituzione dei consultori familiari; 1979, CEDAW, convenzione Onu per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la mandata in onda in tv di “Processo per stupro” (di Loredana Rotondo e altre filmakers), sullo stupro di Latina; 1981 abrogazione, nei processi penali, della “causa d’onore” e del matrimonio riparatore; 1993, Risoluzione Onu 48/104 sull’eliminazione della violenza contro le donne e Prima legge regionale (Lazio) sui centri antiviolenza; 1996, legge n. 66 contro la violenza; 2001, legge contro la violenza nelle relazioni familiari e istituzione del numero verde 1522 contro la violenza alle donne; 2006, prima ricerca Istat sulla violenza contro le donne in Italia; 2009 legge sullo stalking; 2015, misure contro la violenza di genere; 2019, legge n. 69 o Codice Rosso a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere;2020, Convenzione ILO contro le molestie sessuali nei posti di lavoro.
Le quattro cronologie della Linea anticipano e sintetizzano i materiali successivi, tratti dagli archivi Udi (manifesti, volantini, lettere, testimonianze orali e filmiche, interviste) o realizzati appositamente con un taglio che privilegia la semplicità e l’immediatezza nella comunicazione e contestualizza ogni informazione rispetto alla storia italiana e a quella dell’UDI (es. la staffetta di donne contro la violenza sulle donne in occasione dell’8 marzo 2009 partita da Brescia nella cui provincia era avvenuto un tragico femminicidio a mandato “familiare” per motivi culturali e religiosi: la ventenne pakistana Hina Saleem era stata accoltellata dal padre e sepolta nel giardino perché si era fidanzata con un ragazzo italiano e desiderava una vita diversa da quella della tradizione d’origine).
Nell’attraversare gli anni del Fascismo, della guerra, della Resistenza, della Liberazione e costituente, la mostra s’arricchisce della testimonianza di altre staffette, quelle della resistenza partigiana, dei Gruppi di Difesa della Donna (GDD) e affronta altre violenze, persecuzioni, stermini cui le donne hanno cercato di far fronte, di vivere e sopravvivere loro e le loro famiglie.
Nata dai GDD, “l’Udi, a Liberazione avvenuta, chiede il diritto di partecipare alla pari alla vita sociale e politica, si attiva a livello nazionale nella richiesta del voto e nella sua conquista e realizzazione:
“È il 1945 quando viene sancito con decreto legislativo il diritto di voto attivo per le donne con più di 21 anni, tranne le prostitute schedate delle case chiuse (istituite, a livello nazionale, dalla legge Cavour nel 1860). Da qui inizia subito la battaglia di Lina Merlin per abolire la prostituzione di Stato”.
La Senatrice socialista, battendosi e firmando la prima legge sociale della Repubblica Italiana, portava a termine una lotta che aveva contato tra le principali rappresentanti dell’emancipazionismo post-unitario, Anna Maria Mozzoni (Rina Macrelli, L’indegna schiavitù. Anna Maria Mozzoni e la lotta contro la prostituzione di Stato, Roma, Editori Riuniti, 1980).
Chiediamo a Vittoria Tola (UDI), coordinatrice del progetto “Oltre Dafne fermare Apollo” una riflessione sulla mostra e il perché di una titolazione mitologica:
Molte di noi hanno una passione per la mitologia e sappiamo che la questione dello stupro e della violenza, variamente praticata, è sempre stata presente nel nostro immaginario, nell’arte e nei libri di testo: da Dafne e Apollo, a Persefone e Ade, a Zeus ed Europa, a tante altre espressioni del divino mitologico o a vicende di guerra, sempre si parla di violenza.
Secondo noi, questo costituisce una delle percezioni non consapevoli perciò riteniamo la vicenda di Dafne e Apollo particolarmente importante ed esemplare: Dafne dice di “no”, chiede aiuto. Lei viene salvata ma viene anche trasformata in una pianta d’alloro, mentre lui è lasciato libero e mantiene l’aspetto originario. Non solo, l’alloro diventa il simbolo di Apollo, dio dell’Arte, del Sole, della bellezza. Questo ci è sembrato una sorta di rovesciamento della realtà che non rende neppure percepibile il valore del “no” che Dafne esprime e che dovrebbe essere alla base di ogni libertà e di ogni determinazione.
È capitato che un ragazzino ci abbia chiesto “…ma perché quella scappa?”. E ha detto “quella…” perché anche nell’uso delle parole c’è un racconto banalizzante e tossico della violenza che fa sembrare sempre che ci sia qualcosa che non funzioni nel comportamento o nell’atteggiamento della ragazza o della donna. È una sottovalutazione, una minimalizzazione che crea le condizioni di legittimare quasi il tentativo o l’effettività della violenza.
Noi sentiamo da anni l’esigenza di evidenziare il più possibile e rendere sempre più importante la riflessione sulla prevenzione della violenza. Abbiamo da poco festeggiato il decennio della Convenzione di Istanbul e sappiamo che noi dell’UDI e di altre associazioni e centri antiviolenza stiamo facendo un grande lavoro! Abbiamo cambiato leggi, abbiamo aperto nuovi centri. Abbiamo aiutato le donne che hanno avuto modo e possibilità di chiedere aiuto, e volevamo perciò anche parlare di prevenzione: bisogna arrivare prima della violenza domestica, prima dei femminicidi, dei figlicidi che continuano a sgranarsi come un rosario…è una tragica storia che non ha avuto peggioramenti o aggravamenti particolari perché è sistemica! Una storia molto antica, entrata nelle nostre mentalità, nei nostri pregiudizi e stereotipi e che spesso e volentieri non si riesce neppure a individuare come un problema fondamentale, quale invece è.
L’impegno dell’UDI nelle scuole, da coinvolgere sempre di più nella prevenzione e nel contrasto a ogni violenza, ci ha portato a considerare questo mito come utile a un discorso chiaro e da diffondere il più possibile e, insieme, parlare di noi nel nostro 75° e della storia d’Italia.
Nella Linea del tempo c’è l’intreccio tra battaglia politica e lotte per cambiare norme, leggi e mentalità.
Nel materiale documentario e fotografico, tratto dai nostri archivi, oltre all’impegno dell’UDI nel sociale e sul piano legislativo, oltre alle grandi manifestazioni in cui le donne hanno affermato i loro diritti, ci sono anche fatti di cronaca che hanno prodotto chock sociale contribuendo a cambiare la mentalità comune: dal “no” di Franca Viola alle nozze riparatrici (1965), al massacro del Circeo che costò la vita a Rosaria Lopez mentre Donatella Colasanti, come lei rapita, seviziata e torturata, si salvò fingendosi morta e facendosi chiudere con lei in un bagagliaio (1975), fino allo stupro di gruppo subìto da Marinella Cammarata nei pressi di Piazza Navona e morta pochi mesi dopo (1988)… e a tante altre vittime di violenza.
L’UDI ha una lunga storia di contrasto alla violenza e nel docufilm di Chiara Cremaschi si cerca di raccontare come le donne vivono, sopravvivono, alla violenza che le ha colpite.
La prima a intervenire è Luciana Romoli, che a 17 anni, con Maria Maddalena Rossi, andò in aiuto alle vittime delle “marocchinate”, e racconta ancora con emozione quella tragedia infinita di violenze compiute dalle truppe coloniali francesi in trenta paesi della zona di Cassino su donne di ogni età, bambin* ed ecclesiastici. Molte si uccisero, molte lasciarono per sempre il paese e molte furono costrette ad andarsene perché rifiutate, colpevolizzate, da mariti e fratelli e fidanzati tornati a fine guerra. L’UDI ha fatto tutto quello che poteva fare per aiutare, dare ospitalità e cure e per denunciare, per non far dimenticare.
Intervengono poi altre voci importanti, come quella di Giovanna Ferrari, madre di una ragazza uccisa a Modena; di Antonella Penati, madre di Federico Barak, ucciso ferocemente a otto anni dal padre, poi suicida, nelle stanze del Servizio Sociale durante un “incontro protetto”. Interviene l’avvocata che si è costituita parte civile nel processo ravennate a Matteo Cagnoni che massacrato la moglie, Giulia Ballestri.
Nel docufilm intervengo anch’io, raccontando il tanto impegno dell’UDI, nel tempo; cosa abbia significato la presa di coscienza, per la società, dopo la strage del Circeo, la mobilitazione del movimento femminista romano, la manifestazione a Piazza Navona “Riprendiamoci la notte” e la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare contro la violenza.
La mostra, per il DPO, durerà fino a fine mese, ma noi speriamo che nonostante le condizioni molto difficili in molte scuole, la si possa ancora fare vedere, in presenza o da remoto. Siamo aperte a qualunque ipotesi perché, nel regolamento delle scuole, abbiamo dato la grande possibilità di fare delle proposte, singolarmente o per classi.
Speriamo che finito il lavoro, premiate le scuole che avranno presentato i loro progetti, questa mostra possa girare in altri luoghi e continui a essere utilizzata anche come materiale didattico per costruire quella politica di prevenzione, prima di tutto mentale e collettiva, che porti a un meccanismo di esorcizzazione dei femminicidi e dei figlicidi che purtroppo si continuano a soffrire tutti i giorni, a prescindere da quello che abbiamo fatto finora per contrastarli.